venerdì 29 dicembre 2017

Libri/Film/Fumetti in uscita nel 2018, tra Robert E. Howard e Alan Moore


Con questo articolo volevo provare a compilare una lista di libri, fumetti e film che dovrebbero uscire nel 2018
Ho eliminato di proposito ogni film blockbuster, così come i fumetti mainstream e i libri delle grandi case editrici: quello che vorrei proporvi è una selezione di nicchia.
Quel genere di fuoriclasse, di estranei, di indipendenti che non trovano spazio nemmeno alla pubblicazione, figurarsi nei listoni per l'anno nuovo. Nicchie dentro altre nicchie, produzioni via crowdfunding, prodotti troppo strani, “bizzarri” per diventare popolari.
Considerateli una Lega degli Straordinari Gentlemen.


Il riferimento non è casuale, perchè esordendo con il fumetto, a giugno 2018 dovrebbe uscire il primo volume di “The Tempest”, ultimo capitolo dell'ormai decennale saga di Alan Moore.

Nel caso della Lega è uno dei fumetti che seguo da più tempo, nelle sue diverse iterazioni e spin off, a cui sono sinceramente appassionato, tanto nei personaggi quanto negli splendidi disegni di Kevin O' Neill.

Il fumetto dovrebbe svilupparsi su tre differenti piani temporali: nei quartieri generali dell'Intelligence della Gran Bretagna, ai giorni nostri; nella perduta città di Kor della regina Ayesha, in Africa e nel mondo post apocalittico del 2996. La copertina sembra dimostrare che sono sopravvissute solo due dei membri originari della Lega, ovvero Mina Murray e l'androgino Orlando.
A questi tre differenti filoni, che Moore promette più che mai meta referenziali e citazionisti, si affiancherà uno spin off chiamato “Seven Stars”, un immaginario fumetto supereroistico del 1964, in bianco e nero (lo vedete sullo sfondo dell'abbozzata copertina).

giovedì 28 dicembre 2017

"Vlad Ţepeş – La leggendaria vita di Dracula": un'antologia cotta al sangue


“Qui inizia una invero crudele, terrorizzante storia su un uomo selvaggio e assetato di sangue chiamato Principe Dracula. Come richiese di impalare i suoi nemici e bruciarli e bollire le loro teste in una pentola e spellarle e tagliarle a fette come verdure. Ordinò anche di arrostire i bambini davanti alle loro madri e ordinò di farli mangiare alle madri stesse. E molte altre orribili cose sono scritte in questo trattato e sulla terra dove governò...” 

Frontespizio di un pamphlet di Norimberga, 1499.

1462: un Principe Valacco e il suo piccolo esercito fronteggiano solitari la formidabile macchina militare dell'Impero Ottomano.
Ma questo principe, Vlad Tepes, non è un uomo normale: i turchi invano inseguono il miraggio di uno scontro aperto, scontrandosi invece con le tenebre di una psychological warfare ante litteram.
Imboscate, attacchi notturni, pozzi avvelenati e villaggi bruciati. E infine l'arma del terrore: oltre 20000 turchi impalati su aguzzi pali di legno.
Vlad Tepes è morto. “Vlad l'Impalatore” è divenuto immortale.
Questa è (sono) la (le) sue storie.

mercoledì 20 dicembre 2017

Mostrare il dito medio a Nurgle: "Plague Garden", di Josh Reynolds


Il conflitto per il Reame della Vita si avvicina alle sue putride conclusioni, mentre le forze dei Silvaneth e degli Stormcast conducono una lenta guerra d'attrito contro Nurgle.
Ultime linee di difesa, le fortezze-sargasso dell'Ordine della Mosca: guerrieri caotici reminescenti dei bretoniani, devoti alla “Lady di Cankerwall”, caotica parodia della “Dama del Lago”.
A guidare l'assedio, gli Hallowed Knights: legioni su legioni di argentati guerrieri, dal martello nella mano, la fede nel cuore e le fiamme a illuminare la via. Gli Stormcast sono guidati da Lord-Castellant Lorrus Grymn; Gardus Lord-Celestant caduto nella battaglia dell'Athelwyrd e riforgiato per l'ennesima volta ex novo; il Lord-Relictor Morbus; Cadoc Kel, Knight-Azyros d'inestinguibile fanatismo; Enyo e Tornus, due Knight-Venator. 
Tornus era un tempo un guerriero al servizio di Alarielle, un difensore dei Silvaneth; caduto in battaglia, la sua anima fu pervertita da Nurgle nelle sembianze di Torglug, una reincarnazione di crudeltà e rancore. Quando Torglug fu ucciso dal martello di Ghal Maraz in persona, Sigmar percepì nella sua anima il bagliore di una possibile redenzione: riforgiato come Tornus il Redento è ora uno Stormcast, un Knight-Venator.
Tornus, come tanti Stormcast, ricorda ancora frammenti delle (due) vite passate e agli occhi degli Stormcast è un paria, un'anima che si era votata al Caos e che come tale risulta inaffidabile e sospetta. Tornus è ansioso di redimersi, ma nel contempo soffre ancora ricordi e flashback dalla sua vita come Torglug. Tra gli Stormcast alati, ha trovato l'unico conforto nell'amicizia della Stormcast Enyo, una guerriera pragmatica e diretta.

venerdì 15 dicembre 2017

Arabrab di Anubi: nell'Egitto decadente e brutale di Alessandro Forlani


Arabrab era solo un'adolescente quando fu prescelta per diventare un'assassina al servizio del Dio dei Morti, Anubi: una macchina da guerra immortale fanaticamente devota alla causa dell'Egitto dei Faraoni.
Lo scenario è un Mediterraneo temprato nella tarda Età del Bronzo: un mondo tanto esotico quanto decadente, popolato da civiltà sanguinarie e mostri lovecraftiani. 
«Ci affidiamo alla politica, ma affondiamo nelle tenebre: viviamo un'epoca di arti magiche e abominevole stregoneria. Nessuno si oppone al male. Dovrai combattere l'oscurità. Non ti dissi che le mie trame non guardano a questa terra, ma che servo il mio paese? Sarai la spada dei nostri dei, la mia nera giustizia»
L'immaginazione del mainstream è così povera di vedute, così mentalmente ristretta.
Si consideri il nuovo Assassin's Creed Origins, ambientato in Egitto. Dalle recensioni dei videogiocatori, il nuovo capitolo della saga è una valida aggiunta, che ha tratto proficuo insegnamento dagli errori passati. 
Non l'ho giocato, non posso giudicare: sembra tuttavia interessante.
Eppure... quante occasioni sprecate.
Il protagonista è l'ennesimo banale assassino e la mappa, così come la vasta gamma di quest e sub quest si limita a una rilettura superficiale: contemporaneamente si evita di approfondire il contenuto storico dell'ambientazione e si evita di sfruttare l'immenso pantheon religioso egizio.
Nessun elemento fantasy in senso stretto, ma nel contempo neppure un approfondimento storico degno di questo nome. L'effetto complessivo, caratteristico della serie, è di quel genere di ricostruzione storica propria di un documentario del National Geographic, di un canale di Rai Storia, di Focus e delle riviste patinate dal dentista.
Ovviamente, si sa: è quello che desidera un pubblico mainstream. Divulgazione di bassa lega, spazzatura diluita fino a renderla insapore. I videogiochi, in tal senso, mantengono un livello di approfondimento migliore di tanta produzione televisiva. Meglio giocare a Total War che sottoporsi a lobotomia frontale con l'ennesimo catalogo di banalità e filmati stilizzati.
E tuttavia... quale spreco, quale perdita.
Quante opportunità di storie e gameplay accantonate nel rifiuto di studiare a fondo la storia o dall'altro, di studiare a fondo la mitologia e la letteratura classica. I Youtuber e gli auto-definiti storici che si definiscono “esperti” perchè hanno giocato a Total War e letto qualche voce di Wikipedia non si rendono ad esempio conto di quanto siano “prigionieri” dell'impostazione videoludica di battaglie e conquiste. Ad esempio, sono convinto che fino all'età moderna (1500) o addirittura fino alle soglie della Rivoluzione Industriale, il controllo delle vie fluviali risultasse di gran lunga più importante di qualsiasi possedimento terriero. Se consideriamo fino all'avvento delle strade ferrate e delle ferrovie i fiumi come la più veloce via di comunicazione, ci si rende conto di quanto fossero snodi strategici fondamentali. In nessun videogioco e se per questo in nessuna trasmissione, documentario o testo divulgativo questo genere di osservazioni gioca alcun ruolo.

lunedì 4 dicembre 2017

No, Blade Runner 2049 non è un film sessista (e non lo è nemmeno The Witcher)


La mia prima visione di Blade Runner 2049, a pochi giorni dall'uscita nelle sale, fu un'esperienza estetica ai limiti del doloroso. 
Non sono uno storico dell'arte, non è il mio campo, ma ho avuto modo in passato di restare ore a soffermarmi sui dettagli di un quadro. 
La visione di Blade Runner 2049 rientra per me in questo genere d'esperienze. 
Se il film è in primo luogo una catena d'immagini e compito del regista è organizzare queste immagini per darne un senso tanto artistico quanto narrativo, Blade Runner 2049, come Mad Max: Fury Road, sono entrambe opere di cinema nel senso più classico del termine.

venerdì 1 dicembre 2017

Il caso Weinstein nel 2017 e "I Peccati di Hollywood" nel 1922


In seguito allo scandalo Weinstein e alla catena di accuse e contro accuse che sono seguite, mi è tornato alla mente il dimenticato romanzo “Il Canyon delle Ombre”, di Clive Barker.
Uno dei suoi ultimi (e corposi) romanzi prima del grande silenzio, il Canyon è prima di tutto un'opera horror, ma in secondo luogo è una satira verso Hollywood tanto aguzza che bisogna leggerlo con cautela – onde non sanguinare sul tappeto, tanto taglienti sono alcune situazioni, alcuni dialoghi.
Un Barker già malaticcio vomita tutto il suo livore verso la Città degli Angeli con una storia di fantasia, che tuttavia chiaramente attinge dalle sue esperienze come regista e sceneggiatore dagli anni '80 fino ai primi '2000.

Todd Pickett, un attore sulla via del tramonto, spera di riconquistare i suoi fan con un'operazione chirurgica al viso, che gli dovrebbe ridare i vent'anni persi da tempo. 
Un imprevisto lo lascia orribilmente mutilato e lo sospinge a rinchiudersi sempre di più nella sua villa anni Venti, dove scopre un mosaico medievale trasportato dall'ex proprietaria. 
La villa era infatti di proprietà di una star degli anni ruggenti, in quel periodo dalla grande guerra al 1929 di maggiore fama e decadenza di Hollywood.

Il romanzo in sé si trascina tra lungaggini e digressioni. 
Lo stesso Barker lo ammette, quando a proposito di “Vangeli di Sangue”, scrive di non aver voluto stavolta scrivere un polpettone, memore dei suoi ultimi lavori ai primi '2000, tra i quali per l'appunto “Il Canyon delle Ombre”.
Tuttavia il romanzo è interessante, perchè Barker scrive di attrici violentate, di contratti infernali, di Oscar di sangue: tutto fuori dalle righe, tutto “demagogico” per i lettori... salvo poi constatare a quindici anni di distanza, che sì, quel mondo horrorifico descritto da Barker non era affatto così esagerato. Anzi, a confronto con quanto si va scoprendo, tra Weinstein e Kevin Spacey, viene da pensare con nostalgia ai mostri e alle invenzioni soprannaturali di Barker.
Sarebbe interessante rileggere “Il Canyon delle Ombre” alla luce delle ultime news, per leggervi in filigrana l'accusa di Barker a Hollywood.


lunedì 27 novembre 2017

Peter Sunde sui Big Data: "Ci siamo fumati tutte le nostre vite sui social e ora non possiamo smettere."


La popolarità non conta nulla.
Un tweet, un articolo, un video popolari possono derivare da buoni contenuti, da un incrocio di fortuna e abilità, dal semplice caso. Il più delle volte quant'è popolare è quant'è banale: gli algoritmi dei social sono cani da caccia che ti inseguono solo se acchiappi immediatamente il lettore, con immediata reazione, che sia il mi piace, la condivisione, il commento. In questo contesto, o il lettore attento mette il mi piace e più tardi legge o si tende al clickbait selvaggio.
In entrambi i casi la qualità del post – che sia scritto, multimediale o altro – va a perdersi.
Anche quando l'utente ripete il successo più e più volte, costruendosi una meritata fama, questo sarà solo dando al lettore cosa si aspetta. Non appena si devia dal tracciato, Disastro! L'articolo non fa attrito, le statistiche deludono, i commenti scompaiono. Sad!


venerdì 24 novembre 2017

Jeff Bezos, Sauron e la ricerca del Male assoluto


In questi giorni volevo scrivere un articolo sulla serie tv del Signore degli Anelli annunciata da Amazon, ma tra Twitter e Facebook ho sostanzialmente esaurito i pareri: trovo l'idea aberrante, ma dall'altro ho sempre criticato i cinefili che lamentavano i remake. Sarei pertanto un ipocrita se piagnucolassi che mi hanno “stuprato l'infanzia”, che non devono osare, ecc ecc.
Non ho mai ritenuto che nulla sia intoccabile e ciò vale a anche nel caso in questione.

Tuttavia... davvero non trovo un singolo motivo per una serie tv su Tolkien.
Gli attori della vecchia saga sono per l'appunto vecchi e disinteressati: se si può fare a meno di Rhys Davies, Viggo Mortensen sarebbe fondamentale per una serie ambientata prima della Compagnia dell'Anello. Come poter ricreare la Caccia a Gollum senza il suo cacciatore? E cosa farne degli Hobbit? Della Contea? E dove trovare un sosia di Saruman? Posso immaginare una serie basata sulle avventure di Elladan&Elrohir, ma faccio fatica a immaginare un singolo spettatore interessato a due gemelli elfi protagonisti. Ma ancora una volta: perchè? Perchè Tolkien?
Non c'è un singolo motivo nella scelta di Amazon che possa essere correlata all'arte, alla narrativa, a una motivazione genericamente culturale. Lo scopo dichiarato è far concorrenza a HBO, offrire una terza colonna tra Harry Potter e Game of Thrones. Non metto in dubbio che una serie tv o un film debba guadagnare; ma c'è modo e modo. Gli anni '80 che tanto si rimpiangono assistevano a produzioni di medio e piccolo calibro che miravano all'incasso, ma che conservavano una notevole ricerca artistica e sociale al loro interno. Carpenter mi sembra un esempio lampante. C'è l'interesse nel guadagno, nell'intrattenere lo spettatore, ma nel contempo non si resiste ad alcuni colpi bassi, ad alcuni sottotesti notevoli. Nel caso in questione puoi sentire in sottofondo le rotelle di Jeff Bezos calcolare introiti e derivati, competizione e ricavi. Potremmo parlare del Signore degli Anelli come di una lavatrice; di Tolkien come di un elettrodomestico. Sono oggetti da vendere, monopoli da conseguire, concorrenze da spezzare. Basti leggere il comunicato: Il Signore degli Anelli non è un'opera d'arte, non è una saga scritta da un filologo, non è un cazzo di capolavoro oggettivamente riconosciuto dalla letteratura, no, per Amazon è un “fenomeno culturale”.

Elladan&Elrohir secondo la Fantasy Flight Games

mercoledì 15 novembre 2017

Un Orco Nero tra gli zombie: Kickstarter italiani


Il 6 giugno 1944 il mondo sprofondò nel più oscuro degli inferni. 
Nel Giorno del Giudizio i Morti iniziarono la loro caccia contro il genere umano.
Adesso è il 1954, il mondo è divenuto un ammasso di macerie, dove i pochi superstiti cercano di resistere alla fame dei Morti. Poche nazioni, rette da crudeli dittature, sono sopravvissute.
L'Italia ribattezzata Sanctum Imperium, è governata da Papa Leone XIV e dai suoi Inquisitori. 
In queste terre anacronistiche i roghi sono tornati ad ardere la carne umana.

Nessuna pietà.
Nessuna tregua.
Solo cieca ferocia.



lunedì 13 novembre 2017

Vangeli di Sangue, di Clive Barker: Pinhead, addio!


Profondissima notte. 
Una congrega di maghi in circolo. 
Un pericoloso rituale. 
Obiettivo: richiamare dai morti Ragowski, il loro più illustre rappresentante. Come tanti altri, lo stregone è stato barbaramente ucciso, mutilato: uno a uno i signori dell'occulto stanno svanendo dal mondo, eliminati da un nemico invisibile. Il cadavere di Ragowski ha appena il tempo d'insultarli, di sottolineare come siano condannati irrimediabilmente prima che il killer di maghi compaia sulla scena: è il Cenobita più celebre, più temuto, Pinhead in persona. Senza essere richiamato dalla scatola, senza avvertimento, the Hell Priest è giunto per suo conto, animato da fini inconfessabili.
Il massacro che segue vede un unico sopravvissuto, il mago Felixson, che accetta di diventare una marionetta di carne, uno schiavo, ai servigi di Pinhead.

Intanto, a New Orleans, un invecchiato Harry D'Amour (43) accetta di aiutare una sua amica, Norma, un'anziana non vedente che può parlare coi morti. La donna ha ricevuto una richiesta di aiuto da un'anima in pena: la villa di un uomo appena defunto, che dovrebbe nascondere alcuni pericolosi oggetti e libri dell'occulto, che l'uomo sperava di eliminare prima della improvvisa morte. 
Il detective tuttavia a stento sfugge dalla morte quando la villa si rivela una trappola di Pinhead per eliminarlo: in qualche modo, il Sacerdote Infernale sa bene che Harry è un ostacolo ai suoi piani.

lunedì 6 novembre 2017

Stephen King secondo S. T. Joshi: uno scrittore mediocre e parolaio


Stephen King. Il Re dell'Orrore. In vertice alle classifiche. In vendita, ovunque.
Nelle librerie da discount, così come nelle bibliotechine per intenditori.
Sugli scaffali dei supermercati, così come accatastato sulle bancarelle della domenica.
Gettato nei reparti libri dei grandi centri commerciali; in agguato sulle scansie della libreria dei parenti; presente persino in campagna, in oratorio, a scuola. 
Le biblioteche popolari? 
Strapiene, scaffale dopo scaffale.

Negli ultimi anni, specie dall'uscita del nuovo “IT”, Stephen King è tornato alla ribalta.
Difficile immaginare un periodo di assenza, per il Re dell'Orrore: ogni anno, ogni mese è una presenza fissa in libreria. 
Difficile immaginare di passare più di due anni in un negozio di libri senza dover riempire lo scaffale della nuova uscita, la nuova ristampa, la nuova antologia di racconti. 
It's everywhere, come una piaga. A partire dagli anni '2000 Stephen King ha diminuito il gettito di libri, così come la devastazione cartacea della foresta amazzonica causata dalla sua grafomania – ma anche così i libri si sono succeduti implacabili, l'uno dopo l'altro.
Bombardamento di un'artiglieria borghese e parolaia.

martedì 31 ottobre 2017

"La strada senza ritorno": Sapkowski in salsa horror, tra gatti e maledizioni


Andrzej Sapkowski è un autentico paradosso. 
No, let me explain: Sapkowski è di per sé un normale scrittore dell'Europa dell'Est, più a suo agio con la narrativa breve che con la forma del “romanzo”, il cui successo in madrepatria dal 1990 è stato reso possibile dalla fortunata sequenza di diverse storie, dal protagonista lo strigo Geralt, in un'ambientazione tardo medievale grimdark e satirica verso i canoni del fantasy classico. 
Sapkowski non è certo un genio, ma è uno scrittore talentuoso, che sebbene disprezzi il carattere “letterario” dei suoi romanzi, gioca con le parole, usa citazioni raffinate, non esita a rivolgersi (anche) a un pubblico colto. Tuttavia, il successo dello strigo/witcher in Polonia appare collocabile negli anni tra il 1995 e gli inizi del '2000. In altre parole, Sapkowski era a suo agio con il genere fantasy (quasi) vent'anni fa e da quel momento in poi si è mosso in altre direzioni letterarie: il romanzo sulla guerra russo-afghana, “Viper” (2009) e la trilogia Hussita, “Narrenturm” (2002). Oltre a ciò, almeno stando alle Wiki italiane, inglesi e polacche, si è dedicato nuovamente alla forma breve, con l'eccezione commerciale del romanzo “La Stagione delle Tempeste” (2013), che devo ancora recuperare.

venerdì 27 ottobre 2017

Nuova collaborazione con Heroic Fantasy Italia


Sono lieto di annunciare una nuova collaborazione a partire da questo venerdì con il sito Heroic Fantasy Italia gestito dall'Alessandro Iascy responsabile della collana True Fantasy della Watson Edizioni. Avevo recensito a marzo l'antologia della casa editrice – tra alti e bassi, ma nell'insieme divertendomi – Eroica! Sword&Sorcery all'italianaAlessandro è anche tra i responsabili della rivista cartacea Andromeda – tra le poche nel settore a presentare congrui contenuti, senza limitarsi a un paio di pagine e un racconto di circostanza. Il sito è stato creato recentemente, ma vanta già un buon numero di collaboratori, così come l'affiliazione al prestigioso Black Gate; tra i primi articoli troviamo il nostro Lorenzo Davia che spesso commenta qui sul blog, che ha redatto un articolo sui videogiochi Lovecraft(iani), così come divagazioni sull'antologia Zappa&Spada della Acheron e approfondimenti sui classici della Letteratura Fantasy, a partire da Jack Vance.

Una rara immagine di Andre Norton nel 1937, a bordo della nave Amor.
All'epoca scriveva romanzi di spionaggio.
Alessandro mi ha proposto di gestire una rubrica dedicata alla gigantessa del Fantasy Andre Alice Norton, opportunità che ho accolto volentieri dopo una breve riflessione: ricordavo d'aver letto qualcosina della Norton tra i vecchi Urania della biblioteca, ma volevo approfondire.
Sarebbe stato facile imbastire l'ennesima serie su Sapkowski, che sono stato tra i primi a trattare in Italia su Cronache Bizantine o su Alan Moore e Lovecraft, riciclando il lavoro sulle annotazioni. Sentivo però di voler approfondire un argomento inedito e in tal senso non sono rimasto deluso: la Norton è una scrittrice particolare, che come tante sue coetanee che scrivevano negli anni '60/'70 è stata lentamente mummificata nel santino proprio di quegli anni. Si veda in tal senso la riluttanza a rivedere e condannare un personaggio sgradevole e sopravvalutato come la Marion Zimmer Bradley, al cui confronto la Norton appare molto più originale, molto più capace e francamente molto più simpatica. 
Andre Norton, vivendo dal 1912 al 2005 permette di abbracciare interi periodi storici radicalmente diversi l'uno dall'altro: passiamo dal pulp degli anni '30 e '40 all'esplosione fantasy degli anni '60 e '70. La Andre Norton ha inoltre anticipato tanti dei meccanismi dell'editoria di massa affermatosi poi dagli anni '80 e ora polarizzatosi attorno a un ristretto gruppo di autori “famosi”, come Stephen King e George R.R. Martin: a partire dagli anni '50 consapevolmente mira a creare un suo “brand”, associato al nome della Norton. E' un aspetto sottovalutato dalle poche biografie che ho trovato al riguardo. Tuttavia, al contrario del twittare polemico e conformista di scrittrici come la Rowling, la Norton ha gestito nell'intero arco della sua esistenza una vasta corrispondenza, che ha permesso di “lanciare” tanti scrittori e scrittrici; la sua concezione inoltre dei setting e degli universi di sua invenzione è sempre stata “libera”, aperta a ogni collaborazione che si presentasse.


Cum grano salis – anzi, con un sacco di sale, più che un granello – la rubrica dovrebbe avere un articolo ogni venerdì, al peggio ogni due. Questo non dovrebbe impattare sulle pubblicazioni del blog, che proseguirà as usual, forse concentrandosi maggiormente sulla prima parte della settimana.

lunedì 23 ottobre 2017

Il Libro della Polvere: La Belle Sauvage. Philip Pullman alla riscossa


Malcom Poltstead è un ragazzo di undici anni, un garzone presso la locanda “The Trout”, uno snodo carovaniero lungo il Tamigi, nel centro della città di Oxford. I genitori gestiscono la locanda assieme ad Alice, un'altra ragazza a contratto, mentre Malcom serve ai tavoli, pulisce ed esegue piccole commissioni a bordo della sua canoa, la Belle Sauvage
Una delle sue destinazioni preferite è il convento di Godstow, una comunità di vetuste monache fuori dal mondo, che accolgono spesso visitatori itineranti, pellegrini e poveri che richiedono rifugio. Malcom è in contatto con Suor Fenella, un'anziana responsabile della cucina, che gli racconta le ultime novità e gossip relative al Magisterium
Pian piano, Malcom scopre che le suore sono state incaricate di custodire e crescere una neonata, Lyra Belacqua, affidata loro in totale segretezza. 
Con i sentimenti di un figlio unico, Malcom si affeziona rapidamente alla bambina, che giura solennemente di proteggere. 

E' la Lyra protagonista della trilogia “Queste Oscure Materie”: la figlia illegittima di Lord Asriel, il famoso esploratore artico, personaggio dai tratti faustiani e Marisa Coulter, la Nicole Kidman dal scimmiottino d'oro, fanatica agente della Chiesa. 
Il Libro della Polvere, nonostante le affermazioni di Pullman, è pertanto un prequel: si pone prima degli eventi della Bussola d'Oro, descrivendo le azioni e i perigli per affidare Lyra al Jordan College. 
Si tratta di un mondo fisso in un'età edoardiana, caratterizzato da un'Europa di piccole nazioni e piccoli gruppi etnici, dalla tecnologia dieselpunk. Ogni persona ha un daimon: un animale guida, socratico, che personifica la sua anima e la sua tendenza interiore. Quando si è bambini, il daimon può assumere la forma che si desidera e soltanto nell'adolescenza si trasforma nell'animale che il ragazzo è destinato a diventare. E' tipico ad esempio della servitù ossequiosa avere come daimon un fedele cagnolino, mentre Lord Asriel ha un leopardo delle nevi; in tal senso i daimon segnalano anche l'appartenenza a una determinata classe sociale. L'Occidente della trilogia è inoltre fortemente influenzato dalla Chiesa, in particolare il Magisterium, che sovrintende a ogni possibile ricerca scientifica. Si riproduce in quest'ambito uno scontro di vecchia data tra Monarchia e Chiesa, tra Università e Chiesa, tra ingerenze nel potere civile e ingerenze nel potere ecclesiastico. 
E' una Cold War, tanto in The Book of Dust che nel seguito del Golden Compass: un conflitto di spie, di sicari, di scontri notturni.

venerdì 20 ottobre 2017

Un archibugiere, un nano e una vampira entrano in un bar...


“Alle origini, c'era solo fuoco. E dal fuoco venne il calore. E dal calore, forma. E la forma si divise in otto. E gli otto erano la sostanza grezza del Caos, martellata e scolpita in armi mortali dai fabbri prescelti del maledetto Soulmaw, l'armaiolo di Khorne”.
S'interruppe per un momento, prima di continuare. “Ma come i reami tremavano e l'Era del Caos diventava l'Era del Sangue, si pensò che le armi conosciute come gli Otto Lamenti fossero state perse per sempre”. Nel fuoco, scene di morte e pazzia si succedevano senza fine, in un ciclo eterno.
Grungni, Signore di tutte le Forgie e Mastro Fabbro, sospirò.
“Fino ad ora”.

Owain Volker è un tiratore scelto della corporazione degli archibugieri proveniente dal reame di Sigmar, l'Azyr; trasferitosi nella megalopoli di Excelsis, fulcro di Ghur, il reame delle Bestie, sta difendendo la città da un'infestazione Skaven. E' una guerra lontana dagli scintillanti conflitti degli Stormcast: uno sporco conflitto di trincea, una deratizzazione condotta con polvere da sparo e preghiere, mentre duardin e umani bombardano le ondate di carne al macello degli skaven. Durante uno degli attacchi, gli uomini ratto sfondano le linee: a un passo dalla morte, Volker è salvato dall'intervento di un dio storpio, dalle fattezze di un duardin: è Grungni, sopravvissuto Dio dei nani.

mercoledì 18 ottobre 2017

Laurea magistrale!


Allora... dove eravamo rimasti?

Non avevo intenzione di abbandonare il blog per così tanto tempo (tre settimane!), ma dalla seconda metà di settembre sono rimasto impegnato a correggere i capitoli della Tesi magistrale. Speravo di alternare la correzione a sporadici aggiornamenti sul blog, ma le doppie correzioni della relatrice e del correlatore sono arrivate nell'arco di pochi giorni... e complice l'ansia per il discorso di laurea magistrale, per le procedure burocratiche, per la stampa in copisteria, ecc ecc. Non ero davvero nelle condizioni di mettermi a scrivere per il blog, o aggiornare i social.


venerdì 22 settembre 2017

L'utopia di Blade Runner


Sarebbe ingenuo pensare che la storia proceda a cicli che si ripetono ogni tot anni/decenni/secoli, o che al contrario sia una linea retta che procede dal punto A al punto B, mirando a un indefinito paradiso/progresso/ultima soluzione. In realtà, più si studia storia, più ci si rende conto che l'umanità procede per balzi e brusche frenate, ricordando la guida a singhiozzo di un nervoso neopatentato.

Nel campo tecnologico, l'utilizzo di un nuovo strumento, o lo sviluppo dello stesso, non sono necessariamente razionali, ma obbediscono a quanto l'utente percepisce come “l'esigenza” dello stesso, lo scopo per cui è stato creato. 
Pertanto fino a cinque anni fa, ad esempio, si era convinti che le diverse funzioni ora riassunte in uno smartphone fossero meglio esplicitate da diversi, separati strumenti; rispettivamente per la musica, i video, internet, ecc ecc. Un'idea intelligente e con le sue buone ragioni – tutt'ora un lettore ebook è notevolmente più comodo di uno smartphone – ma che dalla gran parte degli usufruitori era percepito come “arretrato”: si desiderava avere un cellulare multiuso, che parodiasse i gadget avveniristici degli ultimi cinquant'anni di fantascienza. In effetti, se si osserva al microscopio lo sviluppo tecnologico degli ultimi vent'anni, risulta sorprendente osservare in quanti e quali modi le interfacce utente, la “leggibilità” delle app e in generale le modalità di utilizzo di una tecnologia siano state legate a doppio filo all'ispirazione derivante dai film e dai libri di sci fi. Una scoperta scientifica che possiede le potenzialità di svilupparsi in una tecnologia di massa diventa tuttavia tale solo quando viene filtrata dalla rielaborazione di artisti e designer, che la rendono “comprensibile” per l'uomo comune. Il saggio Make it So. Interaction Design Lessons from Science Fiction (2012) muove proprio da queste premesse, dimostrando l'influenza di film come Minority Report e Blade Runner sulla tecnologia di ogni giorno. Le schermate touch, le icone, le dimensioni e le forme dei cellulari sono state radicalmente trasposte dalla fantascienza recente, cercando di realizzare le invenzioni degli artisti e degli sceneggiatori. Il punto su cui occorre soffermarsi è come non fosse affatto scontato che ad esempio il tablet e lo smartphone prendessero la direzione che hanno preso, che seguissero quella tipologia, quel genere di rapporto con l'usufruitore. Si è dato al cliente quanto si aspettava sulla base di quello che pensava fosse il futuro – ma era un futuro inventato, non necessariamente un destino ineluttabile.



venerdì 15 settembre 2017

Lo scrittore nerd deve sparire


Il termine “nerd” non è un concetto filosofico, non è una parola scientifica che denomina una precisa classe di oggetti, non è il prodotto di uno studio di sociologia weberiana. 
Nerd è semplicemente un appellativo che ci si lancia a vicenda, una rete acchiappa-definizioni, un pallone da spiaggia che si calcia malevoli, colpendo il malcapitato di turno. Chiunque definisce nerd chi vuole: è letteralmente impossibile dare una definizione precisa. 
Nerd può essere (era, oggigiorno?) l'appassionato di computer. O il programmatore vero e proprio. O l'appassionato di videogiochi. O il pirata informatico (esistono ancora?). Ma nerd è anche il giocatore di ruolo. Di giochi da tavolo. Di giochi di miniature. Il neckbeard che assembla modellini. 
Nerd è anche l'appassionato di cultura pop. Di fumetti. Di film di supereroi. Di film di genere. Di film horror. Di librigame. Di... certo, c'è un minimo comun denominatore, ma con lo sdoganamento e la conseguente popolarità della cultura di genere e pop(olare) il termine è più che mai volatile


venerdì 8 settembre 2017

Alan Moore su Trump, la magia e tante altre cose


Alan Moore recentemente è stato intervistato dalla televisione francese, con una miniserie di otto video, dove nell'arco di pochi minuti riassume le sue posizioni e le sue riflessioni sul mondo, la politica, il cinema e ovviamente, la magia. Come H. P. Lovecraft, Alan Moore è quel genere di scrittore che trovo interessante tanto – se non a volte di più – delle sue opere. Ormai mi è impossibile capire se ho anch'io le sue stesse opinioni perchè la penso allo stesso modo, o semplicemente perchè l'ho talmente letto e ascoltato che l'ho interiorizzato e lo ripeto a memoria (!).
Ad ogni modo, visto che la trasmissione è in inglese con sottotitoli in francese, ho pensato di tradurla per mio conto e pubblicarla qui; ovviamente non è tutto e alcune espressioni mi erano indecifrabili. Consiglio, as usual, di rivolgersi alla versione originale, che è anche bene diretta. I francesi hanno una cultura in campo popolare invidiabile – saranno una manica di arroganti in altri campi, ma nell'arte e nella scrittura non li posso che invidiare.


mercoledì 6 settembre 2017

"La pubblicità è il nuovo carbone": Tristan Harris su Internet e i social


La politica americana non è la politica italiana e alcune volte la partecipazione emotiva degli italiani a quanto avviene negli States rasenta il paradosso. La morte di alcune star o di alcuni attori rappresentano occasioni di commemorazione grottesche, che stento a giustificare considerando i macelli di civili e non-civili nel resto del mondo. Tuttavia, è innegabile che per la posizione di equilibrio e controllo geopolitico, tenere un occhio aperto sulle attività nella Casa Bianca non fa mai male, specie per l'interconnessione delle tecnologie digitali che derivano ancora in gran parte dal villaggio (globale) della Silicon Valley. Internet – se si può ancora parlare di Internet – rimane nei suoi server e nella sua struttura di base in territorio americano. Teoricamente, come osservava il fondatore di PirateBay, è ancora possibile “staccare la spina”. Allo stesso modo, decisioni prese negli States possono influenzare le grosse proprietà dei social.
But thanks to the centralization of the internet, (possible) censorship or surveillance tech is a whole lot harder to get around. Also, because the internet was an American invention, they also still have control of it and ICANN can actually force any country top level domain to be censored or disconnected. For me that's, a really broken design. (intervista del 2015 a Peter Sunde, Vice). 

lunedì 4 settembre 2017

Jakabok: Il demone del Libro o nel Libro? Il diavolo sta nei dettagli...


Esperienza davvero insolita per Clive Barker. Il maestro dell'horror autore di Infernalia e de Il Gioco Dannato e regista di Hellraiser, come da prassi per molti autori, stava firmando agli acquirenti le copie del suo ultimo romanzo Cabal alla famosa Forbidden Planet di New York, quando un suo ammiratore gli si è parato davanti con un rasoio e si è tagliato il braccio chiedendo di avere un autografo con il sangue.
In una intervista pubblicata il giorno dopo dal Washington Post Book World lo scrittore di Liverpool ha detto di aver preso la cosa come uno scherzo e di imputare l'atteggiamento... impulsivo del fan al caldo e alla lunga fila.
La copia di Cabal è stata firmata comunque con il sangue, proprio come da esplicita richiesta...


venerdì 11 agosto 2017

Providence 12. The Book, di Alan Moore. Annotazioni, analisi e traduzioni


“Non è morto ciò che può attendere in eterno, e col volgere di strani eoni anche la morte può morire.”
…e davvero a lungo avete atteso, cari lettori, but all good things come to those who wait e quest'ultimo, apocalittico finale di Providence è finalmente qui, sulla vostra doorstep, in attesa che spalanchiate il vostro volume di Providence e annotazioni alla mano di Cronache Bizantine analizziate pannello per pannello l'esoterico, magico lavoro del Bardo di Northampton. 
Qualche giorno fa, una sera torrida di questo agosto infernale, guardavo un bel documentario chiamato “Room 237”. Una raccolta di analisi, decostruzioni e raffinate analisi testuali-visive del capolavoro di Kubrik, Shining: una vasta, inesausta raccolta delle quante più diverse interpretazioni, dall'ipotesi complottista, all'interpretazione storica, all'ipotesi spiritualista, cartografica, psicogeografica, psicologica, freudiana, bettehelmiana, fino alla semplice speculazione sperimentale (proviamo a guardare Shining contemporaneamente dall'inizio alla fine e dalla fine all'inizio!). 
Shining nel documentario si presentava come una scatola di attrezzi, un incredibile assortimento di strumenti visivi con cui giocare e interpretare, oscillando da ipotesi più o meno convincenti, a ricostruzioni ai limiti del maniacale. Mi aveva in particolare colpito come molti di questi appassionati sezionassero Shining frame per frame, esattamente come io e Poropat e gli annotatori inglesi abbiamo sezionato Providence vignetta per vignetta
Mentre scoprivo coincidenze troppo frequenti per essere “solo” coincidenze, riflettevo su quanto la saga di Providence di Moore sia ancora aperta, persino dopo questo lavoro di annotazioni, ai più diversi studi. Sì, se mettessi assieme in un ebook i dodici capitoli di annotazioni tranquillamente mi verrebbe un volume di duecento pagine, ma costruirebbe, oltre che un'operazione immorale, considerando che il materiale inglese da cui ho attinto è gratis e open source, ancora la punta dell'iceberg, a malapena una scalfittura negli strati infiniti dell'opera di Moore. 
Questa non è una conclusione, ma come la storia stessa di Providence, un nuovo inizio. Abbiamo appena scritto quanto bastava per orientarci tra le citazioni Mooriane, abbiamo appena vergato una mappa orientativa di Providence. 
Come studente squattrinato di storia, non posso fare a meno di osservare come ancora manchi un'analisi del sottotesto storico della saga di Providence: come se non ancor di più che in Shining, c'è un chiaro, continuo sottotesto riferito all'Olocausto, evidente dalle camere a gas e dalle stesse origini ebraiche di Black: che sia tutto traslato negli Stati Uniti sembra trasportare il nazismo direttamente negli States, un'operazione oggigiorno alquanto attuale, considerando la resurgence di 4chan/pol, gruppi neonazisti su tumblr e una generale operazione storica che è nel contempo una riscrittura e un'invenzione. Non ci sono studi su Providence da una prospettiva psicanalitica, altro elemento con cui pure Moore gioca parecchio, non ci sono studi bibliografici – sui libri all'interno del fumetto –, non ci sono studi letterari, sull'uso delle diverse lingue di Moore, che tanto ha fatto ammattire il nostro pur infaticabile traduttore italiano, Leonardo Rizzi
Diamine, perchè limitarsi ai soli studi accademici? 
Per gioco e non per profitto, non c'è nulla che vi vieti di continuare a espandere il mondo del Neonomicon e di Providence: cos'è successo nel XX secolo, dalla morte di Black? E' davvero morto? Cos'hanno fatto e cosa è successo a tante creature e personaggi di Providence, nella Seconda Guerra Mondiale? Barlow, si è davvero suicidato? Bierce, si è davvero perso fino a morire nel Messico? Oppure... e cosa possiamo scrivere sulla bomba. La Bomba, quella atomica. Il parallelo con il gigantismo degli dei lovecraftiani mi sembra talmente ovvio, talmente lapalissiano. 
Com'è possibile che nessuno di questi racconti “lovecraftiani” abbia approfondito questo parallelismo? Quindi, avanti, appassionati. La strada è aperta e Moore ci ha appena tracciato non tanto un sentiero, quanto un'autostrada ultra deluxe con i migliori pit-stop che potevamo immaginare. 

Come sempre, le annotazioni provengono dal sito di appassionati Facts in The Case of Alan Moore's ProvidenceLe prime sedici pagine sono state tradotte da Matteo Poropat della Tana dello Sciamano, veterano di vecchia scuola lovecraftiana, che è riuscito a completare la translation a ridosso delle vacanze agostiniane. Le altre 16 pagine sono invece mie, come al solito. Come con Providence 11, può essere che ritorni sull'argomento e corregga le note: com'è tradizione di questo blog, siamo in un eterno work in progress



mercoledì 2 agosto 2017

Providence 11. The Unnamable, di Alan Moore. Annotazioni, analisi e traduzioni


Il penultimo capitolo della serie a fumetti di Providence, The Unnamable, compie ancora una volta il miracolo: posto dinanzi alla banalità di tante conclusioni insoddisfacenti e/o insolute di tante saghe, Moore preferisce piuttosto fornire risposte al lettore, anzi dargli di nascosto la chiave (d'argento?) per comprendere non solo Providence stessa, ma anche il Neonomicon. Gli accenni comparsi nei capitoli precedenti ritrovano in The Unnamabale il loro pieno completamento: ogni singola storia dei numeri precedenti trova in questo caso un finale che è nel contempo il finale dei racconti di Lovecraft corrispondenti e allo stesso tempo è un finale Mooriano, sovvertito nella sua stessa essenza. 

All'elemento fittizio della narrativa del Solitario di Providence, si affiancano due altri filoni: la ricostruzione - ancora una volta fittizia e nel contempo reale - degli eventi storici che conducono al 2006 del Neonomicon, e la ricostruzione stavolta storica e ineccepibile della vite e delle tragiche conclusioni di tanti amici del circolo di Lovecraft e del Weird Tales: dal cervello esploso per un colpo di rivoltella di Howard, al suicidio per barbiturici di Barlow, alla lenta caduta nell'oblio di tanti scrittori dell'epoca, un dimenticare tanto più visibile quanto più lo scomparso Lovecraft s'ingigantisce fino a diventare l'attuale juggernaut della cultura pop. 

Il cerchio, o meglio la forma circolare domina The Unnamable: dall'occhio di Black, che ha visto cose che la retina umana non potrebbe a ragione vedere, al disco a 45 giri che sceglie di ascoltare, alle ruote del bus che lo riconducono alla New York dove tutto era iniziato. Un cerchio che non è solo un motivo geometrico per tenere assieme il bric-a-brac di citazioni di Alan Moore, ma costituisce anche un simbolo di continuità e di rinascita, quell'eterno ritorno che banalizzato da Kundera trova qui una piena espressione fumettistica, un'incarnazione nietzschiana riverberata dal cavallo frustrato dal vetturino a Pagina 6, che ricorda l'abbraccio folle a Torino del filosofo dell'oltreuomo. 

La carrellata di scrittori e letterati raffigurati dalla sempre abile mano di Burrows mi ha fatto riflettere su quanto Lovecraft mi sia stato utile in questi anni non solo come singolo scrittore e filosofo, ma come consigliere di letture e scrittori da scoprire e fare propri: troviamo qui ad esempio il Robert E. Howard di Conan, così come Frank Belknap Long, Derleth, Burroughs, Borges...
Vi sono scrittori auto conclusivi, il cui corpus letterario si chiude in sè stesso; nel caso tuttavia di Lovecraft, caso tanto più pregevole se consideriamo che è un autore di genere, il lettore è motivato a cercare altri testi, altri romanzi, altri racconti. E a rifletterci attentamente, sono davvero tanti gli scrittori a cui mi sono avvicinato perchè avevano collaborato con Lovecraft, o perchè avevano una sfumatura che mi pareva lovecraftiana. Spesso si critica Lovecraft perchè spendeva troppo tempo a scrivere lettere anziché dedicarsi ai suoi racconti e romanzi: tuttavia senza quegli scambi di pagine e pagine di consigli letterari, di riflessioni, di sincere amicizie non avremmo avuto quella base forte di scrittori dell'horror e weird che è poi compiutamente sbocciata tra gli anni '50 e '60. 
Qual'è infatti una delle domande più frequenti nei gruppi e nei forum lovecraftiani? 
Ragazzi, mi consigliate uno scrittore come Lovecraft?
Ragazzi, mi consigliate un bel romanzo lovecraftiano?
Il lettore, dopo aver letto Lovecraft, è naturalmente spinto a scoprire nuovi autori, nuove opere. 
Non è un passaggio così ovvio, così naturale. Tanti lettori con la puzza sotto il naso, che leggono letteratura alta, rimangono legati a quei due autori in croce e raramente se ne distaccano. 
E cosa dire degli altri autori fantasy? Non conosco un singolo appassionato della Rowling che chieda di leggere un romanzo rowlinghiano. Nessuno, nei gruppi di fan di Enrico il Vasaio, domanda altri romanzi di quel genere, altre saghe su scuole di magia e urban fantasy (e ce ne sono, eh? Anche migliori...). No, a differenza dei fan di Lovecraft con questi autori l'appassionato si adagia a rileggere ossessivamente i sette romanzi, a imparare a memoria nomi e luoghi, a masturbarsi reciprocamente con nostalgiche rievocazioni dei film e dei libri. 
C'è un unico autore che mi sovviene avere una popolarità paragonabile a quella di Lovecraft... 
J. R. R. Tolkien, naturalmente. Autori entrambi di mitologie, autori entrambi di opere che affamano chi le scopre di nuove letture, nuovi autori, all'interno di un percorso di crescita, di maturazione, non di rincoglionimento infantile...

Come sempre, le annotazioni sono tradotte dal sito inglese Facts in The Case of Alan Moore's Providence; scomparso il diario di Black, abbiamo 32 pagine, 16 tradotte dal velocissimo Matteo Poropat della Tana dello Sciamano e altre 16 dal sottoscritto. 
As usual, commenti e osservazioni sono i benvenuti. 



venerdì 21 luglio 2017

Providence 10. The Haunted Palace, di Alan Moore. Annotazioni, analisi e traduzioni.


Nonostante il caldo che sta lentamente trasformando Trieste in un umido avamposto vietcong, io e il mio collega Matteo Poropat della Tana dello Sciamano siamo riusciti a tradurre il numero successivo di Providence, The Haunted Palace. Siamo a metà strada dalla conclusione, nel mezzo del terzo volume curato dalla Panini Comics. 
Black, finalmente arrivato a Providence, sta lentamente assemblando i pezzi del tortuoso puzzle costruito da Moore nei nove numeri precedenti. Per il giornalista da New York, la bugia che quanto vede sia solo un'allucinazione mentale è ormai impossibile da mantenere: lentamente le ultime vestigia di sanità mentale lo stanno abbandonando. 

Un numero fondamentale, dunque, questo The Haunted Palace, dove le annotazioni ancora una volta risultano importanti, gettando un filo di Arianna a un lettore altrimenti sperduto nel labirinto di citazioni, riferimenti letterari, meta-letterari, cinematografici, filosofici, scientifici... Senza dimenticare che mai come in The Haunted Palace Alan Moore esplicitamente si auto-cita, obbligando a una ri-lettura di alcuni passaggi chiave, di alcuni frammenti dei volumi precedenti. 
Se The Haunted Palace è rivolto all'indietro, nel contempo è proiettato in avanti: gli agganci con il Neonomicon diventano stavolta espliciti, alludendo all'operazione di maniacale raccordo narrativo che incontreremo con Providence 11 e Providence 12. 

Al solito, la fonte originale sono le annotazioni del gruppo inglese Facts in The Case of Alan Moore's Providence. L'impaginazione considera la pagina 0 la copertina e procede seguendo una numerazione progressiva. I riferimenti ai numeri precedenti di Providence possono essere sbagliati di qualche pagina, ma non di molto: in ogni caso, a serie completa, ricontrollerò per sicurezza la bibliografia. Come sempre osservazioni e commenti sono i benvenuti.  



venerdì 7 luglio 2017

Providence 09. Outsiders, di Alan Moore. Annotazioni, analisi e traduzioni.


Volevo approfittare dell'introduzione a questo nuovo articolo di annotazioni sul terzo volume di Providence per fare il punto sul percorso di Moore dentro l'universo di Lovecraft. Può non sembrare, ma con la traduzione della Panini Comics siamo finalmente arrivati alle ultime puntate della saga: dallo Yellow Sign del febbraio 2016, è stata una lunga strada costellata di annotazioni.

Robert Black, un tempo giornalista per il New Herald, si è allontanato dalla metropoli di New York, si è sperduto tra Massachussets e New England, è stato soggetto e oggetto di atti inenarrabili, di segreti inconfessabili, di cose che dovrebbero essere morte, ma che attendono per eoni e eoni che la morte stessa muoia...



venerdì 23 giugno 2017

I miei due cent sull'E3 2017, tra Wolfenstein e Beyond Good and Evil 2


A ogni anno che passa, a ogni E3 che si trascina tra conferenze e trailer, mi ritrovo sempre più a distanziarmi dal mondo dei videogiochi. Distanza del tutto involontaria, perchè in realtà non desidererei niente di meglio che immergermi come una volta in un single player di un rpg lungo e difficile, con scelte morali e dialoghi e combattimenti e esplorazioni e grinding... e tuttavia, al di là dell'ostacolo tecnico del mio pc che è una ferraglia vittoriana, rimango sempre disgustato dai giocatori stessi. 
E' da diversi mesi, che dopo una pausa davvero lunga dal mondo videoludico, ho ripreso a leggere le ultime news, a tenermi aggiornato sui vecchi e nuovi canali, a guardare i trailer e le anticipazioni. Lavoro in parte dovuto per mantenermi aperto uno spiraglio come newser e per vedere quali nuovi siti ora dominano il settore (indizio: AllGamesDelta ormai ha perso la bussola). 
E pur, ripeto, non giocando e pertanto non potendo giudicare, sono rimasto stupito da quanto siano infantili e tossici i commenti e le riflessioni di gran parte dei videogiocatori. Siamo letteralmente al vetriolo puro, al container di materiale tossico infilato in gola, al botolo che vomita e si rotola nella polvere della strada. 


lunedì 12 giugno 2017

Il vampiro in fondo al tunnel - Lo splatterpunk di Skipp&Spector


Odio Stephen King. 
Odio i suoi romanzi chilometrici, i suoi protagonisti monocorde, le sue fotocopie biografiche di professori e scrittori nevrotici. 
Odio sopratutto i suoi finali rassicuranti, i suoi mostri borghesi, le sue violenze sempre nel giusto mezzo, nella giusta situazione, nel giusto tenore. 
Odio i brividi che regala(va) alle sue lettrici casalinghe e cinquantenni, la falsa rassicurazione di un terrore che non è mai vero terrore, di uno psicopatico contenuto, controllato, levigato quel tanto per tenere col fiato sospeso il lettore senza mozzarglielo quel fiato, mutilarlo, spingerlo in un angolino a piangere balbettando. 
Odio il suo Maine piovoso e tranquillo, le sue famigliuole benestanti intente a compiere atrocità con la stessa calma con cui pagano le tasse, portano i figli a scuola, pregano e bestemmiano. 
Odio le sue cittadine tranquille, sonnolente, dove tutti hanno un lavoro, una pensione, un'assicurazione sanitaria, una vita da felici pezzi di merda soddisfatti di vivere dentro un bozzolo di mediocre privilegio. 

lunedì 5 giugno 2017

Steampunk in salsa Osprey, tra storia e scienza


Nel 1862 una gigantesca meteora ha colpito l'emisfero occidentale. La cascata di frammenti stellati ha tempestato Europa, Russia e America con un nuovo minerale: l'hephaestium
Di facile combustione, simile al carbone naturale, l'hephaestium brucia molto più a lungo, con una resa calorica dieci, cento, mille volte superiore. Può facilmente venire combinato con altri elementi, miscelato, assunto come farmaco, droga o stimolante: potenzia con un solo granello intere corazzate. E' il combustibile del futuro, arrivato nell'epoca sbagliata: nel pieno dell'età vittoriana




venerdì 2 giugno 2017

Lo sventragiganti, di William King - rileggendo la saga di Gotrek&Felix


Sperduti nell'Impero dopo le vicissitudini vampiriche del precedente volume, Gotrek e Felix, Snorri e Max, incontrano un gruppo di uominibestia capitanato da un nerboruto guerriero di Khorne, ansioso di reclamare la testa del nano come trofeo al suo dio. 

Lo scontro fa scattare una trappola di due maghi del caos, i gemelli di Tzeench, Kelman e Lhoigor, dell'assedio di Praag del romanzo Sventrabestie
Attirati dai nemici in fuga sottoterra, Felix e Gotrek entrano in un portale del Caos, finendo catapultati nei sentieri degli Antichi, passaggi costruiti agli albori del Vecchio Mondo prima ancora della creazione della razza degli uomini. I sentieri, a metà tra effettivi tunnel e passaggi magici, collegano come una gigantesca ragnatela il mondo di Warhammer. In origine usati dagli elfi, nel mondo di King sono ormai corrotti dal Caos. 

Gotrek e Felix, spaesati e separati da Max e Snorri, vagabondano nei cunicoli uccidendo mostri e guerrieri, fino a incontrare un'anima persa quanto loro: è niente meno che l'elfo alto Teclis, arcimago dell'isola di Ulthuan
La patria degli elfi, artificialmente protetta con la magia dalle onde e da un'altrimenti inevitabile rovina tettonica – Atlantide docet – sta manifestando problemi strutturali: continui terremoti affliggono le città e tsunami minacciano le coste. Sembra che, dopo tanti secoli, l'isola sia destinata a inabissarsi nell'oceano. Nonostante la minaccia dell'ascia del nano, fin troppo memore delle offese delle orecchie a punta nella Guerra delle Barbe, Teclis è costretto ad allearsi con il duo per opporsi agli intrighi del Caos. I due maghi di Tzeench sono infatti riusciti a sovvertire i sentieri degli Antichi e minacciano non solo di distruggere Ulthuan, ma di colpire l'Impero degli umani e le stesse roccaforti naniche. 
Centro focale di questo complotto del Caos è Albione – un'isola abbandonata alle nebbie, spopolata e misteriosa, che si dice abitata da una razza di mostri molto particolare... i giganti

lunedì 29 maggio 2017

Ritorno a Red Hook: La Ballata di Black Tom, di Victor LaValle


Charles Thomas Tester è uno squattrinato abitante di Harlem, il cui padre ex muratore passa il suo tempo a casa, il corpo distrutto dopo decenni di lavoro, mentre il figlio si arrangia con lavoretti più o meno loschi, nascosti dalla sagoma malandata di una vecchia chitarra

Tester si guadagna infatti da vivere con speciali commissioni nel campo dell'occulto, procurando e vendendo libri e oggettistica legati a pratiche settarie; per la sua ultima commissione in un ricco quartiere bianco, Tester strappa l'ultima pagina del grimorio che andava trafugando nel corpo della chitarra. E' una pagina del Nuovo Alfabeto, parole di potere con cui manipolare la realtà. 

Sulla via del ritorno per casa, il giovane afroamericano incontra un ossuto aristocratico di nome Robert Suydam: l'uomo gli domanda di getto se vorrebbe suonare a casa sua, in occasione di una speciale festa tra amici. Ha infatti intravisto, nelle scordate note di “Tommy”, un'affinità per la magia, il marchio dei prescelti. Per il giovane nero si tratta di un'offerta bizzarra, sospetta, ma sapendo che è difficile comprendere le imperscrutabili ragioni dei vecchi bianchi immediatamente accetta. 
Uno sgradevole incontro con due poliziotti, che subito “sequestrano” l'anticipo della paga di Robert Suydam, lo avverte che si sta cacciando dentro un bel guaio: un ispettore di origini irlandesi, un gigante gentile dal nome di Malone, gli raccomanda che Suydam è una persona sospetta, pedinato da tempo. Ma per un povero del ghetto, i soldi sono soldi e un'offerta come quella di Suydam non si può rifiutare...