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mercoledì 6 settembre 2017

"La pubblicità è il nuovo carbone": Tristan Harris su Internet e i social


La politica americana non è la politica italiana e alcune volte la partecipazione emotiva degli italiani a quanto avviene negli States rasenta il paradosso. La morte di alcune star o di alcuni attori rappresentano occasioni di commemorazione grottesche, che stento a giustificare considerando i macelli di civili e non-civili nel resto del mondo. Tuttavia, è innegabile che per la posizione di equilibrio e controllo geopolitico, tenere un occhio aperto sulle attività nella Casa Bianca non fa mai male, specie per l'interconnessione delle tecnologie digitali che derivano ancora in gran parte dal villaggio (globale) della Silicon Valley. Internet – se si può ancora parlare di Internet – rimane nei suoi server e nella sua struttura di base in territorio americano. Teoricamente, come osservava il fondatore di PirateBay, è ancora possibile “staccare la spina”. Allo stesso modo, decisioni prese negli States possono influenzare le grosse proprietà dei social.
But thanks to the centralization of the internet, (possible) censorship or surveillance tech is a whole lot harder to get around. Also, because the internet was an American invention, they also still have control of it and ICANN can actually force any country top level domain to be censored or disconnected. For me that's, a really broken design. (intervista del 2015 a Peter Sunde, Vice). 

lunedì 13 luglio 2015

Teocrazia e Surveillance Systems: un nesso?


A questo titolo sono necessarie due premesse particolari.

La prima premessa invita, nell'ambito dei discorsi della privacy e dei sistemi di sorveglianza, a limitare il nostro “protagonismo”. Tranne che per rari casi di grave depressione, ci consideriamo al centro dell'universo, perchè nella nostra vita d'ogni giorno vediamo quanto ci circonda dalla “nostra” prospettiva, che essendo la nostra ci appare più importante di tante altre. Ci consideriamo importanti, perchè attribuirci tanta importanza è necessaria in primis per la nostra sopravvivenza, in secondo luogo per il nostro successo nella vita. Considerarsi “importanti” spinge con forza a risolvere i nostri desideri basilari, a inseguire una vita soddisfacente e per assolvere a questa soddisfazione ci spinge a riprodurci – da cui la spinta biologica che scusa questo protagonismo. Tuttavia, se riusciamo a uscire da questa limitata prospettiva, i comuni cittadini di uno stato occidentale non hanno questa grande importanza come singoli. Possiamo magari considerare importante che i nostri messaggi su Facebook, le nostre email, le nostre foto di quand'eravamo bambini o i nostri diari segreti vengano rispettati e non vengano esposti all'occhio “pubblico” o ancor peggio all'inquisitorio sguardo delle autorità. Pur tuttavia, queste informazioni sono per noi importanti solo in virtù di un nostro protagonismo: oggettivamente, allo stato o multinazionale non interessa minimamente conoscere il nostro numero di cellulare o il nostro colore preferito.

Internet, questo luogo così sicuro <3 <3 
Queste informazioni possono risultare utili per le ricerche di mercato delle multinazionali, modulando ad hoc le pubblicità a seconda dell'utente e dei suoi possibili desideri come consumatore. Questo pericolo – questa realtà, anzi – rientra nel generale trend di vendere qualunque prodotto a qualunque consumatore, inseguendo il massimo profitto a discapito della morale dello stesso. E' così che ad esempio che chi frequenta pagine Facebook dedite alla religione cattolica, a studi pastorali e alla Bibbia - lo confermo, ahimé! dalla cronologia di molti parenti - vedrà le pubblicità modularsi su corsi di studio dei vangeli, medagliette papali e pregiate bibbie in offerta su Amazon. Ugualmente, come, procedendo in campi molto simili, chi frequenta pagine nazifasciste, xenofobe e omofobe vedrà consigliati libri, prodotti e gadget di esponenti dell'estrema destra americana. Il sistema pubblicitario s'automodella sui desideri dell'utente, ignorando dati che sarebbero teoricamente di sua privacy. Per di più, il sistema cerca di arricchirsi a discapito che una sua convinzione possa danneggiare gli altri: l'importante è sempre fare affari. 
Non c'è qui alcuna differenza dai venditori di armi da fuoco ai paesi del terzo mondo. 
Lo Zuckerberg di Facebook E' il Nicolas Cage di Lord of War.

Tuttavia, nonostante questo pericolo, la nostra importanza come singoli nel sistema statale ed economico è molto relativa. A meno che non siate star del cinema, o politici, i vostri piccoli segreti, le vostre piccole informazioni anagrafiche non interessano a nessuno. Nonostante il titolo, vorrei dunque purgare quest'articolo dai complottari di turno, dalla feccia che crede d'avere chip nel cervello e che le telecamere tallonino ogni suo passo. Non siete importanti. Non abbiamo sufficiente potere per esserlo.

La seconda premessa vuole scusarsi se alcune delle argomentazioni qui esposte feriscono le vostre convinzioni religiose. Non posso fare nulla per evitarlo, perchè sono convinto che la privacy non sia una virtù religiosa, e senza dubbio non una virtù per le religioni monoteiste. Se questo vi offende, mi scuso. Dopotutto, la Chiesa Cattolica dell'ultimo decennio adora scusarsi per colpe passate ignorando le presenti, e anch'io riconosco quanto sia una tattica efficace: nel momento in cui ti sei scusato, nessuno può più accusarti di nulla. Ehi, mi sono scusato! Come osi tirar fuori quel brutto, vecchio argomento? E' tutto magicamente cancellato! E non costa nulla, poi. Un discorsetto, un momento pubblico, una (finta) umiltà.

Sono sempre rimasto colpito con quanta virulenta velocità i social network si siano diffusi nel Bel Paese. E' vero forum e blog dominavano già la scena precedentemente, e in gran numero. Ma non li si può paragonare minimamente alla creazione massiccia di social account in ogni dove. Anche smarriti quei due anni di febbre “da Facebook” il numero di persone che si registrano, o tornano a registrarsi dopo essersi cancellate è decisamente alto. Antropologi stranieri che studiano l'italiano medio (inesistente creatura mitologica) osservano come nello scarpone mediterraneo alcune tecnologie vengano assorbite molto lentamente, mentre altre conoscono una diffusione epidemica. I blog non hanno mai qui raggiunto lo status o la diffusione che hanno in Nord America. Stiamo ancora crescendo, lentissimamente. Dall'altro, pensiamo a Facebook. La sua diffusione ha un che' di stupefacente. Una libreria, un'edicola, un negozio di vestiti non penserebbe mai e poi mai di aprire un blog per pubblicizzarsi, nonostante questa sarebbe una mossa ragionevole. Al contrario, (quasi) sicuramente creeranno una pagina Facebook. Non è strano? Un blog potrebbe collegarsi a un online store e vendere ulteriormente a più clienti, anche lontani. Fornirebbe un guadagno maggiore. Una pagina Facebook invece fornisce avvisi, e nient'altro. 
O ancora: perché la diffusione dei cellulari ha preceduto la diffusione dei computer fissi? 
Molto prima che il cellulare diventasse un apparecchio fondamentale, la diffusione qui in Italia era in crescita rapidissima. Stiamo citando cellulari grandi quanti telefoni, ben poco “portatili”. Eppure diffusissimi, molto più dei loro contemporanei computer fissi. Perchè? Il computer fisso, paragonato a un cellulare forniva a inizio 2000' un range di opzioni molto più grande, un'insieme di possibilità incredibili per l'epoca. Il cellulare... Certo, forniva funzioni “diverse”. Ma non lo si poteva definire altrettanto utile. E non è sicuramente il caso dell'Inghilterra, o dell'America, dove la funzione del computer fisso veniva considerata di maggior importanza rispetto ai primi triviali prototipi di cellulare.
Financial considerations, though, do not help to explain other aspects of Italian technophobia. Italians were, for example, among the Europeans slowest to equip themselves with personal computers and to take advantage of the Internet. The most common reason given was that computers were “useless” or “uninteresting.” (...) 
Da John's Hooper's The Italians (2015), dalle note del Bittanti.

lunedì 16 gennaio 2012

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