Quarta e ultima storia di
Providence, White Apes prende a modello l'orrore di Dunwich, andando
a sollecitare con la delicatezza di un coltello arroventato il tema
della purezza razziale e della degenerazione biologica da sempre
fondamentali in Lovecraft.
Nel numero precedente,
basato sull'Ombra di Innsmouth, Moore giocava con argomenti pesanti
come campi di prigionia e Olocaust(i)o, mentre nei primi due, grazie
al racconto Aria fredda e Orrore a Red Hook, trattava il razzismo e
l'immigrazione. La posta pertanto è al continuo rialzo, gli
argomenti trattati salgono sempre più d'importanza, andando a
sollecitare riflessioni su argomenti “innominabili”.
In tal senso, il secondo
volume della Panini Comics, in teoria disponibile da luglio, dovrebbe
offrire un po' di respiro, perché raccogliendo i numeri di
Providence dall'05 allo 08 si occupa di argomenti più onirici, nel
campo di Kadath e compagnia bella.
Ciò non toglie, che
avendo dato un'occhiata alla versione inglese, il lettore offeso
dalle tematiche “impegnative” continuerà a restare offeso: sia
nel gioco disinvolto che Moore fa di Lovecraft stesso e delle sue
opere, sia nel suo uso delle scene di sesso, disegnate in modo da dar
“fastidio” al lettore.
Se la tra-duzione e
l'intro-duzione si manterranno ai livelli di questo primo numero, la
Panini avrà svolto un gran bel lavoro. A questo proposito, rimango
ancora dubbioso sulla scelta di una traduzione intermittente, che
alterna una resa dei dialoghi in dialetto assai sofisticata a una
rinuncia di alcuni termini di geografia e storia. Trovo ad esempio
irritante che non siano stati tradotti i titoli dei capitoli –
White Apes? Yellow Sign? Sul serio? - come d'altronde i vari libri di
occultismo di cui pure esiste la versione italica. L'idea di
sfruttare l'esotismo del titolo per far colpo non mi sembra simpatico
verso il lettore. Tuttavia, nell'insieme posso comprendere che un
lavoro come quello di Providence è nel contempo l'incubo e il sogno
di ogni traduttore esperto.
Come sempre, il
riferimento fondamentale da cui traggo ogni traduzione è Facts in the Case of Alan Moore's Providence, collettivo anglosassone di
esperti il cui acume non cessa di stupirmi.
Ho aggiunto tuttavia
qualcosa di mio, sopratutto da Providence 02 in poi: è divertente
constatare, man mano che scrivo l'articolo, come anche gli annotatori
si stanchino, lasciando passare intuizioni per me ovvie.
Le citazioni dai testi di
Lovecraft sono invece tratte dalla solita edizione economica
Newton&Compton, dalla copertina biancheggiante. Rivedendo i
titoli di alcuni racconti rimango sempre stupito dalla sciatteria di
certe scelte stilistiche dell'epoca. Certo, il Solitario di
Providence è un autore difficile da trattare, ma tra le traduzioni
del secondo dopoguerra e il recente trattamento “modernizzante”
di Altieri mi pare che non ci sia ancora stato un lavoro da vero
filologo dietro.
E nessuno più di uno
storico o un filologo saprebbe rendere una scrittura bizantina (!)
come quella di Lovecraft.
Non appena uscirà il
secondo volume (Providence 05-08) continuerò con le annotazioni.
Come sempre, non esitate a
segnalare errori, incongruenze o curiosità.
White Apes