venerdì 29 novembre 2013

Giacobini steampunk e strane macchine infernali

Piccola segnalazione per un episodio curioso in cui sono incorso studiando Storia della Francia.

Nel corso della rivoluzione francese molti dei caratteri del giacobinismo prima di venire esportati all'esterno in forma di conquista militare (Napoleonica) vengono spesso già assorbiti dai circoli della plebe urbana dei diversi popoli confinanti, fatti propri da larghi ceti della bassa borghesia e diffusi mediante una produzione sotterranea di libelli, vignette e quelli che oggi definiremmo fumetti a violento intento satirico (in effetti al cui confronto le attuali strisce son roba da leccapiedi che godono del consenso di entrambe le parti).
In Austria, in quel calderone che è Vienna, riescono a formarsi due circoli; il Barone Andreas Riedel (ex di Leopoldo), dove troviamo un ufficiale, Franz Hebenstreit; e il circolo del poeta fra massone Aloys Blumauer, i cui contatti annoverano due importanti armatori navali. I due circoli coinvolgono principalmente burocrati, fedeli del giuseppinismo di ferro illuminista, piccolo clero, medici, intellettuali, qualche studente fuori corso. Senza un reale appoggio se non nei contadini (fondamentale alleanza fra città e campagna) almeno nella plebe urbana (Bottegai e artigiani) il movimento è presto destinato alla sconfitta.

Nell'estate del 1794 Riedel e Hebenstreit decidono di passare all'azione: creano una Lega per l'Uguaglianza antiaristocratica, redigono una professione di fede in forma di poema, Homo hominibus, in cui auspicano: nuova legislazione in favore dei diseredati, abrogazione delle vecchie leggi, un regno dell'Uguaglianza, dell'Armonia e della Pace. E' un bel programma, se non fosse che a conoscere gli intenti del circolo giacobino sono solo un pugno di intellettuali. Le speranze di una sollevazione sono realisticamente basse.

Nel giugno 1794 l'attivissimo Hebenstreit manda due membri del gruppo a Parigi, per presentare i piani di sua invenzione per una temibile macchina da guerra, che da Vovelle viene descritto come 

"una sorta di carro irto di falci contro la cavalleria"

lunedì 25 novembre 2013

Robottoni a vapore (Castle Falkenstein)


Ho grandi perplessità sulla venuta di Putin a Trieste. 
Anni di fedele blogging mi hanno convinto quanto poco i complotti sulla rete siano incredibilmente dementi attendibili. Prendiamo il jumper elettronico che verrà usato dall'intelligence russa per disturbare i dispositivi elettronici in Piazza Unità e dintorni. Noi, povere pecore soggiogate dal malvagio nuovo ordine, crediamo che sia una semplice misura precauzionale; ma già attivi cittadini facebookiani (sic) s'interrogano sulle reali ragioni dello Zar moscovita.
Perchè, questa mossa?
Terrorismo, le solite scuse?
C'è un complotto.
Io, dall'alto della mia sterminata cultura nerd, punto all'ipotesi che Putin stia nascondendo un Kaiju livello quattro nel Mare Adriatico. Dopotutto il porto di Trieste vanta uno dei fondali di maggiore profondità: perché non sorprendersi che venga nascosto laggiù un gigantesco mostro, pronto ad assalire le giuste&Democratike&Gay potenze occidentali? Mi pare evidente, è un complotto, un attentato alla cara RepubbliKa Italiana. Quando il Kaiju livello quattro andrà all'attacco, le onde elettromagnetiche sul dorso spegneranno definitivamente qualsiasi meccanismo di difesa.



C'è un unica speranza, lettori: lo Jaeger a vapore degli Asburgo!
Analogico, alimentato a carbone dalla sacra Boemia, cara vecchia tecnologia monarchica. Spezzeremo le reni della Russia Zarista e andremo alla rapida conquista dei Balcani promessi ma mai ottenuti dai trattati con i Russi! Spazzeremo gli infedeli... Cosa? Non esiste più l'impero ottomano? E nemmeno gli Asburgo? Ah, l'età, il tempo che scorre troppo veloce...

Traduzione dal supplemento Steampunk di Castle Falkenstein. Ovviamente è da preferire la versione originale, ma spero possa divertirvi/ essere utile comunque.

Automa Gigante a Vapore di Lord Tomino

venerdì 22 novembre 2013

Web serie steampunk: The World of Steam


The World of Steam è una web serie steampunk finanziata via Kickstarter, il raccoglitore di fondi "dal basso" che sta conoscendo una continua crescita negli ultimi anni. Seguo poco in tal senso l'ambito del cinema, a differenza di videogiochi e giochi da tavolo, dove ho assistito coi miei occhi a progetti che le grandi industrie difficilmente avrebbero consentito.

The World of Steam si presentava nel progetto come una serie già abbozzata, ma disperatamente bisognosa di fondi, in particolare per migliorare scenario, fotografia, effetti speciali.
Curatore (e in parte) attore è il simpatico Matt Yang King.
La serie prevedeva una struttura a episodi auto conclusivi, con un tocco di magia e meraviglia che avrebbero dovuto ricordare l'equivalente sci fi "Ai confini della realtà".
C'è una voce narrante, un episodio misterioso, un finale straniante.

Il primo episodio è uscito Gratis su Youtube qualche giorno addietro.
The Clockwork Heart segue le avventure di un inventore, della sua sposa, di un misterioso automa meccanico. 


Sono due le caratteristiche che colpiscono in questo primo episodio pilota:
  • Una sontuosa cura nel dettaglio, nel verosimigliante, nella credibilità dell'outfit di vestiti e ambiente. Non siamo nel campo dei cosplay che si fingono attori, dei mostri modellati col pongo, degli attori che balbettano battute. Nulla di eccezionale, intendiamoci: è appena passabile, qualcosina si poteva migliorare. Ma guardate la cura nei dettagli dell'automa, cuoio, acciaio e tubature. O la raffinatezza del gioco di Silhouette del flashback.
  • Colonna sonora e fotografia sono buone, un'attenzione nella ricostruzione piuttosto rara. Troppe volte mi sono imbattuto in corti che usavano filtri che ricordavano un filmato casalingo (quale in effetti era). O che al contrario distorcevano a tal punto la fotografia che ti veniva nausea. O che mascheravano la mancanza di fondi (e idee, aggiungerei) con interminabili riprese di dettagli (la spallina, gli stivali, il pavimento sporco... Ohhh) a cui te lettore non te ne strafregava niente. Invece in Clockwork heart c'è un minimo di equilibrio.
Attendo ansioso il secondo episodio, nella speranza che quell'eccesso di melensaggine presente nel finale svanisca per sana azione (e un pizzico di Horror) che nel kickstarter che tanto promettevano.

martedì 19 novembre 2013

Beyond: le sue anime dell'idiozia


Le istituzioni decadono. 
E' una legge naturale: tutto, prima o poi, non si limita a passare di moda, ma transige, decade, scompare. Diventa obsoleto, un oggetto nostalgico, un ricordo da rivivere. 
Viene cancellato, si trasforma, se ne piange il ricordo.

Tuttavia, non viene mai sottolineato come un'istituzione non muore pacificamente. Lotta sempre fino all'ultimo, sfruttando ogni aggancio, ogni possibile espediente, ogni mezzuccio, per quanto meschino esso sia. E ciò vale ancora di più per i mass media, che se avvertono la propria supremazia venire attaccata si chiudono a riccio, lanciano pogrom, si battono come demoni infuriati.

E' una brutta faccenda. E' una brutta faccenda perché l'azione del mass media minacciato diventa spesso violenta, tenta in ogni modo di conservare artificialmente i motivi per cui esisteva. E' un malato che preserva la propria malattia, che la rende terminale, pur di continuare a usufruire dell'ospedale, di quello stuolo di medici e infermiere ai suoi ordini. Così non mi sono sorpreso, quando leggendo Sorrisi&Canzoni a casa della mia cara nonna, ho incontrato una bizzarra, nuova rubrica intitolata
I nuovi oggetti per vedere, ascoltare, connettersi, giocare
Ora, già il termine oggetto (oggetto=cosa) è scorretto, brutto e antiquato.
Sorrisi non è una brutta rivista... Oddio, dipende da cosa intendiamo per brutto. E' una rivista televisiva. E la televisione è uno dei mass media in flessione. Non ho statistiche per affermarlo, è più un dogma marxista, quel genere di affermazioni nello stile "Il capitalismo si autodistruggerà, la rivoluzione è vicina! (continuante a ripeterlo dall'alto delle vostre poltrone in pelle di baroni universitari, mi raccomando...) "
La radio non è scomparsa con l'avvento della televisione, la televisione non scomparirà con l'avvento di Internet. Discussioni vecchie. Tuttavia, nella logica del Mass media che si sente minacciato, Internet e videogiochi sono due possibili, pericolosi rivali, che occorre demonizzare. 

Non a caso, nessuno si preoccupa di porre una password all'utilizzo della televisione, non sente di doverlo regolamentare per proteggere suo figlio. La televisione è rassicurante, è casa, specie nelle statistiche delle famiglie spagnole e italiane. La rete pronta a disturbi, a manie, è invece territorio esterno, selvaggio. Pericoloso

C'è da considerare che col tempo questa propaganda ha iniziato a logorarsi, a perdere efficacia. 
Facebook è stato un bel colpo finale, una piccola televisione all'interno di Internet (uguale volgarità+complottismo= successo completo). 

I videogiochi si sono alleggeriti, sono diventati cool, Internet è trendy, è social, è disinformata utile. La minaccia che Internet potesse sorpassare la televisione era altissima, certo. Ma con mossa tipicamente capitalistica, si è scelto di abbracciare, inglobare l'opposizione. Di portarla dentro, nell'utero rassicurante della televisione. Di renderla famigliare. Distorcerla. 
Addomesticare la violenza degli autoctoni con perline colorate e mi piace su Facebook.

All'interno della Rubrica, Sorrisi discuteva Beyond Two Souls. 
Sono rimasto sorpreso, perchè Beyond è un videogioco. Interpreti una protagonista con le fattezze offerte da Ellen Page, che soffre di un legame di natura extrasensoriale con una "presenza" chiamata Aiden. 
E' un videogioco, nonostante l'alta resa cinematografica, l'azione guidata, l'uso delle inquadrature. 
Non il mio genere, dopo averlo parodiato in occasione dell'E3. Ma rimane un videogioco, ripeto. Conseguentemente, un nemico dell'unione famigliare, del sacro patriarcato, qualcosa di "esterno", pericolosamente totalizzante. Mentre leggevo tuttavia, ho notato che assai abilmente, il redattore non usava mai la parola "videogioco". Paradossalmente, dall'articolo questa parola veniva totalmente bandita, espunta. Si usava la parola "film interattivo". Beyond non è un videogioco, ragazzi: è un film. In cui ogni tanto premi un bottone.
Dell'opera, costata 27 milioni di dollari, parlano tutti. Perchè? Semplice, non è un film tradizionale. E gli attori (che pur sono stati coinvolti in ogni fase e hanno recitato ogni singola scena) non compaiono in carne e ossa, ma in versione digitalizzata: in questo modo a guidare le loro scelte sarà lo spettatore, che potrà indirizzare la sceneggiatura verso 23 diversi finali. Sarebbe sbagliato parlarne come di un videogioco, anche se è necessario possedere una PlayStation3: si tratta di un'opera rivoluzionaria per la quale sono stati necessari tre anni di lavoro.
Vedete? Ecco la manovra avvolgente. E' sbagliato definirlo un videogioco, lettori. E' un film. 
Che tradotto, vuol dire che possiede vera dignità. Solo un film può vneire considerato seriamente. Solo un videogioco che rinunci a essere "gioco" snaturando così la sua vera essenza, può essere considerato seriamente. Beyond non è un videogioco, si afferma categorici. 
E' un film, dannazione. Un film! Non osate confonderci.

Poco importa che a conti fatti Beyond Due Anime preveda una gran quantità di scelte, di concreto gameplay in cui tocchi e manipoli. Che sì, sono cinematografici, ma che alla fin fine sarebbe sbagliato definire film. Piuttosto narrazione interattiva, librogame a scelte. Ma non è cinema. E sì, Sorrisi, sono d'accordo: è un gran peccato che si debba possedere una Playstation e non basti l'occhio catodico. Il videogioco per l'inevitabile progresso rischia di minare la supremazia della televisione: non deve dunque sorprendere che venga da quest'ultimo assimilato, mangiato. Trasformato in un appendice sterile, prontamente acclamata dalla critica.

E ora, un'immagine porca di Ellen Page, altrimenti questi miei deliri non li legge nessuno:



venerdì 15 novembre 2013

Indietro nel tempo (racconto)

Sì lo so, sono più di 500 parole e ciò abbondantemente supera la vostra soglia dell'attenzione, ma io continuo a sperare in visite e commenti ^__^


La macchina del tempo era una sfera metallica rivettata di bulloni e ingranaggi, che ricordava a Enrico un gigantesco magnete attira-spazzatura.
Sentiva i jeans stringere in vita, la cintura con la fibbia a forma di mouse anni Novanta segare la pancia in due. Invidiava la pratica tuta aderente della collega Lucinda, la maglietta intelligente da quattro soldi dell'amico Hacker Luca, perfino quegli inestetico, ma praticissimo SmartWatch che ronzava sul polso dello storico Polidori. Interrogò quest'ultimo, per alleviare la tensione prima del salto temporale.

- Allora: ho tutto? -

Il professore di storia consultò un database olografico, scorse velocemente un lungo elenco di foto vintage. Finse di picchiare più volte coll'indice sullo schermo invisibile. Un vezzo risalente a quando s'usavano schermi solidi e tecnologia Touch, che di tanto in tanto alcuni nostalgici fingevano ancora praticare. Irritante. Ma d'altronde, Polidori era uno Storico, un antropologo di usi e costumi dei primi anni del secolo Ventunesimo. Al pensiero, Enrico sentì il cuore accelerare i battiti, impazzire nella cassa toracica. Si calmò con lunghi respiri. Non è il momento, pensò. Era una strana sensazione, indossare vestiti così grezzi e malcuciti, senza un'intelligenza artificiale che rammentasse il numero di calorie consumate, il livello di alcool nel sangue, gli appuntamenti dell'agenda. Che monitorasse grado d'inquinamento dell'aria, respiri, sudorazione eccessiva. Indossava vestiti stupidi, poco da fare.

- Hai l'ipod? - Chiese Polidori.

- Cosa? Sì! - Frugò nella tasca, fino a esibire un rettangolino azzurro scheggiato. 
Constatò stupito il groviglio di cavi che fino a qualche secondo prima aveva diligentemente districato.

- Ogni volta che hai un momento libero, cammini, sei al bagno, in treno o in autobus, mettitelo sempre al collo e infila gli auricolari. A quei tempi, non si usciva senza una canzone nelle orecchie, ricorda. -

Enrico annuì timoroso. La scaletta di canzoni che gli avevano consegnato andava dal melenso al trash e la musica classica sembrava bandita completamente. Invano aveva implorato Polidori di poter inserire almeno un'opera di Wagner, qualche melodia di Schubert, una marcetta di Elgar. Suppliche inutili. 
Quei nomi strani, che aveva osato ascoltare, quei "Gigi d'Alessio", "Lady Gaga", "Fabri Fibra" costituivano più un concentrato di rumori, una cacofonia confusionaria, che un'effettiva melodia.

- Zaino? Cos'hai dentro? -

Enrico tirò lo stretch e rabbrividì al rumore del velcro strappato. Mostrò una tavoletta nera, dallo schermo lucido in una custodia di pelle, un block notes, diverse penne e matite.

- Alla fine hai scelto un lettore elettronico, a quanto vedo, uno dei primi Kindle. Che ci hai messo dentro, come ebook? -

- I Classici, signore. Le prime esperienze di Autopublishing dell'epoca, via blog. Fantascienza d'assalto, che precluse al crollo delle grandi case editrici. -

- Dovrebbe andar bene – Mugugnò il professore. Enrico poteva leggergli nelle orbite infossate l'invidia per non poter partecipare al viaggio, ma era troppo vecchio. Non sarebbe sopravvissuto al balzo temporale. - Dimmi qualche tema politico dell'epoca, se ti attirano a bere un bicchiere di alcool in quei luoghi chiamati "bar" -

Enrico, preso alla sprovvista rimase per qualche secondo in silenzio. Mentre Polidori lo fissava alzando il sopracciglio, Enrico afferrò la risposta. - La Crisi economica, signore! -

- Ah! Molto bene. Altro? - Polidori sorrise.

- Quant'è difficile trovare lavoro senza cercarlo affatto, discussioni su Berlusconi, indignazioni sui costi della politica, tasse, lamentele sul social network dell'epoca, FaceBoom.-

- Facebook – Corresse Polidori – Ricorda che eravamo negli anni prima dello scandalo Zuckerberg, quando si scoprì che il piccolo Genio alimentava reparti paramilitari in Africa e trafficava schiavi dall'Oriente. All'epoca, non gli avevano ancora diagnosticato paranoia e sociopatia, anzi, veniva considerato un genio -

- D'accordo. - Enrico voleva coprire lo sbaglio precedente, quindi aggiunse – E se ricordo bene, in America è per la prima volta Presidente un nero, quel tale Morgan Freeman, giusto? -

Polidori scosse la testa, ridacchiando. - Se fossimo a un esame orale, ti boccierei. Presidente era Obama, ti stai confondendo con Hollywood. -

- Hollywood? Era ancora viva? Non c'era ancora il cinema africano? -

- Te l'ho detto, siamo negli anni prima del Crollo. Videogiochi? -

- C'è il credo del prete, che usciva ogni anno a opera di quella casa francese... La Ubisoft. E poi ci sono le avventure dell'idraulico italiano, Mario, giù nei tubi -

- E' il credo dell'assassino, casomai. Non dimenticare lo sparatutto per veri retrogamer, oggigiorno, Call of Duty. Molto difficile, se confrontato ai videogiochi odierni. Meglio lasciar stare la storia dei videogiochi, è un argomento complesso. Tasche? -

- Cellulare! - Enrico mostrò una mattonella grigiastra, dalla pulsantiera mangiata dagli anni. - Lo usavano per chiamare, giusto? E per mandare i " messaggini" – Pronunciò l'ultima parola lentamente, come se non ne comprendesse appieno il significato – E si divertivano a comporre strane faccine usando la tastiera... -

- Esatto! - Annuì Polidori, soddisfatto – Come sei con il portafoglio? -

- Male, signore. Non abbiamo trovato le banconote dell'Euro, così le abbiamo sostituite col Monopoli da tavolo del figlio di Lucinda. La somiglianza è notevolissima -

- Monete giocattolo, non mi sorprende. Bene, sembra tu abbia tutto, figliolo – Diede un'occhiata allo Smartwatch, confrontò i documenti dell'epoca con il vestiario del ragazzo. La barba di Enrico era una nota eccentrica, ma Polidori confidò che sarebbe passato come un hipster all'ultimo stadio.

- Mi raccomando, Enrico. Abbiamo marchiato quel periodo come "NeoMedioevo" per ottime ragioni. Stai per finire in un'epoca buia e violenta, specie in Italia. Le persone vivevano come bruti senza cervello, imbottiti dai mass media, soggetti a strane manie, dall'amore per la carta a moralismi di ogni genere. Avere un blog non era considerato un lavoro, ma un hobby discutibile, un giocattolino per menti egocentriche. E nella politica, nella società, nei costumi la gerontocrazia imperava mostruosa, divorava ogni cosa. Stai attento, annota quanto ti abbiamo chiesto e ritorna al più presto. -

Enrico annuì e cinque secondi più tardi la scomposizione molecolare lo inviava come un fax interstellare nell'Anno Domini 2013.  

venerdì 8 novembre 2013

Acquisti Lucca Comics 2013



Espansione U.S.A. Di Sine Requie.
Il successo di Sine Requie ormai domina gli scaffali di ogni libreria nerd, di ogni rivendita di giochi di ruolo. Dopo Dungeons&Dragons è il gioco di ruolo più venduto in Italia. 
Successo meritatissimo per il macabro sistema a tarocchi, per la cura maniacale con cui vengono gestite le diverse ambientazioni pesantemente distopiche. 
Dopo il regno di Osiride, espansione fin troppo solare e stereotipata in certi dettagli, insomma sottotono, il duo Cortini&Moretti torna con un supplemento lungamente atteso. 
U.S.A. è un supplemento che spinge ancora di più il pedale sulla narrazione, lasciando all'osso i dettagli "tecnici" di gioco, eliminando l'inutile avventura finale e fornendo in compenso un buon numero di spunti per infinite avventure. Non è perfetto: la prima parte puramente "distopica", presa pari paro da Essi Vivono è condotta magnificamente, avvalendosi di un gioco di bianco/nero contro colori accesi mai così azzeccato. 
La seconda, che s'incentra sul KuKluxKlan, sul Texas assediato dai Non morti e sulla città libera di New Orleans è meno ispirata. Come nei casi peggiori dei precedenti supplementi, si ha l'impressione che abbiano compilato una lunga fila di stereotipi. Si poteva inoltre spendere qualche parola in più sui mutanti nati dalle radiazioni e qualche parola in meno sui Burattini, che divertono ma continuo a sentire estranei spesso al duro realismo (?) del resto del gioco.
26.50 davvero ben investiti.

martedì 5 novembre 2013

Una piacevole foll(i)a: Lucca Comics 2013


E' sempre interessante constatare come alcune attese e aspettative possano venire facilmente fraintese, sia dal popolino che dai mezzi d'informazione che dagli alti quadri.

Prendiamo una fiera quale Lucca Comics.
Una convention che, essenzialmente, si propone di vendere fumetti e action figure. 
Sì, sì: giochi di ruolo e videogames, qualche spazio alla narrativa fantasy, ma de facto il grosso viene ancora occupato dai numerosissimi stand (indipendenti e non) di fumettari.
Il nucleo è quello. E non a caso, ritengo che il Japan Palace ne sia in questo senso l'apice, il pinnacolo. 
In quell'affollatissimo spazio di un già affollatissimo luogo, tutto converge: manga, visitatori, cosplay, anime, merchandising, cibo-jappo-non-jappo.

Ed è interessante, che nonostante la pubblicità sia concentrata in modo massiccio sull'Ubisoft, sul nuovo Assassin's Creed, sulle ultime anteprime dei filmetti della Marvel, su incontri tanto urlati quanto superflui (Davvero gliene importa qualcuno, di parlare coi doppiatori... Non gli attori, i doppiatori! De lo Hobbit? Suvvia...) che insomma nonostante questa pantagruelica macchina pubblicitaria, il nucleo rimangano venditori indipendenti, fumetti e prevalga la sostanza sulla forma. 

In tal senso, il sabato ricordo con un certo ghigno la flebile, se non scocciata risposta della massa di nerd, che accalcati sotto il tendone della premiazione dei cosplay terminavano gli slogan ormai meme della saga degli Assassini. Mentre procedendo verso le mura qualche istante dopo assistevo a una ben più calorosa accoglienza del gruppo di cosplay di One Piece o ai complimenti entusiasti verso l'usuale spettacolo di spade Jedi. Non voglio postulare una superiorità del cosplay, del fumetto, dell'anime vecchio/ di nicchia, ma semplicemente constatare che per una volta ho avuto la sensazione che più di una folla, si trattasse di un assembramento, dunque caratterizzato da una certa volontà, un certo suo specifico gusto.

Per carità, non voglio idealizzare. I grossi finanziatori ci vogliono, non sono per forza The Evil Empire, malvagi miliardari che vogliono maltrattare i loro consumatori. E stiamo pur sempre parlando di una fiera, che nel termine stesso include un'idea di forte commercializzazione. Esistono mecenati ben più biechi della Ubisoft e col tempo arriverò probabilmente a guardare con nostalgia all'onnipresente Credo dell'Assassino. Tuttavia, preferisco per il momento profili bassi e incisivi quali lo show dell'Umbrella Corporation.

Il tizio col machete *___* E gli zombie che vagavano nella folla...
Quindi, ricordi positivi di questo viaggio a Lucca: