sabato 21 giugno 2014

Infernalia, di Clive Barker


Alzi la mano chi si ricorda di Clive Barker.
Io no, ad esempio.
Rammento che doveva rubare lo scettro dell'horror a Stephen King tra la fine degli anni Novanta e i primi del Duemila, ma da allora la sua produzione letteraria è progressivamente scesa, prima di spegnersi negli ultimi anni. Il buon Clive è un esempio di quelli che in America vengono considerati “artisti rinascimentali”: scrive romanzi, disegna (con abilità notevole, per altro), sceneggia film – la farina di quanto c'è di buono nei primi due Hellraiser è sicuramente merito suo – compone poesie e ha addirittura fondato una sua casa editrice di fumetti, la Razorline, dalle cui fauci infernali sono uscite serie come Ectokid e Saint Sinner.

Infernalia è la prima delle raccolte di racconti che prendono il nome di “Libri di Sangue”.
Pubblicata nel 1984, sarà la prima di sei antologie di racconti pubblicate nel brevissimo lasso di due anni d'iperattività. Sarà da questo nucleo iniziale, che Clive comincerà a delineare la sua personale mitologia. 

Dal punto di vista dello stile l'elemento che può dare più fastidio è la pigrizia di un Clive ancora giovane. 
Se possiamo sorvolare sull'infodump, fastidiosissimo è invece il modo in cui si salta dal punto di vista del protagonista al punto di vista di un personaggio secondario, senza né preavviso, né cambio di paragrafo. Ci si orienta, questo è certo, ma ci si sente, più che spaesati, presi in giro. La conosco quella sensazione: sei a tal punto entusiasta di quanto scrivi, che scegli di volta in volta il personaggio che ti permette di progredire il più velocemente possibile.
L'ansia di raccontare è una bella cosa, ma va imbrigliata.

Il libro di sangue

Racconto che ha la funzione di un prologo, dove una ricercatrice del Paranormale è stata gabbata da un falso medium che finge di saper scrivere le parole che gli dicono i morti. Problema: hanno scelto come luogo dell'esperimento la tipica casa in stile georgiano gravida di violenze e anime frustrate.
Dopo settimane che il medium inganna la ricercatrice i morti s'incazzano e decidono di usare la pelle del malcapitato per scriverci le proprie storie.

Trama che funziona come anticipo della storia principale. C'è qualche descrizione suggestiva, infodump a palate e un certo qual tono onirico. Le storie scritte sulla pelle umana dell'uomo costituiscono “Il libro di sangue” e i racconti che seguono le vicende che i morti volevano tramandare.

Macelleria Mobile di Mezzanotte

Mahogany è il prescelto dei Padri di New York, lovecraftiane entità che strisciano nel sottosuolo della città. Per nutrirle e nutrire i loro sacri figli, bianchi esangui cannibali, va a caccia ogni giorno. Sceglie le vittime con cura, le sveste, le depila e le smembra, per caricarle poi sulla metropolitana che a mezzanotte conduce il carico di carne umana ai suoi spaventoso avventori. Tuttavia, più gli anni passano, più Mahogany è stanco: alcool, fumo e obesità rendono la ricerca di giovani sani e muscolosi sempre più difficile...
Kaufman amava New York con tutto sé stesso. Il grande sogno realizzato, il giardino delle delizie dove tutto è possibile. Ora, dopo anni di lavoro in ufficio è solo l'ennesimo uomo stanco che prende la metropolitana sbagliata... E si ritrova a fronteggiare Mahogany.

Circolava in quella garenna l'alito rigurgitato di un milione di viaggiatori a mescolarsi con l'alito di creature assai più antiche; cose con voci molli come argilla e appetiti abominevoli. Come ci stava bene. Nell'odore, nel buio, nel tuono.

Nelle recensioni Macelleria Mobile di Mezzanotte viene etichettato come “splatter”. Tuttavia, lo è molto in relativo: c'è azione e c'è sangue, e ci sono smembramenti assortiti, ma non c'è quella carica grottesca che dovrebbe caratterizzare il genere.
Piuttosto, narrando la discesa di un uomo comune (Kaufman) negli Inferi (il sottosuolo di New York) dove verrà a contatto con entità sovrumane che governano la città (uno Cthulhu cattivo, non quelle descrizioni manierate e artefatte che sono ormai la moda) possiamo parlare di un racconto lovecraftiano
Dobbiamo maneggiare quest'aggettivo con cura, perché ormai è di moda definire “lovecraftiano” qualunque cosa. Tuttavia, leggendo la descrizione del Padre del sottosuolo alla fine del racconto, la sensazione è quella giusta: orrore primordiale, schiacciante, insopportabile.

Il Ciarliero e Jack

Il Ciarliero, un demone minore, è stato incaricato da Belzebù in persona di far impazzire un uomo qualunque, Jack Polio, un importatore di cetrioli. I suoi poteri sono limitati: non può toccare Jack, non può uscire di casa, deve comportarsi come un poltergeist, corrompere Jack e comprare la sua anima. Ma Jack Polio non è l'idiota che sembra...

Un racconto comico, completamente narrato dal punto di vista di un demone stressato dalla noia, che tenta di mese in mese ogni stratagemma per esaurire la pazienza della sua resistentissima vittima. Prendete Neil Gailman e il suo tono “fiabesco”, sporcatelo di sangue&cattiveria: otterrete Il Ciarliero e Jack.

Mai dire maiale

Redman è un poliziotto. Redman è un insegnante. Redman è il maiale, così lo chiamano i ragazzi del Riformatorio dove è giunto a lavorare. Maiale, perché poliziotto. Ma non è l'unico. Tra bullismo e scontri tra bande, il Riformatorio cela una piccola, nascosta, fattoria e in questa fattoria c'è un altro maiale, vero e spaventosamente affamato, verso cui i ragazzini sembrano provare una strana venerazione...

Questo racconto è il piatto forte della portata. O meglio, è senza dubbio il piatto di carne del banchetto di Clive. Macelleria Mobile era splatter, ma era splatter in modo convenzionale: qui invece abbiamo a che fare con un'atmosfera malata e riuscitissima. Clive cucina a puntino il suo racconto, versandoci tanto, tanto sangue.
Il riformatorio viene raramente descritto in toto, ma trasuda sudore rancido, violenza repressa e un atmosfera veramente febbricitante, da mosche che girano sulla carcassa. Inoltre è l'unico racconto col punto di vista bello fisso sul protagonista, Redman, fattore che aumenta il senso di disorientamento e nausea.

Sesso, morte e stelle

Terry è il direttore di una scalcagnata compagnia teatrale dove sono tutti pessimi attori, il palco verrà chiuso a giorni dopo la loro ultima rappresentazione e il ruolo più importante è affidato alla sua amante Diane, una donna con meno talento di una bambola di gomma. La visita di un misterioso benefattore, tuttavia, ribalterà le carte in tavola: questo spettacolo s'ha da fare, pena una terribile punizione...

Tranquilli, non è un racconto sulla merendina pandistelle.
Questo è un raccontato teatrale, nel senso che è un affettuoso omaggio al potere dell'Arte e in questo caso dello spettacolo teatrale. Tale che farebbe resuscitare i morti. E non stiamo parlando di metafore, in questo caso. I morti di Clive sono i tipici non-morti di molti film dell'animazione; dispettosi, cattivi (uccidono e anche con gusto) tuttavia alla fin fine mattacchioni, “liberi” dalle convenzioni dei vivi.


In collina, le città

Una coppia in viaggio, Mick e Judd, scelgono come luna di fiele miele una traversata nell'Europa balcanica. Judd è fissato con la politica, un uomo “alla destra di Attila l'Unno” rozzo e pragmatico. Mick al contrario è un appassionato di chiese e d'arte rinascimentale, disinteressato a tutto il resto. Di battibecco in battibecco la coppia penetra sempre più nella Jugoslavia (il racconto è del 1984) fino a incappare nello scontro millenario di due paesi che combattono con dei giganti... Dei giganti di carne umana.

Racconto conclusivo, molto lento nell'incipit, che include diverse scene superflue (un po' di sesso, descrizioni da cartolina, qualche incontro “inquietante”) che se non altro ti permettono d'avere un certo attaccamento per i protagonisti. Un altro problema del racconto è che non ha una vera trama: Mick e Judd finiscono intrappolati in qualcosa più grande di loro, e letteralmente sballottati di qua e di là. Quanto invece salva il racconto è l'idea dei giganti combattenti, che non posso approfondire a meno di rovinarvi il piacere della lettura. Basta dirvi che l'idea è davvero inquietantissima e svelata con perizia solo a poco a poco.
Senza dubbio il secondo miglior racconto, dopo “Mai dire maiale”.

E' difficile tirare le somme su “Infernalia”.
Mi aspettavo qualcos'altro, qualcosa più “alla Hellraiser”.
Invece questo Clive Barker ha un grande amore per i sogni e le invenzioni fantastiche, per quanto annegate nel sangue. Proverò a trovare qualche altro “Libro di sangue” per farmi un'idea migliore.

Fonti:
Nell'ultima ristampa, il primo libro del sangue è stato pubblicato nel 2012, con il titolo Le stelle della morte.

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