La
sempre maggiore disponibilità di documenti pubblici e al contempo la
sempre maggior facilità d'accesso ai suddetti documenti, rende il
lavoro dello storico sempre più facile. Ad esempio, studiando storia
della Francia, sono rimasto sorpreso di come intere annate di archivi
e dibattiti parlamentari del periodo rivoluzionario siano state
interamente scannerizzate e rese disponibili allo studio di esperti e
(non) esperti, con tanto di motori di ricerca appositi (semantic
web&compagnia).
Annotazioni
d'incidenza di nomi, lessico e statistiche che normalmente avrebbero
richiesto anni di lavoro nell'archivio vengono ora realizzati
nell'arco di un pomeriggio. Gli stessi giornali, riviste normalmente
disponibili solo attraverso una ricerca in
loco
possono venir consultate da chiunque abbia un minimo di accesso a
Internet e un minimo di capacità di ricerca.
Senza
drammatizzare, il passaggio dell'archivistica ( e della diplomatica,
e della storiografia) al supporto digitale, sta permettendo passi da
gigante. Magari ininfluenti per chi di storia o d'umanistica non
s'interessa, ma comunque impressionanti. Un professore che conoscevo
paragonava questo passaggio all'introduzione delle macchine tessili
nell'industria inglese di fine 700' (regione del Lancashire, ad
esempio) che permisero di centuplicare la produzione di tessuti fino
ad allora realizzati a mano.
Come
sa bene chiunque frequenti i blog di “storia” (obbligatorie le
virgolette), tanta facilità d'accesso (1)
non si traduce automaticamente in prodotti di qualità. Spesso la
mancanza di metodo porta semplicemente a inseguire le proprie
personali manie, nascondendole dietro la cortina fumogena di scan e
vecchi documenti. Manca totalmente l'idea che un'esposizione dovrebbe
procedere usando i dati con accortezza e inserendoli nel contesto,
che si dovrebbe rispondere alle critiche argomentate con altre
critiche argomentate e non appellandosi a un'inesistente superiorità
di uno studio autodidatta rispetto al “politically correct” (?)
studio universitario.
Questa
facilità d'accesso, può tuttavia venire applicata senza problemi a
documenti anche più recenti, potendo infatti disporre di maggior
materiale su cui azzannare i denti. Trovo particolarmente
interessanti i quotidiani e le riviste, specie degli anni ottanta e
novanta, relativamente all'area americana. Le dichiarazioni e le
riflessioni che vi sono dispiegate continuano a stupirmi per la loro
ingenuità e candore; la concezione di geopolitica che vi si nutre è
talmente netta, talmente semplicistica nel contrapporre il sistema
americano (sempre nel giusto, nel buono, nel divertente, nel sacro) a
qualunque altro sistema, automaticamente assimilato al male. Un male,
va da sé, canaglia, inumano, a cui viene sempre negato lo status di
nemico “onorevole”.
L'effetto
risulta grottesco, specie quando si leggono e si guardano gli
articoli e le trasmissioni tv che seguirono alla conquista dell'Iraq
nel 2003 – dopo tre settimane vittoriose di guerra in aprile – in
maggio si agitavano le bandierine della vittoria: un malvagio tiranno
era caduto, un altro sistema si apriva al “buon” liberalismo,
pa-pa-pa-ra! Viva Bush figlio, Viva il Bene Assoluto! Per noi che non
siamo più nel 2003, e neppure nel 2006, ma nel 2015 inoltrato (!)
leggere queste testimonianze lascia straniti: sembra di stare su un
altro mondo.
Dopo
una falsa partenza che lasciava sperare una conclusione rapida del
conflitto, la “pulita” guerra in Iraq sarebbe degenerata in un
conflitto di guerriglia confuso e sanguinoso, dove l'assoluto
disinteresse Usa a studiare l'area, a procurarsi interlocutori che
parlassero arabo, a sottovalutare i conflitti etnico-religiosi del
paese avrebbe portato a una balcanizzazione dello stato, a un
disastro sia monetario, che politico, che religioso. Con la
conclusione nel 2011, la guerra in Iraq ha distrutto a tutti gli
effetti la popolarità americana nel Medio Oriente, con l'unico fine
raggiunto di aprire il paese al liberalismo occidentale... Mentre
intanto l'area del Golfo Persico continua a bollire come un calderone
infernale.
I
seguenti estratti non hanno valenza di uno studio accurato, ma
esplicitano con efficacia l'ubriacatura vittoriosa di quegli anni –
che prendeva a calci chi si opponeva la guerra e proponeva come
sempre una soluzione “concreta” e “pragmatica” a problemi che
in realtà richiederebbero tutt'altre soluzioni che semplicistiche
“crociate”.