venerdì 15 maggio 2020

"Impesto anco te!" Pandemonium. Un Neo-Decameron rivisitato per il 21° secolo


Come in alto, così in basso.
Se il Pantheon è la casa di tutti gli dei, il Pandemonium è quella di tutti demoni dell'inferno; e in questi mesi di quarantena c'è chi ha vissuto la propria abitazione come un Olimpo e chi come un Pandemonio.
Il termine, coniato da Milton per il “Paradiso Perduto”, andava a designare l'high palace di Satana e nello specifico la Camera del Consiglio dei satanassi.
Ma il Pandemonium non è obbligatoriamente un termine negativo: dopotutto lo stesso Milton descrive con simpatia lo spirito di ribellione dell'angelo caduto; e col tempo il pandemonio è divenuto un raggruppamento di persone rumoroso e incontrollabile.
Un assembramento? Pandemia o Pandemonium?
Di questi tempi, considerando l'oscillare dei giornali dal definire i cittadini “angioletti” a marchiarli come “diavoli” che fanno “confusione” e “assembramenti” il termine Pandemonium è singolarmente utile.
Ma dopotutto, passando alla prospettiva di un italiano, posto a fronte delle linee Inail e dell'ennesimo decreto, sembra che il Pandemonio risieda laggiù in alto, tra le trovate infernali della burocrazia romana.
Questa mescolanza tra fantasia e realtà, tra satira e mondo reale pervade l'antologia Pandemonium. Neo Decameron: e diventa impossibile, durante la lettura, evitare il confronto con le proprie esperienze.
Una recensione a freddo richiederebbe che un'antologia quale Pandemonium sia recensita tra mesi se non anni; ma la sua natura eccezionale risiede proprio nell'essere uno spin off della realtà, una fuoriuscita narrativa prodotta dai mesi di isolamento.

mercoledì 4 marzo 2020

"Queho", l'uomo nero dell'Ovest. Christian Sartirana svela l'orrido volto del West


La pulp(osa) cover
I primi anni del Novecento segnano la fine dell'eterna frontiera del West, di quel mondo popolato di cowboy e ranch, sceriffi e saloon, pellerossa e giubbe blu. Quello spazio un tempo così gigantesco rimpicciolisce nei recinti di filo spinato dei mandriani, viene divorato dalle traversine dei treni, di un progresso urbano e tecnologico che non conosce sosta.
Il sogno allora imputridisce, svela un orrido volto nascosto di violenze e massacri, truffe e sfruttamento. In questo mondo al calare della notte si svolge il romanzo breve di “Queho”, autoprodotto dallo scrittore Christian Sartirana, già recensito per quel gioiello horror di “Ipnagogica”.

La piccola cittadina di White Crow, sulle sponde del Colorado, è solo in apparenza tranquilla.
In realtà, al di sotto di una patina di normalità, si agitano diverse minacce.
Un gigante indiano - “Queho” - terrorizza i vicini paesi con uccisioni e violenze; secondo i racconti, è un gigante di due metri con una doppia fila di denti e una pellaccia inghiotti-piombo.
Ma queste storie, raccontate dalla prosperosa proprietaria del saloon, Janet Purcell, interessano poco all'allevatore Leonard Cunningham. L'uomo infatti da tempo vede i propri amati cavalli morire uno dietro l'altro per una misteriosa pestilenza: una muffa verdastra che li corrode fino a lasciarne un cadavere putrescente. Una malattia che reputa inquietante, ma della quale non immagina le (fantascientifiche) conseguenze...