So che con questo articolo sembrerò
una persona ancora più vecchia nell'animo di quanto già non sembro
normalmente, ma con diverse ore di studio alle spalle (o meglio, in
testa) mi risulterà inevitabile. Sono come quel vecchio alla fermata
del tram che proprio non resiste a raccontarvi quella sua storiella
tanto importante. Gettategli qualche euro per starvene in pace.

Mi dev'essere sfuggito allora uno
sbadiglio e non solo perchè stavo cercando di studiare un testo
tanto filo americano che sentivo la mia camicia colorarsi a stelle e
strisce. No, sbadigliavo anche perchè ritenevo che fosse una lista
di attività sì pericolose, eppure anche così... borghesi?
Il pericolo c'era, ma diluito a tal
punto da risultare addomesticato, gestibile. Un brivido, nulla di
più.
E non voglio certo dire che non ci
voglia coraggio a nuotare tra gli squali, anzi il sottoscritto non
sapendo nuotare affatto, probabilmente si spaventerebbe anche solo
all'idea di immergersi in qualcosa di più della vasca da bagno
casalinga. Quindi tanto di cappello, suppongo. Eppure, all'idea
stessa di compilare una list of things to do prima di diventare
“vecchi” mi sentivo schifato. Non erano vere attività, come non
erano vere esperienze; si trattava piuttosto di cogliere un attimo
particolare e consumarlo. Elencare le cose da fare trasmetteva un'idea di lista della spesa, di consumo generalizzato,
in diretto contrasto con il lessico usato.
Da un lato, le solite cazzate
buddiste/spiritualiste: cibo per l'anima, rigenerazione interiore,
un'esperienza dell'animo ecc ecc
Dall'altro, un'attività programmata e
preparata nel dettaglio, un oggetto-esperienza da consumare seduta
stante. Solo in una società che quantifica tutto e tutti
instancabilmente, sarebbe stato possibile arrivare a un simile
combinazione di fattori:
- Qualcosa d'impalpabile come “un'esperienza” vendibile attraverso un'attività.
- Un'attività unica e irripetibile venduta con un suo programma predefinito, un suo listino e costo, una sua descrizione in dettaglio.
- Un servizio a pagamento – perchè di questo discutiamo – presentato nemmeno come un'attività, ma come un'esperienza e per di più un'esperienza spirituale.
Già Slavoj Zizek lamentava giustamente
come il consumismo moderno, non pago di avere un consumatore,
pretende persino di avere un consumatore che non badi a ciò che
compera, che lo consumi con disprezzo zen. Non basta che si comperi
un oggetto e non si possa star bene senza averlo comprato; ma nella
fase successiva all'acquisto occorre negare ogni attaccamento,
considerarlo spazzatura, robetta poco importante. Insomma, perdiamo
così persino la figura dell'accaparratore, materialista geloso e
possessivo verso quanto acquista.