venerdì 28 febbraio 2014

Ferma chi ti vuole fermare!


Rielaborazione del titolo originario, che recita “Say No to the Naysayers”.
Questo è uno dei cento consigli di scrittura Canadesi. A tradurlo mi è sembrato più banale del solito, dunque ho deciso d'aggiungerne un secondo, eminentemente pratico.

Matthew J. Trafford:

" Sedersi a scrivere è un atto di coraggio. Ma ci sono sempre troppe persone desiderose di spiegarti quanto tu sia un folle, anche solo per averci provato. Ti diranno che sei uno con la testa fra le nuvole, che non guadagnerai mai, e cercheranno di convincerti con diverse lusinghe a “mettere la testa a posto” e unirti a loro “nel mondo reale” per un boccone o una pinta o una riunione fra amici. Non ascoltarli.

Gli Haters possono diventare perfino più rumorosi se quanto scrivi osa andare al di là delle catene del Reale. Ti diranno che la fantascienza e il fantasy non sono obiettivi letterari seri da perseguire, ti chiameranno adolescente, o geek, o nel caso migliore si complimenteranno con la tua “immaginazione” in realtà schernendoti- spesso perché sono loro a non averne, d'immaginazione.

Non dimenticherò mai la volta in cui ho raccontato a una mia collega che stavo lavorando su una storia con protagonista una sirena. Mi ha guardato dritto negli occhi e ha detto: << Odio quella merda. >> 
Non l'ascoltai.

Immagina cosa sarebbe il mondo se C.S. Lewis* o J.R.R. Tolkien avessero seguito i consigli di qualcuno che diceva loro di non scrivere Fantasy? O se Kurt Vonnegut avesse mollato, perché qualcuno gli aveva spiegato che viaggi nel tempo e alieni non devono aver spazio in un romanzo sul bombardamento incendiario di Dresden? Non è un mondo in cui vorrei vivere.

La prossima volta che senti qualcosa di spregiativo sulla tua scrittura- che sia una voce esterna o una nella tua testa- Non ascoltare. Sorridi invece. Prenditi un momento e ringrazia d'avere una potente immaginazione e un cuore coraggioso, e scrivi la tua storia. Ti garantisco che ci sono persone lì fuori che non vedono l'ora di leggerla. "

* Un mondo senza metafore bibliche, personaggi scialbi, e stupidi Leoni buoni-perchè-sì? Magari, diamine! ^______^

C. C. Benison: Come superare il blocco dello scrittore

" Compra un Gallone (quattro litri N.d.T.) di colla BumGlue
Applica uno strato a volontà sulla sedia di fronte al computer. Siediti sopra. 
Non tentare di alzarti fino a quando non avrai avuto un'idea. Quando ti capita un'idea, annotala. 
Quindi applica a volontà uno strato di BumGlueBeGone
Ripetere se necessario. "

Letto? Non perdete tempo dunque; andate a incollare le vostre sedie sui vostri sederi, e giù a scrivere!


martedì 25 febbraio 2014

I Pirati steampunk di Chris Wooding

I pirati del cielo (Retribution Falls)

Chris Wooding in Inghilterra è l'autore di una lunga serie di romanzi di genere steampunk, che hanno come capostipite d'esordio il formidabile Retribution Falls. Tradotto dalla Fanucci con il più accattivante "I pirati del cielo", è disponibile da qualche mese in libreria, e ogni volta che incespicavo nel settore fantasy, me lo rigiravo, lo sfogliavo per bene e alla fine rinunciavo a comprarlo. Dal rosso della copertina, al titolo generico per arrivare al formato tascabile tutto puzzava di Young Adult, genere che odio perché né carne né pesce. O sei bambino o sei adulto, non esiste la stazione intermedia del “Giovane Adulto”. Tuttavia, nel formato ebook, il romanzo veniva spesso offerto al prezzo abbordabile di 2.99, per cui mi son detto che dai, sì, potevo rischiare.

E ho fatto bene! I pirati del cielo è un ottimo romanzo, perché mescola avventura e worldbuilding senza nient'altro interesse che intrattenere il lettore. Nessun intento moralista, nessun intento politico, nulla di nulla: divertimento puro distillato all'ultima goccia.

venerdì 21 febbraio 2014

Knights of Badassdom- Un film per veri nerd?


Knights of Badassdom
Per distrarsi dalla recente rottura con la fidanzata, il cantante heavy metal Joe si fa convincere dai suoi amici a partecipare ad un raduno di giocatori di ruolo dal vivo. Ma durante la "battaglia" il gruppo evoca accidentalmente una sanguinosa succube. Con in dotazione solo armi finte, il gruppo unisce le forze con altri giocatori di LARP per sconfiggere la creatura maligna che hanno liberato.

Nell'Americano convivono due anime piuttosto ben distinte, ma facilmente riconoscili in lungo e in largo. Nella prima anima, c'è il protestante puritano, l'anglicano, il rousseauiano per cui il successo nel lavoro non è altro che il simbolo della grazia divina, il raggio di luce che ci rivela come Dio ci abbia scelto nel novero degli eletti. Da quest'impostazione ultra-religiosa tipicamente calvinista derivano un'amore smodato per il lavoro, per il successo, per l'accumulare denaro solo per reinvestirlo, in quanto ricchezza e santità si identificano. Si pensi ai tanti racconti del self made man, che sorge dal nulla e armato di Bibbia e perseveranza giunge al successo. Guadagnare denaro per il gusto di guadagnare, per poi reinvestirlo ancora e ancora.

Nella seconda anima, c'è una forte tendenza nell'americano all'amore per i travestimenti. Non stiamo parlando dei cosplay e del Larp del film sopracitato, ma a livello più vasto del gusto infantile dell'Americano per i travestimenti, specie se vistosi, specie se variopinti. I pochi gruppi nazisti in America sembrano prediligere il nazismo per una pura questione di stile: le uniformi naziste sono cool. Protagonisti dei fumetti americani sono per l'appunto i supereroi; gente travestita, mascherata dal suo bravo mantello, dalla mascherina nera, dal vestito da pipistrello. L'uomo ragno non si traveste solo perché deve, ma perché si diverte. Si fa foto, ama il suo travestimento con tutto il cuore. E spostandoci alle piantagioni di cotone del caro, vecchio Sud? C'è davvero bisogno per Il Ku Klux Klan di vestirsi con quei ridicoli cappucci bianchi, così scomodi, come bene decostruisce Tarantino in Django? Ovvio che no. E' ancora una volta il gusto americano per il travestimento.

Fondamentalmente, se dovessi scegliere, preferirei la seconda anima dell'americano, forse più infantile, ma in fondo molto più sana, molto più feconda, specie sul versante artistico. La quantificazione che domina la prima anima è il motivo per cui in sostanza gli Stati Uniti sono tanto scarsi dal punto di vista artistico: se miri innanzitutto alla massimizzazione dei profitti, è difficile che t'impegnerai in un prodotti di qualità, considerando quanto ormai le masse divorino ogni merda che si produca, a patto che sia sbrillucicosa e bene pubblicizzata.

Il che ci porta indirettamente a Knights of Badassdom, che è dichiaratamente un film autoprodotto, in origine nel progetto iniziale molto più vasto di quant'è stato effettivamente realizzato. L'anima del travestimento domina infatti tutto il film, a partire da un protagonista che come in ogni classica nerd love story viene lasciato dalla fidanzata impegnata sulla via del successo, che non può sopportare un ragazzo “bambinone” che ama il metal e ha scelto di lavorare in un'officina pur possedendo una laurea più che prestigiosa. Insomma, anima del travestimento contrapposta all'anima calvinista del profitto. Drogato a tradimento, viene introdotto dai suoi amici a un gigantesco raduno Larp (Evermore), dove sperano dimentichi l'amore passato. Ma come annunciato nella sinossi, a causa di un finto incantesimo fin troppo ben riuscito, evocheranno una creatura infernale che metterà alla prova dell'acciaio le abilità D&d del gruppo di protagonisti.

Il rituale
In questa trama nell'insieme straccia e prevedibile, vengono tuttavia inseriti diversi elementi interessanti. 

martedì 18 febbraio 2014

Il lupo fra noi- The Wolf Among Us Episodio 2


Mentre giocavo l'ultimo episodio appena uscito della saga The wolf among us, riflettevo che se la Telltale piace tanto, è perché alla fin fine è riuscita a diventare quell'anello di congiunzione tra televisione e videogiochi che tanto paventava il giornalismo.
Nuove scene cinematografiche... E' come un film interattivo... E' roba seria... Come una serie Tv...
In un certo senso, la Telltale ha fatto centro in un'impresa che più che ricordare Darwin, ricorda Frankenstein: ha innestato sul tronco sterile della serie televisiva piatta, unidirezionale, la struttura a bivi di una visual novel moderna, con un tocco di azione e Qte che non guasta mai.
Quindi giungiamo a un vero e proprio paradosso: abbiamo alla base la flessibilità di scelte e azione di un videogioco, spolverato in superficie con gli accessori “estetici”, “inutili” del tubo catodico: i titoli di testa, la struttura a episodi televisivi, la sigla, i trailer-riassunti a inizio visione. Questi elementi danno l'idea di una serie televisiva, ma il nocciolo centrale resta quello di un videogioco, con obiettivi da perseguire, checkpoint, controllo (ridotto) dell'ambiente.

Cosa? Una recensione? Senza spoiler? Di un blogger? E senza ne voti ne stelline e più di 500 parole di testo?
Il primo episodio della serie risolveva il problema gettando addosso al giocatore molte scene di azione e combattimento, che “oliavano” le porzioni investigative, e per quanto semplicistiche (Solo con l'avvento delle Console un meccanismo di gioco tanto stupido ha potuto diffondersi) acceleravano il gameplay, avvicinandolo a quel genere Noir/ thriller a cui idealmente The Wolf among us dovrebbe avvicinarsi. 
Nel secondo episodio c'è un solo combattimento, e scompaiono totalmente gli inseguimenti; non è ancora visual novel solo perché di tanto in tanto compare qualche autopsia, qualche combinazione di oggetti, dove tuttavia non è richiesta grande intelligenza logica, quanto piuttosto un certo intuito... poliziesco? 
Dominano dunque i dialoghi, ma fatta eccezione per qualche buona battuta di tanto in tanto, il livello cala di diverse tacche rispetto al primo episodio. A leggere i dialoghi, spesso si fa fatica, si procede lentamente. Alcuni personaggi sono a tal punto reticenti da risultare frustranti. L'interrogatorio a inizio episodio è una scena vista fin troppe volte nei videogiochi, e si svolge secondo le solite, vecchie meccaniche che ci si poteva aspettare: pestoni, trucchetti verbali, spesso con l'impressione netta che le risposta vengano selezionate dal computer completamente per caso, senza premiare né il primo né il secondo approccio. Per chi abbia giocato Mass Effect 2, la scena risulterà fastidiosamente familiare. Questa sensazione che manchi controllo sull'ambiente non si arresta, e domina gran parte dell'episodio. Il povero Lupo protagonista vaga qua e là, insultato, insultando a sua volta e ottenendo brandelli d'informazione; ma per quanto non mi sembra di aver giocato male, né di aver esagerato nella violenza, le risposte erano sempre vaghe, insoddisfacenti.

venerdì 14 febbraio 2014

Corsetto sì, corsetto no


Articoli sul corsetto vittoriano affollano già il web senza che se ne aggiungano altri; e dal punto di vista bibliografico non basta certo aver letto un singolo libro sul vestiario ottocentesco per avere un'informazione chiara e succinta su questo capo del vestiario cent'anni fa tanto capillarmente diffuso. Sebbene non consiglierei a una gentile fanciulla di cercare informazioni direttamente su Google, perché è fin troppo facile incappare in coff coff *tossicchiare imbarazzato* articoli poco adatti alla purezza pre-coniugale di una fanciulla per bene coff coff un articolo che raccolga i dotti pareri di medici e salutisti potrebbe risultare utile.

Ovviamente, per pareri di “medici” e “salutisti” intendo Medici del periodo vittoriano, o al massimo della Belle Epoque! E per “salutisti” intendo Moralisti barbuti di fine 800! Gli unici pareri che contano, altro che la medicina attuale u__u
Quindi: fa male indossare un corsetto?
E' vero che restringe la vita fino a togliere il respiro, 
indurre uno svenimento, forare un polmone, deformare un feto in nascita?
Il parere agli esperti!

Corsetto sì


Partiamo con il parere di un esteta disinteressato... 
(…) Una donna col busto è una menzogna, una finzione, ma per noi codesta finzione è migliore della realtà. Eugene Chapus, Manuel de l'homme et de la femme comme-il-faut, Paris, 1862.
Un'argomentazione assai diffusa promuoveva il busto come "impalcatura" (sic!) del corpo della donna borghese, che altrimenti sarebbe "crollato" (?). 
" (…) Lo stato sociale condanna le donne alla vita sedentaria indebolendo tutto il loro sistema muscolare a causa della mancanza di esercizio; da qui deriva una sensazione di fatica che esse provano allorquando si trovano in posizione seduta o eretta, vi ovviano usando il busto che non serve tanto a raddrizzare la colonna vertebrale quanto a fornire un punto di appoggio al tronco sbilanciato in avanti, la posizione di semiflessione in avanti è loro abituale durante le loro occupazioni sedentarie e, senza la resistenza del busto, questa posizione verrebbe a essere esagerata dal peso della testa, del seno e di tutti visceri addominali e toracici. "
Dottor Michel Levy
" (…) I busti che si portano al giorno d'oggi (…) sono vantaggiosi per il sostegno e l'appoggio che danno al corpo, alle viscere che tendono a essere trascinate dal loro peso, o che sono mal contenute nelle loro cavità."
Dottor Donnè, Hygiene des gens du monde, del 1870
" Abbiamo udito tempo fa il nostro venerabile maestro, il professor Roux, esclamare con accenti di profonda convinzione che tutti gli uomini dovrebbero portare un sospensorio. E non si può egualmente affermare a giusto titolo che tutte le donne adulte, anche se hanno rotondità normali, dovrebbero portare un busto, vero sospensorio delle ghiandole mammarie, non meno sensibili delle ghiandole spermatiche e non meno esposte a scosse e pericolosi spasmi? "
Dottor Bouvier
Scusate, faccio davvero fatica a non scoppiare a ridere mentre trascrivo quest'ultimo passaggio. E il Dottor Bouvier non era un pazzo, ma un medico altamente rispettato! Ma equiparare ghiandole spermatiche e ghiandole mammarie come se fossero la stessa cosa... xDD Poi, per carità, per i nostri successori indubbiamente molte usanze del Ventunesimo secolo appariranno strane, lungi da me avere atteggiamenti di superiorità... Però uno sghignazzo non posso levarmelo. 

Al Dottor Bouvier spetta l'argomentazione più coerente, a favore del busto, essenzialmente visto nell'ottica medica di una correzione in anticipo di possibili deformità delle ossa.
Per quanto riguarda i busti di oggi, (…) si ha la pretesa, come un tempo, di dedurre l'influenza di codesto indumento sulle deformazioni del rachide, dalla sua maggiore frequenza fra gli abitanti delle città piuttosto che fra quelli delle campagne, fra la classe ricca piuttosto che fra le famiglie povere, e fra i popoli della vecchia Europa piuttosto che in molte colonie europee, come se gli individui così presi in considerazione non differissero che per l'unica condizione di portare o meno il busto; e come se le loro diverse costituzioni, forze fisiche, tipi di vita, di disposizione ereditaria, di malattia, di razza e via dicendo non fornissero altrettante cause ben capaci di rendere ragione della loro difformità per ciò che concerne la regolarità dello sviluppo del rachide. E, del resto, oggi che non si suole mettere il busto alle ragazze se non verso l'età pubere, è impossibile attribuire alla sua influenza, deformazioni che cominciano quasi sempre prima di quest'epoca. Talora ho visto flessioni laterali della spina dorsale progredire con maggiore rapidità perché non era usato in tempo utile un busto; invece non ho mai osservato che il suo uso entrasse in qualche modo nell'insorgere di questa difformità.
Dottor Bouvier
Corsetto no

Molte malattie per colpa (…) del busto. Corpi gracili, spalle troppo strette. Due su quattro han ossa che promettono, una su quattro ha ossa che non daranno niente. Un quarto di loro finirà tisico a Nizza. E un altro quarto si trascinerà, a ventisei anni, sei giorni su sette, su una sedia a sdraio.
H. Taine, Notes sur Paris, 1867
Quante gastriti, malattie di fegato, emicranie, inquietudini e depressioni sarebbe stato facile guarire allentando un laccio del busto e che, arrivate a un certo stadio, diventano incurabili, scavando una fossa prematura sotto gli occhi di una famiglia sconsolata che spesso, ammirando donne dal corpo deforme a forza di essere sproporzionate, ha incoraggiato quest'aberrazione.
De la politesse, Contessa Drohojowska
Possa il seguente quadro far aprire gli occhi a quelle madri cieche che, nella speranza di dare una vitina di vespa alle loro figlie, le rinchiudono in tenera età in un busto inflessibile. Questo quadro è il risultato di quarant'anni di osservazioni. Su 100 ragazzine che portano il busto:
25 muoiono per malattie di petto
15 muoiono in seguito al primo parto
15 restano inferme dopo il parto
15 restano deformi
30 resistono ma, presto o tardi, saranno afflitte da indisposizioni più o meno gravi.

mercoledì 12 febbraio 2014

Namazu: terremoti e mitologia giapponese


E' nel 1853 che la flotta americana entra nella baia di Edo (Odierna Tokyo), costringendo il Giappone a colpi di cannone a uscire dal suo isolazionismo ormai stagnante e secolare. A ben pensarci, un atto bizzarro: l'America stessa perseguirà poi nel corso del Novecento un rigido isolazionismo sdegnoso, che poco avrà da invidiare alla stagnazione in cui all'epoca versava il Giappone. 
Ma d'altronde, è noto: Dollaro e Democrazia, in punta di baionetta. 

L'intervento del Commodoro Matthew Perry verrà a lungo ricordato con particolare sofferenza dal popolo giapponese, che vedrà nell'arrivo delle magnifiche steamships occidentali un segno al contempo di sfrenato benessere e perturbante progresso. Una Distruzione (= il minacciato bombardamento, che poi non avverrà) e un Arricchimento (= le nuove opportunità commerciali, il progresso industriale, ecc ecc). Nel complesso, sarebbe inutilmente nostalgico rimpiangere l'epoca di oscurantismo dei Tokugawa, che precedette l'apertura dei porti; e tuttavia l'impressione che dovette provare la gente comune, il senso di forte instabilità, doveva risultare inimmaginabile.


Due anni dopo, nel 1855, un gigantesco terremoto avrebbe colpito Edo, causando più di settemila morti e distruzione su larga scala. Il terremoto, esattamente come l'intervento occidentale, aprì una larga frattura nel senso di morti e feriti, ma al contempo si tradusse in un gigantesco arricchimento, che portò fior fiore di quattrini nelle casse di architetti e carpentieri, che poterono finalmente cogliere un'occasione per ammodernare la città sconvolta dalla magnitudo 7.0

Abbiamo dunque due esempi di evento traumatico: l'intervento occidentale e il terremoto.
E abbiamo una doppia conseguenza in entrambi i casi: distruzione sul piano materiale e fisico e al contempo proprio in virtù di questa distruzione una possibilità di progresso, di arricchimento.

L'animale mitico giapponese che bene incarna questa dualità bifronte si chiama Namazu.

Dall'aspetto di un pescegatto colossale, vive nel fango, al di sotto della crosta del Giappone. Una pietra conficcata a mo' di spada lo tiene legato al fondale, sorvegliato dall'eroe che riuscì a imprigionarlo, il Dio Kashima. Quando il Dio si assenta per la pausa caffè, Namazu tenta di liberarsi causando con i suoi contorcimenti spaventosi terremoti sugli umani in superficie. Occorre dunque rabbonirlo, calmarlo, in attesa del ritorno del Dio Kashima. In seguito al terremoto di Edo, abbiamo infatti una larga produzione di tavolette votive, incisioni sul legno e stampe popolari che rappresentano il Namazu. Si vuole blandirlo e calmarlo, se siete artigiani e piccoli commercianti dalla casa distrutta. Oppure, al contrario, potete convincerlo a scuotersi ancora, a causare ulteriori terremoti, se appartenete alla spregevole gilda degli architetti, dei carpentieri, dei vigili del fuoco, dei muratori. A volte il Namazu si frammenta e moltiplica in più Namazu di statura umanoide, camuffati o impegnati in attività goliardiche alle spalle del popolo giapponese. Altre volte ancora, viene disegnato dalla silhouette a tal punto gigantesca e allungata da ricordar intenzionalmente una nave a vapore inglese. Ritorniamo così al tema di partenza (l'Intervento occidentale!).

Namazu, Kashima e la pietra Kaname-ishi. Si dice che il terremoto del 1855 derivi dall'ubriachezza di Ebisu, dio della pesca e del commercio, che avrebbe dovuto sostituire Kashima per un breve periodo di tempo, ma che non riuscì a resistere al richiamo del sakè, addormentandosi sul luogo di “lavoro”.



A volte i Namazu sanno essere gentili: in questo caso salvano qualche cittadino dalle macerie...

lunedì 10 febbraio 2014

Miliardi di tappeti di capelli, di Andreas Eschbach


Andreas Eschbach - Miliardi di tappeti di capelli
 Fanucci, Solaria 13, pp 288  
Giorno dopo giorno, il tessitore intreccia nodi su nodi dei sottilissimi capelli della moglie, delle figlie: sceglie di volta in volta quali filamenti applicare, quali colori scegliere. E anno dopo anno tesse un tappeto di capelli, un arazzo di sostanza vivente, un tappeto morbidissimo e preziosissimo, che terminerà solo nella vecchiaia, gli occhi consumati dalla lente e dal pettine. Insomma: una vita fatta tappeto.
Questi tappeti di capelli verranno venduti a ricchi mercanti, che a loro volta li venderanno ai Cargo dell'Immortale Imperatore, che li userà per tappezzare il marmo del palazzo delle Stelle, sua regale dimora. Una società arcaica, quella dei tessitori. Una civiltà desolata e sabbiosa, guidata dal Dio-Imperatore-Padre. Generazione di tessitore dopo generazione; e nient'altro scopo che servire l'Imperatore. Fino a quando giunge uno straniero, che porta una terribile verità: l'Imperatore è morto, ucciso dai Ribelli! Un dio è stato ucciso. Un ancient regime millenario inizia inesorabilmente a disgregarsi...

Stranissimo romanzo d'esordio, Miliardi di tappeti di capelli.
Nato dapprima nella forma di un breve racconto, parte in sordina, con un capitolo d'esordio impressionante, ma contenuto, che verrebbe da definire “naturalistico”. Il piccolo villaggio di tessitori, l'economia di baratto, il contesto postapocalittico/ medievale, dominato dal passare lento delle stagioni. Non esiste un vero filo conduttore nelle vicende che non siano i tappeti di capelli; i protagonisti cambiano di capitolo in capitolo e fino a metà romanzo la netta impressione è di leggere una raccolta di fatti scollegati se non per brevi cenni.