lunedì 19 settembre 2011

Una fuga imprevista

Donne, dirigibili e brutti contadini II parte


La donna indietreggiò di un paio di passi, quando alle ultime parole l'uomo si gettò in avanti con uno scatto bestiale, tentando di morderle la faccia, nonostante le corde che lo legavano. Ringhiava, sbavava. Un animale, nulla di diverso da un cane idrofobo. 
Ogni timore, inquietudine, paura, svanì all'istante, rimpiazzato da una smorfia di determinazione. Era un soldato, uno dei pochi aviatori di zeppelin, non una stupida contadina dalle tette grosse. 
Un colpo e della testa dell'uomo non rimase che un grottesco uovo sfondato.
I restanti prigionieri sussultarono, più d'uno vomitò. Nessuno, notò tuttavia Katherina sorpresa, invocava pietà. Peccato, schiavi per i lavori nelle città erano sempre necessari. Tuttavia...li osservò per un istante, gli occhi socchiusi: niente, si limitavano a chinare la testa, aspettando di essere uccisi, un pò come se qualcuno avesse in loro spento ogni scintilla vitale.
Maledettamente inquietante.
- Enrico? Raduna i soldati, giustizia i prigionieri e andiamocene-.
- E magari le preparo anche il tè, capitano?-
-Capito. Chi fa da sè – Puntò la pistola verso i quattro prigionieri, uccidendoli con pochi, sbrigativi, colpi.- fa per quattro-.
- Era proprio necessario? Potevamo abbandonarli quì, tanto il loro bavoso leader l'abbiamo neutralizzato!-
Un pugno scherzoso sulla spalla di Enrico.
- E' la legge, caro mio. Erano già morti quando hanno stupidamente deciso di ribellarsi-
Seguita dai soldati, cominciò a fendere quel mare di braccia e volti agitati. Già ai margini della piazza la donna notò i primi forconi e numerose mazze e randelli, che venivano fatti passare. Aumentarono il passo, sentendo le prime pietre fischiare nella loro direzione. Gli spari, le urla delle vittime...per quanto stupidi i contadini dovevano aver capito cosa stava succedendo ai loro ridicoli leader.
- Più veloci, maledizione!- Ringhiò Enrico, pestando braccia e costole con il lungo calcio in rovere del fucile. Gli altri si affrettarono ad imitarlo, la sagoma bombata dello zeppelin che ormai li sovrastava.
- Dovremo usare le scalette d'emergenza- imprecò il macchinista. La calca continuava a essere troppo fitta perchè venissero usati altri mezzi più veloci. Una decina di scale di corda caddero dallo zeppelin, i cui giri del motore nel frattempo aumentavano a dismisura, mentre il pilota tentava di avvicinarsi il più possibile al terreno.
Il macchinista e i primi soldati afferrarono le corde e cominciarono ad arrampicarsi sulle fragili scalette appena lanciate. Metri e metri nel vuoto, in una salita al cielo tanto vertiginosa quanto nauseante. Katherina ebbe appena il tempo di fissarli salire quando il soldato al suo fianco urlò e cadde in ginocchio, tentando d'artigliarsi la schiena. Fra le scapole, una freccia. Brutto bastardo, te l'avevo detto d'indossare l'armatura! Ma tu sempre a dire che no, non c'è rischio, che sono solo contadini, che pesa, che è solo un inutile fastidio.
L'uomo si accasciò a terra, tossendo sangue mentre l'attenzione del capitano volava già altrove, a setacciare con lo sguardo la folla urlante. Lì, sui tetti delle case...Delle piccole sagome nascoste nella paglia che ricopriva le casupole.
- Lì! Sparate sui tetti!-
Qualcuno dei soldati mirò e fece fuoco, ma la maggior parte o si stava arrampicando o lottava per non lasciarsi risucchiare dalla massa umana che premeva sulle uniformi blu.
- Non ce la faremo mai!- urlò Enrico, inastando la baionetta- Io ordino di sparare!-
Katherina strinse le mani a pugno, ma infine annuì con un vigoroso cenno del capo.
- Soldati!- un urlo cristallino- in cerchio! -
- Inastate le baionette! Forza!- la voce maschile di Enrico le fece eco.
Si strinsero attorno a un paio di scalette che oscillavano nel vento, un anello di uniformi strappate e baionette tirate a lucido.
La folla sembrò arretrare, le armi puntate sembrarono per qualche effimero secondo spaventarli.
Il macchinista e un soldato si affrettarono a salire, presto seguiti da un altra coppia.
Silenzio.
Tregua.
Una pioggia di frecce cadde dal cielo, uccidendo contadini e soldati.
Le frecce rimbalzarono sul ferro delle armature, scivolando e scalfendo gli elmi e le armature. Un paio di soldati vennero colpiti alle braccia, uno sfortunato fuciliere cadde con l'asticciola della freccia piantata nel sottogola. Un altro ancora mollò la presa dalla scaletta e si sfracellò a oltre dieci metri d'altezza al suolo, ad un passo dall'arrivare sullo zeppelin.
Katherina strinse i denti al punto da farli scricchiolare.
- Fuoco! Subito!-
I fucili eruttarono fumo nero quando con grida lancinanti la prima linea di assalitori rovinò nel fango, gambe, braccia, torsi falciati dalla scarica di pallettoni. La seconda linea non riuscì a frenare il proprio slancio e finì per impattare contro la falange di baionette. Al centro della formazione Katherina estrasse lo stocco e infilzò un primo nemico al collo. Calciò via il corpo del popolano, mulinò la lama e colpì un secondo contadino all'inguine, scavandogli un rosso sorriso sullo stomaco. L'uomo cadde in ginocchio e venne trafitto al petto con un vigoroso affondo.
Accanto a lei i soldati, ormai una decina scarsa, colpivano e affondavano, infilzando con le baionette in schemi d'attacco e fuga. Ridotta in brandelli la folla sembrò arretrare, lasciando decine di corpi a coltivare il fango.
- Forza, saliamo! Adesso mai più!-
Ormai a gruppi di due i soldati s'inerpicarono per le scale di corda, tentando i salire più in fretta che potevano. Più d'uno, nonostante le urla indignate di Katherina, abbandonò fucile e munizioni per non avere intralci.
Enrico aveva ormai un piede sulla scaletta e Katherina gli era dietro, mano e spada lordi di sangue, quando il mare di contadini si aprì in due grandi ali, la cui centro un mostruoso marchingegno delle dimensioni di una casa avanzava su rozze ruote di legno.
- Ma che cazzo...-
Mentre una vera e propria folla di scarafaggi umani lo circondava, spingendolo in avanti a forza di braccia, più di un popolano caricava quello che agli occhi di Katheirna sembrò un gigantesco cucchiaio.
- Non ci posso credere- Enrico boccheggiò, incredulo, il fucile che gli scivolava dalla mano, tanto era lo stupore.
-Hanno costruito una fottutissima catapulta, quelle scimmie...una...-
Katherina lo gettò a terra, schiacciandolo nel fango umido quando una gigantesca palla di fuoco li sorvolò rovente, incenerendo nell'esplosione metà delle scalette e sbalzando ad altezze folli i malcapitati che ancora vi si arrampicavano. Così maledettamente vicini...pensò attonita Katherina, il viso bianco dallo shock. Così vicini ad andarsene...sputò un boccone di fango gelido, tentò di rialzarsi, questa volta fu Enrico a schiacciarla al suolo.
Una seconda palla di fuoco aveva colpito, stavolta centrando in pieno il dirigibile. Il velivolo rollò, sbandando da un lato all'altro, ad un pelo dal suolo. Frammenti del proiettile vennero sparati tutto intorno, tizzoni roventi ustionarono i due soldati. Katherina chiuse gli occhi, si protesse il capo, in attesa che il dirigibile esplodesse.
Dieci secondi.
Trenta.
Alzò la testa, notando con un sospiro di sollievo come il rivestimento, nonostante apparisse annerito e dilaniato in più punti, avesse retto il colpo. Il pilota era riuscito a non schiantare lo zeppelin, ma volava ormai rasoterra. Male, molto male. Più di una freccia aveva colpito il pachiderma azzurro, e frotte di contadini sciamavano attorno alla catapulta, trasportando un'altra balla di fieno, lucida d'olio. L'ennesimo confetto di fuoco, bestemmiò Katherina. 
Ancora qualche colpo e dello zeppellin sarebbe rimasto solo un cratere infuocato.
- Ehi, capitano!- Una voce roca, non molto lontana. Aguzzò la vista verso i contadini, prima che Enrico la tirasse per la manica e le indicasse il cielo. Il macchinista gesticolava dallo zeppelin, urlando e srotolando una lunga matassa di corda nera d'emergenza. La donna l'afferrò e con una smorfia cominciò la scalata, a forza di braccia.
-Più in fretta, Katherina! Maledizione stanno per colpirci!-
Il macchinista cominciò a tirare la fune a sua volta, fra imprecazioni e grugniti di fatica.
I contadini stavano urlando, ineggiando a chissà quale dio, mentre Katherina saliva, tirandosi su a fatica. Una freccia la colpì alla spalla, scivolando sullo spallaccio decorato.
Per poco non mollò la presa, le mani sudate sulla corda. Un ultimo sforzo, un altro ancora.
Un paio di soldati si unirono al macchinista, mentre lo zeppelin saliva sempre più di quota.
Mancavano ancora pochi metri...Un metro...Due
Si gettò sul pavimento, ansimando pesantemente, i muscoli delle braccia puro dolore. Provò ad alzare la mano, girarsi sulla schiena, ogni gesto una fatica immensa.
Il pavimento levigato in larice rosso, la fastidiosa pressione della spada, le nuvole nel cielo...Sentì che stava per svenire e strofinandosi la testa si sforzò di sedersi, la schiena appoggiata al parapetto esterno.
- Un pò troppo intelligenti per dei bifolchi, non credi?- disse.
Enrico riposava poco lontano, una sigaretta arrotolata in fretta fra le dita sporche di terra e sangue.
Katherina a quella vista frugò in ricerca della pipa, senza rispondere.
- Hai un pò di erba?- arrivò infine a dire.
Lui tirò qualche boccata, osservandola affannarsi a cercare nelle tasche del corpetto.
- Abbiamo perso più di dieci uomini, capitano. E tu pensi all'erba-
Katherina trovò il pacchetto nascosto nella tasca destra e ne rovesciò con cautela la polvere rossastra nel caminetto della pipa. Tirò qualche boccata, evitando accuratamente di rispondere.
Lo zeppelin si allontanò nella luce del tramonto.

mercoledì 14 settembre 2011

L'inizio del racconto: donne, dirigibili e brutti contadini


Ho provato a buttar giù l'inizio del racconto, mettendo assieme gli elementi che immaginavo
mi soddisfa molto, nonostante sia ancora zeppo di errori e incongruenze 
se avete consigli o alcuni passaggi sono poco chiari, dite ^_^

{EDIT 12/ 01/ 2011} Ho revisionato la prima parte del racconto, dandola in pasto ai critici del http://www.writersdream.org/forum/ . Ringrazio tutti i commentatori del forum , in particolare Bradipo e Poldo.

Incipit 




- Lady Katherina? Abbiamo imbarcato le ultime derrate di grano... Lo zeppelin è alla sua massima capienza-
La donna alle parole indossò i guanti rossi, contrasse le dita un paio di volte per meglio calzarli e s'incamminò a passi veloci, tallonata dal macchinista e dai cinque uomini della scorta.
- Resistenze?- chiese, accarezzando l'elsa d'avorio dello stocco al fianco. Il macchinista si rassettò l'uniforme con gesti impacciati e nervosi. Si grattò la barba vecchia di qualche giorno, incrostata da scaglie di ruggine. I soldati vicini attesero con cipiglio preoccupato la risposta.
- Nulla di serio. Un paio di teste calde con forconi e randelli -
- Un paio?- Il labbro squarciato da una vecchia cicatrice si sollevò in una parodia di sorriso.
- Emh... Quattro per l'esattezza, scusi.- Saettò uno sguardo nervoso al resto dei soldati verso cui la donna camminava veloce.- Neutralizzati e sotto custodia, ovviamente - Aggiunse frettoloso, tormentandosi i riccioli della barba.
L'ombra azzurra dello zeppellin repubblicano offuscava il cielo, bagnando di luce bluastra soldati e contadini, evidenziando denti e zigomi, trasformando i volti in scheletri ghignanti. La folla di contadini era accalcata nell'angusto spazio della piazza del villaggio. Una parata di vecchi sdentati, bambini cenciosi e denutriti popolani. Al centro, una muraglia di uniformi azzurro sporco: l'equipaggio dello zeppellin, il suo equipaggio. Stretto d'assedio dalla solita dannatissima folla urlante. Per il momento i luridi straccioni si limitavano a urlare insulti e a circondare i soldati rumoreggiando, decine di poveracci che pressavano uno stanco cerchio di elmi e fucili puntati. Un giovane contadino si avvicinò di qualche metro di troppo ai soldati, un calcio di fucile lo pestò in piena faccia, un paio di soldati lo costrinsero a terra, picchiandolo. 
Katherina calpestò qualche piede, scostò una mano implorante, la sagoma sporca di ruggine del macchinista che le faceva strada, tracciando un solco di imprecazioni e gomitate nella marea umana.
Riconobbe la faccia e l'uniforme d' Enrico all'istante: le spalline dorate e la sciabola d'ordinanza da sergente lo rendevano inconfondibile, persino nel mezzo di quella feccia urlante. Curioso come riuscisse a mantenere lucida e immacolata l'armatura nonostante tutto quel fango, tacendo la maledetta pioggia acida di pochi giorni addietro.
- Per quanto ancora riuscirete a tenerli a bada?- fiatò Katherina, scrutando con indifferenza i contadini in protesta.
L'uomo strinse i denti. - Non troppo, temo. Per il momento si limitano a protestare e lanciare sassi-
Un proiettile delle dimensioni di un pugno rimbalzò senza danno contro l'elmo di Enrico, che indietreggiò involontariamente. Sassolini del genere in piena faccia...

- La raccolta li ha fatti infuriare, capitano. Fossi in lei non peggiorerei le cose- aggiunse il sergente, scrutando invano la folla per vedere chi avesse gettato la pietra.
- La legge sentenzia la morte per i rivoltosi, Enrico. Non posso transigere -
Katherina continuò a farsi strada fino a raggiungere i prigionieri, uno scarno gruppo custodito da un cerchio azzurro di spalle e corazze. Il macchinista ansimava, tenendosi la pancia sovrabbondante. Alla vista di Katherina zoppicò fino al prigioniero al centro, sollevandogli il capo per i capelli unti.
Barba grigia incrostata di fango e letame, occhio destro coperto da gialla cataratta, l'altro spalancato, la sclera bianca venata di sangue, stravolta. Tentava di urlare qualcosa, il volto paonazzo per il bavaglio umido di bava.
- Questo idiota è il loro capo. Dice di essere un prete – il macchinista sputò nel fango, evidente disprezzo - Un vero piantagrane. Tanto blaterava e urlava che abbiamo dovuto imbavagliarlo -
Katherina scrollò le spalle, estraendo la pistola e inserendo un primo proiettile cromato. Allineò l'arma, controllò il bilanciamento e la distanza dal bersaglio.
- Ha forse importanza, macchinista? Sono tutti feccia indegna di volare-.
- Uccidici e non cambierà nulla, puttana! Prima o – uno spruzzo di sangue interruppe le parole di un altro prigioniero, quando un calcio in faccia del macchinista lo spedì bocconi nella polvere.
- Lascia parlare il capo - avvertì quietamente Katherina, inserendo nel carrello dell'arma altri proiettili. - E' la sacra legge dopotutto. Le ultime parole ai condannati -
L'omaccione brontolò qualcosa, togliendo il fazzoletto dal volto del capo dei rivoltosi.
Plack! Lo sputo colpì lady Katherina al collo. Animale del cazzo! Impugnò la pistola a due mani e sparò in testa al prigioniero di fianco al prete. Le cervella di quella larva umana esplosero nel raggio di diversi metri, sporcando i rivoltosi, arrossando il fango. Alcuni svennero, altri tacquero quando i soldati puntarono i fucili.
- Prova a sputarmi di nuovo addosso, pezzo di merda e uccido un altro dei tuoi amichetti - ringhiò la donna.
- Minacciare, torturare, uccidere. Non sapete fare altro -
L'uomo alzò lo sguardo e fissò dritto in faccia Katherina, che fu percorsa da un brivido alla spina dorsale. Quell'occhio coperto da cataratta... Era come se dietro si agitasse l'occhio sano, colmo di un bagliore folle, ai limiti del soprannaturale. O forse erano solo i riflessi all'ombra del dirigibile.
- Altro?- chiese fredda, allineando l'arma. La mano le tremava un poco.
- E' solo questione di tempo, Katherina. L'uomo non ha le ali, non è portato a volare. Presto i nuovi padroni verranno dal cielo e per voi non esisterà altro se non....- un sospiro quasi di compassione, l'occhio sano dilatato allo spasimo- eterna schiavitù!- 



Continua con "Una fuga imprevista"...


giovedì 8 settembre 2011

Vapore e Kung fu: cronache di una notte insonne


Ieri ho goduto dell'in(dubbio) piacere di vedere al cinema Kung fu panda 2.
Fra le tante (fastidiose) pubblicità d'inizio pellicola continua a colpirmi uno spot dove mostrano le moderne, banali tecnologie di ogni giorno che vanno a vapore. Computer che stantuffano vapore a ogni tasto premuto, celllulari che sbuffano fumo bianco a ogni chiamata, et cetera et cetera. L'idea in effetti non è altro se non una (brutta) copia del genere steampunk, con l'ovvio accento finale sulla "pulita" elettricità.
Ma a questo punto il danno era stato fatto, tutto quel vapore mi è rimasto in testa come confuso pensiero steampunk per il resto del film.
Per chi fosse interessato the movie in questione è godibilissimo, con una trama ben archittettata e sotto molti aspetti superiore al primo. L'uso dei colori e dei forti contrasti cromatici è reso in modo stupendo, con ottimi accostamenti e stupendi giochi di luce. Una delizia per i miei occhi miopi e chiunque sappia apprezzare un pò di arte senza rifugiarsi dietro tristi titoli italiani.
Fra un fotogramma e l'altro sono rimasto folgorato da una delle scene iniziali: i lupi al comando del malvagio pavone tentano di saccheggiare uno dei tanti villaggi contadini. I lupi si calano da quella che mi è sembrata una nave volante, razziando senza pietà ogni frammento di ferro che trovano. A questo punto il mio cervello assonnato ha confusamente associato

Steampunk (spot televisivo)
+
navi volanti (film)
+
Medioevo (sottoscritto)
=
Racconto ^_^

I miei neuroni affamati di sesso hanno poi voluto inserire a forza una qualche gnokka ed è subito saltata fuori questa (poco) gentile lady



Non so bene chi sia, mi dicono che provenga da un qualche fumetto marvel (?), ma oserei dire che per un racconto steampunk calza a pennello. Ricorda una più anonima lady mechanika e sembra adattarsi bene al ruolo di comandante di nave volante.
Le poche, ma ben confuse idee sono dunque queste. Fra non molto con succosi aggiornamenti.

L'immagine proviene dal bellissimo blog "women fighters in reasonable armour"
splendida dimostrazione di come alle donne non serva combattere in bikini armour per essere affascinanti