mercoledì 27 luglio 2016

Orizzonti di forza. Fenomenologia della guida videoludica, di Matteo Bittanti (Ludologica).


Ho letto per la prima volta Orizzonti di forza. Fenomenologia della guida videoludica in treno, tra fermate nel nulla e gallerie fantasma. C'era una certa ironia nel leggere un saggio sull'automobile – veicolo individualista, privato per eccellenza – a bordo di un servizio statale e collettivista quale la ferrovia, sia pure nella sua pessima incarnazione italiana.
Tuttavia, mentre riponevo il saggio nella tasca del mio montgomery, aveva un suo senso, perchè si trattava di un saggio volutamente frammentario, dettato dagli appunti di uno smartphone dai non-luoghi della simulazione altrimenti nota come “America”. Come preannunciava Bittanti nell'introduzione, si trattava di uno scritto che non aveva pretese di assoluta completezza, pur mantenendo l'impianto e la serietà di un saggio accademico.
A una scrittura aritmica non poteva a mio parere che corrispondere una lettura rapsodica.

Al suo nocciolo, Orizzonti di forza è un saggio che analizza due videogiochi di racing, Forza Horizon e Forza Horizon 2. All'analisi dei due oggetti videoludici corrispondono le due parti del testo, America ed Europa, corrispondenti loro volta ai tracciati dei due giochi, il primo in Colorado, il secondo nell'Europa mediterranea (Provenza, Toscana, ecc ecc). Il saggio si propone di analizzare i due giochi come artefatti culturali, una produzione dell'uomo che come ogni suo oggetto “fabbricato” veicoli un'ideologia e una visione del mondo ben precisa. Alla sega mentale del recensore che conta i pixel sullo schermo per dare il suo voto al gioco, si preferisce invece una contestualizzazione del gameplay nel mondo reale, con le sue ripercussioni nel marketing, nelle vendite e ovviamente nella mentalità del giocatore indottrinato.
E' una critica a vasto raggio, se si preferisce un processo induttivo: dal particolare (Forza Horizon) si procede al generale, passando dai conflitti per il petrolio, alla perdita del reale nel senso di Baudrillard, al nuovo sessismo dei videogiochi contemporanei. Il videogioco interloquisce non solo coi temi sociali, ma col cinema (si veda ad esempio la riflessione su Shining di Kubrick), coi social, con la pubblicità, con la sociologia e la filosofia marxista alla Slavoj Zizek.
L'automobile, idolo e feticcio americano, ne esce distrutta, svuotata di senso, annientata. Si comprende a metà saggio come non sia contro Forza Horizon che si scaglia il testo, ma contro il mito dell'automobile e dei valori liberal/americani che presuppone, eradicati fino all'ultima radice.
La mole sia di citazioni filosofiche, che di note a piè pagina (mai così pregne di bibliografia) vengono intrecciate all'esperienza personale di Bittanti in America. Il tono pertanto è a volte diaristico, senza tuttavia snaturare il procedere argomentativo.
Mentre lo leggevo durante un viaggio a Bassano, nel dicembre prossimo a Capodanno, mi sono avvenute diverse esperienze spiacevoli con l'automobile che automaticamente ponevo in relazione col saggio. Pertanto, con questa recensione ho voluto mescolare esperienza e appunti di lettura, constatando derive videoludiche nel mondo reale e viceversa.

venerdì 22 luglio 2016

Providence 05: In the Walls, di Alan Moore. Annotazioni, analisi e traduzioni.


Chi l'avrebbe mai detto? Sono talmente abituato ai ritardi e ai rimandi, quando si tratta dell'editoria italiana, che siano fumetti o romanzi, che non mi aspettavo sinceramente che davvero la Panini Comics facesse uscire Providence 2 in luglio. Eppure, eccolo qui.
A Trieste (fumetteria Neopolis) c'era un'intera pila a lato della cassa, il che mi lascia ben sperare che Providence stia vendendo bene anche in Italia. In effetti, ero talmente convinto che ne avrei trovate due copie nascoste dietro Topolino, che avevo iniziato a guardare dappertutto... tranne che nel posto più ovvio, come mi ha indicato il barbuto negoziante.
L'episodio 2, come lo chiama la Panini Horror, include le storie di Providence dalla 05 alla 08.
Rispettivamente:

Providence 05 – In the Walls
Providence 06 – Out of Time
Providence 07 – The Picture
Providence 08 – The Key

Providence 05 usa come principale riferimento il racconto La casa delle streghe, opera che ha avuto la (dubbia) fortuna di un adattamento televisivo di Stuart Gordon. Non è l'opera di Lovecraft che preferisco, perchè trovo che il concetto di strega che usa sia ancora troppo legato all'horror classico.
Moore, come sempre, dimostra quali magie si possano compiere con il fumetto, imbastendo una struttura narrativa perfettamente circolare, a incastro, dove i diversi “pezzi” del racconto combaciano perfettamente. Avete presente quegli enigmi di legno, quei rompicapo che stanno assieme senza colla o forzature, solo per una strana combinazione geometrica?
In the Walls sembra essere il loro corrispettivo a fumetto. Il viaggio in auto – il pernottamento nella casa – il doppio risveglio – ogni parte combacia l'una con l'altra alla fine della lettura, ma non nella combinazione che ci potremmo aspettare.
Quest'attenzione alla storia è tuttavia solo un aspetto del fumetto, perchè gli va aggiunto lo straordinario lavoro di dislocazione della Casa delle streghe, con gli oggetti del mobilio che mutano impercettibilmente per segnalare la natura “magica” del luogo e con gli stessi contorni delle vignette che servono a “classificare” quale sia l'atmosfera – onirica, sovrannaturale, “normale” - assolvendo a una sorta di categoria (nel senso della semiotica).

Per le annotazioni di Providence 05 valgono le fonti dei numeri precedenti (si veda la colonnina a destra): la traduzione proviene dai Facts in the Case of Alan Moore's Providence e le citazioni dall'edizione economica Newton&Compton. Nell'eventualità che riscontriate degli errori e/o delle contraddizioni, commentate qui, che è probabile sia un errore di traduzione dovuto alla stanchezza.

Questo primo articolo di annotazioni su Providence 2 apre anche una collaborazione tra blogger: fino a pagina 13 infatti il lavoro di traduzione è stato svolto con impressionante velocità da Matteo Poropat, della Tana dello Sciamano. Mi aveva domandato se volevo una mano nella traduzione e diamine, se accetto volentieri una mano, anche due, anche un tentacolo se serve! ^_^
Oltre fornire una quanto mai necessaria dose di professionalità a questo sistema di annotazioni, Poropat ha inserito qualche sua osservazione personale su alcune delle scelte e degli inner-joke di Moore. Concorderete che è stato svolto un ottimo lavoro.


In the Walls


lunedì 18 luglio 2016

Il Grande Strappo, di Giuseppe Menconi.


Landon Banes è un semplice minatore di taunuxanio sulla colonia di Armissan, un derelitto insediamento ai margini dello spazio conosciuto. La vita sul pianeta è dura, tra escursioni in esoscheletri corazzati, passeggiate tra la lava e operazioni di estrazione in un ecosistema “minerario” adattatosi a condizioni estreme. 
Landon però, è contento: sa di fare il lavoro di Dio.
Il tauxanio servirà infatti alla costruzione del Portale, un dispositivo per il viaggio extradimensionale costruito presso santa Terra, il pianeta natale dell'Umanità.
Siamo infatti nel XXV secolo e lo “strappo” profetizzato nel XXI secolo si sta tragicamente avverando: l'universo sta implodendo, risucchiando pianeti, stelle, ogni genere di energia umani compresi.
Acqua alla gola, l'umanità si è fratturata in due diverse fazioni: la Federazione di papa Callisto, cui Landon è fedele (in entrambi i sensi) e l'Unione di Mizar. La prima è uno stato teocon dove si è realizzata dopo secoli di guerre di religione la vocazione imperialista del cattolicesimo; la seconda all'opposto un gruppo sovversivo di atei collettivisti che combattono per la distruzione del Portale.
Landon, durante il suo lavoro su Armissan, intuisce come sia solo propaganda, ma desidera disperatamente crederci. E' infatti padre e se la moglie è depressa e scoraggiata dalla vita nella colonia, il sorriso delle sue due figlie lo consola e lo riempie di gioia a ogni sera di ritorno dal lavoro. Vive per la famiglia e farebbe di tutto per salvarla. E' per questo che si attiene rigidamente ai protocolli di sicurezza, biasimando ogni incidente dei suoi colleghi alla disattenzione, come ribadendo a ogni piè sospinto che Callisto li salverà tutti. In altre parole, Landon è l'operaio grato del padrone, il minatore convinto che lavorare sodo&onesto siano l'unica strada per la salvezza.
La monotonia di ogni giorno si strappa però quando l'Unione a sorpresa attacca la colonia. Landon insiste per attenersi agli standard di sicurezza, ma per la prima volta fallisce. L'Unione non è debole come insistevano i canali di comunicazione, dispone addirittura di tecnologia aliena: le difese non valgono a nulla e per Landon inizia una disperata corsa per difendere la famiglia.
Vero inizio di una via crucis dove Landon scoprirà suo malgrado che tutto quello che gli è stato raccontato, impartito e catechizzato è una patetica bugia.

lunedì 4 luglio 2016

Il mito di una nazione colpevole


Il canale della BBC, in occasione del centenario, aveva offerto un gran numero di approfondimenti sulla prima guerra mondiale, non ultime sulle cause concomitanti al conflitto.
Nonostante l'apparente onestà di mostrare sia l'opinione tradizionale che “revisionista”, l'accusa in fondo restava la stessa: era stata la Germania l'unica responsabile, l'unica miccia a innescare il conflitto, seguita a ruota dall'Austria-Ungheria.
Gli imperi centrali avevano istigato una politica aggressiva e guerrafondaia, di contro al pacifismo inglese e americano. Un'opinione “morbida” e ragionata, com'era logico aspettarsi dalla BBC, ma pur sempre un'opinione che addossava il peso del conflitto agli Stati maggiori tedeschi.
La storiografia inglese ha sempre amato ritrarsi come una nazione aggredita dal tedesco invasore, costretta suo malgrado a una lotta impari contro un nemico bestiale e incivile. Se questa bella favola la si può raccontare a proposito della Seconda guerra mondiale, la Prima è un'altra faccenda e i puri fatti storici remano contro la sola idea che Inghilterra, Francia e Russia volessero evitare il conflitto.
Vi sono certo responsabilità e atrocità da parte degli imperi centrali anche nella Prima guerra mondiale, come nella politica a tratti eccentrica del Kaiser. Volere però ascrivere il conflitto alla sola volontà di distruzione dell'Imperatore appare ridicolo e non si discosta un granché dalla propaganda tra il '10 e il '20 nel mondo anglosassone.
La prepotenza in campo coloniale dei britannici, le atrocità dei pogrom, della polizia segreta e del falso dei Protocolli di Sion nella Russia zarista, il revanscismo malato della Francia... un colpo di spugna e tutto sparisce da un orizzonte ideologico che pretende una Germania aggressiva versus un'Inghilterra inerme.
Si potrebbe in effetti argomentare come la Germania proposta dai manifesti e dalla propaganda inglese sia successivamente servita come modello positivo per il Reich di Hitler.
La storia è ricca di profezie che si auto avverano, quando un nemico “inventato” (the hun, in questo caso) diventa improvvisamente fin troppo reale.
Dopotutto, non erano i manifesti inglesi esplicite citazioni dei manifesti antisemiti di fine '800? 
Il tedesco/ebreo scimmione, la vittima ariana/bianca, il tedesco/ebreo maiale ecc ecc 
Con la Germania di Hitler è questo genere d'immaginario in origine anglosassone che ritorna all'ovile e viene sfruttato per la creazione del Reich millenario.
Con l'eccezione che a differenza del '17 e del '18, l'Inghilterra cominciava a mancare il jingoismo e la voglia di muover guerra che possedeva nel secolo precedente...
Un'altra costante storica, accanto alla profezia: la reazione sbagliata nel momento giusto e la reazione giusta nel momento sbagliato. Nel '14, quando nessuno conosceva la vastità del conflitto che si stava per scatenare, nessun stato pensò di reagire con un'attività diplomatica seria. Nel '30, quand'era chiaro che la diplomazia non sarebbe servita e che fosse necessaria un'azione di forza, Chamberlain scelse la via diplomatica prima negletta.
Un'ammirevole dimostrazione di come sbagliare tempo di bollitura e infusione, e questo da un popolo che di te e tempistica dovrebbe in teoria saperne...