
Se
fossimo nel mondo di Tolkien, sarebbe probabilmente così, ma vivendo
nel mondo di Sapkowski, Ciri scopre presto che la società di elfi
che vive al di là del portale desidera solo tenerla prigioniera per
avere da lei un figlio e permettere a questa razza di salvarsi dal
non-luogo in cui sono esiliati. Più simili ad alieni che agli elfi
tolkeniani, chiamano Ciri La Signora del Lago, e lasciano a intendere che
non se ne andrà mai via di lì, se non incinta. Un suo figlio magico
è l'unico lasciapassare permesso. Ma grazie alla magia instabile del
mondo in cui è arrivata, Ciri progetta presto una fuga per suo
conto...
Con
l'arciera Milva, la prosperosa Angouleme, il rinnegato Cahir e il
vampiro Regis, Geralt ormai dispone di una vera Compagnia
Brancaleone, che nell'accompagnarlo alla ricerca di Ciri giunge al
regno di Toussaint. Tanto piccolo quanto ignorato da tutti, Toussaint
ricorda una provincia francese stereotipata, dove cavalieri erranti
cacciano mostri tra filari di vigneti e dove ogni parola sembra
richiedere perifrasi e cerimoniale normalmente sufficiente per
un'incoronazione.
Stanco,
malato e bloccato sia dall'inverno che dall'indecisione, Geralt
decide di restare per un po' a Toussaint, ma come con La Signora del Lago di Ciri, è in realtà una prigionia dorata...
Intanto,
la guerra espansionistica di Nilfgaard raggiunge il suo parossismo,
mentre ogni genere di uomo, nano, elfo, mezzuomo e mercenario si
getta nella mischia.
Temeria e Redania adunano le loro forze, L'Imperatore si prepara allo scontro decisivo: per il popolino stesso
questa sarà la guerra che terminerà tutte le guerre. Illusione sia
storica che fantasy...
In occasione del Lucca Comics&Games del 2015 ho guardato molte interviste a Sapkowski, dove il baffuto polacco raccontava la genesi del suo
personaggio, Geralt, dall'idea di una soluzione capitalista a come
risolvere il vecchio problema delle fiabe: uccidere il mostro, orco o
drago che sia. La soluzione realistica sarebbe stata, punzecchiava,
pagare un professionista. Cioè, uno witcher, uno strigo, un
cacciatore di taglie a livello due punto zero. Geralt, appunto.
Inoltre,
dopo quest'aneddoto, Sapkowski chiariva sempre come de La Signora del
Lago non ricordasse assolutamente nulla. Non ricordava nulla della
trama, dei personaggi, del tema. Certo, aveva ben presente il mondo
di Geralt e si mostrava felice delle royalties garantite dalle
vendite e dai videogiochi, ma chiariva bene come Geralt fosse una sua
creazione del passato. In effetti, è innegabile: La Signora del Lago
fu pubblicato appena nel 1999 e solo ora, nel 2015, possiamo leggerlo
in italiano. Dopotutto, non dovremmo nemmeno lamentarci; la nostra
editoria, assieme a quella spagnola è l'unica in assoluto ad aver
tradotto il Maestro. Gli inglesi devono accontentarsi di una
traduzione – piuttosto mediocre – delle raccolte di novelle.
Possiamo andarne giustamente orgogliosi, per una volta.
Probabilmente, nell'asfittico panorama delle grandi case editrici,
l'epopea di Sapkowski è tra le poche davvero meritevoli di lettura,
scogli di sangue e spade nel mare di Young Adult. Tuttavia, resta pur
sempre il fatto che il libro che in questo momento tengo in mano fu
pubblicato appena nel 1999 e bisognerebbe anche contestualizzarlo in
quegli anni. In tal senso, le lamentele di già visto, o certi
piagnucolii che parlano di ingenuità narrativa non dovrebbero
davvero avere luogo.