lunedì 27 novembre 2017

Peter Sunde sui Big Data: "Ci siamo fumati tutte le nostre vite sui social e ora non possiamo smettere."


La popolarità non conta nulla.
Un tweet, un articolo, un video popolari possono derivare da buoni contenuti, da un incrocio di fortuna e abilità, dal semplice caso. Il più delle volte quant'è popolare è quant'è banale: gli algoritmi dei social sono cani da caccia che ti inseguono solo se acchiappi immediatamente il lettore, con immediata reazione, che sia il mi piace, la condivisione, il commento. In questo contesto, o il lettore attento mette il mi piace e più tardi legge o si tende al clickbait selvaggio.
In entrambi i casi la qualità del post – che sia scritto, multimediale o altro – va a perdersi.
Anche quando l'utente ripete il successo più e più volte, costruendosi una meritata fama, questo sarà solo dando al lettore cosa si aspetta. Non appena si devia dal tracciato, Disastro! L'articolo non fa attrito, le statistiche deludono, i commenti scompaiono. Sad!


venerdì 24 novembre 2017

Jeff Bezos, Sauron e la ricerca del Male assoluto


In questi giorni volevo scrivere un articolo sulla serie tv del Signore degli Anelli annunciata da Amazon, ma tra Twitter e Facebook ho sostanzialmente esaurito i pareri: trovo l'idea aberrante, ma dall'altro ho sempre criticato i cinefili che lamentavano i remake. Sarei pertanto un ipocrita se piagnucolassi che mi hanno “stuprato l'infanzia”, che non devono osare, ecc ecc.
Non ho mai ritenuto che nulla sia intoccabile e ciò vale a anche nel caso in questione.

Tuttavia... davvero non trovo un singolo motivo per una serie tv su Tolkien.
Gli attori della vecchia saga sono per l'appunto vecchi e disinteressati: se si può fare a meno di Rhys Davies, Viggo Mortensen sarebbe fondamentale per una serie ambientata prima della Compagnia dell'Anello. Come poter ricreare la Caccia a Gollum senza il suo cacciatore? E cosa farne degli Hobbit? Della Contea? E dove trovare un sosia di Saruman? Posso immaginare una serie basata sulle avventure di Elladan&Elrohir, ma faccio fatica a immaginare un singolo spettatore interessato a due gemelli elfi protagonisti. Ma ancora una volta: perchè? Perchè Tolkien?
Non c'è un singolo motivo nella scelta di Amazon che possa essere correlata all'arte, alla narrativa, a una motivazione genericamente culturale. Lo scopo dichiarato è far concorrenza a HBO, offrire una terza colonna tra Harry Potter e Game of Thrones. Non metto in dubbio che una serie tv o un film debba guadagnare; ma c'è modo e modo. Gli anni '80 che tanto si rimpiangono assistevano a produzioni di medio e piccolo calibro che miravano all'incasso, ma che conservavano una notevole ricerca artistica e sociale al loro interno. Carpenter mi sembra un esempio lampante. C'è l'interesse nel guadagno, nell'intrattenere lo spettatore, ma nel contempo non si resiste ad alcuni colpi bassi, ad alcuni sottotesti notevoli. Nel caso in questione puoi sentire in sottofondo le rotelle di Jeff Bezos calcolare introiti e derivati, competizione e ricavi. Potremmo parlare del Signore degli Anelli come di una lavatrice; di Tolkien come di un elettrodomestico. Sono oggetti da vendere, monopoli da conseguire, concorrenze da spezzare. Basti leggere il comunicato: Il Signore degli Anelli non è un'opera d'arte, non è una saga scritta da un filologo, non è un cazzo di capolavoro oggettivamente riconosciuto dalla letteratura, no, per Amazon è un “fenomeno culturale”.

Elladan&Elrohir secondo la Fantasy Flight Games

mercoledì 15 novembre 2017

Un Orco Nero tra gli zombie: Kickstarter italiani


Il 6 giugno 1944 il mondo sprofondò nel più oscuro degli inferni. 
Nel Giorno del Giudizio i Morti iniziarono la loro caccia contro il genere umano.
Adesso è il 1954, il mondo è divenuto un ammasso di macerie, dove i pochi superstiti cercano di resistere alla fame dei Morti. Poche nazioni, rette da crudeli dittature, sono sopravvissute.
L'Italia ribattezzata Sanctum Imperium, è governata da Papa Leone XIV e dai suoi Inquisitori. 
In queste terre anacronistiche i roghi sono tornati ad ardere la carne umana.

Nessuna pietà.
Nessuna tregua.
Solo cieca ferocia.



lunedì 13 novembre 2017

Vangeli di Sangue, di Clive Barker: Pinhead, addio!


Profondissima notte. 
Una congrega di maghi in circolo. 
Un pericoloso rituale. 
Obiettivo: richiamare dai morti Ragowski, il loro più illustre rappresentante. Come tanti altri, lo stregone è stato barbaramente ucciso, mutilato: uno a uno i signori dell'occulto stanno svanendo dal mondo, eliminati da un nemico invisibile. Il cadavere di Ragowski ha appena il tempo d'insultarli, di sottolineare come siano condannati irrimediabilmente prima che il killer di maghi compaia sulla scena: è il Cenobita più celebre, più temuto, Pinhead in persona. Senza essere richiamato dalla scatola, senza avvertimento, the Hell Priest è giunto per suo conto, animato da fini inconfessabili.
Il massacro che segue vede un unico sopravvissuto, il mago Felixson, che accetta di diventare una marionetta di carne, uno schiavo, ai servigi di Pinhead.

Intanto, a New Orleans, un invecchiato Harry D'Amour (43) accetta di aiutare una sua amica, Norma, un'anziana non vedente che può parlare coi morti. La donna ha ricevuto una richiesta di aiuto da un'anima in pena: la villa di un uomo appena defunto, che dovrebbe nascondere alcuni pericolosi oggetti e libri dell'occulto, che l'uomo sperava di eliminare prima della improvvisa morte. 
Il detective tuttavia a stento sfugge dalla morte quando la villa si rivela una trappola di Pinhead per eliminarlo: in qualche modo, il Sacerdote Infernale sa bene che Harry è un ostacolo ai suoi piani.

lunedì 6 novembre 2017

Stephen King secondo S. T. Joshi: uno scrittore mediocre e parolaio


Stephen King. Il Re dell'Orrore. In vertice alle classifiche. In vendita, ovunque.
Nelle librerie da discount, così come nelle bibliotechine per intenditori.
Sugli scaffali dei supermercati, così come accatastato sulle bancarelle della domenica.
Gettato nei reparti libri dei grandi centri commerciali; in agguato sulle scansie della libreria dei parenti; presente persino in campagna, in oratorio, a scuola. 
Le biblioteche popolari? 
Strapiene, scaffale dopo scaffale.

Negli ultimi anni, specie dall'uscita del nuovo “IT”, Stephen King è tornato alla ribalta.
Difficile immaginare un periodo di assenza, per il Re dell'Orrore: ogni anno, ogni mese è una presenza fissa in libreria. 
Difficile immaginare di passare più di due anni in un negozio di libri senza dover riempire lo scaffale della nuova uscita, la nuova ristampa, la nuova antologia di racconti. 
It's everywhere, come una piaga. A partire dagli anni '2000 Stephen King ha diminuito il gettito di libri, così come la devastazione cartacea della foresta amazzonica causata dalla sua grafomania – ma anche così i libri si sono succeduti implacabili, l'uno dopo l'altro.
Bombardamento di un'artiglieria borghese e parolaia.