Una congrega di maghi in circolo.
Un pericoloso rituale.
Obiettivo: richiamare dai morti Ragowski, il loro più illustre
rappresentante. Come tanti altri, lo stregone è stato barbaramente
ucciso, mutilato: uno a uno i signori dell'occulto stanno svanendo
dal mondo, eliminati da un nemico invisibile. Il cadavere di Ragowski
ha appena il tempo d'insultarli, di sottolineare come siano
condannati irrimediabilmente prima che il killer di maghi compaia
sulla scena: è il Cenobita più celebre, più temuto, Pinhead in
persona. Senza essere richiamato dalla scatola, senza avvertimento,
the Hell Priest è giunto per suo conto, animato da fini
inconfessabili.
Il massacro
che segue vede un unico sopravvissuto, il mago Felixson, che accetta
di diventare una marionetta di carne, uno schiavo, ai servigi di
Pinhead.
Intanto, a
New Orleans, un invecchiato Harry D'Amour (43) accetta di
aiutare una sua amica, Norma, un'anziana non vedente che può parlare
coi morti. La donna ha ricevuto una richiesta di aiuto da un'anima in
pena: la villa di un uomo appena defunto, che dovrebbe nascondere
alcuni pericolosi oggetti e libri dell'occulto, che l'uomo sperava di
eliminare prima della improvvisa morte.
Il detective tuttavia a
stento sfugge dalla morte quando la villa si rivela una trappola di
Pinhead per eliminarlo: in qualche modo, il Sacerdote Infernale sa
bene che Harry è un ostacolo ai suoi piani.
Sul punto di
rimetterci la pelle – letteralmente, perchè D'Amour vanta tatuaggi
protettivi su tutto il corpo – il detective scopre che il Cenobita
ha cambiato idea sul suo conto e preferisce lasciarlo vivo in modo
che scriva le sue memorie. Nel frattempo apre un portale dimensionale
e rapisce Norma, obbligando Harry D'Amour e i suoi amici, una
combriccola di artisti, furfanti e professionisti dell'occulto, a
seguirlo all'Inferno.
Non è più
tempo di Dante e di circoli in terzine: l'Inferno di Barker è nel
caos, una landa anarchica e selvaggia, governata da un'aristocrazia
feudale di demoni alla Wayne Barlowe. Lucifero è scomparso da tempo
immemorabile, niente più che un bau bau in una landa di mostri. In
questo scenario senza centri di potere, l'ambizioso Pinhead vuole
usare la magia degli umani per conquistare il predominio e sfidare
Lucifero stesso...
Vendere
libri è un affare terrorizzante.
No, really. La scorsa
settimana ero in libreria per comprare “Jerusalem”, di Alan Moore
(attualmente in lettura) e diamine, what a mess. Le vendite e
le code alla cassa seguivano una curva sinusoide impazzita, non c'era
letteralmente logica nei romanzi e nei saggi che vedevo comprare.
Autori eccellenti giacevano su scaffali immacolati, pattume merdoso
degno dei più profondi circoli infernali andava esaurito senza
sosta. Guardavo i clienti affaccendarsi in fila e non c'era un
singolo filo rosso che motivasse le loro compere. Un bot di Twitter
avrebbe compiuto acquisti più sensati. Questo mi ha confermato
ancora una volta la profonda irrazionalità dell'intero mercato
librario: ci si può sforzare di indirizzare i lettori verso un aspirante bestseller, ma alla fin fine è tutto un
giro di scommesse; alcuni scrittori eccellenti sono destinati
all'oscurità fino alla morte, altri – del tutto immeritatamente,
magari alla prima pubblicazione – fanno scattare qualcosa nei
lettori che li porta a vendere milioni.
Ovviamente ci si può
comportare come in Italia, scommettendo a caso sui titoli che seguono
le mode del momento o al contrario ci si può sforzare di allineare i
moti della fortuna a proprio favore.
Con un buon editing, con il
rispetto per i propri lettori, con politiche di prezzi accessibili...
va da sé che più il parco lettori è ristretto, come in Italia, più
il gioco si fa pericoloso e il broker/editore rischia maggiormente.
Clive Barker
è stato fortunato sotto un certa prospettiva, sfortunatissimo sotto
altre.
Stephen King, generoso come sempre con i colleghi che reputa
validi, già negli anni '80 conferiva un formidabile imprimatur a
Barker: senza i suoi consigli i Libri di Sangue non avrebbero venduto
altrettanto.
In un
periodo di volumi colossali, di vendite solo cartacee e di generale
predominio dell'horror slasher, Barker confezionava e vendeva con
successo una catena di antologie di racconti. Storie brevi,
brevissime in alcuni casi. Dal carattere splatterpunk, ma anche
innegabilmente romantiche. Appena negli anni '90 Barker ha dovuto
arrendersi al romanzo e di per sé aver venduto con successo per un
intero decennio solo e soltanto antologie di racconti è un risultato
notevole. Dall'altro, negli ultimi anni Barker ha confessato che in
quello stesso decennio di fama, non vendeva a sufficienza nemmeno per
pagare affitto e vivande: almeno fino al successo del primo
Hellraiser, Barker ha dovuto prostituirsi per pagare i debiti
accumulati. Il che spiegherebbe alcuni realistici dettagli dei
protagonisti/e di alcuni suoi racconti.
Dall'uscita dei primi due
film, Barker aveva finalmente conquistato una popolarità sufficiente
da garantire le vendite necessarie – un risultato attribuibile
all'icona di Pinhead, che ha svolto per gli anni '90 un ruolo
paragonabile al Freddy Krueger per gli anni '80. Tuttavia, anche in
quest'ambito, il Cenobita non è minimamente paragonabile a Freddy:
con il declino dell'horror scatenatosi con i film di Michael Bay negli anni
'90, la fama di Pinhead rimane underground.
Chi non è familiare con l'horror conoscerà a grandi linee la trama
di Nightmare, ma difficilmente avrà sentito parlare di Hellraiser.
Forse per merito/demerito di non aver ricevuto remake posticci a
inizio '2000.
La lunga fama di Barker maturata dall'ultimo quarto del
novecento non deve di conseguenza ingannarci sulla sua natura di
scrittore di nicchia: gigantesca quanto volete, una caverna più che
una nicchia, ma pur sempre limitata.
I “Vangeli di Sangue” completano finalmente l'odissea letteraria
e cinematografica di Pinhead, esordita con gli “Schiavi dell'Inferno”: the Hell Priest è svelato in quest'ultimo
romanzo nel suo essere “alieno”, tanto astratto dai sentimenti,
quanto alla fine “umano, troppo umano”.
Il romanzo è infatti diviso in due parti, rispettivamente un lungo
antefatto ambientato sulla Terra e una seconda parte interamente
ambientata all'Inferno. Il primo libro si muove su terreni familiari
a Barker, mentre il secondo presenta una narrazione e un gusto per le
descrizioni nemmeno più horror, quanto dark fantasy: il fascino
delle invenzioni fantastiche di Barker sopravanza qualsiasi paura del
lettore. Si è fascinati, non terrorizzati.
Le due divisioni del romanzo si riflettono speculari nei due punti di
vista, del detective e del Cenobita. Nel primo caso siamo addentro
alla mente sardonica di Harry D'Amour, nel secondo Barker preferisce
guardare Pinhead dall'esterno. Di tanto in tanto percepiamo cosa
pensa, cosa riflette, ma lo scrittore saggiamente mantiene una certa
distanza dalla creatura. Questo non vieta definire i “Vangeli di
Sangue” forse il romanzo dove il Cenobita è più in assoluto
“umano” che in tutte le altre opere precedenti. A partire
dall'antefatto svelato dalla sinossi – un'ambizione del Sacerdote
Infernale umanissima, un voler dominare sull'Ade che svela
un'influenza dagli umani che tanto disprezza.
I due differenti Pov hanno entrambi punti di forza e difetti. Nel
primo caso, Harry serve per dare al lettore un appiglio sicuro, un
approdo confortante dopo le inumane pagine del Cenobita; tuttavia
l'umorismo è forzato e i capitoli dedicati a D'Amour nella prima
parte non sembrano veramente connessi con Pinhead. Suonano come due
note discordanti, due storie separate; al contrario nella seconda
parte, all'Inferno, il ruolo di testimone di Harry è perfettamente
inserito nell'epica del Sacerdote Infernale.
Ho sempre associato Clive Barker a un genere di horror
paradossalmente molto “terreno”, nel senso che l'elemento
soprannaturale agisce sulla carne del protagonista, senza che
l'anima, lo spirito o altre sciocchezze giochino un ruolo
fondamentale. Mente e corpo per Barker costituiscono un tutt'uno.
L'estetica a cui ho sempre associato i film e le opere di Barker non
è tanto lo splatter, quanto un grundge sporco, molto punk: i
suoi personaggi sono umani, nel senso che sono luridi, sporchi,
niente più che sacchi di sangue che camminano e pensano. Nel
contempo quest'attenzione al corpo si rovescia nell'amore per lo
stesso: la meraviglia non deriva dal superamento della carne, ma
dalla realizzazione che quello stesso involucro di budella e viscere
è capace di creare arte nel senso più alto del termine. Non a
discapito del proprio corpo, ma proprio grazie alle sue basse
origini, al suo essere carne&sangue.
I “Vangeli di Sangue” è un romanzo peculiare, perchè specie
dalla seconda parte abbandona l'estetica grundge per un ritmo epico,
che mi ha ricordato un album di power metal. La sfida di Pinhead
all'inferno, gli scontri con i demoni e i dannati e la battaglia
finale: capitoli di un fantasy battagliero, un'Iliade infernale.
L'opera di worldbuilding svolta da Barker è assolutamente superba,
tanto complessa quanto evocativa. Se lo stile di scrittura tentenna
nelle prime pagine, nel passaggio all'Inferno Barker svela una cura
per le parole, le descrizioni e i dettagli semplicemente divina (no
pun intended).
Lo sforzo di rappresentazione è tale da spingere Barker a forme di
narrazione onnisciente, ma anche così il titanismo di alcune scene
merita una rilettura, più e più volte.
Si veda ad esempio la descrizione della fortezza dei Cenobiti:
Il Monastero dell'Ordine Cenobitico era un complesso dalle mura spesse, costruito settecentomila anni prima su una collina di pietra e cemento edificata dai dannati. C'era un solo passaggio per entrare, una stretta scalinata controllata dalle guardie del monastero. Era stato costruito in un periodo che preludeva a una guerra civile, in cui fazioni opposte di demoni non facevano che scontrarsi. Il capo dell'Ordine Cenobitico, la cui identità era nota soltanto agli otto che l'avevano eletto, tra le loro stesse fila, per quell'Alto Incarico, aveva deciso che, per il bene dell'Ordine, avrebbe utilizzato una minuscola parte delle vaste ricchezze da loro accumulate per costruire un rifugio-fortezza in cui i suoi sacerdoti e sacerdotesse sarebbero stati al sicuro dalla volubile politica infernale. La fortezza era stata costruita con il massimo rigore, e le sue mura lucide e grigie erano impossibili da scalare.
Con il passare degli anni, mentre i Cenobiti si facevano vedere sempre meno per le strade della città ideata e costruita da Lucifero (una città che alcuni chiamavano Pandemonium, ma che il suo architetto aveva battezzato Pyratha), le storie che si raccontavano su quanto avveniva dietro alle lisce e oscure pareti della loro fortezza si erano moltiplicate, e gli innumerevoli demoni e dannati che guardavano nella loro direzione avevano tutti il loro racconto preferito riguardo agli eccessi dei suoi occupanti. Tra il monastero e la più grande città infernale, Pyratha, si trovava la vasta baraccopoli nota come Fossa di Fike, dove i dannati che lavoravano nelle magioni, nei templi e nelle strade si ritiravano a dormire, a mangiare e sì, anche a copulare (e, se erano fortunati, a produrre un infante o due da vendere al macello, senza tante domande).
Questo non è
worldbuilding, è Hellbuilding!
Proseguendo
nella lettura, l'Inferno di Barker assume connotati sempre più
surreali e bizzarri, un vero tour de force nel grottesco. Mi
piacerebbe definirlo “lovecraftiano”, ma l'aggettivo è ormai
abusato. Certamente nel primo libro del romanzo c'è una citazione di
Lovecraft, dall'“Idiota! Warren è morto!” de “La Dichiarazione
di Randolph Carter” (1920):
«Im-impossibile», aveva balbettato lui col mento che gli tremava.
«Warren, giusto?», aveva continuato Norma.
«No. Non può essere. Warren è morto».
«Ma certo che lo è », aveva commentato lei. «E' per questo che sono qui».
Il dottore era rimasto profondamente sconvolto da quel passaggio logico.
«Parla con i morti, ecco cosa sta dicendo, dottore. », era intervenuto Harry.
I compagni
che seguono Harry D'Amour nell'avventura infernale sono stereotipati,
ma nell'insieme risultano simpatici. Barker si limita a riunire in un
unico personaggio quante più
eccentricità possibili, tenendole assieme con la colla di un
umorismo sardonico e scurrile.
Sono cartonati, non studi di
psicologia; ma divertono e parecchio. Norma, ad esempio, è una
vecchia (1), non vedente (2), ma combattiva (3), afro americana (4),
con poteri paranormali (5).
Un'altra
caratteristica apprezzabile è la disinvoltura non tanto di Harry
quanto dei suoi amici; per essere in capo all'Inferno e in fuga dai
demoni, mantengono un umorismo irresistibile. Mentre Hollywood
continua a sfornare drammoni dove personaggi ai margini finiscono
suicidi o vivono vite assolutamente infelici, Barker preferisce
presentare uomini e donne a loro agio con le rispettive sessualità,
disinibiti e finalmente con dell'umorismo. E' una boccata d'aria
fresca.
Considerate
film come “The Imitation Game” con Benedict Cumberbatch
nei panni di Alan Turing, o il
recente “The Danish Girl” con Eddie Redmayne nel ruolo di Lili
Elbe. Mai che capiti che il/la protagonista rida, si diverta o
presenti una conclusione felice; questo nonostante sia noto che
Turing non era affatto un melanconico depresso, ma piuttosto un uomo
con un certo humor, niente affatto astratto dalla vita. Barker è
troppo intelligente per ricadere in queste storielle drammatiche e si
diverte invece a tratteggiare diavoli di personaggi assolutamente
fuori dalle righe.
Purtroppo il
romanzo risente della sua lunga gestazione, che ne compromette lo
stile di scrittura. Specie nel primo libro, le ripetizioni, così
come gli avverbi e le descrizioni astratte abbondano.
Il romanzo
era stato concepito come un'opera monumentale, ma la necessità di
trovare un editore l'ha ristretto a un sempre minore numero di
pagine. Chiaramente le descrizioni sono talmente lunghe, talmente
particolareggiate che erano destinate a un'opera molto più ambiziosa
di questo volume; mentre al contrario i raccordi tra una scena e
l'altra, così come molti dei capitoli dedicati a Harry D'Amour, sono
scritti sbrigativamente. Sia all'interno dei singoli capitoli, che
nei paragrafi a metà pagina un lettore attento sa distinguere frasi
scritte prima e scritte dopo; rattoppi&tagli.
Come i suoi
mostri, gli Scarlet Gospels devono aver fatto sputare sangue al povero Barker. Mentre i romanzi precedenti procedevano
senza intoppi, i “Vangeli di Sangue” vengono pubblicati dopo decenni di
assenza: è una scrittura poco controllata, a tratti ingenua.
Scene e
descrizioni che reputo tra le migliori mai lette cedono il passo a
deludenti divagazioni, a espressioni banali. Non so cosa darei per
mettere le mani sulla director's cut, sulla prima stesura del
romanzo, ammesso sia mai esistita. Si consideri a ogni modo come il
romanzo abbia attraversato un periodo della vita di Barker dove ha
perso il figlio adottato, entrambi i genitori e dove ha sofferto un
coma di 7 giorni, polipi in gola a causa del fumo di sigaro e una
serie di destabilizzanti problemi di salute. Si tratta di un romanzo
che reca le stigmate di lunghi e sofferti anni di assenza.
Hellraiser. The Test, in Hellraiser Anthology Volume Two, in Heavy Metal Magazine 288 |
I discorsi
sullo stile, i personaggi e le descrizioni non devono tuttavia
ingannare il lettore: si tratta di un romanzo a ogni modo horror –
“dark fantasy” con un'estetica metal nella mia definizione – ma
horror nonethless. I “Vangeli di Sangue” disgusta e
oggigiorno, tra film e serie tv, disgustare con le parole e non le
immagini è un conseguimento degno di ammirazione.
Un'intervista di Grantland esplicitava perfettamente quest'aspetto:
Sono felice d'informare che c'è stato un momento ne I Vangeli di Sangue che è stato così disgustoso che ho dovuto chiudere fisicamente il libro. Sei ancora capace di spaventare!
E' per me veramente difficile avere un senso di cosa è e di cosa non è disgustoso. Sono rimasto impegnato in questo lavoro di disgustare le persone per così tanto tempo che è per me difficile avere un'idea di cosa sia accettabile, o inaccettabile, quando si tratta dell'argomento. Una scena ti ha fatto metter giù il libro? Hei, questo è un po' un trionfo! Sono genuinamente sorpreso. Non pensavo a questo libro come a qualcosa di particolarmente disgustoso o eccessivo.
Ma chiaramente mi sbagliavo, perchè tante persone si sono lamentate – anzi, non lamentate, hanno osservato – questa stessa cosa.
Come osserva il blog Midian, la prima scena del romanzo sembra costruita per assaltare e
distruggere il lettore, uno sbarramento d'artiglieria horror che fa
impallidire i loro equivalenti cinematografici. Raramente leggevo
qualcosa d'altrettanto particolareggiato e brutale.
Sarà interessante, a
marzo 2018, confrontare “I Vangeli di Sangue” di Clive Barker con
lo spin off curato dalla sua “longa manus” (def. di Alessandro
Manzetti) ovvero Mark Alan Miller, in “Hellraiser: The Toll”.
Se
all'inizio ero scettico, devo dire che la Independent Legions si sta
rivelando un'autentica macchina di pubblicazioni: ritmi serrati,
traduzioni buone e ampie scelte editoriali, dall'ebook al cartaceo,
all'edizione speciale. Occorre supportarli, perché a mia conoscenza
sono gli unici che cercano disperatamente di “staccare” l'horror
nostrano dai “soliti” classici (l'ennesima ristampa di Poe; di
Lovecraft; di Howard; di “inserire autore anni '30”).
1 commento:
Ancora una volta ti faccio un applauso per un altro post titanico.
Mi dispiace che non conosco molto su Pinhead, primo film a parte.
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