venerdì 30 agosto 2019

"Scourge of Fate" Quando il protagonista è il Black Knight. Impersonare un villain



Vanik era solo un neonato sporco di sangue uterino quando suo padre cercò di sbattergli la testa contro il ghiaccio della capanna.
Ma Vanik si rivelò protetto dagli dei, perchè un demone comparve dal nulla, decapitando il padre infanticida con un singolo guizzo d'artiglio.
Quando la tribù barbara venne assalita dai lupi, Vanik non venne divorato, ma fu accolto nel loro branco e per due anni condivise carne e gloria con questi nobili animali.
Leggende, voci, racconti mormorati attorno al fuoco. Vanik non se ne cura, perché il suo sguardo è rivolto al futuro, divorato da un'eterna ambizione.
Nato in una tribù di barbari adoratori del Caos, il bambino è ora divenuto un condottiero, un flagello delle terre civilizzate. Un pellegrino nero, come ama definirsi, alla continua ricerca di potere e gloria. Mentre i suoi compagni in armi consacrano la propria vita a seguire un singolo dio del Caos, Vanik preferisce seguire la via del Caos Indiviso: sottrarre favori e attenzioni da tutte e quattro le divinità del pantheon, ma senza diventare una loro infame marionetta.
C'è un solo dio a cui Vanik vuole votarsi: Archaon il Prescelto Eterno, Archaon il Re dei Tre Occhi, Archaon il Rasoio del Mondo. Un dio che era un tempo un uomo, prima che la sua ambizione lo trasformasse nell'emblema stesso del Caos. E tra le schiere di Archaon, Vanik vuole diventare un cavaliere della Varanguard, la guardia personale di Archaon. Le truppe scelte tra le truppe scelte, la creme de la creme della cavalleria caotica.
Ma proprio per venire ammesso nella prestigiosa cerchia, Vanik dovrà compiere un'impossibile missione...

sabato 24 agosto 2019

Go east, young man! Cronache di viaggio: Praga-Bratislava-Vienna


Quando si scrive una frase, è la maiuscola dell'iniziale a conferire forza, vigore, carattere.
L'inizio influenza l'intero periodo, lo determina, lo plasma: tutte le altre parole gli rimangono subordinate. Questo vale all'identico modo per la storia dei popoli o per le relazioni tra gli individui. Come annota il filosofo Alain de Benoist, “Dopo, ci si accontenta di sfruttare, con sempre minor forza, quel che costituiva questo cominciamento”. Un ragionamento che funziona particolarmente bene quando applicato alla storia delle rivoluzioni: basti pensare alla Francia con il 1789; agli Stati Uniti con il 1776; e così via. Voler rivivere l'evento storico, l'emozione di questo primo momento porta a esiti tragici, grotteschi: all'arroganza degli ex sessantottini, alle milizie libertarie negli States, al culto di un passato ormai passato. Al contrario, nella storia, così come nella vita, bisognerebbe re-iniziare senza voler recuperare a ogni costo il sentimento della prima volta.
L'inizio conta; nient'altro.

E da quale pulpito la predica, considerando come proprio io ci sia cascato qualche settimana fa, quando mi sono recato in Europa centro-orientale. Io e la mia fiancee volevamo da tanto fare un viaggio visitando tre città della Mitteleuropa con i biglietti dell'Interflix
E non appena il pensiero è volato alle lande del centro-est Europa, un nome mi è balzato alle labbra. Praga! Volevo assolutamente tornare a Praga. Oramai erano passati cinque anni da quando mi ero recato nella bella capitale della Repubblica Ceca; e nonostante fossero stati pochi giorni, mi era rimasta indelebilmente impressa nel cuore
Eppure qui ho commesso l'errore che lamentavo: voler cercare di rivivere la sensazione dell'inizio, invece che ricercare qualcosa di nuovo. Così nella realtà – mentre camminavo mano nella mano con la mia dolce metà tra le strade acciottolate di Praga – continuavo a cercare i segni di quella città vissuta ormai cinque anni orsono. Senza trovarli. Volevo respirare l'atmosfera del primo viaggio, ma presto mi ritrovai cianotico. 
Un'altra città sul tracciato mi destò simili sentimenti: Vienna. Non l'avevo mai visitata, ma dopo quasi due anni a studiare un archivio di un italiano residente a Vienna – Filippo Zamboni – tra il 1875 e il 1914, avevo una chiara immagine della città. Sapevo dei suoi caffè, dei suoi ristoranti, dei suoi tram, dei suoi giardini: solo però dalla peculiare prospettiva di un secolo prima. Pure qui volevo rivivere un'atmosfera che percepivo aver già vissuto... Ma stavolta nelle carte dell'archivio del Civico Museo di Storia Patria. Non è la prima volta che rifletto come studiare un archivio sia un'esperienza simile a quella del viaggio, con l'eccezione che attraversi il tempo invece dello spazio. La mia Vienna mentale in ogni caso non corrispondeva alla Vienna reale e per quanto me lo aspettassi... Well, that was a disappointment.
E in tutto questo, io e la mia compagna avevamo scelto una stazione intermedia, che ci lasciava incerti: Bratislava, in Slovacchia. Come sempre, non avendo aspettative su questa piccola capitale dell'orgoglioso popolo slovacco, siamo rimasti piacevolmente sorpresi.

Che sia Trieste o Bratislava, non si sfugge a Maria Teresa d'Austria (giardini presidenziali)