venerdì 29 dicembre 2017

Libri/Film/Fumetti in uscita nel 2018, tra Robert E. Howard e Alan Moore


Con questo articolo volevo provare a compilare una lista di libri, fumetti e film che dovrebbero uscire nel 2018
Ho eliminato di proposito ogni film blockbuster, così come i fumetti mainstream e i libri delle grandi case editrici: quello che vorrei proporvi è una selezione di nicchia.
Quel genere di fuoriclasse, di estranei, di indipendenti che non trovano spazio nemmeno alla pubblicazione, figurarsi nei listoni per l'anno nuovo. Nicchie dentro altre nicchie, produzioni via crowdfunding, prodotti troppo strani, “bizzarri” per diventare popolari.
Considerateli una Lega degli Straordinari Gentlemen.


Il riferimento non è casuale, perchè esordendo con il fumetto, a giugno 2018 dovrebbe uscire il primo volume di “The Tempest”, ultimo capitolo dell'ormai decennale saga di Alan Moore.

Nel caso della Lega è uno dei fumetti che seguo da più tempo, nelle sue diverse iterazioni e spin off, a cui sono sinceramente appassionato, tanto nei personaggi quanto negli splendidi disegni di Kevin O' Neill.

Il fumetto dovrebbe svilupparsi su tre differenti piani temporali: nei quartieri generali dell'Intelligence della Gran Bretagna, ai giorni nostri; nella perduta città di Kor della regina Ayesha, in Africa e nel mondo post apocalittico del 2996. La copertina sembra dimostrare che sono sopravvissute solo due dei membri originari della Lega, ovvero Mina Murray e l'androgino Orlando.
A questi tre differenti filoni, che Moore promette più che mai meta referenziali e citazionisti, si affiancherà uno spin off chiamato “Seven Stars”, un immaginario fumetto supereroistico del 1964, in bianco e nero (lo vedete sullo sfondo dell'abbozzata copertina).

giovedì 28 dicembre 2017

"Vlad Ţepeş – La leggendaria vita di Dracula": un'antologia cotta al sangue


“Qui inizia una invero crudele, terrorizzante storia su un uomo selvaggio e assetato di sangue chiamato Principe Dracula. Come richiese di impalare i suoi nemici e bruciarli e bollire le loro teste in una pentola e spellarle e tagliarle a fette come verdure. Ordinò anche di arrostire i bambini davanti alle loro madri e ordinò di farli mangiare alle madri stesse. E molte altre orribili cose sono scritte in questo trattato e sulla terra dove governò...” 

Frontespizio di un pamphlet di Norimberga, 1499.

1462: un Principe Valacco e il suo piccolo esercito fronteggiano solitari la formidabile macchina militare dell'Impero Ottomano.
Ma questo principe, Vlad Tepes, non è un uomo normale: i turchi invano inseguono il miraggio di uno scontro aperto, scontrandosi invece con le tenebre di una psychological warfare ante litteram.
Imboscate, attacchi notturni, pozzi avvelenati e villaggi bruciati. E infine l'arma del terrore: oltre 20000 turchi impalati su aguzzi pali di legno.
Vlad Tepes è morto. “Vlad l'Impalatore” è divenuto immortale.
Questa è (sono) la (le) sue storie.

mercoledì 20 dicembre 2017

Mostrare il dito medio a Nurgle: "Plague Garden", di Josh Reynolds


Il conflitto per il Reame della Vita si avvicina alle sue putride conclusioni, mentre le forze dei Silvaneth e degli Stormcast conducono una lenta guerra d'attrito contro Nurgle.
Ultime linee di difesa, le fortezze-sargasso dell'Ordine della Mosca: guerrieri caotici reminescenti dei bretoniani, devoti alla “Lady di Cankerwall”, caotica parodia della “Dama del Lago”.
A guidare l'assedio, gli Hallowed Knights: legioni su legioni di argentati guerrieri, dal martello nella mano, la fede nel cuore e le fiamme a illuminare la via. Gli Stormcast sono guidati da Lord-Castellant Lorrus Grymn; Gardus Lord-Celestant caduto nella battaglia dell'Athelwyrd e riforgiato per l'ennesima volta ex novo; il Lord-Relictor Morbus; Cadoc Kel, Knight-Azyros d'inestinguibile fanatismo; Enyo e Tornus, due Knight-Venator. 
Tornus era un tempo un guerriero al servizio di Alarielle, un difensore dei Silvaneth; caduto in battaglia, la sua anima fu pervertita da Nurgle nelle sembianze di Torglug, una reincarnazione di crudeltà e rancore. Quando Torglug fu ucciso dal martello di Ghal Maraz in persona, Sigmar percepì nella sua anima il bagliore di una possibile redenzione: riforgiato come Tornus il Redento è ora uno Stormcast, un Knight-Venator.
Tornus, come tanti Stormcast, ricorda ancora frammenti delle (due) vite passate e agli occhi degli Stormcast è un paria, un'anima che si era votata al Caos e che come tale risulta inaffidabile e sospetta. Tornus è ansioso di redimersi, ma nel contempo soffre ancora ricordi e flashback dalla sua vita come Torglug. Tra gli Stormcast alati, ha trovato l'unico conforto nell'amicizia della Stormcast Enyo, una guerriera pragmatica e diretta.

venerdì 15 dicembre 2017

Arabrab di Anubi: nell'Egitto decadente e brutale di Alessandro Forlani


Arabrab era solo un'adolescente quando fu prescelta per diventare un'assassina al servizio del Dio dei Morti, Anubi: una macchina da guerra immortale fanaticamente devota alla causa dell'Egitto dei Faraoni.
Lo scenario è un Mediterraneo temprato nella tarda Età del Bronzo: un mondo tanto esotico quanto decadente, popolato da civiltà sanguinarie e mostri lovecraftiani. 
«Ci affidiamo alla politica, ma affondiamo nelle tenebre: viviamo un'epoca di arti magiche e abominevole stregoneria. Nessuno si oppone al male. Dovrai combattere l'oscurità. Non ti dissi che le mie trame non guardano a questa terra, ma che servo il mio paese? Sarai la spada dei nostri dei, la mia nera giustizia»
L'immaginazione del mainstream è così povera di vedute, così mentalmente ristretta.
Si consideri il nuovo Assassin's Creed Origins, ambientato in Egitto. Dalle recensioni dei videogiocatori, il nuovo capitolo della saga è una valida aggiunta, che ha tratto proficuo insegnamento dagli errori passati. 
Non l'ho giocato, non posso giudicare: sembra tuttavia interessante.
Eppure... quante occasioni sprecate.
Il protagonista è l'ennesimo banale assassino e la mappa, così come la vasta gamma di quest e sub quest si limita a una rilettura superficiale: contemporaneamente si evita di approfondire il contenuto storico dell'ambientazione e si evita di sfruttare l'immenso pantheon religioso egizio.
Nessun elemento fantasy in senso stretto, ma nel contempo neppure un approfondimento storico degno di questo nome. L'effetto complessivo, caratteristico della serie, è di quel genere di ricostruzione storica propria di un documentario del National Geographic, di un canale di Rai Storia, di Focus e delle riviste patinate dal dentista.
Ovviamente, si sa: è quello che desidera un pubblico mainstream. Divulgazione di bassa lega, spazzatura diluita fino a renderla insapore. I videogiochi, in tal senso, mantengono un livello di approfondimento migliore di tanta produzione televisiva. Meglio giocare a Total War che sottoporsi a lobotomia frontale con l'ennesimo catalogo di banalità e filmati stilizzati.
E tuttavia... quale spreco, quale perdita.
Quante opportunità di storie e gameplay accantonate nel rifiuto di studiare a fondo la storia o dall'altro, di studiare a fondo la mitologia e la letteratura classica. I Youtuber e gli auto-definiti storici che si definiscono “esperti” perchè hanno giocato a Total War e letto qualche voce di Wikipedia non si rendono ad esempio conto di quanto siano “prigionieri” dell'impostazione videoludica di battaglie e conquiste. Ad esempio, sono convinto che fino all'età moderna (1500) o addirittura fino alle soglie della Rivoluzione Industriale, il controllo delle vie fluviali risultasse di gran lunga più importante di qualsiasi possedimento terriero. Se consideriamo fino all'avvento delle strade ferrate e delle ferrovie i fiumi come la più veloce via di comunicazione, ci si rende conto di quanto fossero snodi strategici fondamentali. In nessun videogioco e se per questo in nessuna trasmissione, documentario o testo divulgativo questo genere di osservazioni gioca alcun ruolo.

lunedì 4 dicembre 2017

No, Blade Runner 2049 non è un film sessista (e non lo è nemmeno The Witcher)


La mia prima visione di Blade Runner 2049, a pochi giorni dall'uscita nelle sale, fu un'esperienza estetica ai limiti del doloroso. 
Non sono uno storico dell'arte, non è il mio campo, ma ho avuto modo in passato di restare ore a soffermarmi sui dettagli di un quadro. 
La visione di Blade Runner 2049 rientra per me in questo genere d'esperienze. 
Se il film è in primo luogo una catena d'immagini e compito del regista è organizzare queste immagini per darne un senso tanto artistico quanto narrativo, Blade Runner 2049, come Mad Max: Fury Road, sono entrambe opere di cinema nel senso più classico del termine.

venerdì 1 dicembre 2017

Il caso Weinstein nel 2017 e "I Peccati di Hollywood" nel 1922


In seguito allo scandalo Weinstein e alla catena di accuse e contro accuse che sono seguite, mi è tornato alla mente il dimenticato romanzo “Il Canyon delle Ombre”, di Clive Barker.
Uno dei suoi ultimi (e corposi) romanzi prima del grande silenzio, il Canyon è prima di tutto un'opera horror, ma in secondo luogo è una satira verso Hollywood tanto aguzza che bisogna leggerlo con cautela – onde non sanguinare sul tappeto, tanto taglienti sono alcune situazioni, alcuni dialoghi.
Un Barker già malaticcio vomita tutto il suo livore verso la Città degli Angeli con una storia di fantasia, che tuttavia chiaramente attinge dalle sue esperienze come regista e sceneggiatore dagli anni '80 fino ai primi '2000.

Todd Pickett, un attore sulla via del tramonto, spera di riconquistare i suoi fan con un'operazione chirurgica al viso, che gli dovrebbe ridare i vent'anni persi da tempo. 
Un imprevisto lo lascia orribilmente mutilato e lo sospinge a rinchiudersi sempre di più nella sua villa anni Venti, dove scopre un mosaico medievale trasportato dall'ex proprietaria. 
La villa era infatti di proprietà di una star degli anni ruggenti, in quel periodo dalla grande guerra al 1929 di maggiore fama e decadenza di Hollywood.

Il romanzo in sé si trascina tra lungaggini e digressioni. 
Lo stesso Barker lo ammette, quando a proposito di “Vangeli di Sangue”, scrive di non aver voluto stavolta scrivere un polpettone, memore dei suoi ultimi lavori ai primi '2000, tra i quali per l'appunto “Il Canyon delle Ombre”.
Tuttavia il romanzo è interessante, perchè Barker scrive di attrici violentate, di contratti infernali, di Oscar di sangue: tutto fuori dalle righe, tutto “demagogico” per i lettori... salvo poi constatare a quindici anni di distanza, che sì, quel mondo horrorifico descritto da Barker non era affatto così esagerato. Anzi, a confronto con quanto si va scoprendo, tra Weinstein e Kevin Spacey, viene da pensare con nostalgia ai mostri e alle invenzioni soprannaturali di Barker.
Sarebbe interessante rileggere “Il Canyon delle Ombre” alla luce delle ultime news, per leggervi in filigrana l'accusa di Barker a Hollywood.