domenica 9 gennaio 2022

Karl Edward Wagner: l'anello mancante tra il pulp e il fantasy moderno. Alla riscoperta di un Conan "rimosso"

Il dilemma della bancarella, nel caso dei libri fantasy, rimarrà sempre l'ampio bacino di scrittori e opere accumulatosi coi paperback dagli anni Settanta in poi: vi sono i “soliti” nomi sui quali fare affidamento - da Robert E. Howard, a Clark Ashton Smith, all'inossidabile multiverso di edizioni di Moorcock – ma al di là di ciò c'è un vasto marasma di autori sconosciuti.

Anche nel caso di autori noti, come Moorcock, la quantità di diverse edizioni rende impossibile tracciare una linea netta: qual è il senso ad esempio di avere, come nel mio caso, il secondo libro della saga di Corum o il terzo della TEA di Elric? Le ristampe della Oscar Mondadori hanno parzialmente risolto il problema, ma il formato nello stile di un cofanetto le rende impossibili da leggere negli intervalli di lavoro. Siamo sinceri: non ho il tempo di dedicare un pomeriggio o una sera alla lettura delle cronache di Corum, come se dovessi leggere un testo accademico per una mostra o un manuale per un concorso. Il fantasy lo voglio leggere mentre sono in treno, mentre attendo l'autobus, mentre cucino il pranzo. 

Karl Edward Wagner e un "amused" Ramsey Campbell negli anni Settanta

Ma al di là di ciò c'è un vasto bacino di opere oscure dei quali non conosci mai la qualità. Ignoranza? Indubbiamente. È il caso dello scrittore Karl Edward Wagner che vado riscoprendo proprio in queste settimane: un autore, come tanti altri, che vedevo sempre passare tra i paperback delle bancarelle e dell'usato, ma senza prestarvi grande attenzione. D'altronde a livello di copertine e titoli la Sword&Sorcery è tanto abile a mascherare le schifezze, quanto a nascondere i gioielli. E Karl Edward Wagner appartiene, senza ombra di dubbio, alla seconda categoria: è un grande del fantasy e un grande dello Sword&Sorcery. Un autore non solo bravo, ma stilisticamente superbo: la padronanza del tema si accompagna alla ricerca stilistica. E non è poco: lo stesso Moorcock, sotto questa prospettive, rimane un autore molto pulp, quasi “rozzo”.