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venerdì 29 dicembre 2017

Libri/Film/Fumetti in uscita nel 2018, tra Robert E. Howard e Alan Moore


Con questo articolo volevo provare a compilare una lista di libri, fumetti e film che dovrebbero uscire nel 2018
Ho eliminato di proposito ogni film blockbuster, così come i fumetti mainstream e i libri delle grandi case editrici: quello che vorrei proporvi è una selezione di nicchia.
Quel genere di fuoriclasse, di estranei, di indipendenti che non trovano spazio nemmeno alla pubblicazione, figurarsi nei listoni per l'anno nuovo. Nicchie dentro altre nicchie, produzioni via crowdfunding, prodotti troppo strani, “bizzarri” per diventare popolari.
Considerateli una Lega degli Straordinari Gentlemen.


Il riferimento non è casuale, perchè esordendo con il fumetto, a giugno 2018 dovrebbe uscire il primo volume di “The Tempest”, ultimo capitolo dell'ormai decennale saga di Alan Moore.

Nel caso della Lega è uno dei fumetti che seguo da più tempo, nelle sue diverse iterazioni e spin off, a cui sono sinceramente appassionato, tanto nei personaggi quanto negli splendidi disegni di Kevin O' Neill.

Il fumetto dovrebbe svilupparsi su tre differenti piani temporali: nei quartieri generali dell'Intelligence della Gran Bretagna, ai giorni nostri; nella perduta città di Kor della regina Ayesha, in Africa e nel mondo post apocalittico del 2996. La copertina sembra dimostrare che sono sopravvissute solo due dei membri originari della Lega, ovvero Mina Murray e l'androgino Orlando.
A questi tre differenti filoni, che Moore promette più che mai meta referenziali e citazionisti, si affiancherà uno spin off chiamato “Seven Stars”, un immaginario fumetto supereroistico del 1964, in bianco e nero (lo vedete sullo sfondo dell'abbozzata copertina).

giovedì 26 maggio 2016

Il Signore dei Film – Il ritorno del re parte 2 (analisi)


Sesta e ultima puntata di questa rubrica sul Signore degli Anelli di Jackson.

L'idea iniziale era di selezionare solo alcune delle curiosità presenti nel saggio The Lord of the Films, di J. W. Braun, senza ammassare troppe note tecniche. Vedendo il buon riscontro in termini di visite e condivisioni, alla fine ho tradotto interi capitoli del libro, allungando di articolo in articolo il livello di dettaglio. Ad esempio, nella prima parte della Compagnia dell'anello, ho saltato a piè pari ogni genere di spiegazione sugli effetti ottici e i trucchi usati da Jackson per le diverse altezze di nani, hobbit e umani. Magari, passato qualche mese e con più tempo e calma a disposizione, rimaneggerò parzialmente la serie correggendo alcuni errori e aumentando la qualità dei fotogrammi. Ad esempio, nella parte 1 del Ritorno del re ho dimenticato di inserire il cameo di Jackson come capitano dei pirati! Allo stesso modo, uso certe volte i termini inglesi e altre volte la traduzione italiana. Ad aggravare il problema, alcune volte la traduzione scelta nel libro non è la traduzione scelta nel film e viceversa. Insomma, il materiale è tanto, come la confusione.
Consolatio Tolkien, guide simili in italiano non esistono e quando ci sono, risultano o parziali, o scorrette, per il semplice motivo che non sottolineano quali fonti hanno usato. Anche in articoli triviali come questo, al momento di confessare affari di regia o curiosità di casting, saper dire qual'è la fonte è importante. Certo, i lettori condivideranno comunque e ovunque, specie se l'informazione è in pillole – una frase, una foto, un colore sgargiante – ma dal punto di vista dell'onestà e della morale è scorretto. J. W. Braun, nel nostro caso, è uno dei principali gestori di One Ring. Net e la sola mole di interviste racchiuse convincono della bontà del saggio, decisamente non riepilogativo.

giovedì 12 maggio 2016

Il Signore dei Film - Le due torri parte 2 (analisi)


Il tempo scorre veloce e inesorabile, mi sembra ieri che scrivevo la parte 1 della Compagnia dell'anello e siamo invece a (quasi) metà maggio, con gli esami universitari all'orizzonte.
Dei tre film della trilogia jacksoniana ho sempre preferito la Compagnia, per la varietà di situazioni che presenta: dalla Contea, a Brea, a Gran Burrone, a Moria, a Lorien.
Le due torri, al confronto, appaiono di gran lunga più omogenee e circoscritte.
Da un lato Rohan, dall'altro le paludi e Faramir. Gondor e Rohan, i reami degli uomini: al di fuori della “meraviglia” degli Ent, l'elemento fantasy viene piuttosto ridotto.
Da chi non è un fanboy un appassionato di Tolkien, Le due torri è anche il film che vedo meglio sopportare, con le motivazioni che è meno dispersivo, meno confusionario, con l'attenzione di regista e attori concentrati su pochi punti. Innegabile, senza citare la lunghezza effettiva, rispetto al colosso (anche in edizione normale) che è La compagnia dell'anello.
Tuttavia, la lentezza della Compagnia, così come del primo film de Lo hobbit rappresenta per me un valore aggiunto, un lento scalare in grandezza che vede il lettore/spettatore dapprima guardare degli hobbit festeggiare un compleanno per ritrovarsi nemmeno tre ore dopo al confronto con la morte eroica di Boromir. Al confronto, Le due torri è piatto, non vede alcuna escalation reale. Intuiamo fin dall'inizio che scopo di Saruman è annientare Rohan assediando il Fosso di Helm.
Vi sono poi le scelte di design che trovo spinte all'eccessivo stereotipo, rispetto alla verosimiglianza accettabile della Compagnia: gli umani di Rohan sono un'etnia completamente bionda, neanche i norvegesi hanno una simile omogeneità genetica, mentre al contrario i soldati di Gondor hanno tutti capelli neri e un'inesauribile scorta di armature fabbricate in serie.
Con ciò, oggettivamente Le due torri è un film migliore, di facile fruizione.

Le due torri parte 2 inizia con lo scontro con i warg, che immaginavo già presente nella parte 1, per poi proseguire con Faramir e la cattura di Gollum. Le curiosità e le annotazioni che leggete sono per lo più tradotte dal saggio The Lord of the Films, di J. W. Braun. 
Sono errori, curiosità di regia, finezze di Peter Jackson invisibili ai profani.
In teoria, La parte 2 dovrebbe venire trasmessa stasera, su Italia 2, alle 21.10.
Buona lettura/visione!

giovedì 5 maggio 2016

Il Signore dei Film - Le due torri parte 1 (analisi)


Discutendo del Signore degli Anelli con amici e colleghi, rimango sempre stupito di come alcune assunzioni di base della storia siano errate. Ad esempio, succede di dover leggere che Il Signore degli Anelli è una classica storia cavalleresca. Senza togliere assolutamente nulla al background medievale della storia, l'obiettivo stesso della Compagnia è un'antitesi di ogni epica tradizionale: anziché intraprendere una quest per salvare un oggetto magico, lo si deve distruggere.
Non vi sono, come in certe sessioni di D&d, barbuti stregoni che ti chiedono di trovare una sedia magica nel reame dell'Al Di Qua. Ma non c'è nemmeno una satira, o una presa in giro dell'epica medievale come già succedeva nel '500 e nel '600: piuttosto, vi sono personaggi tradizionali (Aragorn) che coesistono accanto a personaggi contemporanei (gli hobbit, Frodo) che pur dentro un'ambientazione medievale, devono conseguire un obiettivo modernissimo. Mentre ritrovare un corno magico, una spada incantata ecc ecc è sempre motivo di giubilo nel romanzo “tradizionale”, nel Signore degli Anelli ritrovare, scoprire dov'era l'Anello è una sventura, esibirlo una disgrazia e paradossalmente distruggerlo un obiettivo fondamentale.
Sono, almeno per me, banalità, ma nella vulgata comune non so bene perché stupiscono sempre.
O ancora, l'accusa di nostalgia che dovrebbe in teoria pervadere il Signore degli Anelli, in realtà è difficilmente rintracciabile: lo stesso Sam, nel finale de Il Ritorno del Re, vede negli occhi della figlia, Elanor, la bellezza degli elfi. Quanto vi è di positivo nella razza elfica ritorna nei figli degli uomini (e degli hobbit) senza essere perduto per sempre, anzi.

La parte 1 de Le Due Torri dovrebbe venir trasmessa stasera, su Italia 2, alle 21.10.
Quanto segue è una parziale traduzione (con alcune mie osservazioni e approfondimenti) del testo The Lord of the Films, di J. W. Braun. E' un saggio, piuttosto divertente, che tratta curiosità e sottigliezze della trilogia di Peter Jackson. Ogni film è diviso in sezioni (riferendosi all'edizione estesa) che vengono analizzate su quattro livelli: commenti del pubblico, curiosità di casting e making off, sottigliezze e dettagli nelle diverse scene e infine errori talmente minuti da essere praticamente invisibili per chi non ferma i fotogrammi.
Il Signore degli Anelli viene di solito trasmesso ogni quattro mesi, ma non ho idea di dove termini la parte 1 e la parte 2: nel caso manchino alcune sezioni, recupererò nella parte 2, il prossimo giovedì. Buona lettura (e visione)!

giovedì 21 aprile 2016

Il Signore dei Film - Compagnia dell'anello parte 1 (analisi)


Un mio collega d'università che possiede la televisione (o è la televisione a possedere lui? Ahimè...) mi ha subito informato sollecito che stasera trasmettono la parte uno della Compagnia dell'Anello nell'extended edition di Peter Jackson, su Italia 2, alle 21.10. 
Certo, potremmo addurre ottime argomentazioni per spiegare come non ci sia alcun sprone a guardare un film sulla televisione, sopportando l'ingestione forzata di nauseabonde pubblicità, caroselli, tagli e interruzioni inopportune, per non rammentare gli usuali sbagli nell'alternare le diverse parti (parte 2 prima della parte 1 ecc ecc).
E allo stesso modo, potremmo scrivere il solito articolo di cinquecento parole o meno in cui spieghiamo senza conoscenza di cinema, perchè cinematograficamente Il Signore degli Anelli è un brutto film, o in cui argomentiamo senza aver letto nulla di fantasy come Tolkien sia un “autore banale”. Purtroppo l'offesa senza valide argomentazioni a supportarne l'evidenza è quel genere di caratteristiche dei blogfamosi” che non riesco a replicare, come non mi diverto a gettar letame sui passanti quando passeggio in campagna.
Una lamentela pungente, un buon discorso non impedirà mai a una buona porzione della popolazione di sedersi in poltrona e guardare nonostante tutto il film dalla televisione, pur conscio di blu-ray spesso in svendita o delle opportunità sui Torrent. 
Quindi, perchè non approfittarne?
Di recente, cercando saggistica su Tolkien per un progetto, ho letto un saggio di curiosità sul making off della trilogia filmica, che spezzetta i movies in sequenze che analizza, offrendo per ciascuna i commenti del pubblico al cinema, le informazioni erudite, le curiosità più eccentriche, gli errori e le incongruenze sul set.

The Lord of the FilmsThe Unofficial Guide to Tolkien's Middle-Earth on the Big Screen è solo una raccolta di curiosità scritta da un fan per i fan, probabilmente pubblicata all'epoca in una qualche edizione piena di foto colorate e scritte sgargianti. Sono allegate curiosità sul merchandising, interviste a comparse ed effettisti, persino guide ai segreti sui dvd in vendita ai primi '2000.
L'aspetto davvero interessante sta proprio qui: The Lord of the Films proprio in virtù dei sui difetti, del suo essere “basso” è un ottimo termometro per l'atmosfera fantasy che si respirava tra la fine dei nineties e l'inizio di questo nuovo, perfido secolo. Sono nato nel '92, quindi potete comprendere che ora, nel 2016, passato un decennio dall'uscita del Ritorno del re (2003) mi sembra sia giunto il momento per giudicare chi/cosa/come salvare di quel periodo.
In altre parole, The Lord of the Films non interessa in quanto dice sul Signore degli Anelli, ma in quanto dice sui fan del Signore degli Anelli a inizio '2000.
Per citare un esempio tra i tanti, l'autore non sa ancora se Jackson dirigerà Lo Hobbit, che immagina un'eventualità a dir poco impossibile. Considerando l'orrido risultato, sarebbe stato meglio se il progetto fosse rimasto davvero impossibile...

Il rilascio ogni giovedì della trilogia sulla televisione dovrebbe pertanto permettermi un nuovo appuntamento settimanale, in cui commentare spezzone dopo spezzone la trilogia, usando quest'Unofficial Guide per mostrarvi dettagli che io per primo non ho mai notato.
Se non ci saranno imprevisti, ci si darà appuntamento per 6 settimane di fila.


lunedì 11 maggio 2015

La Gallipoli di Peter Jackson



Come ho già sostenuto più volte, non sono d'accordo con chi definisce la Grande Guerra un'inutile strage. Quell'aggettivo “inutile” vanifica di colpo il coraggio e l'eroismo di migliaia su migliaia di soldati, coprendo ogni discussione col rumore del piagnisteo ipocrita dell'ennesimo ignorante.
L'anniversario 1914 – 2014 aveva tutte le potenzialità per essere un'occasione di riscoperta e rivalutazione di un conflitto troppo spesso relegato a stereotipi&cliché: ma con la notevole eccezione della Gran Bretagna, le “vecchie” potenze sono rimaste indifferenti.
Ad esempio, invece d'infognarsi nel cliché della trincea piena di fango e inabitabile, sarebbe risultato interessante analizzare e spiegare altri luoghi del conflitto, di solito bistrattati dai libri di storia: l'oriente, l'Africa, le battaglie navali. O nel caso di quest'articolo, Gallipoli.

Nel 1915 l'Intesa decise di aprire un nuovo fronte, cercando di spezzare la guerra di posizione sul continente, che già si mostrava ferma su posizioni stabili, specie sul fronte occidentale.
Come la guerra di trincea con mitragliatrici e artiglieria costituiva un'esperienza radicalmente diversa dalle guerre ottocentesche, ugualmente l'invasione anfibia di Gallipoli fu una mossa tattica nuova e avventata. Come succederà nel corso di tutta la Grande Guerra, l'attaccante sottovalutò sia il nemico che il suo livello tecnologico, compiendo errori tattici sulla pelle di migliaia di soldati. Il senso d'impellenza dal governo inglese sommato al disprezzo verso i turchi spinsero gli ufficiali a mosse insensate, con errori che sì, possiamo una buona volta giudicare “un'inutile strage”.
Gallipoli è la guerra che i pacifisti adorano: sporca e crudele, con soldati giovani e inesperti spediti al macello da una gerarchia militare del tutto incompetente.

La spedizione alleata comprendeva per lo più reggimenti di leva dall'Australia e dalla Nuova Zelanda, nuovi alle armi. Il massiccio rinforzo dell'artiglieria navale lasciava sperare che la penisola di Gallipoli cadesse dopo pochi giorni, liberando i Dardanelli e l'accesso al Mar Nero. Sarebbe così stato possibile conquistare Costantinopoli in breve tempo e portare velocemente rifornimenti alla Russia zarista.
Otto mesi dopo, gli australiani continuavano a morire a dozzine sulla spiaggia, Gallipoli era saldamente nelle mani di Mustafa Kemal (Ataturk, per gli amici) e le “deboli” difese turche venivano rinforzate da esperti ufficiali tedeschi... La battaglia di Gallipoli era persa, e con lei le vite di 8709 australiani e 2721 neozelandesi.

La notizia dello sbarco il 25 aprile, i vuoti in famiglie che finora non erano state toccate dalla guerra perché in continenti lontani: tutto questo colpì profondamente la mente di australiani e neozelandesi, che dichiararono dal 1915 il 25 aprile giorno di commemorazione nazionale. Nel corso della storia, l'Anzac Day (com'era stato soprannominato) è diventato un simbolo di orgoglio nazionale, e si sono moltiplicate le iniziative al riguardo.
In occasione dell'anniversario, il direttore del museo “Te Papa” della Nuova Zelanda, si è accordato col regista Peter Jackson e con l'azienda Weta degli effetti speciali del Signore degli Anelli per offrire una mostra sulle trincee della Grande Guerra. Sir Peter Jackson – ricordiamolo, è stato nominato cavaliere! – è un appassionato di modellismo da quand'era bambino, e vanta una formidabile collezione di aerei della grande guerra. Sir Richard Taylor, a capo della Weta, è un autentico veterano di plastici e di cari, vecchi effetti speciali fatti in casa.
Raramente nominati nelle news internazionali ma altrettanto importanti, hanno collaborato a progetto i gemelli Perry, che chi mastica Warhammer sicuramente conoscerà. Sono abili scultori che nel duemila scolpirono l'intera vecchia gamma del gioco di miniature del Signore degli Anelli, mentre ancor prima misero mano a bretoniani e mercenari. Attualmente si dilettano nel campo del modellismo storico, con eccellenti risultati.

La mostra include ogni genere di diorama, sia in scala reale che 1/32. Consiglio vivamente di spulciarsi al riguardo la pagina Facebook del Museo. Per chi ha intenzione di visitare la Nuova Zelanda, l'esposizione resterà disponibile al pubblico fino al 2018.

Il piatto forte del museo, tuttavia, è il diorama della battaglia del Çunukbahir.
Gli organizzatori hanno scelto l'area di Chunuk Bair nella zona di Gallipoli, riproducendola in scala con tecnologia al laser, identica fino all'ultimo dettaglio. Nello specifico le trincee scelte – The Quinn's Post – furono tra le più combattute e mortifere dell'intera campagna.
Questa non è una vetrina polverosa di un modellista borioso: è il lavoro di un'intera equipe, impegnata per mesi in una costruzione gargantuesca, con oltre dieci metri di lunghezza!

Un rozzo riparo/centro di comando del generale di brigata Johnston. E' la miniatura seduta al tavolo, con la testa fra le mani. Stando infatti alle fonti storiche, la mattina della battaglia aveva un forte mal di testa post sbornia...

martedì 16 dicembre 2014

Lo hobbit: guida alla lettura (cap. 12-19)


Siamo arrivati in extremis con l'uscita di domani de Lo hobbit - La Battaglia delle cinque armate - all'ultima lezione. Si tirano le fila dei temi trattati, si approfondiscono alcune filosofie e si scherza un po'. Non dimenticate di commentare che v'è sembrata questa guida e di condividere con chi interessato. :-)

La fuga è terminata. Malaticci e bagnati, i nani sono giunti a Pontelagolungo, dove vengono accolti dal Governatore con grandi feste. Tolkien lascia abilmente sottintendere come sia l'oro e la ricchezza dei vestiti di Thorin a convincere il Governatore più della sua effettiva fiducia nel compiersi della profezia.

« Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror, Re sotto la Montagna! » disse il nano a voce alta,pieno di maestà nonostante i vestiti laceri e il cappuccio infangato. L'oro gli brillava attorno
al collo e alla cintura; i suoi occhi erano scuri e profondi.

La profezia che ricorda Thorin è una leggenda popolare che ogni singolo uomo di Lago Lungo conosce e le reazioni all'idea che si avveri risultano frenetiche. L'ingenuità della gente è palese. Nessuno, tranne Bilbo e gli elfi, sembrano ricordarsi che prima di poter agguantare l'oro, sarà necessario uccidere Smaug... il Governatore in tutto ciò svolge il ruolo del sindaco affarista. che cerca di approfittare dell'occasione come meglio può, cavalcando da buon populista l'entusiasmo della folla. Non c'è la minima traccia dell'atmosfera Jacksoniana, inutilmente stiracchiata nel personaggio di Bard e nell'intromissione di Tauriel. I nani stessi si riprendono dopo una settimana di mangiate e bevute, pronti per dare l'assalto alla montagna.

Allora il Governatore esitò e rivolse lo sguardo dall'uno agli altri. Il re degli Elfi era molto
potente da quelle parti, e il Governatore non desiderava che ci fosse ostilità tra loro, né faceva gran conto delle vecchie canzoni, perché tutta la sua attenzione era rivolta al commercio e ai
pedaggi, ai carichi e all'oro, e proprio a questo doveva la sua posizione. Altri tuttavia erano di
diverso parere e la questione si risolse rapidamente senza di lui: la novità si era diffusa come
il fuoco dalle porte della sala per tutta la città. La gente gridava dentro e fuori, e le banchine
si riempirono in un baleno. Alcuni cominciarono a cantare ritornelli di vecchie canzoni che parlavano del ritorno del Re sotto la Montagna; che fosse ritornato il nipote di Thror e non
Thror in persona non li preoccupava minimamente. Altri si unirono al coro e il canto risuonò
alto e chiaro sopra il lago.

Paradossalmente colui che meno prende sul serio la profezia è proprio il Governatore, mentre persino gli elfi sono all'improvviso impauriti: com'è possibile che questi nani siano sfuggiti alle prigioni reali? E come mai la profezia non fa il minimo cenno a quell'essere chiamato Bilbo? Scherzi a parte, gli zatterieri di Thranduil sono gli unici che, assieme a Bilbo, capiscono il pericolo di risvegliare il drago Smaug.

Il racconto della profezia permette inoltre di tornare all'argomento “fortuna” (o fato, o progetto divino...) A Thorin basta presentarsi a Pontelagolungo e dichiarare di essere il re sotto la Montagna della profezia, perché le guardie del Governatore corrano fuori, a guardare incredule se l'oro cominci a scendere dalle montagne, mentre ogni abitante si dà all'improvviso alla baldoria. C'è un'immensa forzatura qui, come in altre parti del testo, nelle reazioni della gente. Per quanto popolare fosse la leggenda, non è realistico che gli uomini di Lagolungo “abbocchino” tanto facilmente.

Non serve inoltre sottolineare l'immensa catena di coincidenze che permette loro di arrivare direttamente il giorno di Durin, in tempo perché la porticina incastonata nella montagna si apra secondo le istruzioni delle lettere lunari. Il tordo è, come Bilbo, uno strumento (benevolo e inconsapevole, beninteso) del Fato.


lunedì 8 dicembre 2014

Lo hobbit: guida alla lettura (cap. 1-4)



Open Culture, il noto portale che offre contenuti legalmente scaricabili di filosofi, scrittori e in generale umanisti, ha un unico difetto, che d'abituale curioso sento molto: non esiste materiale intermedio tra lettore e autore. 
Prendiamo un filosofo quale Nietzsche. Complicato. Complesso. Indecifrabile, quasi. Affrontarlo senza il fuoco di supporto di manuali e guide di chi ne capisce – per forza di studi – più di te, è indispensabile. Un classico, che sia un tomo di filosofia o un testo cardine di un genere quale il Signore degli Anelli di Tolkien, non si può affrontare senza aiuto.
Chi giudica un filosofo dalla sola lettura dei suoi testi, senza un set di strumenti in grado di scassinarlo, interpretarlo e analizzarlo è uno sciocco. Finirà per trovare un'ingenua passione per filosofi che a naso sente “realisti” o “scientifici” o al contrario per citarli a sproposito, per trarne aforismi che sente misteriosi e densi di significato. Senza per altro che questo significato sappia spiegarlo.

The Tolkien Professor, di Corey Olsen sono una serie di lezioni tenute su Tolkien. 
Non hanno il valore d'un saggio critico, né di un corso professionale. E' tuttavia una confusa, ma appassionante analisi della poetica di Tolkien, narrata in una serie di podcast che sono registrazioni delle lezioni dal vivo. Olsen usa un inglese semplice e lineare, inframezza di battute le sue conversazioni e in generale è un oratore loquace e piacevole. L'analisi parte dal Silmarillion, per scendere a Lo hobbit e arrivare infine alla trilogia del Signore degli Anelli. 
Tuttavia, you know, è pur sempre inglese...

Ho pensato perciò in occasione dell'ultimo film di Jackson di trarre da queste lezioni una serie di articoli. Tolkien non è un filosofo, almeno non nel senso convenzionale del termine. E non c'è testo più facile e fluente de Lo hobbit. Nondimeno, penso che un'analisi attenta de Lo hobbit possa interessare i curiosi. La sfida in questo caso non è comprendere un romanzo che brilla proprio per la sua facilità d'accesso, ma piuttosto indagare i meccanismi che ne azionano le diverse componenti. Scoprire pertanto l'inganno di una semplicità tutt'altro che semplice.

Ovviamente eventuali errori sono dovuti al sottoscritto e non al professore. 
Non voglio in nessun modo sostituire eventuali “specialisti” (brutta parola!) della materia.



La prima precisazione da fare concerne il diverso punto di vista che intercorre tra Silmarillion e Lo
hobbit. Il Silmarillion, come gli sventurati che l'hanno letto sanno bene, ha uno stile aulico e verboso. Al contrario, Lo hobbit presenta uno stile di scrittura morbido e semplice, adatto alla lettura dei più piccoli senza risultare lezioso.
Questa differenza di stile in realtà costituisce una spaccatura non soltanto per diverse esigenze editoriali, ma riflette il diverso Pov dei personaggi protagonisti. Coerentemente con gli elfi che lo popolano, il Silmarillion è narrato dalla prospettiva estetizzante e aliena di un eldar, pertanto seguendo gli stilemi dell'epica, con abbondanza - ahimè stancante - di nomi e titoli. 
Come lo definisce il professore, è un "elven document".
Lo hobbit invece possiede un narratore con prospettive, filosofia e sopratutto linguaggio assolutamente “hobbit”. Il punto di vista è legato alla creatura “hobbit”, pertanto a un bipede nano con abitudini e usanze tipiche della borghesia rurale ottocentesca inglese. Lo stile dunque non può che diluirsi, eliminando ogni parola difficile in favore di un modo di scrittura pianeggiante e tranquillo. Tolkien rifiuta di degradare l'epica del Silmarillion per accontentare i bambini. Al contrario, muta radicalmente il linguaggio per venire incontro alla prole e al contempo adeguarsi realisticamente al punto di vista di Bilbo, un semplice hobbit.
Il Silmarillion, dunque? Un documento elfico, una ballata epica.
Lo hobbit? Il diario di Bilbo, un giovane halfling della Contea.

Scompaiono dunque i riferimenti a Iluvatar e ai Valar che abbondavano nel Silmarillion, preferendo invece un approccio più terra terra, dove le avventure sono”brutte cose che fanno arrivare tardi a cena”. Bilbo non è un elfo: non adora la guerra. Al contrario rimpiange il bacon, l'erba-pipa, il thè. Non poteva esserci mutamento più radicale.

giovedì 20 dicembre 2012

Lo Hobbit- Recensione


The Ballad of Bilbo Baggins
Compito difficile, questa recensione.
Considerando con attenzione la parola recensione, prescindere da un intrinseco ideale d'estrema oggettività è alquanto difficile. La recensione non esprime pareri, giudica. Non è una riflessione buttata al momento, è una condanna-promozione; e in questo senso scelgo di solito titoli più "morbidi" della semplice parola "recensione". Ma in questo caso, scrivendo l'articolo, mi sono accorto che stavo giudicando, e giudicando anche in modo piuttosto forte, per cui ho alla fine scelto questa parola.

Peter Jackson aggiornato alla versione 2.5.  o___O

All right, Lo Hobbit, un viaggio inaspettato. Iniziamo.