tag:blogger.com,1999:blog-55242876336279787142024-03-13T13:06:22.292+01:00Cronache Bizantine Recensioni letterarie, dissertazioni fumettistiche, riflessioni personaliCoscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.comBlogger405125tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-34761374824449064112022-09-02T07:00:00.052+02:002022-09-02T12:46:52.061+02:00Il Signore della Nostalgia. Amazon non è il primo drago che sfrutta Tolkien<p></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-top: 0.42cm;"><span style="font-size: medium;">Un
anello disegnato con pochi, sbrigativi, tratti di CGI; una voce di
sottofondo degna di un film horror; una carrellata di immagini
sfocate, intervallate dall'annuncio roboante che si tratta della
trilogia tratta “dal libro più importante di tutti i tempi”. E
poi il faccione rubicondo di un regista noto per i film splatter, a
suo agio in una terra esotica e niente affatto <i>british</i> quale
la Nuova Zelanda. E infine le voci che corrono sui forum, che
mormorano preoccupate di importanti personaggi tagliati, di scene
action e americanate, di triangoli amorosi, di elfi femmina e donne
umane che affettano orchi. </span><br /><b><span style="font-size: medium;">Non si tratta delle polemiche che, da
diversi mesi, rincorrono la nuova produzione televisiva <i>The Rings
of Power</i>, nuovo giocattolo del colosso Amazon, ma delle reazioni
che accompagnarono il debutto della trilogia a inizio duemila</span></b><span style="font-size: medium;">. La
produzione veniva accusata di aver abusato della tecnologia, di aver
sostituito alla sincerità dei cartoni di Ralph Bakshi e
dell'artigianato di </span><i style="font-size: large;">Willow</i><span style="font-size: medium;"> CGI senza cuore; di aver
trasformato la passiva Arwen in una principessa guerriera; di aver
trasformato il personaggio di Eowyn in un'attrazione amorosa per
Aragorn; di aver trasformato un delicato capolavoro letterario in un
parco dei divertimenti, rigonfio di scene action e horror. Giungendo
al peccato originale, mai perdonato dai tolkieniani: aver eliminato
il personaggio di Tom Bombadil, sacrificato sull'altare di
Hollywood.</span><br /><span style="font-size: medium;">Il </span><i style="font-size: large;">Guardian</i><span style="font-size: medium;"> definì il film “un delirio
wagneriano-arturiano”, lamentando l'espressione vacua di Elijah
Wood, l'assenza di eventi significativi, la trama piatta, l'assenza
di humour, i dialoghi legnosi. Il critico Peter Bradshaw definì
addirittura la mitologia del film “rappresa e indigeribile”,
marchiandola come “una fantasia escapista”. D'altronde non erano
passati che pochi mesi dall'attentato dell'11 settembre 2001; fu un
Natale inquieto.</span></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-top: 0.42cm;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjcnvcRhXEGvikj6PQdJ9IuXkAFLwsZNdCBlf_szx83Lh5MofmxEFNh0aiA8wUOVHp4SiXGTOGZQYt57dbJ-vi1SkkidmzoC8fPc4PGbjJiPqTKQD_EwwbLhPj87LS-G0Y6srVWramT_pz4xSPcxfgzZAv_kbAsghojfj0925urc8XHmB8z0GgslxQB/s1024/signore%20degli%20anelli%20fantasy%20storia%201999.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><span style="font-size: medium;"><img border="0" data-original-height="682" data-original-width="1024" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjcnvcRhXEGvikj6PQdJ9IuXkAFLwsZNdCBlf_szx83Lh5MofmxEFNh0aiA8wUOVHp4SiXGTOGZQYt57dbJ-vi1SkkidmzoC8fPc4PGbjJiPqTKQD_EwwbLhPj87LS-G0Y6srVWramT_pz4xSPcxfgzZAv_kbAsghojfj0925urc8XHmB8z0GgslxQB/w640-h426/signore%20degli%20anelli%20fantasy%20storia%201999.jpg" width="640" /></span></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: medium;">La prima foto ufficiale del Signore degli Anelli rilasciata alla stampa (11 ottobre 1999)</span></td></tr></tbody></table><span style="font-size: medium;"><br /></span><p></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-top: 0.42cm;"><span><span style="font-size: medium;"></span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-top: 0.42cm;"><span style="font-size: medium;">Le
polemiche, le proteste e il generale malcontento popolare nei
confronti di <i>The Rings of Power</i> non appaiono diversi dalle
critiche che si mossero all'epoca verso la trilogia di Peter Jackson.
Si rimproverava, allora come adesso, la volontà di guadagnare
dall'opera del professore di Oxford, di trarne un profitto inseguendo
valori diversi dalla mitopoiesi intentata a metà novecento.</span></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-top: 0.42cm;"><span style="font-size: medium;"><b>L'operazione,
in effetti, appare indifendibile</b>: non vi è più il volto umano di
Jackson dietro la cinepresa, non vi sono più quegli elementi umani
di produttori, attori e disegnatori che caratterizzarono la lunga
marcia alla trilogia fondante. Predomina il marchio, l'immagine della
multinazionale ansiosa di mungere la vacca d'oro tolkieniana. E il
clima si è polarizzato, divenendo glaciale: le critiche sono
divenute attacchi, gli insulti minacce di morte, i <i>thread</i> sui
forum un'inesausta carrellata di video e commenti negativi, propulsi
dagli algoritmi dei rispettivi <i>Social</i>. C'è voglia di farsi un
nome, di farsi notare nella massa dei <i>content creator</i> quali
puristi tolkieniani: ben consapevoli di essere in grado di
accalappiare seguaci con facilità.</span></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-top: 0.42cm;"><span style="font-size: medium;">Il cinismo dell'operazione
firmata Jeff Bezos sembra innegabile. Occorrerebbe tuttavia togliere
gli occhiali della nostalgia nei confronti della trilogia originale
abbandonando l'impossibile tesi che quella di Jackson fosse stata
un'opera di carità e che solo Amazon miri a guadagnare dall'universo
fantasy tolkieniano. <b>La trasformazione commerciale della produzione
letteraria tolkieniana è in atto da decenni</b> e la stessa originale
trilogia di Jackson ha semmai accelerato il processo.</span></p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-top: 0.42cm;"><span style="font-size: medium;">Il
vil denaro s'infiltrò tra gli orti della Contea e le distese di
Rohan già negli anni Sessanta del novecento, quando ACE Books, nota
per le opere pulp e di fantascienza, pubblicò un'edizione pirata del
Signore degli Anelli. Costava appena 75 cent e alla casa editrice
furfante, grazie ai campus universitari e ai raduni hippy, fruttò un
notevole gruzzolo.<br />Intanto, nel 1957, Tolkien accoglieva sulla
porta di casa i primi produttori americani per una proposta di
filmato d'animazione, diretto dal regista Zimmermann. I personaggi
della trilogia – gli spiegarono i produttori – volavano per la
terra di Mezzo a bordo di grandi aquile. Tolkien guardò perplesso i
bozzetti raffiguranti gli hobbit che ingurgitavano “sandwich
ridicolmente lunghi” e declinò l'offerta. Al mondo di sicuro ci
sono solo la morte e le tasse e a causa delle seconde Tolkien
vendette i diritti cinematografici per appena diecimila sterline,
onde soccombere poi alla prima.<br />Disney aveva corteggiato il corpus
tolkieniano a lungo, consapevole delle potenzialità commerciali: <i>La
spada nella roccia</i> (1963) e <i>Taron e la pentola magica</i>
(1984) tradiscono entrambe filiazioni tolkieniane. I Beatles lo
proposero intanto come progetto a Stanley Kubrick che li rimandò a
un improbabile Michelangelo Antonioni. Negli stessi anni debuttò
dapprima il cartone animato <i>The Hobbit</i> (1977) di Arthur Rankin
jr. e Jules Bass e successivamente <i>Il Signore degli Anelli</i>
(1978), scritto, diretto e animato da Ralph Bakshi. Quest'ultimo
viene ricordato come un prodotto artigianale, specie per l'uso dei
rotoscopi: tuttavia costò 10 milioni di dollari, superando il primo
episodio di Star Wars per il budget. Non era all'epoca certo una
produzione indie, anzi.</span></p>
<p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-top: 0.42cm;"><span style="font-size: medium;">I
lettori hippie intanto avevano mollato l'erba pipa e si erano
trasferiti nella Silicon Valley o tra gli yuppies degli anni Ottanta.
<b>Rapidamente accanto all'elemento video, giunse quello ludico; e
infine quello videoludico</b>.<br />A partire dal 1982 Melbourne House
propose un'avventura testuale per <i>home computer</i> basato
dapprima su Lo Hobbit e poi su Il Signore degli Anelli, vendendo
mezzo milione di copie agli albori dell'era videoludica. Si accodò
poi Konami nel 1991 con <i>J.R.R. Tolkien's Riders of Rohan</i> e
Interplay nel 1990 con i videogiochi di ruolo <i>J.R.R. Tolkien's The
Lord of the Rings</i> e <i>J.R.R. Tolkien's The Lord of the Rings:
The Two Towers</i>.<br />La trilogia di Peter Jackson ruppe ogni
residua diga allo sfruttamento videoludico di Tolkien: ai primi
duemila la Electronic Arts strappò i diritti cinematografici per un
<i>hack & slash</i> rimasto nella storia, mentre Sierra
Entertainment ottenne i diritti dei libri. Lo spolpalmento dei
diritti tolkieniani continua tutt'oggi: è notizia dell'ultima ora
che il colosso svedese Embracer ha pagato circa 700 milioni per i
diritti videoludici delle opere del professore di Oxford.</span></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-top: 0.42cm;"><span style="font-size: medium;">Il
merchandising tradizionale d'altronde non nasce certo con le consegne
a distanza di Amazon, ma era già vivo tra gli anni Ottanta e
Novanta: la californiana Iron Crow adattò l'universo tolkieniano con
il sistema MERP (<i>Middle Earth Roleplaying Game</i>) e con il primo
gioco di carte firmato Richard Garfield, meglio noto per <i>Magic:
The Gathering</i>. Anche nel campo dei <i>boardgames</i> ritroviamo
l'instancabile Iron Crow, con un gioco da tavolo sulla Battaglia dei
Cinque Eserciti (1984) preceduta da un omonimo gioco del 1975, della
TSR Games. Nell'83 e nel '94 la Iron Crow adattò anche Il Signore
degli Anelli e Lo Hobbit al mondo dei dadi e dei tabelloni di
gioco.</span></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-top: 0.42cm;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2lu_t8gkHstF-8_Qipt9xAEfp9-zlT1hXbwEk1zxXNmMZspYulDwOhxSmX0iGXME7BSs1eUA67Ip7tR6LpKcfzrHQZ7HvmgnC3cb6EgpFd_rRfrwJXZJs2hSIal9I9AOtHd-ID8_8YfSAC_gdmEAkLM45AsPwWa064XqlkPPranmCuyz659PUL3Ug/s1024/jrr%20tolkien%20riders%20of%20rohan-.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><span style="font-size: medium;"><img border="0" data-original-height="678" data-original-width="1024" height="424" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2lu_t8gkHstF-8_Qipt9xAEfp9-zlT1hXbwEk1zxXNmMZspYulDwOhxSmX0iGXME7BSs1eUA67Ip7tR6LpKcfzrHQZ7HvmgnC3cb6EgpFd_rRfrwJXZJs2hSIal9I9AOtHd-ID8_8YfSAC_gdmEAkLM45AsPwWa064XqlkPPranmCuyz659PUL3Ug/w640-h424/jrr%20tolkien%20riders%20of%20rohan-.jpg" width="640" /></span></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><i style="text-align: left;"><span style="font-size: medium;">J.R.R. Tolkien's Riders of Rohan (1991)</span></i></td></tr></tbody></table><span style="font-size: medium;"><br /></span><p></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-top: 0.42cm;"><span style="font-size: medium;">La trilogia di Peter Jackson, come per i videogiochi, aveva
nuovamente rivitalizzato il mercato che, dal 2001 in poi, ha sempre
fatto riferimento all'immaginario filmico, anziché cartaceo, con un
diluvio di prodotti e adattamenti.</span></p><p style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-top: 0.42cm;"><span style="font-size: medium;">Se nell'uomo autentico si
nasconde un bambino che vuole giocare, come insegnava Nietzsche, è
anche vero che oggigiorno è un <i>homo consumens</i>. L'adattamento
cinematografico all'alba del nuovo millennio inaugurò infatti <b>una
collezione di merchandising</b> superiore a ogni produzione precedente,
capace di rivaleggiare con eguali colossi nel campo, <i>in primis</i>
Star Wars.<br />Si partiva con le action figure, d'ogni dimensione,
qualità e carattere; passando alla riproduzione delle armi dei
diversi personaggi; di plastica, di legno, di acciaio di bassa lega,
di acciaio di Toledo... Passando poi alle riproduzioni spicciole o
meno dei gioielli dei personaggi; dell'anello (ovviamente); delle
fibbie; delle cinture; dei mantelli; e dell'abbigliamento dei
personaggi in generale. <br />Ma come trascurare l'occasione per un bel
bicchiere con gli emblemi della Compagnia; con le facce degli attori;
sagomato come anello del Potere o quale cranio di uno dei tanti
personaggi. Vi erano poi gli scacchi ispirati al Signore degli
Anelli; le coperte; i cuscini e, va da sé, le riproduzioni delle
bandiere delle fazioni (Rohan!). Vi era poi il cibo: hamburger degni
d'un orco, birre per veri nani, delicati biscotti per gli stomaci
elfici. E poi modellini di ogni sorta; miniature per il gioco da
tavolo della Games Workshop e robusti giocattoli. E si potrebbe
continuare, con il culmine rappresentato dal copri water sagomato
quale fosse l''unico anello, per finirla con le cagate.<br /><br />Insomma:
guardando a ciò e guardando alla stessa storia degli adattamenti di
Tolkien, davvero Bezos è l'unico drago a voler sfruttare Tolkien? <b><span style="font-family: Times New Roman, serif;">È</span>
davvero Amazon l'unico Smaug</b>? Draghi vanno e vengono, come insegnano i tempi: conta quale tesoro custodiscono.
<br /><br />[z.s.]</span></p><p></p>Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-61181140049533757922022-01-09T07:00:00.007+01:002022-01-09T07:00:00.210+01:00Karl Edward Wagner: l'anello mancante tra il pulp e il fantasy moderno. Alla riscoperta di un Conan "rimosso"<span style="font-size: medium;">Il dilemma della bancarella, nel caso dei libri fantasy, rimarrà sempre l'ampio bacino di scrittori e opere accumulatosi coi paperback dagli anni Settanta in poi: vi sono i “soliti” nomi sui quali fare affidamento - da Robert E. Howard, a Clark Ashton Smith, all'inossidabile multiverso di edizioni di Moorcock – ma al di là di ciò c'è un vasto marasma di autori sconosciuti.<br /><br />Anche nel caso di autori noti, come Moorcock, la quantità di diverse edizioni rende impossibile tracciare una linea netta: qual è il senso ad esempio di avere, come nel mio caso, il secondo libro della saga di Corum o il terzo della TEA di Elric? Le ristampe della Oscar Mondadori hanno parzialmente risolto il problema, ma il formato nello stile di un cofanetto le rende impossibili da leggere negli intervalli di lavoro. Siamo sinceri: non ho il tempo di dedicare un pomeriggio o una sera alla lettura delle cronache di Corum, come se dovessi leggere un testo accademico per una mostra o un manuale per un concorso. Il fantasy lo voglio leggere mentre sono in treno, mentre attendo l'autobus, mentre cucino il pranzo. </span><div><span style="font-size: medium;"><br /></span></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiBMGSZ5QYfTyAxg0-jof0Dz-xSYq47vaDcNWCYRTlcnB6d3PYjmSH--QrPlnJj-V6vNm7RjxMCnT8AXT7Qt_QlRyQSHkFrUIeuQCZBN-c7POk8gEqZ_WC_doadMJwAhJ8mB4W7of_CyKtlUkDMhqgtiOpTRVI1CQysqE2lL1f0x7m7ZpkYwD0SxCUX=s1024" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="576" data-original-width="1024" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiBMGSZ5QYfTyAxg0-jof0Dz-xSYq47vaDcNWCYRTlcnB6d3PYjmSH--QrPlnJj-V6vNm7RjxMCnT8AXT7Qt_QlRyQSHkFrUIeuQCZBN-c7POk8gEqZ_WC_doadMJwAhJ8mB4W7of_CyKtlUkDMhqgtiOpTRVI1CQysqE2lL1f0x7m7ZpkYwD0SxCUX=w640-h360" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Karl Edward Wagner e un "amused" Ramsey Campbell negli anni Settanta</td></tr></tbody></table><br /><span style="font-size: medium;">Ma al di là di ciò c'è un vasto bacino di opere oscure dei quali non conosci mai la qualità. Ignoranza? Indubbiamente. È il caso dello scrittore<b> Karl Edward Wagner</b> che vado riscoprendo proprio in queste settimane: un autore, come tanti altri, che vedevo sempre passare tra i paperback delle bancarelle e dell'usato, ma senza prestarvi grande attenzione. D'altronde a livello di copertine e titoli la Sword&Sorcery è tanto abile a mascherare le schifezze, quanto a nascondere i gioielli. E Karl Edward Wagner appartiene, senza ombra di dubbio, alla seconda categoria: è un grande del fantasy e un grande dello Sword&Sorcery. Un autore non solo bravo, ma stilisticamente superbo: la padronanza del tema si accompagna alla ricerca stilistica. E non è poco: lo stesso Moorcock, sotto questa prospettive, rimane un autore molto pulp, quasi “rozzo”.</span></div><div><span style="font-size: medium;"><br /></span></div><div><span><a name='more'></a></span><div><span style="font-size: medium;">Conoscevo Karl Edward Wagner non come scrittore, ma quale<b> editore</b>: come uno dei pochi che aveva recuperato, con la propria casa editrice <b>Carcosa</b>, dimenticati tesori del pulp degli anni Trenta e Cinquanta, con speciale riferimento a <b>Weird Tales</b>. Senza dimenticare l'opera filologica compiuta su Conan, che era stato ripubblicato senza abbellimenti o correzioni, ma con tutta la primigenia potenza della scrittura originaria. Tuttavia come scrittore non conoscevo Wagner; e lo sentii citato per la prima volta in un articolo sui <i>pastiche</i> di Conan, dove la sua “Strada dei re” veniva ricordata come una delle poche opere dove si catturava l'essenza del barbaro guerriero.</span></div><div><span style="font-size: large;"><br /></span></div><div><span style="font-size: medium;">E <i>The Road of Kings</i> (1979) può configurarsi come uno dei migliori pastiche di Conan che abbia mai letto: originale, ma senza snaturare l'essenza di Conan; frenetico e ricco di azione, ma senza rinunciare a una storia complessa e intricata; avvincente, ma con uno stile (quasi) raffinato.<br />Non è un capolavoro, va da sé: i nomi, per un lettore italiano, suonano ridicoli e Conan stesso mi sembra un po' troppo nobile, un po' troppo civilizzato in alcuni passaggi.<br /><br /><blockquote><b>Digressione blasfema</b>: quanto sarebbe interessante scrivere un <i>pastiche</i> di Conan dove ne vengono enunciate tutte le caratteristiche di barbaro delineate da Robert E. Howard, ma moltiplicandole all'eccesso?<br />La natura barbarica di Conan dovrebbe incutere un sano timore nei lettori; eppure troppe, troppe volte ritroviamo in Conan una figura familiare. Sarebbe interessante un recupero di Conan che lo presenti come un essere “alieno”, come se la sua natura barbara lo rendesse incomprensibile al nostro sguardo. Un'idea, in attesa che si risolva la foschia sui diritti di Robert E. Howard...</blockquote><div><br /></div>L'eredità di Karl Edward Wagner è stata oggetto, negli ultimi anni, di un recupero in terra americana con un documentario intitolato “<b>The Last Wolf: Karl Edward Wagner</b>” (2020) dove si ripercorre la biografia dello scrittore a quasi trent'anni (26 per l'esattezza) dalla morte.<br />Il documentario è scarno: niente effetti speciali, niente ricostruzioni digitali, nessun artwork. Solo amici, scrittori e accademici che discutono l'eredità di Wagner sul mondo rispettivamente dell'editoria di genere e della letteratura fantasy. È un documentario per nerd nel senso migliore del termine: v'interesserà solo se vi interessa lo Sword&Sorcery.<br /><br />Alcuni<b> appunti di visione</b> che divergono dall'immagine che i soliti noti in Italia propongono di Karl Edward Wagner.<br />Wagner non era uno “psichiatra che si era prestato alla scrittura”: prima di scegliere la facoltà di medicina e successivamente il percorso psichiatrico, <b>completò una formazione in storia</b> che influenzò la produzione fantasy successiva. La scelta stessa della facoltà di medicina piaceva a Wagner, ma rispondeva primariamente alle esigenze di sfuggire alla leva militare per la guerra nel Vietnam.<br /><br />Wagner non era solo uno scrittore di Sword&Sorcery: molta della sua produzione migliore appartiene al <b>genere horror</b>. Lo scrittore Dennis Etchinson ha osservato che, sebbene sia impossibile provarlo, quasi sicuramente il suo racconto migliore, ovvero “<b>The Sticks</b>”, è stata l'ispirazione <strike>plagio</strike> per “<b>The Blair Witch Project</b>” (1999). <br /><br />Wagner non era uno scrittore che replicava sterilmente lo stile degli anni Trenta, ma un autore sofisticato che recuperò l'essenza del pulp, ma con un <i>upgrade</i> alle ansie e alle agitazioni sociali del secondo dopoguerra. <br /><br />“Karl è stato un grande sostenitore di autori vecchi o dimenticati – osserva Dennis Etchinson - che avevano fornito importanti contributi al genere fantastico. Pertanto quando si legge Karl Edward Wagner <b>si vede l'influsso dei vecchi scrittori pulp, ma anche un taglio moderno e un'attenzione al linguaggio che non è in linea con la vecchia tradizione pulp</b>. Era qualcosa di “suo”, ma si vedevano chiaramente le influenze”.<br />L'eredità di Wagner rimarrà sempre essere stato <b>un archivista pulp</b> <i>ante litteram</i>, recuperando opere che sarebbero altrimenti andate perdute. Almeno dalla presentazione del documentario, mi sembra evidente che Wagner avesse trasformato la propria casa in un archivio delle opere pulp di metà secolo, indirettamente preservando un'eredità propria della cultura popolare. Molti degli intervistati osservano come fosse una delle poche persone a possedere una collezione completa di Weird Tales.<br /><b>ST Joshi </b>analizza che “Karl è importante nel senso che essendo un buon amico di Manly Wade Wellman, a sua volta una forte connessione con il vecchio pulp, avendo pubblicato su Weird Tales ancora dagli anni Trenta, <b>Karl era l'anello mancante tra la vecchia scuola e quella nuova che andava emergendo</b>”.</span></div><div><span style="font-size: medium;"><br /></span></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjiEVkqd00VKK7B8Qd4LQt9SD443L7QM2uyMbI7aAeTQtA63GgLPjZgoxJOKnm0rwD8wbCY2QfldDp_2xUeG8v3J5CfNEfZ8yTDVD_tlsxswu8a2LRzXPJEZFoE1tXUBpBXi8nMRBbt5U4mP5fcvtsZipIftktxzMNDCLuBmNGOTIYhYJ8gVlvpQ0A_=s1024" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="576" data-original-width="1024" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjiEVkqd00VKK7B8Qd4LQt9SD443L7QM2uyMbI7aAeTQtA63GgLPjZgoxJOKnm0rwD8wbCY2QfldDp_2xUeG8v3J5CfNEfZ8yTDVD_tlsxswu8a2LRzXPJEZFoE1tXUBpBXi8nMRBbt5U4mP5fcvtsZipIftktxzMNDCLuBmNGOTIYhYJ8gVlvpQ0A_=w640-h360" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Un'allegra brigata negli anni Ottanta. I fan di Warhammer riconosceranno Jack Yeovil, alias Kim Newman</td></tr></tbody></table></div><div><span style="font-size: medium;"><br /></span></div><div><span style="font-size: medium;">Un legame che proseguì anche tra gli anni Settanta e Ottanta, considerando che “Questo gruppo di scrittori che emerse in quel periodo, specie attorno a Wagner, ricorda molto il circolo di Lovecraft – continua ST Joshi - Gli amici di Lovecraft si tenevano in contatto principalmente via corrispondenza, perchè viaggiare all'epoca era impegnativo e non vi erano ancora fiere nel senso stretto del termine”.<br />Un'osservazione nella quale si ritrova lo stesso <b>Peter Straub</b>: “C'è una bella finestra su quel periodo che è il panel di una convention dove ci sono io, Charles Grant, Dennis Etchinson e Karl Edward Wagner. E ci conoscevamo tutti. Era bello sentire di essere parte di un movimento, anche se avrei sperato fosse durato maggiormente”.<br /><br />Eppure Wagner scomparve molto presto, appena quarantanovenne; e le biografie italiane si limitano a un laconico “<b>morto per alcolismo</b>”. In realtà la questione è diversa e intreccia vicende editoriali e biografiche, alle quali il documentario dedica ampio spazio. Non mancano i pareri degli amici scrittori, così come dei parenti e della stessa moglie. Se il documentario finora si era limitato a un'interessante dinamica, a tratti troppo arida, nel caso della morte di Wagner raggiunge livelli elevatissimi, quasi strazianti. Wagner essenzialmente iniziò a tracannare<i> Jack Daniels</i> dagli anni Ottanta quale reazione per<b> un blocco dello scrittore</b> e, al contempo, della <b>crisi con la moglie</b>. Il primo aspetto viene trattato da Peter Straub che osserva come nel 1980 tutti ritenessero che Wagner stesse continuando a scrivere; ma in realtà era da tempo bloccato, in crisi. La situazione era quello d'incubo per ogni scrittore di successo: avercela finalmente fatta, aver afferrato quel minimo di notorietà tale da poter vivere di scrittura... Salvo scoprire di essere prigioniero del blocco, di non avere o idee o capacità di continuare a scrivere, continuare a proporre il prossimo romanzo, il prossimo racconto. E Wagner il quale, contrariamente allo stereotipo, non era un “<i>hard drinking biker</i>” <b>iniziò a bere, a bere sempre di più</b>.</span></div><div><span style="font-size: medium;"><br /></span></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjRcpClMLfoY7iQWeHM6v94tGWOTMXCG8y0fAtsO01BVYOdgX5TA1wzJHJ13rXrs9g-wTneY0OOX5Bbw8LnZs5svxZD0EdlLKlQw-zHBpYPrkD6czAF355wdeGt2PGKD7SsvqbWDO36zVlKj5vLySP9cyl5pfxhR5W-zOfrsuFt9vQRvA4i76BVdoFV=s1024" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="576" data-original-width="1024" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjRcpClMLfoY7iQWeHM6v94tGWOTMXCG8y0fAtsO01BVYOdgX5TA1wzJHJ13rXrs9g-wTneY0OOX5Bbw8LnZs5svxZD0EdlLKlQw-zHBpYPrkD6czAF355wdeGt2PGKD7SsvqbWDO36zVlKj5vLySP9cyl5pfxhR5W-zOfrsuFt9vQRvA4i76BVdoFV=w640-h360" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Karl Edward Wagner con la moglie, Barbara Ruth Mott (1970)</td></tr></tbody></table><br /><span style="font-size: medium;">La seconda causa è maggiormente interessante; e trova origine nel rapporto <b>con la moglie Barbara Ruth Mott</b>. Tanto Wagner quanto Barbara erano un prodotto della controcultura degli anni Sessanta; e come la stessa Barbara confessa, quand'era adolescente, era la classica figlia dei fiori. Il rapporto con Wagner si sviluppò molto presto, quando aveva appena diciassette anni; ma appare evidente come Wagner non seppe accettare, nel corso degli anni, che la propria Barbara fosse una persona diversa dall'adolescente che aveva conosciuto. Questa dissonanza tra la ragazza che desiderava e la donna che aveva sposato presto s'intrecciò coi problemi di budget e col proprio blocco dello scrittore; al punto che verso il 1985 la moglie aveva l'impressione che la volesse “bere fuori dalla mia vita” (<i>he was drinking out of my life</i>). La vicenda segue poi tutte le classiche tappe dell'alcolista cronico, con le bottiglie disseminate per la casa, i cartoni interi di alcool nel bagagliaio dell'auto e così via... È la crescita di due persone che si scoprono reciprocamente estranee e incompatibili; ma il cui amore, per quanto concerne Wagner, non cessa mai di battere. La tragedia della separazione sigla così per Wagner la scelta di <b>un suicidio alcolico</b>: le ultime testimonianze degli amici alle <i>convention</i> di fantasy e fantascienza lo descrivono come “una ferita che cammina” (<i>a walking wound</i>). Il passaggio dove il suo migliore amico David Drake lo trova morto con la testa spaccata nella vasca da bagno è straziante. <br /><br /><b>Perchè Conan e la strada dei re merita di essere letto?</b><br />In primis Wagner imbastisce un <i>pastiche</i> denso e complesso, rinchiudendo l'indomabile gusto per l'avventura di Howard nel recinto di un luogo ben preciso, ovvero la città di Kordova. Il worldbulding pertanto rimane circoscritto, per i primi due terzi del romanzo, alle vie e ai quartieri della città, garantendo un livello di realismo notevole. </span><div><span style="font-size: medium;">La composizione sociale, le leggi, le superstizioni affiorano dalle pagine del romanzo, conferendo credibilità all'azione.<br /><br /><blockquote>«Seme di morto!» berciò un altro, esibendo una piccola fiala. «L’estremo frutto di Vulosis, il celebre assassino-stupratore! Uomini, la vitalità di uno stallone è vostra! Donne, donate al vostro uomo l’ardore di un torello! Seme d’impiccato! Chi lo compra?»</blockquote><br />L'attenzione all'elemento sociale si riflette anche nella trama: Conan si ritrova infatti coinvolto suo malgrado nelle trame di <b>una rivoluzione</b> volta a rovesciare il re. È un romanzo involontariamente<b> sessantottino</b>, perchè i rivoluzionari sono tali e quali i giovani contestatori di quegli anni: idealisti, ma vanesi; ansiosi di rovesciare il potere, ma sconnessi dal popolo.<br /><br /><blockquote>«Repubblica?» Il cimmero cercò di afferrare l’ostica parola zingarana. «Che significa?»</blockquote><div><span style="font-size: medium;"><br /></span></div>L'eredità howardiana traspare invece con forza dalle <b>scene d'azione</b>: Wagner non ha paura di mostrare Conan, né soprattutto d'indietreggiare dalle carneficine più efferate. Compresse nelle smilze 150 pagine del romanzo ritroviamo salvataggi dal patibolo, lotte nei cunicoli, battaglie campali, assedi, disastrose ritirate, massacri di civili, massacri di militari, massacri di criminali... In effetti più che di azione si dovrebbe scrivere di mattatoio, perchè il sangue rompe ogni diga morale, inondando le pagine.</span></div><div><span style="font-size: medium;"><br /></span></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEj_rllHv2pqGtpaX-62XU29PG6qO8JDDVF-gI8yiwCKrrsdV5glD5eJ2WV0X7VFn9nejpFcRiqzudkc3hXEF9rV5bRVwtIcTEzCLzd7SF34CuSAbZByiFjIBuwUVyReEYITxeILfaEdXS3ct8BdF8CnB6zEqcfw-aB86CVKdLqNnCPxLXKmTLAgn2YN=s1024" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="576" data-original-width="1024" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEj_rllHv2pqGtpaX-62XU29PG6qO8JDDVF-gI8yiwCKrrsdV5glD5eJ2WV0X7VFn9nejpFcRiqzudkc3hXEF9rV5bRVwtIcTEzCLzd7SF34CuSAbZByiFjIBuwUVyReEYITxeILfaEdXS3ct8BdF8CnB6zEqcfw-aB86CVKdLqNnCPxLXKmTLAgn2YN=w640-h360" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Una delle vecchie illustrazioni di Kane</td></tr></tbody></table><br /><span style="font-size: medium;">C'è una critica, al Conan wagneriano, e nella quale mi ritrovo concorde con l'unica recensione che ho trovato, <a href="https://ilrifugiodilongjohnsilver.blogspot.com/2016/04/conan-e-la-strada-dei-re.html">ovvero quella di John Long Silver</a>: il barbaro howardiano possiede un'<b>eloquenza eccessiva</b>, quasi pronunciasse un discorso retorico. Wagner non sembra capace di trasmettere quella concretezza che era invece presente in Howard. In altre occasioni il comportamento del barbaro è eccessivamente nobile: il rifiuto ad esempio di fare sesso con la giovane <i>femme fatale </i>Sandokazi “perchè è la ragazza del mio amico” non suona molto credibile.<br /><br />Però Wagner rimane un autore di Dark Fantasy – definizione che preferiva allo Sword & Sorcery – e il romanzo infatti eccelle nelle descrizioni, capaci di trasfondere quel senso di <b>sublime lovecraftiano</b>, d'<b>immane gigantismo</b> che caratterizza anche le stesse avventure di Howard.<br />Non a caso è lo stygiano Callidios a fornire uno dei migliori passaggi del romanzo, dove il senso di vertigine deriva dal senso del tempo e della scala inumana:<br /><br /><blockquote>«Il mausoleo dalle mille colonne e il soffitto di lapislazzuli, in cui un sole d’oro correva di giorno e una luna di platino la notte... il mausoleo nelle cui piastrelle trasparenti scorreva il mercurio, non fu eretto che per la gioia e la rimembranza dei sudditi futuri, ma le spoglie di Kalenius, magicamente preservate grazie alle sue arti arcane, vennero nascoste nel sottosuolo. Si tratta di una tomba segreta le cui meraviglie sorpassano quelle del mausoleo quanto queste offuscano la tomba di un poveraccio. Kalenius comandò che sulla pianura venisse edificata una montagna, e duecentomila schiavi lavorarono per trent’anni a trasportare terra nel punto prescelto, in modo che una montagna sorgesse dove non ce n’erano mai state. <br /><br />Era un tumulo degno di ospitare un dio. Si ergeva sulla pianura per seicento metri, e aveva un diametro di tre chilometri. Sulla sommità vennero innalzati tempietti e monumenti funerari per accendere l’immaginazione dei sudditi, ma nelle profondità della montagna venne sepolto un palazzo più stupendo di quello dal quale Kalenius aveva governato un continente. Là, i resti mortali del re vennero posti su un trono d’oro perché regnasse in eterno...»</blockquote><br />A scanso di equivoci “Conan e la strada dei re” non è né un capolavoro, né un libro da ristampare (anche se...). Eppure sono rimasto sorpreso di <b>come l'eredità di Karl Edward Wagner sia scomparsa dalla memoria collettiva</b>: tra i tanti autori grimdark che si propone ogni tot di portare in Italia Wagner sarebbe un classico molto più degno dello tsunami di merda Young Adult che inzacchera le librerie. Eppure questo è il destino solitario dello scrittore pulp: come osservava Peter Straub “non puoi farti un nome come scrittore con solo la Sword&Sorcery”.<br /><br />Fonti: <b>Hyperborea</b> aveva, a suo tempo, <a href="https://hyperborea.live/2017/11/24/kane-di-karl-edward-wagner/">recensito gran parte dei romanzi della saga di Kane</a>; <b>Heroic Fantasy Italia</b> aveva invece recensito <a href="http://heroicfantasyitalia.altervista.org/recensione-the-book-of-kane-1985-di-karl-edward-wagner-inedita-in-italia/"><i>The Book of Kane</i>, rimasto inedito</a>. <br />Pat Antonini ha dedicato proprio lo scorso autunno <a href="https://hyperborea.live/2021/10/18/karl-e-wagner-la-saga-di-kane-e-la-fantasy-moderna/">una lunga disamina sulla figura di Kane</a>. <br /></span><div><span style="font-size: medium;"><br /></span></div><div><span style="font-size: medium;"><div>Karl Edward Wagner,<b> <i><a href="https://www.fantascienza.com/catalogo/volumi/NILF103642/conan-e-la-strada-dei-re/">Conan e la strada dei re</a></i></b>, Mondadori, 1983</div><div>Il libro è da tempo fuori ristampa e, se lo trovate, ha un'orrida copertina tratta dal film di Milius. Ma lo rinvenite facilmente online, scansionato in pdf a inizi duemila. </div><br /><b><a href="https://vimeo.com/ondemand/296318"><i>The Last Wolf: Karl Edward Wagner</i></a></b> (<b>2020</b>). Il documentario è disponibile su una manciata di piattaforme; come avvenuto in altre occasioni ho scelto di acquistarlo su <i>Vimeo</i> dove non ho avuto problemi. Non è mai stato piratato, ma quattro euro di spesa li vale tutti. <br />Unico fastidio: l'assenza dei sottotitoli, nemmeno in inglese. <br /><br />[z.s.]</span><br /></div></div></div></div>Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-19379352342084934422020-05-15T07:30:00.001+02:002022-01-05T20:36:31.554+01:00"Impesto anco te!" Pandemonium. Un Neo-Decameron rivisitato per il 21° secolo<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiRVidD00nT15042KB1xycWKGnrc373FL0DxJ0myxdHNH-KTXbHYLog4TPeYanlAuqWrLm6bQDIINwGM6BbF9D_hCZK4l4wcyH0safBFXN787vc7ku4hEAkFSsNIFg3GJ6apWEm3D07ITY/s1600/pandemonium+neo+decameron+recensione.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1079" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiRVidD00nT15042KB1xycWKGnrc373FL0DxJ0myxdHNH-KTXbHYLog4TPeYanlAuqWrLm6bQDIINwGM6BbF9D_hCZK4l4wcyH0safBFXN787vc7ku4hEAkFSsNIFg3GJ6apWEm3D07ITY/s400/pandemonium+neo+decameron+recensione.jpg" width="268" /></a></div>
Come in alto, così in basso. <br />
Se il Pantheon è la casa di tutti gli dei, il <b>Pandemonium</b> è quella di tutti demoni dell'inferno; e in questi mesi di quarantena c'è chi ha vissuto la propria abitazione come un Olimpo e chi come un Pandemonio. <br />
Il termine, coniato da Milton per il “Paradiso Perduto”, andava a designare l'<i>high palace</i> di Satana e nello specifico la Camera del Consiglio dei satanassi. <br />
Ma il Pandemonium non è obbligatoriamente un termine negativo: dopotutto lo stesso Milton descrive con simpatia lo spirito di ribellione dell'angelo caduto; e col tempo il pandemonio è divenuto un raggruppamento di persone rumoroso e incontrollabile.<br />
Un <b>assembramento</b>? <b>Pandemia o Pandemonium</b>? <br />
Di questi tempi, considerando l'oscillare dei giornali dal definire i cittadini “angioletti” a marchiarli come “diavoli” che fanno “confusione” e “assembramenti” il termine Pandemonium è singolarmente utile.<br />
Ma dopotutto, passando alla prospettiva di un italiano, posto a fronte delle linee <i>Inail</i> e dell'ennesimo decreto, sembra che il Pandemonio risieda laggiù in alto, tra le trovate infernali della burocrazia romana.<br />
Questa mescolanza tra fantasia e realtà, tra satira e mondo reale pervade l'antologia Pandemonium. Neo Decameron: e diventa impossibile, durante la lettura, evitare il confronto con le proprie esperienze.<br />
Una recensione a freddo richiederebbe che un'antologia quale Pandemonium sia recensita tra mesi se non anni; ma la sua natura eccezionale risiede proprio nell'essere <b>uno <i>spin off</i> della realtà</b>, una fuoriuscita narrativa prodotta dai mesi di isolamento.<div><br /></div><span><a name='more'></a></span><div><br />
“<b>Pandemonium. Neo-Decameron</b>” è un'antologia “pandemica” prodotta dalla <b>Lethal Books</b> dei testosteronici <b>Luca Mazza</b> e <b>Jack Sensolini</b> famosi per aver creato il movimento, poi degenerato in marchio editoriale, di “<b>Ignoranza Eroica</b>”. L'orchestra dei racconti, così come la prefazione e la cornice peculiare spettano invece al <i>bookblogger</i> <b>Cristiano Saccoccia</b>.<br />
Come i giovani del Decameron si raccontavano vicendevolmente reciproche storie per passare il tempo nella campagna lontani dalla falce della peste, così i dieci scrittori dell'antologia si sono ritrovati nella campagna digitale di <i>Zoom</i> per raccontare ciascuno la sua storia. Se la pestilenza era ormai accettata all'epoca di Boccaccio, oggigiorno è un evento apocalittico; e tra le sirene delle ambulanze e i fucili puntati dei militari i racconti stessi si configurano come storie inquietanti: weird, horrorifiche, fantastico-scientifiche.<br />
Ogni singolo racconto corrisponde infatti a<b> un diverso comandamento</b>; e ogni scrittore incentra su quest'ultimo la sua storia; che sia prendendolo sul serio, che sia in maniera umoristica, che sia sfruttandolo per una riflessione sui tempi odierni.<br />
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Un evento drammatico quale il Coronavirus offre facili appigli per una narrativa di effetto, volta a vendere; eppure il disinvolto utilizzo di una malattia causa di migliaia di morti per vendere un libro può generare una reazione eguale e contraria: disgusto, riprovazione, boicottaggio.<br />
Ritengo che si possa scrivere su qualsiasi argomento con qualsiasi stile; purché la qualità sia alta e l'argomento non venga affrontato in maniera<i> naif </i>o come una facile <i>cash-grab</i>.<br />
<b>L'antologia Pandemonium supera questa prova</b>: i racconti sono tutti ambientati, con qualità altalenante beninteso, in un'Italia medioevale e/o fantasy; con l'unica eccezione di un racconto postapocalittico. Solitamente le antologie italiane, specie autoprodotte, contengono sempre un ospite illustre; il quale inevitabilmente scrive un racconto mediocre, “tanto per”. Mentre non mancano mai storie satiriche dove i fatti di cronaca vengono re-interpretati per un banale racconto “sociale”. Pandemonium è una fortunata eccezione: <b>tutti i racconti propongono storie con un inizio, uno svolgimento e un finale; e tutte a loro modo originali</b>. <i>Lethal Books</i> ha epurato con un lanciafiamme ogni scribacchino con ambizioni politiche: niente frasi moralistiche, niente discorsi da comizio, niente riferimenti a uomini felpati e grilli mutanti.<br />
<br />
L'antologia è innervata di un <b>humor nero</b> che pervade la maggior parte dei racconti: alcune volte si sviluppa a partire dal comandamento scelto, altre volte ancora è connaturato ai dialoghi e/o all'ambientazione. L'Italia medievale qui raffigurata ricorda un'<b>avventura picaresca</b>: spericolata, scollacciata, surreale.<br />
Lo<b> stile di scrittura</b> è troppo diverso a seconda dell'autore per poterne dare un giudizio complessivo; in linea di massima si poteva lavorare maggiormente di lima, “asciugare” le frasi di qualche verbo e aggettivo di troppo. Di tanto in tanto si avverte come i racconti in questione andavano affilati un'ultima volta, prima di gettarli nell'arena dei lettori italiani.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCHOvCUvSFSgsJnU1NAr1LFJpLKI3fIQRzP3AD_fgYxQKglA0Ycaeuwqlil0-kD3Rs_3FZmJTplzlkcc5RQ-OZ2pQ8cwotf8NrA2oRVpjsHpCMCNe9pJwCTf3DJBd7zmyzZ3kbEfxGdjY/s1600/Mordheim+art+pandemonium.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="525" data-original-width="1024" height="328" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCHOvCUvSFSgsJnU1NAr1LFJpLKI3fIQRzP3AD_fgYxQKglA0Ycaeuwqlil0-kD3Rs_3FZmJTplzlkcc5RQ-OZ2pQ8cwotf8NrA2oRVpjsHpCMCNe9pJwCTf3DJBd7zmyzZ3kbEfxGdjY/s640/Mordheim+art+pandemonium.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Per chi bazzica gli ambienti di Warhammer Fantasy Santa Canopia ricorderà Mordheim</td></tr>
</tbody></table>
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<i>The city on the hill</i>. La città sulla collina. O forse <i>De Civitate Dei</i>. La città di Dio.<br />
L'ecosistema urbano si è sempre connotato nei secoli per la sua eccezionalità: una creazione dell'uomo, del quale è assoluto responsabile. La cattedrale quale presenza di dio disceso sulla terra sarebbe concepibile solo in una città; eppure basta inciampare in un androne o imboccare una stretta viuzza per scoprire bordelli e case d'azzardo, caffetterie e drogherie. La città dello spirito non è slegata da quella della carne, ma sono entrambe componenti bipolari di una creazione umana. Un animo eretico osserverebbe come senza la caffetteria il sacerdote non svolgerebbe con altrettanta energia il suo lavoro nella cattedrale, così come senza il confessionale di quest'ultimo la prostituta non lavorerebbe con la necessaria tranquillità. <br />
Quest'interconnessione si estende alle epidemie, perché <b>non esiste luogo più colpito, più maledetto delle città</b>. La gente le abbandona quando giungono le prime avvisaglie della peste, vi si ritrova intrappolato quando la malattia ormai imperversa: l'intero abitato diventa allora un gigantesco, sofferente, lazzaretto. Eppure la città offre, con i suoi ospedali, con le sue strutture di ricerca, con i suoi magazzini e provvigioni, migliori possibilità di sopravvivere a confronto con un villaggio di montagna o un paesino di provincia.<br />
Non l'ha forse dimostrato <b>Wuhan</b>? La città sembrava l'epicentro di un male invincibile; eppure oggigiorno un wuhan(ese) ha maggiori possibilità di proseguire una vita normale che in Italia.<br />
Il racconto di <b>Francesco Corigliano</b> concretizza quest'assunto trasformandolo dalla teoria alla pratica: per l'autore l'<b>epidemia è la città, il morbo sono gli edifici, la malattia non s'incarna nei corpi, ma nella pietra, nei mattoni, nella calce</b>. I gargoyle di una cattedrale non sono qui sculture prodotto dello scultore, ma uomini essi stessi, pietrificati da un male invincibile.<br />
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Il racconto segue le peripezie di un medico della peste che si avventura nell'ormai decrepita città di <b>Santa Canopia</b>, nello stato della Chiesa, primo focolaio di una pestilenza che ormai minaccia tutta l'Italia. La storia procede per gradi: dapprima l'incontro con le guardie che vigilano il perimetro della città, poi la graduale scoperta del morbo, di orrore in orrore.<br />
La malattia in questione <b>corrompe l'architettura, permette una blasfema fusione tra corpo e pietra, tra edificio e uomo</b>: i pinnacoli delle guglie, i tetti spioventi, gli archi a sesto acuto prendono vita, diventano entità a sé. La città quale organismo vivo non è qui più una metafora sociologica, ma agghiacciante realtà.<br />
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Lo stile di scrittura di Corigliano ricalca i pensieri di un medico cinquecentesco: mescola neoplatonismo, Gallenio, elucubrazioni a metà tra teologia e scienza.<br />
Quando Corigliano descrive lo stato d'animo del medico ciò <b>travalica nel lezioso</b>.<br />
È insopportabile dover leggere espressioni come “lo confesso con modestia”; altre volte ancora l'affastellarsi di aggettivi è noioso, confusionario, insopportabile (<i>do you see what I mean?</i>).<br />
La prospettiva invece muta quando Corigliano accenna a <b>flussi di coscienza</b>, addentrandosi nella penombra delle riflessioni del medico, affascinato malgrado tutto dal suo (pestilenziale) nemico.<br />
Il racconto per raggiungere un 10 pieno avrebbe dovuto essere asciugato maggiormente, limando verbosismi ed espressioni eccessive. Un rimaneggiamento tanto più necessario a fronte del mostruoso finale dove l'autore dispiega un vocabolario talmente denso e traboccante da rivaleggiare con i migliori deliri febbrili di HP Lovecraft e Clark Ashton Smith. <b>Corigliano trasmette una sensazione di delirio weird attraverso il puro accumulo delle parole.</b> Travolti da uno tsunami di aggettivi e verbi non si può che restare attoniti, distrutti da un niagara lessicale tale da rivaleggiare con Le Montagne della Follia di HP Lovecraft.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiS_o3ghw-gN8_V3CZ99I0PLOy4Z4S-kR2P2Fh58gwvrUJNzITgwHm6bqRYCJeNu4nT75HpY8Mgzeke6n8YJjEVG_l5cSOHAnm3OkCIx0Zkg70X1a5i_iIWiEqSR04bv3cxZJA8QrRozvE/s1600/pandemonium+neo+decameron+fantasy.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="427" data-original-width="1024" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiS_o3ghw-gN8_V3CZ99I0PLOy4Z4S-kR2P2Fh58gwvrUJNzITgwHm6bqRYCJeNu4nT75HpY8Mgzeke6n8YJjEVG_l5cSOHAnm3OkCIx0Zkg70X1a5i_iIWiEqSR04bv3cxZJA8QrRozvE/s640/pandemonium+neo+decameron+fantasy.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">No, non è Bassano del Grappa. Troppa allegria. </td></tr>
</tbody></table>
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Quando visitai un mio caro amico<a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2016/01/lorrore-claustrofobico-di-gou-tanabe-il.html"> a Bassano del Grappa</a> rimasi sorpreso dalla quantità di Madonne e santi che piovevano a ogni angolo di bar. Il Friuli Venezia Giulia e Trieste non fanno eccezione; eppure il Veneto raggiunge livelli decisamente alti(cci). Una tale liberalità nell'insulto divino lascerebbe pensare a una civiltà laica; eppure qui nel Nord est non mancano le reazioni esatte e contrarie. La liberale Trieste si era spaventata, solo qualche mese fa, per una casuale bestemmia durante la videoconferenza della Giunta; mentre non mancano grottesche proposte di utilizzare le telecamere per individuare (e multare) chi bestemmia in strada. Una proposta che se venisse realmente applicata trasformerebbe la tesoreria del Comune nelle miniere di re Mida. Questo per sottolineare come la <b>bestemmia</b> rimanga un noumeno irriconoscibile: c'è chi ne rivendica orgoglioso il diritto, ma non manca chi la vorrebbe vietare completamente.<br />
Questa (comica) ambiguità permea il racconto “<b>De Vulgari Eloquentia</b>” di <b>Riccardo Mardegan</b>.<br />
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Il paese di Camponogara, in provincia di Padova, è tanto devoto al Doge di Venezia, quanto contemporaneamente incline alle più mirabili profanità: anche tra la plebe dell'Anno Domini 1520 gli abitanti sono conosciuti per la fantasia delle loro variopinte bestemmie.<br />
Il vescovo padovano Cornero, disperando di convertire i suoi fedeli, chiede a uno stregone di lanciare un incantesimo: la bocca dei cittadini di Camponogara non potrà mai bestemmiare, fino a quando la città non avrà abbandonato quest'iniquo peccato.<br />
Onde garantire che la gente non fugga per nominare altrove il nome di dio invano, l'esercito padovano cinge d'assedio la città e la costringe, armi alla mano, a una quarantena “religiosa”.<br />
Ma il capitano del Popolo Alvise Mustacchin si ribella a tanta <i>politically correctness</i>...<br />
<br />
<b>Mardegan imbastisce un racconto comico negli argomenti e nello stile, ma dalla ricostruzione storica ferrea</b>. L'utilizzo del linguaggio, dalla prospettiva di un io narrante cinquecentesco, replica in maniera efficace la parlata dell'epoca. Eppure non risulta mai pesante o incomprensibile; l'utilizzo di un lessico diverso non impedisce la sua comprensione. L'abilità stilistica cede volentieri il passo a quella argomentativa, perché la trama è solida: dopo una lettera iniziale, la prima scena svela i protagonisti e l'atmosfera di Camponogara; a cui seguirà lo svolgimento della rivolta.<br />
Sebbene l'incipit utilizzi l'espediente di una lettera, il racconto ha un taglio cinematografico, inframezzato da scenette comiche. Quanto ho trovato straniante è come Mardegan sia riuscito a <b>coniugare comicità e verosimiglianza storica</b>. Solitamente se un autore vuole scrivere un racconto umoristico, il realismo o la ricerca delle fonti sono il primo elemento che viene accantonato.<br />
<br />
La descrizione della vestizione di Mustacchin è innegabilmente burlona; eppure la terminologia di armi e armature rimane accurata.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Il fiero comandante poteva così vantare il seguente equipaggiamento: elmo a cervelliera, “gambeson” di lino con le proprie iniziali ricamate dalla precedente moglie, vessillo regalatogli dal Mocenigo in persona a mo’ di cintura, martelletto da falegname di cui parlai poc’anzi rubato dal campanile, orrende braghe color stagno di Anguillara e pantofole di paglia.</blockquote>
<br />
Una pestilenza dall'oriente inizia a serpeggiare in Italia, stringendo nelle sue spire città dopo città.<br />
Il vescovo decide allora di lanciare una <i>Via Crucis</i> come mai se ne sono viste: una rievocazione talmente realistica, talmente divina che l<b>'attore stesso verrà realmente crocifisso</b> e all'esatto momento colpito al costato dalla lancia di Longino. L'attore sarà in realtà un carcerato destinato al patibolo e così innalzato a un fine più grande e la mano che maneggerà il colpo sarà quella di <b>Frate Grato</b>, un domenicano dal passato soldatesco. Lo spettacolo vuole infatti corroborare la fede in crisi dei fedeli, posti di fronte alla minaccia del morbo.<br />
Dietro le quinte in realtà si agitano altri, luciferini, piani: <b>Jacopo Alighieri</b>, figlio del divino commediografo, vuole sfruttare questa Via crucis <b>per imprigionare sulla terra un demone dall'inferno</b>, con l'ausilio delle formule magiche di suo padre.<i> It's Hell on earth, literally</i>.<br />
<br />
Il racconto “<b>Fino all'ultimo Cristo appeso</b>” di <b>Maurizio Ferrero</b> è sanguinolento, confuso, sbracato, ultra splatter(oso). In altre parole, un capolavoro.<br />
Il racconto alterna due linee narrative: i flashback che raccontano come la <i>Via Crucis</i> sia stata concepita e come si sia giunti al paradosso di <b>un Gesù indemoniato</b>; e dall'altro la Via stessa, dominata da un Messia steroideo la cui forza demoniaca lo rende impervio a ogni stazione. Il racconto si carica di delirio a ogni pagina, giungendo a <b>un finale innegabilmente confuso, ma talmente apocalittico, talmente assurdo da restare impresso</b>.<br />
Il ruolo di Frate Grato – forse l'unica reale figura religiosa – è ben caratterizzato, così come i maneggi magici – in tempo per l'anniversario di Dante del 2021! – di Jacopo Alighieri.<br />
Ma senza dubbio quanto spicca è la figura di questo carcerato posseduto che ride di questo Calvario, con la C maiuscola, con una fisicità irresistibile.<br />
Mi ha ricordato l'esperimento altrettanto folle di <b>Grant Morrison</b>, <a href="https://www.youtube.com/watch?v=5otR4mQ-PzE"><i>Savage Sword of Jesus Christ</i></a>, dove la figura del Messia viene immaginata attraverso la re-interpretazione dei nazisti.<br />
Un cristo nordico, brutale e violento. Materiale da Ignoranza Eroica.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmrMsPkmLUPasn-cbuCEJbq5nbGsxHQyB9c8cOM27VtJ-aeC8oGC2pKKZZvzc2AIKe8fUBpNN8v82idLlJ1W_ZFl4wf4PVu7V_ws5jxkVqn7B_4_bbrMWWei56NKLIVYDjz9_KJy0jVTU/s1600/savage+sword+of+jesus+conan.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="541" data-original-width="866" height="399" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmrMsPkmLUPasn-cbuCEJbq5nbGsxHQyB9c8cOM27VtJ-aeC8oGC2pKKZZvzc2AIKe8fUBpNN8v82idLlJ1W_ZFl4wf4PVu7V_ws5jxkVqn7B_4_bbrMWWei56NKLIVYDjz9_KJy0jVTU/s640/savage+sword+of+jesus+conan.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><i>Savage Sword of Jesus Christ</i>: satira o coglionaggine? Il confine è sottile...</td></tr>
</tbody></table>
Una spada rugginosa, un ronzino decrepito e come se non bastasse i fantasmi di mamma e papà che commentano ogni tua azione. È dura la vita del giovane cavalier errante <b>Goffredo degli Spini</b>, i cui genitori morti di peste lo “ammorbano” con continue lamentele. Solo un'impresa valorosa potrà liberarli dalla maledizione della non-morte; ma Goffredo è tutto fuorché materiale da leggenda.<br />
È l'inizio di un'avventura farsesca, tra untori adoratori del diavolo, brutti contadini e puttane da postribolo.<br />
<br />
Sebbene non abbia mai letto alcun romanzo di <b>Mala Spina</b>, non è la prima volta che ne leggo i racconti, quale ospite di molteplici antologie. Le sue storie hanno sempre <b>una componente umoristica</b>,<b> temperata da un realismo sottotraccia</b>; il tutto coniugato a uno stile di scrittura leggero e colloquiale che privilegia frasi brevi e semplici.<br />
“Quasi Cavaliere” non fa eccezione: si tratta di un racconto umoristico che non eccede mai nello stile o negli argomenti, pur avendo qualche scena di violenza qui e lì. Tuttavia proprio i punti di forza del racconto costituiscono allo stesso tempo le sue maggiori debolezze: <b>non c'è reale carattere, né personalità nella storia</b>. Goffredo è un ragazzino che fa del suo meglio, le prostitute una molteplicità di sguardi ammiccanti e duro realismo e gli stessi nemici, gli “Untori”, cultisti da videogioco. <br />
Chi sono? Da dove vengono? Perché gli Untori vedono le anime degli appestati?<br />
L'intero racconto, alle sue ultime pagine, diventa confuso: se il rapporto con i genitori trova una prevedibile soluzione, il resto della (scollacciata) vicenda rimane appena abbozzato.<br />
<br />
<b>Una pandemia ha travolto il mondo civilizzato</b>: affligge gli occhi che si liquefano in una pozza rossa, aggredisce il corpo fino a ridurlo a una carcassa. Le autorità lentamente collassano, fino a quando emerge un mondo post apocalittico, dominato da città in rovina e il fumo acre degli inceneritori di cadaveri. Il ragazzo<b> Rico</b> e suo fratello minore<b> Tobia</b>, orfani dopo la morte della madre, <b>si aggirano in una Salerno spettrale</b>. L'ultima speranza è di salire per una nave alla volta della Sardegna, ultimo baluardo contro l'epidemia...<br />
<br />
“<b>Solo un silenzio di cenere</b>” spezza la catena di racconti fantastico-umoristici finora pervenuti, introducendo il consueto<b> scenario post apocalittico</b>. <br />
Un'Italia in rovina, la cui civiltà è stata erosa dall'avanzare della pandemia. <br />
<b>Antonio Lanzetta</b> delinea un mondo complesso dove non mancano le idee: dal morbo stesso, alla sopravvivenza di un apparato statale all'osso, alle figure dei predoni, alle Cose stesse (zombie?) naturali evoluzioni della malattia, nuovo step evolutivo dell'uomo.<br />
Senza trascurare il protagonista stesso, un ragazzino appena adolescente; e la <b>meta narrazione</b> di un'umanità che ha rifiutato i libri quale fonte del contagio ritenendo la lettura causa dell'infezione. <b>Tanta carne al fuoco, anche troppa; ma cucinata in maniera svogliata</b>. La quantità di tematiche infatti non trova in nessun caso un reale sviluppo: la Salerno in rovina non viene approfondita, le origini del morbo accennate, ma non risolte, la fuga verso la Sardegna solo abbozzata e la novità dei simil-zombie, le “Cose”, mai realmente spiegate. Solo il rapporto familiare tra Fabio e Tobia trova una sua risoluzione soddisfacente coerente con la crudeltà del racconto.<br />
Lo stile di scrittura accompagna, ma senza incidere troppo: abile nelle descrizioni, magistrale nelle prime pagine che delineano uno scenario d'incubo, incespica nei dialoghi un po' <i>naif</i>. <br />
Come nel caso di Mala Spina non vi è nulla di realmente criticabile nel racconto, ma neppure nulla da elogiare: si tratta di <b>una storia canonica</b>, le cui atmosfere saranno familiari a chi mastica letteratura (e videogame: in primis <i>Last of Us</i>) post apocalittica.<br />
<br />
“<a href="https://www.youtube.com/watch?v=LWuz3QTAKwE">Quando non ci sarà più posto all'inferno...</a>” Si creeranno delle lunghissime code, laggiù nei gironi; e ci sarà un grande affollamento e i diavoli avranno il loro bel da fare per gestire tutte quelle anime in attesa della pena decisa dal buon dio.<br />
<b>Caleb Battiago</b> alias <b>Alessandro Manzetti</b> dipinge con toni a metà tra la satira e l'invenzione weird un inferno affollato di anime defunte per il Coronavirus che si affollano impazienti di venire processate. Come alle poste o ai supermercati, le anime sono condannate a un'eterna attesa, mentre una <b>burocrazia infernale</b> le processa, una ad una, destinandole alla rispettiva destinazione. Due diavoli “di terza categoria”, <b>Pandemonio</b> e <b>Putiferio</b>, fronteggiano impotenti quest'improvviso afflusso di anime derelitte; tra cristiani a cui manca il numero per la fila e assembramenti non autorizzati. Tra queste anime, nel mezzo di pedofili e assassini, spicca la <i>silhouette</i> ignuda di una donna che nasconde un segreto infernale persino per quel luogo di pianti e stridore di denti...<br />
<br />
Manzetti è a suo agio con lo scenario demoniaco: “<b>Antinferno</b>” si muove con scioltezza tra citazioni e ammiccamenti, dipingendo un arazzo barocco e ricco di colore. C'è spazio per<b> una corporeità di sangue, merda e pianto</b> coerente con il dantesco ritratto dell'Ade; ma non mancano ovviamente le <b>volgarità e gli sprazzi comici</b>. Il paragone con la terra afflitta dal<i> lockdown</i> è palese: si ride, ma il latrato viene coperto dalla mascherina di protezione.<br />
Ho apprezzato in particolar modo i tocchi di classe disseminati qui e lì nel tessuto narrativo:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
«Chi altro la vuole assaggiare? Ordinati in fila, per numero!» ringhia Pandemonio, psicopompo col cappello egizio alla Aleister Crowley messo di traverso, panzone domatore di anime.<br />
Fuliggine, il fiume in mezzo, due file di gente trasparente sulle rive, la puzza di stoccafisso di anime marcite ancora vive, colla di pesce e sudore nero. Ma, più di tutto, fuliggine.</blockquote>
<br />
Lo stile ricco e potente diventa però confuso verso le ultime pagine; inoltre lo svolgimento mi è sembrato troppo affrettato; più che un racconto, <b>questo è uno schizzo, una bozza</b>.<br />
Divertente e “gustoso”; ma limitato nello svolgimento.<br />
<br />
Una terra aspra, partorita da una natura sadica: strangolata dal sole, affogata dalla pioggia. <br />
I suoi abitanti hanno sofferto la scimitarra del Sultano, la spada degli Asburgo: <i>different name, same shit</i>. <br />
Poi sono giunte le guerricciole interne, i conflitti campanilistici, i regolamenti di conti (o tra i Conti?). Massacri religiosi, massacri laici, massacri e basta. <br />
Quando infine è giunta la pestilenza le anime da mietere erano talmente poche che Madama Apocalisse si è un po' seccata.<br />
Questo è il <b>Friuli seicentesco</b> di<b> FT Hoffmann</b> alias <b>Fabio Tarussio</b>: una landa desolata scenario di uomini e demoni. Il Magistrato Alvise Sbrojavacca, <i>puppet</i> di forze oscure, spadroneggia le terre friulane con un manipolo di bravi. Le forze del <i>dimonio</i> agiscono attraverso stormi di corvi mangia uomini.<br />
Il monastero di San Spedito Martire resiste alla tempesta: un manipolo più di guerrieri che di monaci, comandati da padre Domenico. Ma all'orizzonte nebbioso e gracchiante, una figura ieratica può capovolgere le sorti del feudo:<b> un Benandante</b>.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqo26P0VQ_W1z1_asttM5LW6rC0ZFXT3f4_W3aHyV-KPWrEsTfGtaL8fdCsFKN1p2PErqD7xhtvTIWmCcbeZjq7dbbALSkUbXvrCQjWlwGZ9THNJRKa7mzzSjixnTOQK3uDmfJgZ8pvS4/s1600/cavaliere+templare+warhammer+fantasy.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="576" data-original-width="1024" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqo26P0VQ_W1z1_asttM5LW6rC0ZFXT3f4_W3aHyV-KPWrEsTfGtaL8fdCsFKN1p2PErqD7xhtvTIWmCcbeZjq7dbbALSkUbXvrCQjWlwGZ9THNJRKa7mzzSjixnTOQK3uDmfJgZ8pvS4/s640/cavaliere+templare+warhammer+fantasy.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Un cavaliere con armature a piastre. No, non ha nulla che fare col racconto di Tarussio. Ma lo trovavo figo.</td></tr>
</tbody></table>
JRR Tolkien desiderava fornire una mitologia a una nazione, quale l'Inghilterra, che avvertiva povera di fantasia: donare un'opera fondante che fosse fantastica, ma intessuta delle leggende, del <i>modus vivendi</i>, della filosofia del piccolo popolo inglese. <b>Non esiste buon fantasy senza un aggancio al territorio, non esiste un'opera fantasy “solida” senza un lavoro sulla mitologia locale</b>.<br />
Fabio Tarussio recupera questa lezione classicheggiante sfruttando le leggende e la storia del dilaniato Friuli quale base per un racconto fantasy, ma storicamente fondato.<br />
Il Friuli di quel secolo era una terra che aveva sofferto l'indicibile; trasfigurata nella narrazione di Tarussio diventa una landa magica dove vengono trasposte in realtà quanto i friulani all'epoca credevano e predicavano. L'antropologia folkloristica giunge in aiuto conferendo una patina particolarissima propria di un'opera che attinge a campi finora inesplorati.<br />
Il racconto di Mala Spina potrebbe essere ambientato ovunque: in Italia, in Inghilterra, in Germania. Invece un racconto quale “Non andiamo a far altro se non a combatter” <b>non può che essere friulano</b>, non può che appartenere allo scenario di Udine e dintorni.<br />
<br />
Eppure i <b>Benandanti</b> non sono certo una novità nel campo della storia locale; né risultano nuovi i loro utilizzi a fini narrativi; anche se coerentemente con la considerazione verso il fantasy italiano, compaiono o fraintesi come “cattivi”, come in Luna Nera; o sfruttati per fumetti e storie per bambini, spesso approfittando dei finanziamenti regionali che non s'interessano di storie “adulte”.<br />
Fabio Tarussio restituisce invece ai Benandanti un'<b>oscura grandezza</b>, raffigurandoli come degli <i>witcher</i> a loro agio con feticci e polvere da sparo, magie e acciaio affilato.<br />
<br />
La seconda mutazione che permette ai Benandanti e al racconto “friulano” di uscire dal suo guscio “didattico”, proprio di una ricerca su Wikipedia&co, è lo<b> stile di scrittura</b>.<br />
<b>Tarussio recupera e omaggia Alan D. Altieri</b> a larghe mani: a tutti gli effetti l'intera storia può configurarsi come uno <i>spin off</i> della trilogia di Magdeburg ambientata nella guerra dei Trent'anni.<br />
Lo stile possiede tutte le “stigmate” care al Maestro: le <b>onomatopee viscerali</b> (<i>Crack!</i>); l'utilizzo di un <b>lessico anatomico</b> (zona mastoidea); l'occasionale <b>tecnicismo della scherma</b> (sgualembro sinistro). Come le note di un brano, alcune parole, alcune espressioni ricorrono nel brano.<br />
E ovviamente il lessico si compone di frasi brevi e taglienti.<br />
<br />
L'incipit in tal senso è paradigmatico dell'approccio scelto:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Emerge dalla polvere.<br />
Presagio e malaugurio.<br />
Un mulo da soma color delle ossa attaccato a una treggia sbilenca tinta miseria. Sul pianale della slitta una figura supina. Fazzoletto a coprire il volto, cappellaccio a falde larghe calato sugli occhi, tabarro per sudario.<br />
Un viandante.<br />
Nient’altro che un viandante impolverato.</blockquote>
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Emerse dalle tenebre.<br />
Memento e incubo.<br />
Un uomo in un mantello colore delle ombre, su un cavallo da guerra colore dell'acciaio.<br />
Un viandante. Nient'altro che un viandante in nero.<br />
Avanzò lungo la strada flagellata dalla pioggia del Giorno dei Morti. Superò i relitti di case sventrate, invase da erbacce sibilanti nel vento. L'aria era opaca, miasmatica. Vapori lividi si levavano dal lastrico di pietre, disperdendosi contro nubi simili ad antracite liquefatta. Nessuna luce arrivava sulla terra. Forse la luce aveva semplicemente cessato di esistere. </blockquote>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9dNUPqmJTNgbRsxoUixDTYRU3HAdFjugYRMRz5GbvGyaS01fQDcXuLpahAILmMM-xAE-mF1x21GXPkwRSLefiMeS03WoWF3Sm_NCuazRZS9GcTQ3ubVxD59JOxH-BT1SK4qnzpiMaBaU/s1600/mordheim+illustrazione.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="177" data-original-width="284" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9dNUPqmJTNgbRsxoUixDTYRU3HAdFjugYRMRz5GbvGyaS01fQDcXuLpahAILmMM-xAE-mF1x21GXPkwRSLefiMeS03WoWF3Sm_NCuazRZS9GcTQ3ubVxD59JOxH-BT1SK4qnzpiMaBaU/s1600/mordheim+illustrazione.jpg" /></a></div>
Il racconto di<b> Domenico Mortellaro</b> segue le vicende di un uomo sopravvissuto alla peste dell'epoca moderna, la “<b>Nera</b>”. <br />
Si ritiene morto e chissà: forse lo è davvero. <br />
Suo malgrado però si ritrova invischiato in un complotto dei soldati e dei beccamorti che vogliono arraffare i tesori (alimentari) che si gustano le guardie e “il nipote del francese”. <br />
L'ambientazione è una Canosa imbruttita dalla pestilenza e abitata da un popolino superstizioso e pronto alla rivolta. E sarà proprio il nostro protagonista a incitarla infrangendo il comandamento del racconto: “<b>Non dire falsa testimonianza</b>”.<br />
<br />
“<b>I miracoli hanno strade curiose per pigliarti alle spalle</b>” <b>è il racconto stilisticamente più complesso dell'antologia</b>: il punto di vista è la prima persona allucinata del “miracolato” dalle peste.<br />
Ma lo svolgimento prevede anche salti temporali; e il tutto avviene da un punto di vista squinternato che alterna flussi di coscienza a dialoghi estremamente realistici. L'incipit rischia di essere incomprensibile e, lo confesso, ho dovuto rileggerlo più volte per comprendere bene cosa stesse succedendo. Più che addentro al protagonista, brancoliamo nel buio del suo cervello, rischiarati da occasionali sprazzi di chiarezza. Conseguentemente è <b>un racconto immersivo</b>, ma non piacerà a chi vuole avere un chiaro protagonista e un chiaro svolgimento dell'azione. <br />
Non è questo un racconto che si capisce, quanto che si vive, si esperimenta, si ride e rabbrividisce.<br />
<br />
Le vicende che oscillano tra il lazzaretto e la città non mancano di un umorismo farsesco tanto violento quanto divertente. Basti citare uno dei (rari) momenti di chiarezza, ovvero il ricordo di come il protagonista abbia preso la “Nera”:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Delle femmine della città, a me, nessuno aveva detto niente. Nemmeno, come seppi dalla zingarella, del tracannare decotti di fosso. O delle abluzioni dell’intimo con la campanulella. La dedizione con cui mi ripagò il disturbo del passaggio, tra le sue labbra, parve cortesia da non lasciarsi sfuggire. «Bella mia, ma con te stiamo sicuri?»<br />
«Gesummaria bellumì, e di che tieni paura? So’ pulita! Con tutto quello che saccio…»</blockquote>
<br />
<b>Laura Silvestri</b> per il penultimo racconto dell'antologia ricama una storia di streghe e famigli, di zombie e fantasmi, di appestati e infoiati. <b>Una storia boccacesca miscelata però con un fantasy riconoscibilmente “toscano”</b>. È anche l'unico racconto di una scrittrice con l'unica protagonista femminile; un dato che interessa poco a chi, come il sottoscritto, preferisce valutare solo la qualità della scrittura, ma lo annoveriamo comunque.<br />
<br />
In un medioevo fiabesco, ambientato nella città di Prato, ma dove si cita anche la signoria di “Fiorenzia”, un'anziana strega, <b>Fantàsima</b>, resuscita un appestato dal camposanto per usarlo come schiavo; tuttavia l'uomo rivela una storia di tradimenti e vendetta che presto porterà a uno spettacolare processo in centro città.<br />
<br />
L'elemento più riconoscibile della storia è lo stile “rustico” che <b>mescola dialoghi dialettali con una narrazione antiquata</b>; ma è quel genere di “antiquo” volutamente farsesco dietro il quale s'intravede l'occhiolino dell'autrice. Lo stile mima le novelle medievali, sebbene di tanto in tanto vi inserisca elementi di modernità, specie nello svolgimento finale. Se si può soprassedere sull'idea di un medioevo dove la magia viene ritenuta normale - la strega cammina tra la gente come se nulla fosse! - ho trovato invece auto contraddittorio lo svolgimento del processo.<br />
<b>Se la città è stata colpita dalla peste</b> – siamo nel 1348! - <b>com'è possibile che la vita si svolga normalmente e che il popolino si accalchi a seguire un processo pubblico?</b> La pestilenza viene menzionata, ma è come se non avesse realmente colpito i cittadini. E dentro un'antologia chiamata “Pandemonium” e basata proprio sulla peste questo è un problema non da poco.<br />
Secondariamente lo stesso processo, dove la strega dice quel che vuole e il podestà rimane a guardare,<b> appare improbabile</b>; ma è anche vero che la novella è comica e il Medioevo raffigurato da Silvestri non è quello reale.<br />
<br />
Potremmo paragonare Pandemonium agli stadi progressivi di una malattia: s'inizia inquieti, si procede continuando tra starnuti e colpi di tosse, si avvertono le prime linee di febbre e si continua fino a giungere all'allucinazione, quando la mente cede.<br />
E in tal senso l'ultimo racconto della vecchia gloria degli <i>eighties</i> <b>Paolo di Orazio</b> è la corretta conclusione: <b>una storia allucinata che trasmette un'esaltazione febbrile, fino a lasciare il lettore coi sudori freddi</b>.<br />
<br />
La città eterna per eccellenza, Roma, trema sotto i colpi di una delle tante pestilenze del passato. Mentre dottori dal becco adunco visitano i malati e lentamente lazzaretti (e fosse comuni) si riempiono, le <b>divisioni religiose si acuiscono</b> e le <b>minoranze tremano per un minacciato pogrom</b>.<br />
Il protagonista è uno di questi: un ebreo benestante,<b> Fausto Bergmann</b>, che ha accumulato ingenti ricchezze nel ghetto romano. Uomo conturbato,<b> dalle irrisolte pulsioni sessuali verso la madre</b>, Bergmann è tra i pochi ebrei autorizzati a smaltire i cadaveri della propria gente. Ma non è la religione a preoccuparlo, quanto la<b> difesa della</b> “<b>robba</b>”, ovvero delle ricchezze accumulate con la vita da conciatore. Paolo di Orazio costruisce un protagonista decisamente<b> verghiano</b>: al di là del rapporto morboso con la madre, Fausto è fissato con la “robba”, a tal punto che preferirebbe morire piuttosto che perderla.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Anche se lo stesso Negroni aveva concesso a Fausto un equipaggiamento da monatto affinché gestisse i cadaveri di appartenenza razziale, non era auspicabile il minimo passo falso. Se i cattolici davano regole, lui le avrebbe onorate. Non per vigliaccheria, ma per proteggere gli interessi di famiglia e soprattutto la sua roba. Sfruttare il padrone facendogli credere di esser tale pur di farlo disinteressare dalla roba. La roba di Fausto era la sua vita e la roba doveva stare al riparo dopo la sua morte. I suoi genitori se n’erano andati. Lui restò solo con la roba e l’avrebbe trattenuta a morsi. Piuttosto, si sarebbe impiccato dentro la bottega, per tenere lontani tutti quanti.<br />
Si diceva infatti che La Peste si fosse propagata nell’aria da un sospetto carico di merce nascosto da qualche parte presso il Tevere.<br />
Robbe che nessuno avrebbe mai toccato.</blockquote>
<br />
Il racconto alterna le<b> allucinazioni a sfondo psico-sessuale</b> di Fausto alle vicende a Roma; lo svolgimento è rapido, forse un po', confuso, ma trova una soluzione finale soddisfacente, certo coerente con l'andamento onirico del racconto.<br />
Personalmente ho trovato dopo la seconda scena un po' noiosi i deliri sessuali, sebbene siano costruiti con un ragionato crescendo. Claustrofobica invece la passeggiata di Fausto in una Roma appestata e depressa, dalla prospettiva di un becco con oculari di un monatto.<br />
Sebbene la storia avrebbe giovato di uno svolgimento meno confuso – non è mai una buona cosa dover rileggere alcune pagine per comprendere il finale – rimane una degna conclusione.<br />
<br />
<b>Tenebrae Splendet in Luce </b><br />
Collegamento con Cristiano Saccoccia<br />
<br />
<b>De Civitate Dei </b><br />
Collegamento con Francesco Corigliano<br />
<b>De Vulgari Eloquentia </b><br />
Collegamento con Riccardo Mardegan<br />
<b>Fino All'Ultimo Cristo Appeso </b><br />
Collegamento con Maurizio Ferrero<br />
<b>Quasi Cavaliere</b><br />
Collegamento con Mala Spina<br />
<b>Solo Un Silenzio di Cenere</b><br />
Collegamento con Antonio Lanzetta<br />
<b>Antinferno </b><br />
Collegamento con Caleb Battiago<br />
<b>Non Andiamo a Far Altro Se Non a Combatter </b><br />
Collegamento con F. T. Hoffmann<br />
<b>I Miracoli Hanno Strade Curiose Per Pigliarti Alle Spalle </b><br />
Collegamento con Domenico Mortellaro<br />
<b>Di Corna e Altre Cause Perse </b><br />
Collegamento con Laura Silvestri<br />
<b>Nun Desiderare Le Robbe Della Napoletana. Sì, Proprio Lei, Quella Là</b><br />
Collegamento con Paolo Di Orazio<br />
<br />
<b>Epitaffio. Progetto ultimato. </b><br />
Collegamento simultaneo tra Luca Mazza e Jack Sensolini<br />
<br />
Bibliografia: PANDEMONIUM: Neo Decameron, Lethal Books, 25 aprile 2020 (<a href="https://www.amazon.it/PANDEMONIUM-Decameron-Italian-Ignoranza-Eroica-ebook/dp/B087PJ3ZQX">Amazon</a>)<br />
<br /></div>Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-6009317589103843782020-03-04T07:30:00.000+01:002020-05-14T20:45:18.193+02:00"Queho", l'uomo nero dell'Ovest. Christian Sartirana svela l'orrido volto del West<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNrhEQxEU-lGVnWSVkGSDL5PLY629Ik3WTHBAMWvPJ32OqiVriFoJVvN53As5Na3AnEr22QTOd_s1ZZN8EnUDCjkz5sXGez_ZVMHK6aa7AY9ocwU48HBvW_6iFAgFUWIkoWe5pmtlbzqA/s1600/queho+christian+sartirana+horror.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1031" data-original-width="809" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNrhEQxEU-lGVnWSVkGSDL5PLY629Ik3WTHBAMWvPJ32OqiVriFoJVvN53As5Na3AnEr22QTOd_s1ZZN8EnUDCjkz5sXGez_ZVMHK6aa7AY9ocwU48HBvW_6iFAgFUWIkoWe5pmtlbzqA/s320/queho+christian+sartirana+horror.jpg" width="251" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La pulp(osa) cover</td></tr>
</tbody></table>
I primi anni del Novecento segnano la fine dell'eterna frontiera del West, di quel mondo popolato di cowboy e ranch, sceriffi e <i>saloon</i>, pellerossa e giubbe blu. Quello spazio un tempo così gigantesco rimpicciolisce nei recinti di filo spinato dei mandriani, viene divorato dalle traversine dei treni, di un progresso urbano e tecnologico che non conosce sosta.<br />
Il sogno allora imputridisce, svela un orrido volto nascosto di violenze e massacri, truffe e sfruttamento. In questo mondo al calare della notte si svolge il romanzo breve di “<b>Queho</b>”, autoprodotto dallo scrittore <b>Christian Sartirana</b>, <a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2018/01/ipnagogica-di-christian-sartirana-tra.html">già recensito per quel gioiello horror di “Ipnagogica”</a>.<br />
<br />
La piccola cittadina di <b>White Crow</b>, sulle sponde del Colorado, è solo in apparenza tranquilla.<br />
In realtà, al di sotto di una patina di normalità, si agitano diverse minacce.<br />
<b>Un gigante indiano</b> - “Queho” - <b>terrorizza i vicini paesi</b> con uccisioni e violenze; secondo i racconti, è un gigante di due metri con una doppia fila di denti e una pellaccia inghiotti-piombo.<br />
Ma queste storie, raccontate dalla prosperosa proprietaria del saloon, <b>Janet Purcell</b>, interessano poco all'allevatore <b>Leonard Cunningham</b>. L'uomo infatti da tempo vede i propri amati cavalli morire uno dietro l'altro per <b>una misteriosa pestilenza</b>: una muffa verdastra che li corrode fino a lasciarne un cadavere putrescente. Una malattia che reputa inquietante, ma della quale non immagina le (fantascientifiche) conseguenze...<br />
<br />
<a name='more'></a><br />
Valerio Evangelisti è stato tra i primi a parlare della necessità di <b>rompere le barriere tra i generi</b>, a scrivere opere che fossero trasversali, che si ponessero volutamente all'intersezione tra più mondi, più stili, più categorie. Negli ultimi vent'anni quest'operazione di rottura del muro di scudi del genere “puro” <b>è diventata una routine</b>. Oggigiorno lo scrittore prepara una storia e la condisce con gli elementi che preferisce, colti dai diversi generi di riferimento, senza far attenzione che siano fantascienza o fantasy, videogioco o romanzo, fumetto o<i> cartoon</i>.<br />
<b>L'opera “pura” è oggigiorno la vera rarità</b>.<br />
Christian Sartirana raccoglie quest'eredità con un <i>pot-pourri</i> d'influenze, dichiarate senza pudore in chiusura all'opera: si va dal <b>western</b>, all'horror, allo <i>slasher</i> (passando al cinema), al <b>weird</b> (<b>terreno di caccia dell'autore</b>), alla fantascienza dark e gigeriana, alla mitologia indiana (passando all'antropologia), persino alla commedia.<br />
Questo miscuglio funziona nella misura in cui <b>non annoia mai il lettore</b>, tenendolo continuamente sulle corde; d'altro canto così tante spezie, così tanti generi amalgamati con tanta buona volontà, ma scarsa attenzione <b>sono indigeste</b>. E infatti ci si sente un po' bulimici, disorientati da quest'indigestione di stili e variazioni.<br />
Il romanzo avrebbe senza dubbio beneficiato di una maggiore coerenza; meno sapori forti, ma nella corretta quantità. Un problema che vedremo riversarsi anche nello stile di scrittura.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjr_6PADqDuAd8xM_BvoiXPWznFFqA1y8-0pbpF9njy_vyA-R1MemKW6OepBavIzijVDaeoz8blMXOMi2rZloYki8gunMH9CbZYRDeoHSu9O50nhELLotmuvcIoyHnoW_iveuIilVlNaLo/s1600/dedlands+weird+west.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="520" data-original-width="1176" height="282" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjr_6PADqDuAd8xM_BvoiXPWznFFqA1y8-0pbpF9njy_vyA-R1MemKW6OepBavIzijVDaeoz8blMXOMi2rZloYki8gunMH9CbZYRDeoHSu9O50nhELLotmuvcIoyHnoW_iveuIilVlNaLo/s640/dedlands+weird+west.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il Weird West: un postaccio</td></tr>
</tbody></table>
Come si suol dire, “Queho” (pronunciato “Cheio”),<b> è tratto da una storia vera</b>.<br />
Verso i primi anni del Novecento, quando la minaccia dei pellerossa era stata sterminata, ne sopravvivevano ancora i fantasmi: paure, superstizioni, leggende indiane.<br />
In questo contesto iniziò a diffondersi la leggenda di Queho, un serial killer indiano che uccideva e depredava gli uomini bianchi, seminando il terrore.<br />
Originario della tribù dei Cocopah, Queho era nato con una statura superiore alla media (gigantismo?), una forza erculea e un piede equino. Una combinazione che gli impediva di vivere la vita dei suoi compagni di tribù, condannandolo a lavori occasionali. Non a caso il nome tradotto significherebbe “Lamento”, dall'infelicità di questo personaggio, costretto suo malgrado al ruolo di mostro emarginato dalla società. Correttamente <b>Gian Mario Mollar</b>, nel saggio “Queho: un viaggio nel weird west tra serial killer, mummie e giganti”, lo paragona a <b>Frankenstein</b>.<br />
Quando Queho uccise per la prima volta, ci prese gusto e secondo i giornali di allora iniziò così una vita breve, ma brutale destinata a diventare leggenda.<br />
<br />
Il romanzo di Sartirana recupera questa figura, fornendo un background e una spiegazione (semi)razionale; sebbene la vicenda venga presentata dal punto di vista di più personaggi trapela, specie con il finale, una simpatia irresistibile nei confronti del nerboruto assassino.<br />
A Sartirana Queho sta simpatico; e come dargli torto?<br />
<br />
L'incipit parte col piede sull'acceleratore, senza pietà:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Il primo a contrarlo era stato un puledro. Uno sfogo di muffa verdastra gli era cresciuto su una guancia. La madre aveva continuato a leccarlo, finché non aveva cominciato a crescere anche a lei su lingua e labbra. Dopo quattro giorni la faccia dei due cavalli era irriconoscibile: due teschi di sangue e pus coagulati che emettevano versi agghiaccianti.</blockquote>
<br />
La descrizione colpisce a fondo, mescola abilmente una strisciante inquietudine dal “Colore dallo spazio” di lovecraftiana memoria a un'appropriata dose di disgusto.<br />
<br />
Eppure, dopo un'introduzione così forte, il romanzo si affloscia.<br />
Sartirana sceglie di sperimentare nei dialoghi <b>con una struttura simil teatrale</b>: dapprima <b>un elenco telefonico dei diversi personaggi</b>, accompagnati da brevi descrizioni cariche di aggettivi. Poi uno scambio altrettanto telefonico, senza descrizione del movimento dei personaggi o dell'espressioni facciali. <b>Un botta e risposta</b> che ogni tanto diverte, ma destinato ad annoiare sulla lunga durata.<br />
È letteralmente una <b>sceneggiatura condensata</b>: i personaggi parlano tra loro senza descrizione del contesto o dell'ambiente o dei sentimenti. E' una struttura agile, come possono esserlo delle teste parlanti che fluttuano nel vuoto.<br />
Una coraggiosa sperimentazione? Se siete un <i>bookblogger wannabe</i> che spamma su Facebook, liberi di scriverlo. Ma qualunque sceneggiatura presenta un'identica struttura; e certo non si spaccia per romanzo.<br />
<br />
Al di là della mancata contestualizzazione, questa scelta è altamente confusionaria. La maggior parte dei lettori fa fatica a ricordare i nomi; motivo per il quale lo scrittore è libero di ripeterli quante volte desidera. Solo uno scribacchino alle prime armi s'inventa mille pseudonimi per evitare le famigerate ripetizioni. Il lettore non ricorda il protagonista in virtù del nome, ma <b>per le sue azioni</b>, <b>le sue inflessioni nel parlare</b>,<b> i suoi sentimenti</b>. E tutto questo scompare nella scelta adottata da Sartirana, perché l'unico modo di riconoscere il personaggio diventa il suo modo di parlare, stereotipato a livelli assurdi. Non ha alcuna utilità scrivere che Tom è “volgare”: dimostramelo, descrivimelo mentre parla, fammelo ricordare con azioni concrete.<br />
Se ogni personaggio venisse presentato prima del dialogo con una breve descrizione, sarebbe una scelta già grave; ma come se non bastasse questa descrizione <b>scompare nei dialoghi successivi</b>. Pertanto sappiamo che Tom sta parlando, ma... Buona fortuna ricordare chi è. Dopo un po' di pagine ho smesso d'interessarmene e ho letto di personaggi che mi erano già stati introdotti in precedenza, ma dei quali non ricordavo nulla. Li ho confusi tra loro, li ho scambiati l'uno per l'altro, li ho distinti in base solo al sesso e alla quantità di parolacce.<br />
Uno dei primi dialoghi presenta ad esempio quest'elenco:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
PERSONAGGI:<br />
Leonard Cunningham: allevatore di cavalli, vedovo e schivo.<br />
Janet Purcell: attraente proprietaria del saloon.<br />
Nathan Butcher: vecchio ubriacone fanfarone e occasionale cacciatore di taglie.</blockquote>
<br />
Presentare Leonard mentre guarda con una lacrima il ritratto della moglie risulterebbe uno <i>show don't tell</i> forse eccessivo; ma scrivermi direttamente “vedovo” è come effettuare un'operazione di chirurgia con un coltello arrugginito. Sgradevole, <i>to say the least</i>.<br />
E nei dialoghi successivi non ricordo chi è Leonard: l'allevatore o il cacciatore?<br />
O qualcun altro ancora presentato in precedenza?<br />
<br />
I dialoghi sono frizzanti, briosi: ci si diverte. Ma la confusione travalica qualsiasi battuta – pure brillante, pure demenziale – che emerge di tanto in tanto.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Nat: Andatevene al diavolo tutti e due! Comunque lo chiamano Queho. È un fottuto Cocopah che sta massacrando la gente di mezzo stato. Dicono che sia un gigante e che abbia quattro file di denti.<br />
Jane: Quattro file di denti?<br />
Nat: E anche un piede da capra.<br />
Leo: E tu ci credi?<br />
Nat: È vero, Leo. Lo dicono tutti.<br />
Leo: Beh, non significa che sia così.<br />
Nat: Sì invece. È nato storto, tipo il vecchio Frank che si scopa sua madre. Se la ingroppa da quando Cold ha fatto impiccare il padre. Qualcuno deve pur badare alla famiglia, no?</blockquote>
<br />
Altri capitoli, altri passaggi presentano invece <b>uno stile di scrittura normale</b>: descrizioni calibrate ad hoc, la giusta dose di informazioni, un'azione chiara e comprensibile. Sartirana sa scrivere, l'ha dimostrato tante volte. Ma quest'<b>alternanza di stili</b>, come la <b>miscellanea di generi</b>, rischia di nascondere questa bravura. E' un po' troppo, in tutti i sensi.<br />
<br />
Se vogliamo invece essere pedanti, alcune volte la scrittura scivola nel vago:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Odore di tabacco misto a polvere e a qualcos’altro di stagnante che sale dalle assi del pavimento.</blockquote>
<br />
Perché non scrivere un odore di marcio? O di putredine? Qualcos'altro è troppo generico.<br />
<br />
Altre volte ancora la quantità di nomi e parole straniere condensate in un breve periodo lascia boccheggianti:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Sotto la tettoia piena di buchi, Jeremy è intento ad ascoltare suo nonno Nathan che gli sta spiegando come ripulire il suo fucile Winchester. Jeremy, i capelli biondi impastati di polvere […]</blockquote>
<br />
Jeremy, Nathan, Winchester... No, no, no!<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgEWMujS8BC4QfRsoYV7LnY3IQjj36H1Hl-B5tbQXDNhmUsbXvDRmCgUMPpP7ZcE3oDsF33iTljY9IPcTvck0s-dFfrjHNNHpeXoWVTxDwPqKCbwMECPfuQOL2tN0TgeFDciCG94_ZNcSI/s1600/deadlands+weird+western.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="791" height="364" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgEWMujS8BC4QfRsoYV7LnY3IQjj36H1Hl-B5tbQXDNhmUsbXvDRmCgUMPpP7ZcE3oDsF33iTljY9IPcTvck0s-dFfrjHNNHpeXoWVTxDwPqKCbwMECPfuQOL2tN0TgeFDciCG94_ZNcSI/s640/deadlands+weird+western.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Deadlands, pioniere del Weird West</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br />
La mescolanza dei generi tuttavia funziona meglio di quella stilistica: il passaggio dalla narrazione western a quella horror, giungendo infine alla fantascienza convince. La testa ondeggia per la quantità di cambiamenti, ma è quell'identica, piacevole vertigine che si avverte dopo un buon gin.<br />
<br />
Piccole note a margine: <b>il romanzo è autoprodotto, ma la qualità è buona</b>.<br />
L'impaginazione appare professionale, la quantità di errori inesistente, la stessa copertina attira l'attenzione, convince. Se fosse cartaceo, lo comprerei volentieri.<br />
<br />
Il romanzo, lo sottolineo nuovamente, <b>è divertente</b>: ce lo si gusta a ogni passaggio come un buon <i>b-movie</i>. Sgangherato, da una VHS col nastro rovinato, ma divertente.<br />
<br />
Il saggio in chiusura al romanzo è scritto con attenzione e abbondanti riferimenti accademici: l'autore conosce il suo mestiere e lo dimostra. Va da sé che lo si sorseggia come un vino annacquato: troppo stiracchiati i riferimenti, dall'uomo nero, a Frankenstein, alle digressioni sulla razza dei “giganti”.<br />
Cito il seguente passaggio, a mio giudizio fecondo di spunti narrativi:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
La storia del vecchio West è costellata di macabri cadaveri che vengono esposti al pubblico come attrazioni: basti pensare al fuorilegge Elmer McCurdy, che, morto in uno scontro a fuoco con la legge nel 1911, venne mummificato con l’arsenico e trasformato in attrazione da luna park, viaggiando per gli Stati fino agli anni ’70 del 1900, o alla Mummia Sylvester, ancora oggi esposta in un negozio di Seattle, oppure ancora al bandito Big Nose George, dal quale un governatore eccentrico ricavò un paio di scarpe.</blockquote>
<br />
I saggi in chiusura alle antologie o ai romanzi di genere vengono spesso saltati a piè pari e io, in qualità di autore degli stessi, ne soffro; per cui tanto di cappello a Gian Mario Mollar, <i>good work</i>!<br />
<br />
Se è la prima volta che leggete Sartirana, sconsiglio vivamente “Queho”. Meglio iniziare da Ipnagogica <a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2018/01/ipnagogica-di-christian-sartirana-tra.html">che avevo recensito nel 2018</a>. Se siete in vena di qualcosa di diverso dal solito e avete la pazienza necessaria per superare alcune scelte infelici, Queho rimane una lettura valida.<br />
<br />
Bibliografia:<br />
Queho: L'uomo nero dell'Ovest, di Christian Sartirana (<a href="https://www.amazon.it/QUEHO-Luomo-dellOvest-CHRISTIAN-SARTIRANA-ebook/dp/B07ZKYRJDP">Amazon</a>)<br />
Christian Sartirana Weird Tales, <a href="https://it-it.facebook.com/ChristianSartiranaWeirdTales/">pagina Facebook dell'autore</a><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br />Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-74683598677178467942019-12-26T07:30:00.000+01:002020-03-03T13:01:50.888+01:00Tenoch, di Andrea Berneschi. Un Ulisse azteco contro gli dei di Lovecraft<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1cR0UWN4OzdjGJirH6WTDIGe7ehgFcqSDv3N61ywKJC82z8kZJzbNBvWr7Htl9DIUt3uJ3l7OWQrg8cqV27ZDgld4zPy7slAlRB4FwyIbLNsTvC_4srDymjAcAheU7tdmhOgXcwum7BY/s1600/tenoch+maledetto+dagli+dei.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="961" data-original-width="720" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1cR0UWN4OzdjGJirH6WTDIGe7ehgFcqSDv3N61ywKJC82z8kZJzbNBvWr7Htl9DIUt3uJ3l7OWQrg8cqV27ZDgld4zPy7slAlRB4FwyIbLNsTvC_4srDymjAcAheU7tdmhOgXcwum7BY/s320/tenoch+maledetto+dagli+dei.jpg" width="238" /></a></div>
Megalitiche piramidi innalzate al cielo.<br />
Cuori pulsanti strappati dai toraci di schiavi urlanti, offerti in dono a un sole del colore del sangue.<br />
Giungle profonde capaci di mascherare intere capitali, intere civiltà cresciute a forza di carne umana e coraggio in battaglia.<br />
È lo scenario dipinto con toni sanguigni, ma scientificamente accurati da <b>Andrea Berneschi</b> con “<b>Tenoch, maledetto dagli dei</b>”.<br />
<br />
Lo scenario è quello della civiltà azteca e dei popoli precolombiani nel XV secolo, prima dell'arrivo dei conquistadores. Berneschi tratteggia una civiltà azteca credibile e storicamente fondata, mescolando la <b>saggistica</b> alla lezione dell'<b>Azteco</b> di <b>Gary Jennings</b>. La tecnologia di questa civiltà azteca, in perenne guerra contro i popoli barbari per catturare schiavi e sfogare le faide interne, è quella dell'età della pietra, sebbene con la novità di una magia realmente funzionante. Il <b>pantheon azteco</b> qui esiste realmente e non si fa problemi a intervenire nelle vite dei suoi sudditi, dando consigli, poteri o maledizioni. E accanto alla sete di sangue degli dei “normali”, non possono mancare <b>entità decisamente più oscure</b> che potremmo definire <b>lovecraftiane</b>.<br />
<br />
Il protagonista di questo mondo di guerrieri e maghi, tuttavia, è <b>un aspirante mercante</b>, un liberista <i>ante litteram</i>: <b>Tenoch</b> infatti proviene dal <b>ceto di commercianti</b>. Giovane capace all'occorrenza di combattere con ardore, vive solo per esplorare e stipulare affari, sfruttando la propria intelligenza per nuove operazioni commerciali l'una più ingegnosa dell'altra. È l'archetipo del mercante operoso e instancabile, contrapposto alla vanità dei soldati e alla pigrizia del clero. Tenoch però non è interessato solo a guadagnare, perché in realtà <b>è un uomo curioso</b>, continuamente proteso a scoprire <b>come funzioni il mondo</b>. In tal senso comprende in sé stesso il carattere tanto dell'esploratore/scienziato quanto del mercante. Alessandro Iascy, nell'introduzione, lo paragonava assai felicemente a <b>Ulisse dell'Odissea</b>.<br />
<br />
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<a name='more'></a><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiXfJRm8rzSU_auwsSZ4mRmY1K76GWHNYEKScolns9jPX_OhZfuIxeZsyLmuvrxzTmPS7g4jBg3Vb7kOGT5tH6EmG-MkA8Yi5i6JTqKMPEgMONNk3f33JmEdhAIjXZ3QEnS32k4iP8-Ok/s1600/civilt%25C3%25A0+azteca+fantasy.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="813" data-original-width="1600" height="325" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiXfJRm8rzSU_auwsSZ4mRmY1K76GWHNYEKScolns9jPX_OhZfuIxeZsyLmuvrxzTmPS7g4jBg3Vb7kOGT5tH6EmG-MkA8Yi5i6JTqKMPEgMONNk3f33JmEdhAIjXZ3QEnS32k4iP8-Ok/s640/civilt%25C3%25A0+azteca+fantasy.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
L'avventura di Tenoch inizia quando, al seguito dell'esercito azteco, deve catturare il suo primo prigioniero per garantire il suo ingresso nell'età adulta e nella casta dei guerrieri. L'esercito si avvicina alla città nemica, la conquista con grande spargimento di sangue; tuttavia Tenoch, attento come sempre agli affari, adocchia un tempio nascosto, defilato dal caos nelle strade...<br />
Sarà una scelta destinata a sconvolgergli la vita e a dotarlo di poteri (e maledizioni) tali da farlo andare oltre l'umano.<br />
<br />
Andrea Berneschi replica, come nel racconto di “Mediterranea”, uno <b>stile di scrittura asciutto e conciso</b>. Mai in tutte le pagine della novella, Berneschi cede a esagerazioni, a espedienti retorici, a chiusure affrettate. Non c'è frase che non sia equilibrata. Se bisogna proprio cercare un difetto, alcune volte lo <b>stile è freddo</b>, fatica a trasmettere i sentimenti dei personaggi.<br />
Ci si sente distanti.<br />
<br />
Passando però dalle singole frasi all'esposizione vera e propria, il mondo di Tenoch viene presentato a piccoli passi, con tanti, gustosi, dettagli. Sono totalmente assenti gli infodump, i dialoghi mascherati da lunghe esposizioni, gli eccessi di nomi.<br />
Goccia dopo goccia, questo mondo insanguinato e tropicale si svela lentamente al lettore che ha tutto il tempo di familiarizzare con i diversi personaggi.<br />
Ho trovato geniale come elementi assolutamente disturbanti della società azteca vengano presentati come normali, anzi accennati qui e lì tra le righe. Tenoch, ad esempio, in seguito a una vittoria, mangia la carne dei suoi nemici, ma questo traumatico fatto viene presentato come collaterale all'azione e ai dialoghi. Sì, Tenoch è un azteco e dunque un cannibale. <i>Let's move on</i>.<br />
<br />
L'intelligenza di Tenoch e il suo rifiuto delle armi lo trasformano in un protagonista simpatico e interessante che raramente annoia il lettore. L'armamentario di Tenoch prevede l'utilizzo di <b>semi</b> in grado di aprire <b>portali interdimensionali</b> quando seppelliti dentro un cadavere.<br />
Tenoch pertanto <b>viaggia tra i mondi</b>, ricorda in tal senso gli eroi di Michael Moorcock.<br />
La debolezza nella guerra viene inoltre contraccambiata dall'utilizzo di maschere tribali, armature e mazze magiche. Lo stesso Tenoch, a sua volta, considera il combattimento come un affare scientifico e razionale che progetta e pianifica accuratamente. Berneschi utilizza quella pre visualizzazione caratteristica di film quali Sherlock Holmes o Batman, laddove ogni mossa viene pensata dal protagonista in anticipo con l'obiettivo d'infliggere il massimo danno.<br />
<br />
Le scene dei combattimenti di massa restituiscono pienamente l'impatto brutale delle armi azteche: dalla pelle lacerata, dalle rotule frantumate, alle fontane di sangue arterioso. In alcuni frangenti la scena straborda dalla pagina, mentre una furia berserker assale gli aztechi, colti da una terribile smania di uccidere, uccidere e uccidere.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Alcuni Mexica sembravano letteralmente impazziti. Un Cuachicqueh, preso dalla frenesia, si spinse dove i nemici erano più fitti e finì massacrato in pochi istanti, lasciando a terra un torso decapitato e senza braccia. Poco più avanti, un guerriero Giaguaro dal viso imbrattato di sangue si gettò tra i Chalca con la stessa sicurezza con cui un agricoltore entra in un campo di mais, e a grandi fendenti si fece intorno uno spazio larghissimo. Nessuno aveva il coraggio di andargli vicino; lo bersagliavano con lance e frecce, come si fa con le bestie feroci; non riuscirono a prenderlo solo perché si spostava in continuazione, non stava mai fermo.</blockquote>
<br />
Questa brutalità trova poi il suo naturale proseguo con i diversi mostri di volta in volta affrontati da Tenoch, descritti realisticamente e con un gusto per l'orrido e lo splatter notevole.<br />
Merita particolarmente, in tal senso, l'ultimo capitolo, con un Tenoch che viaggia in una dimensione infernale, descritta con una proprietà di linguaggio tale da far rabbrividire.<br />
E a proposito degli altri mondi visitati da Tenoch, ho apprezzato come il focus sia sulla diversa cultura, sulla diversa <i>forma mentis</i> di queste “altre” civiltà. La prima, ad esempio, vede la magia come una risorsa e impiega una casta di scienziati/sacerdoti intenti a scoprire come migliorare le condizioni del proprio paese. Quanto sembra a noi occidentali “normale”, appare invece bizzarro e incomprensibile per un azteco quale Tenoch e ancor più per suo fratello.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
I primi giorni Mazatl guardava con meraviglia ogni persona e ogni usanza sconosciuta a Tenochtitlan: le donne nobili passeggiavano portando al guinzaglio grandi giaguari dal pelo azzurro; di fianco alle piramidi suonavano speciali gruppi di cantori ciechi, a cui gli occhi erano stati rimpiazzati nelle orbite con pietre bianche e lucenti; la stregoneria non era vietata come nel loro mondo, per cui si potevano vedere a ogni angolo di strada strani uomini dal corpo seminudo decorato di cicatrici che si impegnavano in trucchi e prodigi per attirare l’attenzione di clienti.</blockquote>
<br />
Tenoch spiega a suo fratello, Mazatl, quale differenza passi tra il loro impero, intrappolato dentro guerre senza fine e quello strano regno al di là dello spazio e del tempo:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Nel posto che ho visitato, la guerra e la religione rivestono un’importanza molto defilata rispetto alle… non saprei come chiamarle… scoperte di cose nuove. Pensa, il loro Tlatoani mantiene dei sacerdoti solo perché facciano ricerche su come migliorare gli oggetti di uso comune. Non pregano nemmeno gli Dei, cercano solo di costruire nuovi oggetti. Pazzesco, vero?</blockquote>
<br />
Questa diversità offrirà poi, verso la fine della novella, l'occasione per una scena che chiaramente strizza l'occhio alla <b>società dello spettacolo di Debord</b> e al ruolo negativo dei mass media e dell'intrattenimento. L'ho trovata calzante, anche se banale.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLJ95wO7JOe46UTRyc_z1e2Lr3OkLuRmFZjMdqSzp_CTK9iUr2IcYiOtwsoGFeI4asjWU4eXEQk0yyUDgopa6Ykns6PsnbNx40wDNjhptjfrXsJWOMjkKvMdjf_V9uK2-Zz3CusSyHTK4/s1600/guerrieri+fantasy+sudamerica+six+ages+wind.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="679" data-original-width="1333" height="326" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLJ95wO7JOe46UTRyc_z1e2Lr3OkLuRmFZjMdqSzp_CTK9iUr2IcYiOtwsoGFeI4asjWU4eXEQk0yyUDgopa6Ykns6PsnbNx40wDNjhptjfrXsJWOMjkKvMdjf_V9uK2-Zz3CusSyHTK4/s640/guerrieri+fantasy+sudamerica+six+ages+wind.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Una tribù di gusto maya dal videogioco Six Ages: Ride Like The Wind</td></tr>
</tbody></table>
Concludendo, “Tenoch. Maledetto dagli dei” colpisce per tre elementi gestiti con grande maestria: in primis il <b>setting azteco</b>, descritto con naturalezza e senza pesantezze storiciste.<br />
In secondo luogo per la <b>fluidità dello stile di scrittura</b>, senza particolari stacchi o superflui virtuosismi.<br />
Infine, terzo e ultimo elemento, per aver mescolato alla perfezione <b>pantheon azteco e lovecraftiano</b>. Una combinazione che mi ha lasciato stupefatto, perché suona “naturale”, come se i due pantheon fossero pensati l'uno per l'altro.<br />
<br />
Bibliografia<br />
<a href="https://www.amazon.it/Tenoch-maledetto-dagli-dei-lazteco-ebook/dp/B07S1D2V6R/ref=sr_1_1?keywords=9788825409024&qid=1577312869&s=digital-text&sr=1-1">Tenoch, maledetto dagli dei, di Andrea Berneschi</a> (Amazon)<br />
<a href="https://andreaberneschi.wordpress.com/">L'officina di Andrea Berneschi</a> (Blog dell'autore)<br />
<a href="https://delos.digital/collection/141/heroic-fantasy-italia">Heroic Fantasy Italia. A cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver</a> (Delos Digital).<br />
<br />Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-60520601524056877352019-12-20T07:30:00.000+01:002019-12-25T23:43:01.351+01:00Giorgio Smojver o come si scrive un fantasy classico. Quando Jack London incontra Tolkien<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj44SY7hqBMobVS5ASwFpu1n4TDMebvmLcIUVhjYyHQEzBE28P-sRlab9tktwvK8W1ZQbZCUzq4GHG8B96KdHIudnpte7Rkz-zHNBmywxzt4pRcSLWEtdd0iZEBVYFp1ym7infxx6lXpLY/s1600/artigli+nei+boschi+giorgio+smojver.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="881" data-original-width="660" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj44SY7hqBMobVS5ASwFpu1n4TDMebvmLcIUVhjYyHQEzBE28P-sRlab9tktwvK8W1ZQbZCUzq4GHG8B96KdHIudnpte7Rkz-zHNBmywxzt4pRcSLWEtdd0iZEBVYFp1ym7infxx6lXpLY/s320/artigli+nei+boschi+giorgio+smojver.jpg" width="239" /></a></div>
Un uomo e il suo anziano padre, in fuga da una terra devastata dalla guerra, giungono in una landa boscosa. Qui costruiscono una casa, si dedicano all'arte di cui sono maestri: la caccia. Il figlio prende in sposa una donna sola sopravvissuta di una famiglia di esuli, d'etnia cimbra.<br />
Il <b>Padre</b>, la <b>Madre</b> e il <b>Nonno</b>: a cui presto s'aggiungono la bambina e il bambino.<br />
Sono cacciatori, ma eruditi: leggono, scrivono, si tramandano le canzoni e i ricordi della loro gente.<br />
Il Nonno, prima di morire, racconta alla bambina degli Elfi e del mare di Iperborea; il fratello del villaggio dove vendono le pellicce e di <b>Ker Lyonis</b>, la grande città di marmo bianco.<br />
Visioni fantastiche, interrotte da quel sangue, da quella violenza da cui erano fuggiti.<br />
Sono <b>uomini-lupo</b>, gli <b>Ulfhednar</b>: razziatori e assassini, più animali degli animali.<br />
La bambina sopravvive a stento e, allevata dai lupi della Foresta Nera, diventa la guerriera <b>Valawyne</b>...<br />
<br />
<b>Helmor</b> è un giovane, ma inquieto cacciatore cresciuto con il nonno. <br />
Le lezioni di spada si alternano ai racconti del regno di Fynias, dominato dagli atlantidei, dove un tempo dimorava il padre.<br />
Un'eredità, una leggenda a cui Helmor va alla ricerca, accodandosi a un gruppo di ragazzi e giovanotti in cerca di una via d'uscita da una breve e ripetitiva vita di caccia e agricoltura.<br />
Ma il viaggio inizia male, prosegue peggio e finisce malissimo quando il gruppo, tradito dalla civiltà che tanto cercava, viene trasformato negli stessi Ulfhednar che avevano massacrato la famiglia di Valawyne. Tutti, tranne Helmor: qualcosa, nel giovane, si è ribellato...<br />
<br />
Il suo destino si lega così alla giovane guerriera in un'Europa alto-medievale arcaica e brutale, dove l'eredità del vecchio mondo si mescola con le pulsioni e i flussi di uno nuovo, che avanza inesorabile...<br />
<br />
<a name='more'></a><br />
Non potrei definire in altro modo il fantasy di <b>Giorgio Smojver</b> se non “classico”.<br />
Il romanzo breve pubblicato per la <b>Delos</b> nella collana Heroic Fantasy Italia costruisce sulle basi di Tolkien una storia genuina che ha lo stesso feeling de Lo Hobbit, aggiornato però al ventunesimo secolo. E' una storia tradizionale, ma senza essere reazionaria; classica, ma senza essere pedante.<br />
L'incipit stesso, con il suo respiro soffuso e lento, immerge il lettore dentro un'Europa familiare, eppure contemporaneamente straniante. Compaiono nomi riconoscibili, anticipi di un mondo che verrà; dal Reno, alla Germania, ai cimbri. Eppure il romanzo rimane testardamente fantasy, senza cedere alla tentazione di travestirsi in una narrazione medievale.<br />
Leggere le prime righe de Lo Hobbit mi restituisce la sensazione di accoccolarmi in poltrona, con un gatto sulle gambe, un te caldo in mano e un fuoco scoppiettante nel camino. Tranquillità.<br />
La sensazione – rara oggigiorno – di essere tornato a casa. Un ritorno a radici profonde che non gelano, a una narrazione più antica dell'antico.<br />
Senza ovviamente avvicinare Smojver a Tolkien, il suo incipit, così come i suoi due brevi romanzi, catturano bene questa sensazione di <b>venire coccolati da una storia antica e lontana</b>. Che non risparmia sangue e particolari crudi, beninteso, come d'altronde non li risparmiavano i miti e le fiabe. Ma pur sempre una storia antica, lontana dall'arido cinismo del grimdark.<br />
<br />
JRR Tolkien così descriveva, nell'esordio de Lo Hobbit, la casa di Bilbo:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
In una caverna sotto terra viveva uno Hobbit. Non era una caverna brutta, sporca, umida, piena di resti di vermi e di trasudo fetido, e neanche una caverna arida, spoglia, sabbiosa, con dentro niente per sedersi o da mangiare: era una caverna hobbit, cioè comodissima.<br />
Aveva una porta perfettamente rotonda come un oblò, dipinta di verde, con un lucido pomello d'ottone proprio nel mezzo. La porta si apriva su un ingresso a forma di tubo, come un tunnel: un tunnel molto confortevole, senza fumo, con pareti foderate di legno e pavimento di piastrelle ricoperto di tappeti, fornito di sedie lucidate, e di un gran numero di attaccapanni per cappelli e cappotti: lo Hobbit amava molto ricevere visite.</blockquote>
<br />
Il tono è <b>fiabesco</b>,<b> familiare</b>; quello di un genitore o di un amico che racconta una storia affascinante, ma senza inutili orpelli.<br />
Si consideri, dall'altro, l'eguale descrizione di Smojver, specie quel “costruito solidamente” e così via. Ritroviamo nuovamente un lessico fiabesco e paterno, al servizio di<b> una storia</b> quasi <b>orale</b> nella sua narrazione:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
La storia non iniziò in una città né in un castello, ma in un casolare nel fitto della Selva Nera; era costruito solidamente, assi di legno di quercia, tetto di terra battuta coperto di zolle erbose. C'era una stalla, un recinto di maiali e un orto. Non era molto, ma il Padre e la Madre ne erano orgogliosi, perché quando erano arrivati lì non c'era niente. Erano di stirpe cimbra e fuggivano dalla loro terra invasa dai nemici, a nord.</blockquote>
<br />
Come Tolkien presenta le proprie opere come <b>manoscritti</b>, libri pervenuti da un'altra epoca e pertanto <b>narrazioni soggettive dell'autore</b>, con tutti i difetti che ne comportano la stesura, allo stesso modo Smojver costruisce i due romanzi come racconti personali dei protagonisti.<br />
La voce narrante non è imparziale, ma pur mantenendo una piacevole terza persona dietro Helmor o Valawyne, chiaramente esprime il suo punto di vista, la sua visione atlantidea del mondo.<br />
<br />
Il romanzo però non si esaurisce in una replica tolkieniana, ma dopo averne recuperato la lezione, non esita a scaraventare i suoi protagonisti nell'<b>azione</b>.<br />
L'incipit stesso, dopo una partenza così dolce, sprofonda la protagonista nell'orrore. Tuttavia questa caduta non danneggia la carica fiabesca della storia, ma sembra piuttosto rientrarvi, esserne parte. <br />
La fiaba, così come il mito, mantengono originariamente una forza primeva che non risparmia moti di orrore, di grottesco, di crudeltà. È il caso della matrigna di Biancaneve torturata a ballare con scarpe di ferro incandescenti; ed è il caso di un'orfana allevata dai branchi di lupi delle foreste selvagge. A sua volta il racconto della trasformazione dei compagni di viaggio di Helmor negli uomini-lupo recupera tutta la crudezza dell'<b>incontro tra civiltà e barbarie</b>, tra cultura dei boschi e urbana. L'inganno del mercante, la rozza vendetta del cacciatore.<br />
Sono<b> storie crudeli</b>, ma a differenza di altre narrazioni fantasy, qui la crudeltà non sembra gratuita, ma<b> connaturata all'ambientazione</b>.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<br />
<br />
La bellezza della natura fornisce il perfetto scenario all'azione degli eroi: le descrizioni sono vivide di colori, ritratte con pennellate dense. Le dita d'antiche montagne sovrastano sterminate foreste nebbiose. La purezza di un'alba madida di rugiada, il soffiare dei venti sulle tombe dimenticate... <br />
La<b> natura guarda indifferente</b> i suoi figli litigare e combattere, bestemmiare e crepare.<br />
Smojver citava tra le sue massime ispirazioni <b>Jack London </b>con speciale riferimento ai suoi romanzi lupeschi, quale Zanna Bianca. E' interessante in tal senso come Jack London venga considerato letteratura per bambini; eppure le opere dell'autore, specie quelle ambientate nel selvaggio Yukon, sono in realtà crudelissime, tutt'altro che consolatorie. Smojver in tal senso è simile: i suoi due romanzi recuperano, specie il primo, le atmosfere di Tolkien e London, ma non abbandonano una crudeltà propria degli animali e della natura senza la quale la narrazione risulterebbe altrimenti troppo leziosa.<br />
<br />
I lupi che uccidono, i lupi che salvano, i lupi che diventano uomini, le bambine che diventano lupe. <br />
Il romanzo recupera<b> il lupo quale figura centrale</b>, delineando una contrapposizione tra due umanità, entrambe alla ricerca di un'impossibile fusione con la natura.<br />
La guerriera Valawyne è stata salvata dai lupi; dapprima da uno morto, poi da un branco di “vivi”. Eppure, lontana da una fantasia disneyana, Valawyne non viene mai accettata dai “suoi” lupi.<br />
E' una <i>lone wolf</i> suo malgrado, un'<b>esiliata</b>.<br />
Gli Ulfhednar, al contrario, sono dei berserker senza cervello: uomini pompati di droga, armati di artigli di ferro, avvolti nelle pelli di quei lupi che pure tanto vorrebbero imitare.<br />
Sono <b>lupi artificiali</b>, pallide imitazioni. Non a caso sono il prodotto delle streghe, gli equivalenti di uno scienziato nell'ambientazione fantasy “classica”.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
– Da dove vengono? – Dalle brughiere a sud di Iperborea. Il Koningast Valpulis ha sottomesso i popoli di quella regione. Ha al suo servizio streghe malvagie e astute. Attirano i giovani, specialmente gli esuli, gli sbandati, gli orfani. Promettono loro la vendetta sui nemici, l'orgoglio di incutere paura, la libertà delle belve, a condizione che rigettino la propria umanità. Un Ulfhedinn non teme la morte, perché crede che lo riunirà al suo dio, il Lupo che alla fine dei giorni divorerà il Sole e la Luna e persino i Varni nell'Occidente.</blockquote>
<br />
Le caratteristiche degli Ulfhednar riproducono quanto l'uomo teme del lupo, il distorto riflesso delle paure che il lupo rappresenta, più che l'animale in sé.<br />
<br />
Merita infine una menzione l'ultimo terzo del libro, dominato da una <b>battaglia campale</b> sanguinosa e brutale. Qui Smojver rivela una dedizione alla verosimiglianza ammirevole, descrivendo il movimento delle diverse truppe, la scelta delle armi, gli effetti e le conseguenze delle diverse tattiche. Nessuna scelta irrazionale: picche per fermare una carica, daghe per menare nella mischia, archi lunghi per tempestare di frecce il nemico.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEis5WzQTXvWMu88H4LrMSKIbXZtY9-axg11VWYkmFZ40srJz-XciPI235IXUAuYsC1dCsirZH4FKPtkevXXHz0L8VVmfRk196GZCIvrhP2rfp4HJxHge97ZfadYIkNHPqd0C9Zws-P3gMM/s1600/flutti+incantati+giorgio+smojver.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="881" data-original-width="660" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEis5WzQTXvWMu88H4LrMSKIbXZtY9-axg11VWYkmFZ40srJz-XciPI235IXUAuYsC1dCsirZH4FKPtkevXXHz0L8VVmfRk196GZCIvrhP2rfp4HJxHge97ZfadYIkNHPqd0C9Zws-P3gMM/s320/flutti+incantati+giorgio+smojver.jpg" width="239" /></a></div>
La guerra degli atlantidei è iniziata come un nobile conflitto, è degenerata in una guerriglia sanguinosa, ora passa al suo prossimo stadio: usare la tecnologia più sporca che Finyas abbia a disposizione, pur di vincere. Coinvolto come un <i>marines </i>in Vietnam suo malgrado, in una guerra che non è la sua, <b>Helmor diserta e fugge via mare</b>, quale mozzo a bordo di una nave di <b>Liberi Naviganti</b>, spericolati contrabbandieri con un codice d'onore.<br />
<br />
Valawyne ha smesso le pellicce e le armi di guerriera, lasciandosi convincere – riluttante, eppure! - a servire quale madrina in una famiglia di nobili di Ker Lyionis.<br />
Il tintinnio di qualcosa che cade, l'attutito rumore dei passi: una notte Valawyne si sveglia e scorge una figura aggirarsi nel buio: è <b>Shaylo Tar Lanth</b>, una marionettista, maestra d'illusionismo e non ultimo,<b> ladra di professione</b>. L'incontro sembra trasformarsi in una zuffa, ma un comune nemico mette d'accordo Valawyne e la ladra, costretta però a fuggire dalla città.<br />
Disperata, in cerca di una via di fuga, s'imbarca quale clandestina su una nave dove lavora un certo Helmor...<br />
<br />
Se sono il lupo e la montagna le due immagini simbolo di “<b>Artigli nei boschi</b>”, il romanzo successivo presenta come tematica dominante la libertà nel suo senso più ampio e spregiudicato.<br />
È un romanzo infatti<b> piratesco</b>, perché i suoi personaggi – i Liberi Naviganti – amano la <b>libertà</b> più di ogni altra cosa. Libertà di commerciare, di combattere, di professare fede &filosofia, ma soprattutto libertà di navigare senza padroni sui mari.<br />
“Flutti Incantati” contiene poi tutti gli elementi associati al genere, popolarizzati dai <i>Pirates of the Caribbean</i>: dagli inseguimenti, agli arrembaggi, ai galeotti ai remi, financo allo scontro con il mostro marino.<br />
Tuttavia vi ho trovato poco dell'atmosfera seicentesca con riferimento ai Caraibi e all'Africa; insomma allo scenario stereotipato dei pirati che assalgono i vascelli spagnoli.<br />
Tutto il contrario, perché i toni ricordano piuttosto il <b>Mediterraneo</b>, con un tocco delle Mille e una Notte. L'impero ottomano, Lepanto, i pirati berberi, così come la<b> pirateria nell'era antica</b>, con popoli quali i micenei e i fenici.<br />
I pirati dei caraibi, nonostante il romanticismo di Hollywood, mi hanno sempre ricordato un'anticipazione del <b>capitalismo libertario</b>, senza alcun freno di tradizione od onore. Quanto Valerio Evangelisti aveva provato (fallendo) a raccontare con “Tortuga”.<br />
In questo caso, tuttavia, l'allegra combriccola piratesca sembra più una scheggia di quell'identico impero multietnico realizzato dagli atlantidei. Il forte cameratismo tra i marinai è lontano dalla brama di oro dei pirati classici. C'è un che' <b>di medio orientale</b>, così come<b> d'italiano e greco</b> in questi pirati. Questi sono contrabbandieri che combattono sulle coste dei Balcani, azzarderei, contro navi dense di schiavi, comandate da tiranni col turbante.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj67vlhZ2WapnIX5vTlHuz6rntA00pn44aq8p3BNHp3aCJxnwFHFj-_2FyZgOpBU_KhKfriC54imEuCxzbCWZ_Sv-Y0FYmUSBkRGn9g2lzZEq-WYJOBZo4JjQdgGWaakkmcmKt3WEsSjH0/s1600/pirati+artico+1865.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="465" data-original-width="1024" height="290" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj67vlhZ2WapnIX5vTlHuz6rntA00pn44aq8p3BNHp3aCJxnwFHFj-_2FyZgOpBU_KhKfriC54imEuCxzbCWZ_Sv-Y0FYmUSBkRGn9g2lzZEq-WYJOBZo4JjQdgGWaakkmcmKt3WEsSjH0/s640/pirati+artico+1865.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
Rispetto ad “Artigli nei Boschi”, “Flutti Incantati” è decisamente più leggero, tanto nelle battute, quanto nelle situazioni. Predomina, accanto alla libertà, il <b>piacere dell'esplorazione</b>. L'invincibile fascino della scoperta del mare aperto, una prua puntata all'orizzonte. Le battute comiche sono tante, gli stessi protagonisti sono meno arcigni, meno distanti dal lettore.<br />
Questo gusto per l'avventura tuttavia non controbilancia un romanzo mal costruito: passa troppo tempo prima che la nostra coppia di eroi sia finalmente sulle onde e ho trovato parimenti <b>troppo lungo e strascicato il finale</b>. Chiaramente siamo di fronte a un romanzo di passaggio che funziona quale raccordo tra “Artigli dei Boschi” e un immaginario terzo capitolo.<br />
L'opera inoltre esibisce una scrittura molto più confidente nelle sue capacità, fluida e precisa.<br />
<br />
Se “Artigli nei Boschi” esprimeva bene il conforto di un'opera dal sapore antico, in questo caso la bilancia pende troppo a favore dello <b>zuccheroso indiscriminato</b>.<br />
Certo, d'accordo: questi non sono pirati, ma Liberi Naviganti, contrabbandieri, ecc ecc<br />
Tuttavia Smojver li descrive troppo buontemponi, troppo simpatici. Sembrano più Babbi Natale che truci guerrieri. Quando Shaylo Tar Lanth viene scoperta quale clandestina a bordo non le succede praticamente nulla, anzi viene elogiata per il suo comportamento.<br />
Questo dopo che si era imbarcata illegalmente, dopo che aveva mangiato e rubato alle spese dell'equipaggio, dopo che si scopre il suo essere donna (in una nave tradizionale), dopo che addirittura ha attaccato con pugnali, graffi e calci i Liberi Naviganti...<br />
Non esiste che una ciurma medieval-fantasy reagisca abbracciandola e accogliendola come una figlia. Quanto meno avrebbe dovuto essere frustata, sottoposta a un sano giro di chiglia, condannata a pulire i ponti per il resto della sua vita... Insomma, dai!<br />
Almeno un rimprovero, un litigio, una protesta da quegli stessi marinai che ha appena ferito.<br />
Uno dei pirati, mutilato di un orecchio, addirittura reagisce rassicurando che non è niente di ché, anzi prende in simpatia la ladra. Mentre la strafottente Shaylo Tar Lanth continua a pigliarlo pel culo.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Mozzato un orecchio? Ho solo tagliato il lobo. Ci sentirà bene come prima, e l'orecchino lo può sempre usare come anello, no? E Yvarra ha un braccio che è tre volte il mio, la cicatrice si vedrà appena, sarà una decorazione in più. Gliel'ho pure tagliata a forma d'ali d'aquila.<br />
– È vero capitano – confermò Yvarra che era effettivamente del clan dell'aquila<br />
– La tingerò in rosso e nero, andrà benissimo coi miei tatuaggi. Sei brava con le lame, come ti chiami?<br />
– Shaylokara Tar Lanth. Tu puoi chiamarmi Shaylo. </blockquote>
<br />
Il nostro cupo Helmor continua una timida, ma troppo lenta evoluzione caratteriale, mentre Shaylo sorprende per la freschezza dei dialoghi e dei comportamenti. E' certo, come appena rimproverato, dannatamente impertinente, ma d'altronde è una ragazzina. Ho apprezzato in special modo, oltre alla storia del suo background, l'uso delle illusioni. Ha un che' di piacevolmente gitano.<br />
Se Valawyne era troppo monotematica, troppo stereotipata nella sua azione di figlia dei lupi guidata dalla vendetta, Shaylo è un personaggio femminile sfaccettato, con un fascino guascone.<br />
A questo proposito, “Flutti Incantati” non rinuncia al dramma e alla tragedia, ma sceglie di confinarli nel recinto del <b>racconto biografico</b>: le disavventure già citate di Shaylo e nel caso di Helmor l'episodio di guerra causano un equivalente fantasy della sindrome di stress post traumatico.<br />
<br />
Merita infine un applauso lo scontro finale con il mostro marino, descritto con toni a tratti quasi horror, certo disgustosi. Una gradita deviazione verso quei territori mostruosi caratteristici dei migliori racconti Sword&Sorcery di Robert E. Howard.<br />
<br />
Bibliografia<br />
<a href="https://www.amazon.it/Artigli-nei-boschi-Giorgio-Smojver-ebook/dp/B07QBFN9QN/ref=sr_1_7?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&keywords=giorgio+smojver&qid=1577313639&sr=8-7">Artigli nei boschi di Giorgio Smojver</a> (Amazon)<br /><a href="https://www.amazon.it/Flutti-incantati-Ciclo-Saga-Helmor-ebook/dp/B07TY351K3/ref=sr_1_2?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&keywords=giorgio+smojver&qid=1577313639&sr=8-2">Flutti incantati di Giorgio Smojver</a> (Amazon)<br />
<a href="https://delos.digital/collection/141/heroic-fantasy-italia">Heroic Fantasy Italia. A cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver</a> (Delos Digital).<br />
<br />Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-81375284922415277422019-09-13T08:00:00.000+02:002019-10-03T21:51:06.187+02:00La scure e i sepolcri. L'Axe & Sorcery sporco, ma elegante di Alessandro Forlani<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEga6DEIQZN3k7iWU0hVZfI7OOy5O38tfBUrQ2QuODwQkr9AZMNjQJPZdcWWsiYlbMdelhvVWUItEGLavwvN2l81_0RslyyuHCcHLHMTJqPgqH2r_5uz92cw7huz-1TPWRfDLRGtuQi60H4/s1600/La+scure+e+i+sepolcri+Alessandro+Forlani.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEga6DEIQZN3k7iWU0hVZfI7OOy5O38tfBUrQ2QuODwQkr9AZMNjQJPZdcWWsiYlbMdelhvVWUItEGLavwvN2l81_0RslyyuHCcHLHMTJqPgqH2r_5uz92cw7huz-1TPWRfDLRGtuQi60H4/s320/La+scure+e+i+sepolcri+Alessandro+Forlani.jpg" width="239" /></a></div>
Quand'ero bambino i miei genitori mi portavano spesso in <b>cimitero</b>: dapprima dalle fioraie decrepite all'ingresso, in seguito salutando quel golem del guardiano e infine presso una o più tombe di lontani parenti, a piantar fiori e biascicare preghiere.<br />
Ricordo con grande fascino il cimitero e tutt'ora, se ho modo di visitarne uno, durante un viaggio, mi ci reco volentieri.<br />
La stratificazione di tombe e cenotafi, di edicole e lapidi, esprime meglio di tanti libri lo <b>scorrere inevitabile del tempo</b> e la (<b>vana</b>) <b>lotta di conservare la memoria</b>.<br />
Dapprima ingiallisce la foto, poi scompare la dedica, infine è il nome a sbiadire via, prima di scomparire definitivamente, inghiottito dall'iniziale di un nome illeggibile, financo all'ombra di uno stemma araldico.<br />
Concludendo con le tombe dove solo una croce di legno marcisce nella terra dei morti, prima di trasformarsi in uno spiazzo erboso, delimitato da pietre seppellite dal verde.<br />
Ho sempre compatito chi rifiuta di visitare i cimiteri, così come chi frequenta quelli americani, con quell'egualitaria e deprimente schiera di croci bianche senza passato.<br />
Non voglio negare che il cimitero sia un luogo doloroso, ma l'ho sempre considerato <b>espressione della storia di una civiltà</b>; di una nazione, di un popolo, di una città.<br />
Dopotutto, a inizio ottocento, <b>Ugo Foscolo</b> dei <b>Sepolcri </b>osservava il rapporto sano e razionale degli anglosassoni con i propri morti, lontano dall'adorazione morbosa dell'italiano fermo al medioevo.<br />
Affermazione, certo, discutibile e patriottica, volta a convincere un popolo assai poco “popolo” a sacrificare quanti più figli alla patria, senza piangerli troppo, senza vederci fosco(lo).<br />
Tuttavia la contrapposizione dipinta da Foscolo era quasi fantastica, nella sua estremizzazione; da un lato i <b>cimiteri inglesi</b>, ariosi e lontani dal nucleo urbano; dall'altro quelli <b>italiani</b>, portatori di morbi e sporcizia, incastonati nel cuore della città, persino inseriti quali lapidi nel pavimento delle cattedrali. Il cimitero era qui presente come un ammasso di ossa e teschi, uno strato dopo l'altro.<br />
Una visione gotica e come tale, per noi amanti del fantasy, irresistibile.<br />
<a name='more'></a><br />
Scrivo questo, perchè all'interno del mondo di Thanatolia, finora solo <b>Alessandro Forlani</b> ha trasmesso quell'inquietante <b>stratificazione storica</b> che ritroviamo nei cimiteri europei, laddove più secoli e civiltà si confondono e accavallano.<br />
Mentre nelle altre novelle e romanzi di Thanatolia il cimitero compare nella forma di un dungeon classico, che riecheggia le avventure nella piramide egizia o nella cripta da saccheggiare, solo con Forlani c'è un autentico <b>ecosistema funereo</b>, una mortifera cultura nera.<br />
Il cimitero non è – perdonatemi! – un luogo morto. Tuttora nei cimiteri succedono più cose di quanto uno abbia il piacere di pensare: nella sola Trieste c'erano le usuali coltivazioni di marijuana, ma non sono mancati eventi bizzarri, dall'occasionale cultista che pratica riti, alla donna che ritrovandosi chiusa in un'edicola ha dovuto spogliarsi per cercare di attirare l'attenzione di chiunque passasse.<br />
Il cimitero, luogo vivo per eccellenza.<br />
A fianco dell'elemento storico, la Thanatolia di Forlani è l'unica a presentare qualcosa di più di una tomba, o una fossa, o una cripta. Troviamo invece filari di cipressi, chiesette, edicole votive, fosse comuni, gallerie e claustrofobici cunicoli nel profondo della terra, statue, fontane e così via...<br />
E la scelta di Forlani di prediligere un'ambientazione alle soglie dell'età moderna, con le prime pistole e i primi archibugi, ma lontana dall'essere civilizzata, garantisce quella sporcizia, quel lercio assente nelle altre opere di Thanatolia. Le pire bruciano fumo nero denso di ossa e carne marcescente, i preti agitano incunaboli d'incenso, le cripte puzzano di putrefazione e magia nera.<br />
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Ma<b> cos'è Thanatolia</b>, vi domanderete.<br />
È un mondo fantasy dominato dalla morte: lontana dalla contea degli Hobbit o dall'Inghilterra della Guerra delle Due Rose di Martin, Thanatolia è un immenso continente, <a href="http://heroicfantasyitalia.altervista.org/la-necropedia-di-crypt-marauders-chronicles-benvenuti-in-thanatolia/">dalla forma di un teschio</a>.<br />
Qualsiasi tomba, qualsiasi defunto, qualsiasi cenotafio mai vergato confluiscono, per un'imperscrutabile causa cosmica, a Thanatolia, la quale effettivamente è un unico, grande cimitero.<br />
Non c'è anima viva, qui: letteralmente.<br />
A un capo del continente troviamo l'unica città abitata dai vivi, <b>Handelbab</b>. E traversando l'intera, infernale, distesa di tombe e morti che non vogliono riposare, l'altra grande città, <b>Tijaratur</b>.<br />
Non solo cimiteri, tuttavia, perchè troviamo anche giganteschi, mostruosi crematori, con il Deserto di Cenere. E infine, laddove le acque lambiscono il necro-continente, troviamo il Mar dei relitti, dove ogni sfortunata nave della storia approda con il suo carico di ciurme non-morte.<br />
La civiltà umana pertanto ha trovato ricchezza e sostentamento proprio nel commercio dei gioielli e dei tesori nascosti nel continuo, inesausto flusso di tombe e sarcofagi in arrivo a a Thanatolia.<br />
<b>Tombarolo</b> a Thanatolia non è certo un insulto, ma <b>un onesto lavoro</b>. E come si può immaginare, sono i negromanti i veri “re” di Thanatolia, i veri padroni dell'ambientazione.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihbDFpW9dXgWOUTmlTUCFj95AbWjioEWou8nKmKn4s6rwUc_L_P-5U70KfylpmkmyGM37Igi_xpCrAqXKmnhqzITbnaQH3CUPSNdsYLYIorQxkMG9graFx2_kl9itLnUkup8bDyz7xPbw/s1600/fantasy+thanatolia+death.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="545" data-original-width="1600" height="217" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihbDFpW9dXgWOUTmlTUCFj95AbWjioEWou8nKmKn4s6rwUc_L_P-5U70KfylpmkmyGM37Igi_xpCrAqXKmnhqzITbnaQH3CUPSNdsYLYIorQxkMG9graFx2_kl9itLnUkup8bDyz7xPbw/s640/fantasy+thanatolia+death.jpg" width="640" /></a></div>
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Negli ultimi mesi l'instancabile <b>casa editrice Delos</b> ha scelto di pubblicare, dietro la supervisione esperta di <b>Alessandro Iascy</b>, una collana di novelle e brevi romanzi <a href="http://heroicfantasyitalia.altervista.org/in-libreria-la-scure-e-i-sepolcri-2019-di-alessandro-forlani/">a tema heroic fantasy</a>.<br />
Una narrazione veloce e brutale, un setting accattivante e lurido, una storia con colpi di scena e tanta, tanta azione. Quel genere di storie –<b> semplici, ma oneste</b> – che un tempo avremmo letto sulle pagine ingiallite di una rivista pulp.<br />
Leggere storie belle, avvincenti; sopratutto leggere per il piacere di farlo, non per un dovere culturale o per essere “in” sui <i>Social</i>. La <a href="https://delos.digital/collection/141/heroic-fantasy-italia">collana Heroic Fantasy</a> annovera parecchie opere che proprio da Thanatolia traggono la propria ambientazione e non è certo un caso, perchè l'universo condiviso di Lorenzo Davia ha rivelato un'insospettabile tenacia, degna di uno zombie, nell'agguantare scrittori dalle più diverse frange letterarie.<br />
In tal senso la scelta di partire con uno scrittore del calibro di Alessandro Forlani è programmatica, perchè mette il lettore a fronte di uno <b>stile di scrittura</b> e di un <b>worldbuilding</b> sofisticato, epperò totalmente connesso a un gusto per l'azione brutale e per l'avventura raro a trovarsi.<br />
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<b>Malquist </b>è un mercenario al soldo, niente più che un barbaro con un'ascia e decenni di esperienza nello schiantare porte, affettare mostri e fuggire col<i> loot</i>. È un illetterato, ma non è nemmeno un primitivo: sa come comportarsi nella giungla urbana, come orientarsi tra buoni e cattivi affari.<br />
Forlani disegna <b>un uomo semplice</b>, disinteressato a grandi obiettivi: non è il Conan che vuole essere re, né un prescelto degli dei, né l'inconsapevole figlio di un nobile. È solo un soldato a cui piace il proprio lavoro che alla pari di ogni buon mercenario spende la sua paga in soldi e vino.<br />
Esito a definirlo “barbaro”, perché siamo più nell'ambito del <b>tombarolo con i muscoli</b>. Non c'è alcun legame con la natura, solo tanto coraggio e come preannuncia il titolo, una scure.<br />
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Lo stile di scrittura di Forlani è lontano dalle espressioni più astruse di alcune precedenti opere, rivelandosi <b>fluido e complesso</b>, ma senza esagerazioni.<br />
A confronto con altri racconti, compaiono <b>espressioni cantilenanti</b>, <b>quasi ritornelli</b>.<br />
Le descrizioni come sempre sono molto attente ai singoli dettagli, non solo visivi, quanto propriamente sonori. Ho trovato invece brutto e irritante l'uso degli <b>aggettivi a cascata</b>, spesso due o tre nell'arco di una frase. Quando accompagnano le parole o l'azione di un personaggio sono particolarmente sgradevoli: se ad esempio una fanciulla arrossisce e trema, capisco immediatamente che è imbarazzata e spaventata, specie considerando il contesto. Trovo superfluo aggiungerlo a posteriori.<br />
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Il primo racconto - “<b>Dodici Padroni</b>” - vede Malquist accompagnare un professorone della città alla ricerca di un sepolcro che rivelerà una letale sorpresa.<br />
Una miscela di magia nera e tecnologia preapocalisse. I nemici del racconto sono fantasmi: ricordano i negromanti dei <b>Senza-Tempo</b>, perchè disperatamente aggrappati a una non-vita, paurosi di compiere l'ultimo passo. Sono uomini di scienza che rifiutano di mollare, che sacrificano cervelli in fuga per sopravvivere. Rispetto ai Senza-Tempo, questi fantasmi sono stanchi, esausti: solo la curiosità li mantiene (letteralmente) in vita.<br />
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Come sempre notevoli le descrizioni:<br />
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<blockquote class="tr_bq">
Al comando di uno spettro gli ingranaggi si attivarono: le cremagliere, le ruote e i cardini ticchettarono e frinirono, polverizzando le incrostazioni e le radici negli interstizi. Uno scroscio di licheni, ghiaia, polvere e terriccio; crepe aperte fra le volte, le pareti e il pavimento. La porta lucida si aprì ronzando su un corridoio di luce azzurra, l'ultimo spettro fluttuò al di là con il compare fra le braccia.</blockquote>
<br />
“<b>Un patto nelle tenebre</b>” presenta un Malquist alla sua prima avventura a Thanatolia con la compagnia di un'accozzaglia di mercenari l'uno più scafato dell'altro. L'obiettivo è una lurida cripta, infestata dalla magia più nera immaginabile. Il tema del cannibalismo si mescola bene a un'ambientazione quale Thanatolia, con descrizioni truculente e maestose.<br />
Il lessico utilizzato mi ha ricordato l'uso di certi registi di una pellicola volutamente sporca e corrosa, lontana dalla pulizia dell'alta definizione.<br />
Se la storia è banale, gli scambi di dialoghi sono spassosi, ricchi di inventiva nella contrapposizione tra Malquist e il mago suo compagno:<br />
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<blockquote class="tr_bq">
– È un marchese dell'inferno – Comedius lo avvertì – ma è solo una metafora che abbia un regno su questo piano.<br />
– Le metafore non mordono.<br />
– È la ragione per cui siamo qui: se si è insediato materialmente su questo tumulo è perché i varchi si sono aperti, la realtà s'è assottigliata; gli araldi demoni verranno per primi, li seguiranno le regine e i re…<br />
– E poi che cosa? Il settebello e la briscola? Parla comprensibile, mago, ché mi incasini.<br />
– … dopo di loro un'imperatrice: La sfiderò; e una volta che l'avrò sconfitta potrò prendere il suo posto…<br />
– Sono ignorante: che cosa c'entra con…<br />
– Santi déi, guerriero! Non conosci la cavalleria?!<br />
– La si combatte chiusi in quadrato con le picche e le balestre – Malqvist si risentì – che altro c'è da sapere?</blockquote>
<br />
“<b>Chi di spada ferisce</b>” è un altro racconto dell'antologia di Thanatolia, recuperato ad uopo.<br />
Malquist deve assistere la figlia di una famiglia di nobili intenta a vendicare il fratello morto per un inganno durante un duello d'onore. La figlia pratica la magia, la vicenda coinvolge spade demoniache e tenebrose presenze... insomma è una classica storia di vendetta e investigazione, sebbene con un macabro twist finale.<br />
Ho apprezzato come Forlani sottolinei ripetutamente l'analfabetismo di Malquist, il quale non è solo un dato caratteriale, ma lo danneggia nella sua comprensione dell'ambiente circostante.<br />
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Se i primi racconti non brillavano per il senso di ottimismo, ma rimanevano storie con un happy ending (<i>well, sort of...</i>) e una struttura tradizionale, gli ultimi due sperimentano con stili e argomenti, trascinando Malquist suo malgrado in territori imprevedibili.<br />
Personalmente li ritengo <b>i migliori di quest'antologia</b>, sebbene siano i meno appartenenti all'ambientazione di Thanatolia.<br />
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“<b>Voglio vederti danzare</b>” propone un Malquist stanco, insolitamente confuso e depresso. Un'avventura nelle cripte non è andata come doveva: il negromante ha macellato i suoi compagni, l'ha scacciato, l'ha maledetto. Il guerriero un tempo senza paura è ora un uomo confuso e mentalmente instabile, incapace di distinguere tra realtà e finzione.<br />
Forlani descrive efficacemente la confusione di un protagonista che in realtà anche nei racconti precedenti si era rivelato un uomo confuso su cosa volesse fare della propria vita, a suo agio sì nel combattimento, ma incapace di fornire una direzione alla propria vita.<br />
È davvero un bel racconto, “Voglio vederti danzare”, ma non lesina sulla depressione.<br />
Il colore dell'intera storia è grigio, nero: il finale magnifico e terribile.<br />
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“<b>Un messaggio a una ragazza</b>” acchiappa Malquist e lo scaraventa da tutt'altra parte: niente meno che in Palestina, al tempo degli antichi romani. La maestria di Forlani è tale che il luogo, così come i romani stesso, non vengono mai menzionati: eppure il lettore comprende immediatamente quale sia il luogo, quale sia il secolo. Piccoli indizi, brevi descrizioni, strizzate d'occhio dello scrittore lasciano indovinare dove si trovi Malquist, ma senza mai eccedere: viene tutto mostrato, senza paragrafi di <i>infodumping</i>. Una mossa di grande eleganza.<br />
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<blockquote class="tr_bq">
Se insisteva per persuaderli, spergiurando le sue imprese, intervenivano quei miliziani vestiti in rosso con corte spade, giavellotti, quattro lettere indecifrabili sugli umboni degli scudi: S, P e Q R; va' a capire che significa… Tizi bassi, ma tignosi, ed addestrati coi controcazzi; legionari di un impero che dominava su quelle terre.</blockquote>
<br />
La prospettiva, infatti, rimane saldamente ancorata alle spalle del protagonista, filtrato dal suo sguardo di barbaro abituato a magie&mostri.<br />
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<blockquote class="tr_bq">
L'appuntamento era innanzi il tempio: era facile, fin qui. Questo popolo un po' tirchio, molto astuto negli affari, era avaro anche di fede, ché adorava un dio soltanto: – Ci si risparmia nei sacrifici, ci sono meno solennità. Tranne il sabato, che è sacro – il taverniere gli aveva detto: la prima sera del suo soggiorno senza un goccetto né lo stufato. Va' che usanze, poveracci!</blockquote>
Se Malquist è a Nazareth, quando la Palestina era un'organizzata provincia romana...<br />
Non è difficile immaginare la direzione del racconto che non spoilero, perchè merita davvero.<br />
E' un finale da dio per un'<b>antologia di racconti sicuramente insolita</b>, specie in un panorama editoriale più morto che vivo (ma per chi vive a Thanatolia, questo è un bene....)<br />
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Bibliografia<br />
<a href="https://www.amazon.it/scure-sepolcri-Ciclo-Marauders-Chronicles-ebook/dp/B07PNS9ZDW/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1553278628&sr=8-1&keywords=la+scure+e+i+sepolcri">La scure e i sepolcri: Ciclo: Crypt Marauders Chronicles</a> (Amazon)<br />
Gilbert Gallo, ti ho rubato l'espressione Axe & Sorcery: chiedo perdono!<br />
<a href="http://heroicfantasyitalia.altervista.org/in-libreria-la-scure-e-i-sepolcri-2019-di-alessandro-forlani/">In libreria: LA SCURE E I SEPOLCRI (2019) di Alessandro Forlani</a> (Heroic Fantasy Italia)<br />
<a href="https://delos.digital/collection/141/heroic-fantasy-italia">Heroic Fantasy Italia. A cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver</a> (Delos Digital).<br />
<br />Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-51860188451062769482019-08-30T08:00:00.000+02:002019-09-12T21:44:03.106+02:00"Scourge of Fate" Quando il protagonista è il Black Knight. Impersonare un villain<b><br /></b>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhfHKq1Naw316qbfPFXVZMZtJW1twkjIKXCiKdNFX8g2XcNRyNS87qS4X0Xw1e1-u0vV-C39nKyB1GFOU7CQV-emmJ5SGG-0rzPOzeo2bCk_2dRqVzRs1Oc3yh5pdqWUggG0xMo-tzp8oY/s1600/scourge+of+fate+age+of+sigmar.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="860" data-original-width="560" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhfHKq1Naw316qbfPFXVZMZtJW1twkjIKXCiKdNFX8g2XcNRyNS87qS4X0Xw1e1-u0vV-C39nKyB1GFOU7CQV-emmJ5SGG-0rzPOzeo2bCk_2dRqVzRs1Oc3yh5pdqWUggG0xMo-tzp8oY/s320/scourge+of+fate+age+of+sigmar.jpg" width="208" /></a></div>
<b>Vanik</b> era solo un neonato sporco di sangue uterino quando suo padre cercò di sbattergli la testa contro il ghiaccio della capanna.<br />
Ma Vanik si rivelò protetto dagli dei, perchè un demone comparve dal nulla, decapitando il padre infanticida con un singolo guizzo d'artiglio.<br />
Quando la tribù barbara venne assalita dai lupi, Vanik non venne divorato, ma fu accolto nel loro branco e per due anni condivise carne e gloria con questi nobili animali.<br />
Leggende, voci, racconti mormorati attorno al fuoco. Vanik non se ne cura, perché il suo sguardo è rivolto al futuro, divorato da un'eterna ambizione.<br />
Nato in una tribù di barbari adoratori del Caos, il bambino è ora divenuto un condottiero, un flagello delle terre civilizzate. Un pellegrino nero, come ama definirsi, alla continua ricerca di potere e gloria. Mentre i suoi compagni in armi consacrano la propria vita a seguire un singolo dio del Caos, Vanik preferisce seguire la via del <b>Caos Indiviso</b>: sottrarre favori e attenzioni da tutte e quattro le divinità del pantheon, ma senza diventare una loro infame marionetta.<br />
C'è un solo dio a cui Vanik vuole votarsi: <b>Archaon il Prescelto Eterno</b>, Archaon il Re dei Tre Occhi, Archaon il Rasoio del Mondo. Un dio che era un tempo un uomo, prima che la sua ambizione lo trasformasse nell'emblema stesso del Caos. E tra le schiere di Archaon, Vanik vuole diventare un cavaliere della <b>Varanguard</b>, la guardia personale di Archaon. Le truppe scelte tra le truppe scelte, la <i>creme de la creme</i> della cavalleria caotica.<br />
Ma proprio per venire ammesso nella prestigiosa cerchia, Vanik dovrà compiere un'impossibile missione...<br />
<a name='more'></a><br />
<b>Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda</b>. Le nobili avventure di Lancillotto. Sir Galvano e la ricerca del Graal. Il Cavaliere Verde. La Dama del Lago. Le giostre, i duelli, gli assedi. La <b>mitologia arturiana</b> è densa di personaggi e situazioni riprese successivamente dal fantasy moderno. E tra i personaggi delle saghe delle origini, spicca il <b>Cavaliere Nero</b>.<br />
Misterioso villain che (s)compare come più gli piace, il Cavaliere Nero è un guerriero formidabile, ma dall'anima color gaietto come la sua armatura.<br />
Il romanzo “<b>Scourge of Fate</b>” si pone l'interessante domanda di <b>chi sia il Cavaliere Nero</b>: cosa pensa, cosa vuole, cosa desidera un “cattivo” di quella risma?<br />
E lo applica al mondo di Warhammer, alla nuova ambientazione di Age of Sigmar. <b>Vanik infatti è il Black Knight</b>. E ovviamente nel mondo della Games Workshop questi <b>è un guerriero del Caos Indiviso, affamato di gloria</b>.<br />
Potremmo effettivamente definire “Scourge of Fate” come <b>il romanzo dell'anti-paladino per eccellenza</b>. L'autore <b>Robbie MacNiven</b> - meglio noto per i romanzi di fantascienza - ricama l'arazzo di un'anima dark, ossessionata dal potere. Un guerriero che vive per combattere, teso a conquistare il suo posto nella Varanguard di Archaon, qualunque sia il prezzo.<br />
Vanik, a confronto con altri adoratori del caos, non è né particolarmente efferato, né particolarmente crudele, ma quanto colpisce è la sua assoluta dedizione a sacrificare tutto, ma proprio tutto, pur di entrare tra i prescelti di Archaon.<br />
Durante i combattimenti Vanik avverte il cameratismo con i suoi cavalieri, con guerrieri che lo hanno accompagnato per decenni. Tuttavia non esita mai a soffocare questi sentimenti come bambineschi, a rimproverarsi ogni moto di umanità. Il suo stesso rapporto con la sorella, una regina guerriera Darkoath, è squisitamente pragmatico: i barbari al suo servizio sono pedine da sacrificare in battaglia, nient'altro. Robbie MacNiven ritrae <b>un guerriero assolutamente amorale</b>, rendendolo al contempo <b>stranamente amabile</b>.<br />
Se Vanik infatti da un lato è un guerriero arrogante ed egoista, dall'altro <b>è un self-made-man</b>.<br />
Egli è nato in una tribù di barbari dove tutti lo volevano morto e si è aperto la strada – tra sangue e budella – nella società caotica. Non ha reali amici se non per la devozione religiosa della tribù al suo seguito; non ha maestri, se non una guerriera di Archaon, Karen Daemonflayer, che lo manovra per i propri intrighi. Vanik è solo nella sua sete di gloria e non c'è momento nel romanzo dove non debba cavarsela da solo, un arto mozzato alla volta. Al confronto con le noiose profezie di Sigmar, Vanik è un guerriero qualunque, assorto a una posizione di dominio solo in virtù del proprio coraggio e abilità di combattente. Qui risiede la chiave dell'identificazione del lettore che segue volentieri le imprese di questo <i>underdog</i>, di questa sfavorito dagli dei che sogna oceani di sangue.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMnWmuo8QufAw8ELTYJlvKfWpstCG3yC1LUBLkN9E4Ohyphenhyphen4dyMdS6WdYwFcb5Noc4oFDi_MvvIcXnNBqv5f8zWvr6dpegKEj3gusKgkhm00Oai6jKVR36LIlEakN47a4fiLlYBi8ORWYvg/s1600/geoff+taylor+guerrieri+caos+oldhammer.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="649" data-original-width="1199" height="346" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMnWmuo8QufAw8ELTYJlvKfWpstCG3yC1LUBLkN9E4Ohyphenhyphen4dyMdS6WdYwFcb5Noc4oFDi_MvvIcXnNBqv5f8zWvr6dpegKEj3gusKgkhm00Oai6jKVR36LIlEakN47a4fiLlYBi8ORWYvg/s640/geoff+taylor+guerrieri+caos+oldhammer.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Geoff Taylor</td></tr>
</tbody></table>
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Il romanzo dapprima descrive Vanik guadagnare una spada demoniaca – la cui insidiosa voce non fa breccia nell'animo arido del guerriero – spostandosi poi nei reami del Caos, fino alla fortezza personale della Varanguard di Archaon. Qui Vanik riceve il suo reale incarico, ovvero eliminare il condottiero di una città degli umani nel Reame del Metallo. L'uomo, il <b>castellano Albermarl</b>, sembra destinato secondo gli dei del Caos <b>a diventare uno stormcast</b> e <b>a rovesciare la fortezza stessa di Archaon, la Varanspire</b>. Un'impresa difficile, perchè Vanik dovrà così stanare dalla città di Albermarl, Helmgard, il suo obiettivo, affrontando un esercito di uomini e nani. Ma non c'è tempo da perdere, perchè il concorrente di Vanik per entrare nella Varanguard, Blackhand, è già in viaggio a radunare le sue schiere per battere sul tempo il rivale. Quest'ultimo lo disprezza non solo per l'ottusa brutalità, ma perché devoto a Khorne, schiavo del dio del sangue. L'autore è particolarmente bravo a delineare come Vanik sia <b>orgoglioso della sua indipendenza</b>, dell'essere uno spirito libero devoto solo al Caos nella sua interezza.<br />
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<blockquote class="tr_bq">
To choose just one branch of the Eightfold Path, one God amidst the Great Pantheon, was to open yourself to that weakness. It meant that a warrior could no longer choose his own path, that he was dictated to by something that viewed him only as a plaything. It ensured that there was nothing to be bargained with, nothing to be withheld. Earlier, when Vanik had first left the lodges of his village, he had not understood such subtleties, but he had been fortunate – the first champion he had served under, Golgeth Eightpoint, had taught him the value of serving the Four in turn, how each could grant different boons, and presented different dangers.</blockquote>
<br />
L'ultimo terzo del romanzo, infine, è dominato dallo scontro di Vanik contro Albermarl e il suo libero esercito di Helmgard, risolutamente tesi a combattere (e a morire) per Sigmar. Una <b>gigantesca battaglia campale</b>, rievocata con grande attenzione alle tattiche e ai movimenti delle truppe.<br />
<br />
“Scourge of Fate” senza dubbio ha uno dei suoi punti di forza nella descrizione particolareggiata e attenta dei reami del Caos, i cui popoli finalmente vengono descritti in maniera credibile. C'è una contorta economia, alla base dei territori sotto il gioco caotico, un'anarchica organizzazione lontana dallo stereotipo delle orde dei barbari scaturiti dal nulla.<br />
Sebbene continui a mancare quell'attenzione all'agricoltura e all'economia presente persino in Tolkien, quando accenna a come Mordor abbia vaste coltivazioni nelle terre dell'Harad e di Umbar, la ricostruzione è valida.<br />
Presso i giganteschi accampamenti di barbari e guerrieri del caos, ad esempio ritroviamo le famiglie dei soldati, le puttane e soprattutto i mercanti.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
They passed around the edge of a sutler enclave, where merchants and traders from across the dominions of Chaos were peddling their wares to the encampments – hides and pelts, fresh meat, gritbread and lard, herbs and root-plants, coarse ales, and garments of leather and linen, fur and silk. There were trinkets in abundance, tokens and icons of wood and stone, brass, iron, clay and bone, and less identifiable substances, etched in a thousand different shapes and sizes and dedicated to any of the multifarious ways of the Eightfold Path.</blockquote>
<br />
Ma non mancano ovviamente le scene di delirio, incubi nella tradizione di Bosh e dei surrealisti.<br />
I devoti a Khorne, ad esempio, si tagliuzzano con i coltelli rituali all'interno di processioni senza fine, prima di morire annegati nel loro stesso sangue.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
Vanik murmured a prayer-blessing to the Blood God as they carried on down a narrow street lined with shrines and statues to the champions of the World-That-Was. Blood-supplicants stumbled and staggered out of the retinue’s way, their howls filling the dank air. The wretched creatures were stripped bare and slashing themselves with ritual blades provided by the shrine’s bullheaded keepers, until they were drenched head to foot in their own blood. They were permitted to wander the street, begging for the blessings of the Warhound, until weakness and exhaustion made them collapse. As soon as one did, other gore-drenched supplicants would swarm them, brutally hacking off the head to add to the offering piles stacked up outside each shrine.</blockquote>
<br />
I territori sotto il dominio del caos vedono <b>il tempo e le distanze distorcersi e mutare</b> a seconda dei voleri degli dei: Vanik, quando sente di essere “fortunato”, attraversa i territori fino alla Varanspire in pochi giorni, ma come egli stesso confessa, altre volte gli ci erano voluti mesi interi.<br />
Niente è fisso, tutto muta e cambia continuamente all'interno di queste zone, con un forte senso di<b> weird</b>, d'una realtà corrosa e senza più regole, niente più che un balocco degli dei.<br />
Varanspire, a sua volta, ricorda un'<b>Hogwarts sotto psicoacidi</b>: un labirinto di corridoi, specchi e grottesche figure, esteso su chilometri di camminamenti e torri, trabocchetti e fossati.<br />
<br />
La battaglia finale – quasi un terzo del romanzo – gioca la parte del leone: uno scontro campale tra le forze del caos di Vanik e l'esercito del bene di Albermarl. Robbie MacNiven ha confessato come la principale ispirazione gli sia giunta <b>dai romanzi storici</b> di <b>Bernard Cornwell</b>.<br />
E lo dimostra bene: nelle mischie convulse con masse di uomini che si sbudellano e impalano, negli scontri tra i muri di scudi dei barbari e dei nani, nelle ferocissime cariche della cavalleria pesante...<br />
L'autore non risparmia il fragore, il disordine, l'incomprensione degli ordini gridati nel fumo, ricamando un bell'arazzo di combattimenti assolutamente feroci.<br />
Il castellano, bersaglio di Vanik, è infatti convinto come i suoi nemici siano niente più che una diversa forma di orchi, certo più intelligenti, ma altrettanto facili da sconfiggere.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
‘They fight the same way,’ - riflette Vanik durante lo schieramento delle reciproche truppe - ‘So many of the Free Cities. They think of war as a profession. They view it as a job to be performed, like tilling a field or labouring in a forge. At the end of each day they collect their payment, and they go home. That is why they lose. That is why the Mortal Realms will fall. War is not a profession. It is the reason for existence itself. It gives us focus and purpose. It fixes the eyes of immortals on us, and brings us unimaginable rewards.’</blockquote>
<br />
Mentre in molti romanzi tratti dai videogiochi o generalmente<i> tie-in</i> la violenza viene annacquata nella descrizione dei colpi reciproci, nell'uso di descrizioni astratte e impersonali, qui la battaglia è un affaraccio sporco e lurido.<br />
Ad esempio, il guerriero più valente al servizio di Vanik è un invasato di Khorne prossimo a crisi psicotiche, che falcia i suoi nemici come grano maturo:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
The monster killed Stromez. Hilfinger saw it plough its great spear through the duardin’s ancestor shield as though the gromril were mere parchment. It caught the duardin just beneath his silver ancestor mask, the stylised metal beard turning suddenly red as his head was half severed by the force of the blow.</blockquote>
<br />
Vanik stesso, a sua volta, non scherza quando carica, lancia in resta...<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
The horse’s head came away in a spurt of bright arterial blood that doused both the human knight and Vanik, a second before Nakali flew from its scabbard and beheaded the falling nobleman.</blockquote>
<br />
E poi, ammettiamolo, è divertente leggere i guerrieri del bene finalmente ricevere le batoste che meritano, diamine!<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYcbyLeVJk8DTEzly8_M-d9Fj5JS7FVaCNfkZ6O1b6Vel1DFgaMrwqmOXvNddrB1lTyk9wF9dVE0wPySuEclWxJX33If-oGr0sQIvcW7c565Rl0BdteSzelZQgwbGwJfG9zxqsg33gZ_M/s1600/adrian+smith+guerrieri+caos.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="545" data-original-width="1196" height="291" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYcbyLeVJk8DTEzly8_M-d9Fj5JS7FVaCNfkZ6O1b6Vel1DFgaMrwqmOXvNddrB1lTyk9wF9dVE0wPySuEclWxJX33If-oGr0sQIvcW7c565Rl0BdteSzelZQgwbGwJfG9zxqsg33gZ_M/s640/adrian+smith+guerrieri+caos.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Adrian Smith</td></tr>
</tbody></table>
Il migliore merito della battaglia, tuttavia, risiede nella sua accurata descrizione delle tattiche e dei comportamenti di entrambe le forze in campo, raccontate attraverso i reciproci generali e una manciata di personaggi base, dal capitano dei picchieri, al comandante dei nani.<br />
I combattimenti non detraggono da quanto rimane – in termini cinematografici – una telecamera fissa e chiara che non scade mai nella mischia a centro campo.<br />
E qui si nasconde la più grande forza e al tempo stesso la più grande debolezza di questo romanzo, forse tra i migliori ambientati a Age Of Sigmar. <b>La battaglia infatti rievoca</b> – con i suoi blocchi di truppe, con le sue manovre, con la risoluzione dei combattimenti – <b>il Vecchio Mondo di Warhammer Fantasy</b>.<br />
I racconti di guerra ai tempi della quinta edizione, i consigli su come schierare, su come muoversi, i tatticismi dell'Impero e le combinazioni di armi e armature magiche dei grandi eroi... Se il romanzo funziona, lo fa solo in virtù di questo sostrato precedente, di quest'eredità <i>oldhammer</i>. I passaggi migliori del romanzo rievocano alla perfezione la trilogia “<b>Schiavi dell'oscurità</b>” di <b>Gav Thorpe</b>, la quale narrava la caduta di un templare dell'Impero irrimediabilmente corrotto dalle promesse fallaci del caos.<br />
E qui, come si suol dire, casca l'asino. Perché se un romanzo di Age of Sigmar funziona quando nasconde di appartenere a quell'ambientazione, quando diverte, perchè senza Stormcast, senza quegli elementi che rendono il setting riconoscibile... C'è chiaramente un problema grave.<br />
“<b>Scourge of Fate</b>” <b>funziona perchè nega</b> quell'etichetta “sigmarita”, <b>nega tutte le caratteristiche più evidenti, più emblematiche di Age of Sigmar</b>. E non è un bel segnale se a cinque anni di distanza dalla cancellazione di Warhammer Fantays, il meglio di Age of Sigmar sono prodotti che ricordano la precedente ambientazione che si desiderava assolutamente dimenticare.<br />
<br />Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-30328948618276225972019-08-24T08:00:00.000+02:002019-08-30T00:35:13.872+02:00Go east, young man! Cronache di viaggio: Praga-Bratislava-Vienna<br />
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Quando si scrive una
frase, <b>è la maiuscola dell'iniziale a conferire forza, vigore,
carattere</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">L'inizio influenza
l'intero periodo, lo determina, lo plasma: tutte le altre parole gli
rimangono subordinate. Questo vale all'identico modo per la storia
dei popoli o per le relazioni tra gli individui. Come annota il
filosofo <b>Alain de Benoist</b>, “<i>Dopo, ci si accontenta di sfruttare,
con sempre minor forza, quel che costituiva questo cominciamento</i>”.
Un ragionamento che funziona particolarmente bene quando applicato
alla storia delle rivoluzioni: basti pensare alla Francia con il
1789; agli Stati Uniti con il 1776; e così via. Voler rivivere
l'evento storico, l'emozione di questo primo momento porta a esiti
tragici, grotteschi: all'arroganza degli ex sessantottini, alle
milizie libertarie negli <i>States</i>, al culto di un passato ormai
passato. Al contrario, nella storia, così come nella vita,
bisognerebbe re-iniziare senza voler recuperare a ogni costo il
sentimento della prima volta.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><b>L'inizio conta</b>;
nient'altro.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">E da quale pulpito la
predica, considerando come proprio io ci sia cascato qualche
settimana fa, quando mi sono recato in Europa centro-orientale. Io e
la mia <i>fiancee</i> volevamo da tanto fare un viaggio visitando <b>tre
città della Mitteleuropa</b> con i <b>biglietti dell'Interflix</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">E non
appena il pensiero è volato alle lande del centro-est Europa, un
nome mi è balzato alle labbra. <b>Praga!</b> Volevo assolutamente tornare a
Praga. Oramai erano passati cinque anni da quando mi ero recato nella
bella capitale della Repubblica Ceca; e nonostante fossero stati
pochi giorni, mi era rimasta <a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2015/04/di-ritorno-da-praga.html">indelebilmente impressa nel cuore</a>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Eppure qui ho commesso l'errore che lamentavo: voler cercare di
rivivere la sensazione dell'inizio, invece che <b>ricercare qualcosa di
nuovo</b>. Così nella realtà – mentre camminavo mano nella mano con
la mia dolce metà tra le strade acciottolate di Praga – continuavo
a cercare i segni di quella città vissuta ormai cinque anni orsono.
Senza trovarli. Volevo respirare l'atmosfera del primo viaggio, ma
presto mi ritrovai cianotico. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Un'altra città sul tracciato mi destò
simili sentimenti: <b>Vienna</b>. Non l'avevo mai visitata, ma dopo quasi
due anni a studiare un archivio di un italiano residente a Vienna –
<b>Filippo Zamboni</b> – tra il 1875 e il 1914, avevo una chiara immagine
della città. Sapevo dei suoi caffè, dei suoi ristoranti, dei suoi
tram, dei suoi giardini: solo però dalla peculiare prospettiva di un
secolo prima. Pure qui volevo rivivere un'atmosfera che percepivo
aver già vissuto... Ma stavolta nelle carte dell'archivio del Civico
Museo di Storia Patria. Non è la prima volta che rifletto come
<b>studiare un archivio</b> sia un'esperienza simile a quella del viaggio,
con l'eccezione che <b>attraversi il tempo invece dello spazio</b>. La mia
Vienna mentale in ogni caso non corrispondeva alla Vienna reale e per
quanto me lo aspettassi... <i>Well, that was a disappointment</i>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">E in tutto questo, io e la
mia compagna avevamo scelto una stazione intermedia, che ci lasciava
incerti: <b>Bratislava</b>, in Slovacchia. Come sempre, non avendo
aspettative su questa piccola capitale dell'orgoglioso popolo
slovacco, siamo rimasti piacevolmente sorpresi.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyAyvXdYBaqS2NY_45lEJhJCB1tuCZzEmSwRPW80w3b4pq3jATV0wjj__q_ful4rZ1JBG3sbUzbvlJvUD-rwmAkCUaOGAdyBo9bXsEJNE_boENN63OS31nw4c76HQ26kDrY9gf-2DzISw/s1600/bratislava+statua+maria+teresa.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="744" data-original-width="1100" height="432" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyAyvXdYBaqS2NY_45lEJhJCB1tuCZzEmSwRPW80w3b4pq3jATV0wjj__q_ful4rZ1JBG3sbUzbvlJvUD-rwmAkCUaOGAdyBo9bXsEJNE_boENN63OS31nw4c76HQ26kDrY9gf-2DzISw/s640/bratislava+statua+maria+teresa.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Che sia Trieste o Bratislava, non si sfugge a Maria Teresa d'Austria (giardini presidenziali)</td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<a name='more'></a><span style="font-family: inherit;">Il flixbus sputa, sussulta
sull'asfalto accidentato: infine, con stridore di freni, s'inchioda
all'ultima fermata. Il latrato dell'autista avverte in un inglese
masticato e incomprensibile che siamo arrivati a “</span><i style="font-family: inherit;">Prague</i><span style="font-family: inherit;">”. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La
città di cinque anni fa era una <b>nobildonna di classe</b>, una magnifica
donna abbigliata con vezzosi edifici liberty, dal volto del castello
incorniciato con guglie e campanili. <b>Cordiale</b>, a volte <b>un po'
ruffiana</b>, ma pur sempre molto aperta. Quella Praga ora la
rivedevo egualmente bella e regale, ma dal vestito un po' strappato,
un po' rattoppato. Dalle gambe sfregiate di spazzatura e graffiti
nelle periferie, alle braccia strattonate della metro ingolfate di
comitive di turisti danesi e inglesi, fino all'orrenda confusione
mentale del Castello, vera e propria bolgia di visitatori d'ogni
parte del globo, fusi in un coacervo soffocante di smartphone e urla,
biglietti e bambini urlanti. Rispetto a un tempo, lo confesso, <b>Praga
l'ho ritrovata invecchiata e sporca</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Rimane bella, certo; quasi
<b>un luogo dell'anima</b>. C'è una magia sottopelle alla città propria
della capitale ceca e che filtra, nonostante tutto, dagli edifici e
dalla gente. E rimane una nobildonna cordiale, con la quale raramente
ho trovato disaccordi. Certo, una cordialità adulatrice: sa bene
quali vantaggi le derivino, dall'essere comprensiva e paziente
persino col più tardo turista. Ma non è qualcosa da sottovalutare,
bensì la componente di una <i>forma mentis</i> assente in tante città
turistiche <i>wannabe</i>, Trieste <b>in primis</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il<b> Ponte San Carlo</b> resta –
pur nella massa di truffatori e comitive – una visione sublime,
talmente romantica da sembrare irreale. Mentre le viuzze del centro
rimangono un intossicante amalgama di edifici gotici e ottocenteschi
davvero deliziosi, dove ogni angolo svela una nuova meraviglia. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La
città rimane come cinque anni addietro viva e vibrante: <b>l'eredità
storica non l'appesantisce, ma sembra piuttosto catapultarla verso il
futuro</b>. Non la congela in un secolo o in un periodo preciso, ma
piuttosto ricama un'atmosfera soffusa e inconfondibile. Praga non
appartiene alla storia, a “quel” secolo, a quell'evento storico;
piuttosto quel secolo ne rappresenta una caratteristica, una
componente tra le tante. La sua bellezza deriva dalla sua storia, ma
a sua volta quest'ultima non la possiede come tante altre città.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">E proprio ripercorrendo la
città, ho sentito un colpo al cuore a rivederla così violata,
sottoposta a continue angherie da una massa di turisti paragonabile a
Venezia. Il centro storico, in alcuni frangenti, è davvero
invivibile e il castello... letteralmente sommerso di visitatori. Il
<b>Vicolo d'Oro</b>, ad esempio, è una frazione deliziosa del borgo, una
successione di casette tali da rivaleggiare con un villaggio fantasy.
Ma la quantità di persone era davvero esorbitante, un metro quadro a
persona, una potenza tale da far tremare le fragili mura delle case.
Giudizio personale, certo, ma Praga dovrebbe seriamente iniziare a
valutare quali costi e impatti abbia un simile esercito di turisti
sugli edifici e la qualità della vita. Attualmente la nobildonna
continua a sorridere e rimane <b>più bella che mai</b>, ma non vorrei che
alle gambe già stanche si aggiungesse <b>una testa fratturata o un
occhio nero</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Uno studio sui legami tra
gli <b>Stati Uniti </b>e la <b>Repubblica Ceca</b> sarebbe senza dubbio
interessante. Non è una novità quale interesse i nostri cugini
oltreoceano nutrano per la cultura europea, spesso evidente nella
generosità di certe donazioni, come a Notre Dame. Mi chiedo però
quale prezzo comportino alcuni finanziamenti, alcune ingerenze nel
sistema museale ceco. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Palazzo Lobkowitz</b>, nell'area del Castello, ha
infatti ricevuto ingenti finanziamenti e sembra averne tratto
giovamento: intere sezioni della collezione della famiglia nobile
sono state recuperate solo grazie all'aiuto americano. Tuttavia
l'audioguida trasmette già quale sia stato il prezzo, a partire da
una <b>banalizzazione delle didascalie</b>, a un'<b>eccessiva enfasi sui
Lobkowitz stessi</b>, concludendo con i continui <b>salamelecchi di
ringraziamento</b>. Niente di grave, ma un elemento su cui riflettere.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgALZTxa9COFTnw_Aws5IUZ5mvTI4uIlcfntXMVOGsgJTQYGEBL3GrHwhPZdR2hitDU1qG3hVh3zDJPx5gRs5SgbZdG0_faYZCCwoM7s_4NdedzycKahqvAVNe4fSrZAvwE4XAdB24M1Fg/s1600/museo+del+comunismo+praga+%25282%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="979" height="449" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgALZTxa9COFTnw_Aws5IUZ5mvTI4uIlcfntXMVOGsgJTQYGEBL3GrHwhPZdR2hitDU1qG3hVh3zDJPx5gRs5SgbZdG0_faYZCCwoM7s_4NdedzycKahqvAVNe4fSrZAvwE4XAdB24M1Fg/s640/museo+del+comunismo+praga+%25282%2529.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Un dettaglio del Museo del Comunismo (Praga)</td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il </span><b style="font-family: inherit;">Museo del Comunismo</b><span style="font-family: inherit;">,
all'opposto, è invece un perfetto esempio di quale influenza possano
avere gli americani a Praga, perché progettato (e pensato) da un
imprenditore statunitense. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il Museo ripercorre con fotografie,
testimonianze e affascinanti reperti la grigia storia della
Cecoslovacchia sotto il regime comunista. Un anniversario d'una certa
importanza, quest'anno, perchè ricorrono i <b>trent'anni</b> dalla <b>caduta
del muro di Berlino</b> (<b>1989-2019</b>). </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Purtroppo la qualità delle scene
ricostruite, così come dei reperti, appare inficiata dalle
didascalie meno storiche che abbia mai letto. Letteralmente ho letto
commenti più equilibrati su 4chan. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il museo appare percorso da un
sarcasmo, un'indignazione talmente esagerata da sortire l'effetto
opposto. L'atrio annuncia, con parole di fuoco, che l'ideologia
marxista ha causato “oceani di sangue” e si procede, di sala in
sala, attraverso una narrazione storica squilibrata e frammentaria. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Non c'è un'adeguata contestualizzazione, non c'è una reale
ricostruzione storica, non c'è un tentativo di comprendere l'“altra
parte”. Mi chiedo se i cechi siano davvero così contenti di avere
un museo così “volgare”, così sardonico nella sua esposizione.
La crescita demografica degli anni sessanta, a cui il regime rispose
con la costruzione edilizia nello stile brutalista, ad esempio, viene
rimproverata come orribile e mostruosa. Eppure edifici e quartieri
simili venivano costruiti in tutto il mondo, durante quel periodo;
magari con forme diverse, ma il cemento armato era il materiale di
quel decennio. Esattamente, cos'avrebbe dovuto fare la
Cecoslovacchia? Costruire schiere di villette, forse? </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">In altri casi
conquiste del popolo ceco vengono sminuite, perché avvenute sotto il
regime comunista: dal primo uomo ceco nello spazio, all'invenzione
delle lenti a contatto, alle vittorie nello sport.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">C'è poi una <b>violenta
contraddizione interna al Museo stesso</b>: <b>le testimonianze dal vivo
contraddicono le didascalie</b>. Ovvero: le spiegazioni scritte
“all'americana” non trovano riscontro nelle storie e negli
aneddoti delle diverse persone intervistate. C'è pertanto un
interessante paradosso, per cui quanto doveva essere il giudizio
equilibrato del Museo si rivela fallace, mentre i ricordi dei diversi
intervistati sembravano essere molto più oggettivi.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">L'uomo ad esempio
intervistato a proposito della monumentale statua a Stalin sui
giardini Letnà ricorda con grande affetto la sua costruzione, la
reputa un capolavoro, un'opera di ingegneria senza pari all'epoca.
Qualcosa di cui va orgoglioso, dichiara sorridendo a tutti denti alla
telecamera. Stiamo discutendo di una statua ancora dell'era
staliniana, un colosso inneggiante al regime comunista, reputato la
costruzione più odiata di sempre dietro la cortina. Eppure qui
abbiamo un uomo che confessa come aver partecipato alla sua
costruzione fosse la cosa più bella mai capitata nella sua vita.
Altre volte, la testimonianza involontariamente lascia trapelare
pregiudizi di classe. Invidie difficilmente comprensibili per chi ama
l'eguaglianza. Uno degli uomini ad esempio fuggito dal regime negli
anni settanta ricorda con grande affetto come in Austria ci fosse la
“borghesia”. L'amore per la <i>middle class</i>, la bellezza che ci
siano ranghi sociali! Il suo più dolce ricordo, non appena arrivato
in Austria, è una madre che rimprovera la figlia che piange,
ricordandole che sono della “<i>middle class</i>” e loro non piangono
“come gli altri”. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Le testimonianze non risparmiano nemmeno la
vacca sacra degli occidentali, <b>Jan Palach</b>, “<b>martire della libertà</b>”.
Il primo ceco osserva come conosca poco la notizia, il secondo si
dichiara poco impressionato, il terzo afferma che a suo parere Palach
non voleva morire, ma l'intero <i>stunt</i> era già programmato fin
dall'inizio. I suoi amici avrebbero dovuto spegnere il fuoco prima
che lo bruciasse vivo, ma vennero presi dal panico. La morte eroica
di Jan Palach risulterebbe così niente più che una ragazzata
trasformatasi in tragedia. Non a caso lo scetticismo dell'uomo non
era prominente nella mostra, ma presente negli ultimi pannelli,
vicino al bar. Come a nasconderlo.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Mi chiedo quale forma
avrebbe assunto il Museo se gestito completamente dai cechi, secondo
una visione storica che nulla avrebbe tolto alla brutalità del
regime comunista. Alcune volte un'esposizione sobria e oggettiva
ferisce maggiormente della volgarità gratuita. I musei e i memoriali
sull'Olocausto e la Seconda Guerra Mondiale sono in tal senso ottimi
maestri.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhex0nEvM95bcfV3dINW51n-VjAZNjt4cDUoYo-5ANwcxEpP3OOx9dodF8_BLTLstbM3Yq8RVlUe0fi0R2Tf16Vin4TWMhnzHV3gOcku8MSYzm8mpdgawDfBokDuEp4XdSF-OsBJZeg8zk/s1600/bratislava+castello.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="771" data-original-width="1140" height="432" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhex0nEvM95bcfV3dINW51n-VjAZNjt4cDUoYo-5ANwcxEpP3OOx9dodF8_BLTLstbM3Yq8RVlUe0fi0R2Tf16Vin4TWMhnzHV3gOcku8MSYzm8mpdgawDfBokDuEp4XdSF-OsBJZeg8zk/s640/bratislava+castello.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Bratislava dall'alto del Castello</td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<b style="font-family: inherit;">Bratislava</b><span style="font-family: inherit;">, che città! Un
gatto scorbutico e arruffato, ma dall'innegabile fascino</span><i style="font-family: inherit;"> kawaii</i><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La
periferia è una distesa di casermoni anni Settanta nello stile
brutalista, ma ridipinti con colori vivaci. Un tentativo di
ingentilirli riuscito solo a metà, ma quantomeno col merito di
conferire freschezza ad aree altrimenti irrimediabilmente grigie. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Dopo aver superato la reale ferita cittadina, ovvero una gigantesca
autostrada che letteralmente la taglia a metà l'abitato, lo
spettatore viene accolto con il primo assaggio della città. Non
sorprende che la città sede del <b>giuramento di Presburgo</b> possegga
così tanti edifici settecenteschi e neoclassici, ma si rimane
egualmente sorpresi dall'<b>atmosfera a metà tra Maria Teresa e
Napoleone</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">E se gli Asburgo sono stati depennati dalla storia del
Castello e dei musei, Maria Teresa d'Austria rimane ancora popolare:
dai quadri, ai monumenti, ai giardini. Non solo settecento, però,
perché accanto alla consueta dieta di edifici eclettici sopravvive
un nucleo medievale e cinquecentesco piuttosto suggestivo. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La
Slovacchia ha iniziato da poco un processo di rivalutazione di
quant'era, ai tempi della cortina di ferro, una <b>città grigia per
eccellenza</b> e pertanto la città sembra “bloccata” tra due spinte contrapposte. La periferia,
grazie al lavoro svolto sul quartiere operaio, mantiene un'uniformità
sorprendente, ma il centro cittadino alterna edifici restaurati da
pochi anni, se non mesi, con vere e proprie macerie. Le stesse piazze
principali affiancano capolavori di stucco e colori a grigi fantasmi
dalle fondamenta instabili. In tal senso sì, <b>Bratislava è un gatto
arruffato</b>, <b>ancora molto sporco</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Io dal mio canto la trovo
irresistibile proprio in virtù di questa sporcizia, di questa
decadenza alternata al nuovo rampate. La statua di Maria Teresa a
cavallo cede così il passo a una fontana sovietica, la casa
ottocentesca riverniciata di un vivace azzurro alle fatiscenze di una
locanda medievale che si accartoccia su sé stessa. Il contrasto
architettonico non è una debolezza, ma un punto di forza, perché
impedisce allo spettatore di assuefarsi a un determinato stile.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La <b>gente è scorbutica,
leggermente maleducata</b>. La popolazione adulta intesa come la fascia
dei quarantenni/cinquantenni sembra assente (emigrata?) pertanto o ci
si imbatte in giovani, giovanissimi o nelle fasce anziane. In tal
senso, specie nei ristoranti e nei bar, la sensazione è quella di
essere a casa, a Trieste, perché il cameriere o il barista sembrano
non volerti avere come cliente, se non come ripensamento dell'ultimo
momento.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Se preferiamo considerare
la questione sotto un altro punto di vista, </span><b style="font-family: inherit;">Trieste e Bratislava
hanno un simile approccio nel turismo</b><span style="font-family: inherit;">: c'è la volontà istituzionale
e imprenditoriale di trasformarsi in un importante luogo turistico,
eppure manca una </span><i style="font-family: inherit;">forma mentis</i><span style="font-family: inherit;">, un “saper fare” che posseggono
solo i centri turistici di lunga esperienza. Siamo (sono) ancora
acerbi. La volontà c'è, ma alla prova dei fatti il turista viene
ancora avvertito come uno straniero, se non un nemico. Io
personalmente ne ero contentissimo, perché odio i luoghi turistici.
Certo, tutto questo viene con un prezzo: i controllori, ad esempio,
fanno grande attenzione a chiedervi sempre i biglietti e mi è anche
capitato di avere una slovacca che ci indicava con il dito al
controllore, </span>perché<span style="font-family: inherit;"> convinta fossimo degli abusivi.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Chissà, forse avere la
barba e i ricciolini nello stile di un ebreo orientale non ha
aiutato...</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Un altro espediente con il
quale Bratislava ha rinnovato la propria immagine grigia e arruffata
dopo gli anni di dominio sovietico consiste nella <b>costruzione di
statue originali e innovative</b>; una tradizione già presente nel
dopoguerra, ma assunta a vero e proprio paradigma negli ultimi anni.
Statue astratte, figure longilinee e stilizzate di uomini e donne
impossibili, addirittura razzi dove il vapor acqueo simula il fumo e
poi giochi d'acqua, simboli e incisioni. Sono <b>statue moderne</b>, ma con
quella leggerezza, quello <b>slancio mitopoietico</b> assente nell'orrendo
postmoderno delle città occidentali.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Durante i caldi mesi
estivi, nella Slovacchia bigotta e cristianissima, i <b>bambini giocano
liberi nelle fontane</b>: ci sguazzano, ci si rotolano, urlano e nuotano.
Un comportamento normale, che qui desterebbe lo scandalo dei (troppi)
misantropi. Un monumento e una fontana sono tali solo se parte
integrante della popolazione, se abbracciati dagli stessi.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Naturalmente non c'è
statua <b>senza giardino</b>. Mi domando alcune volte davvero quali manie
mentali, quali isterismi potremmo evitare concedendo ai cittadini il ristoro di un bel
viale alberato, di una passeggiata tra le fronde, di una panchina
sotto una quercia. Trieste in tal senso era partita bene – eredità
austriacante col Giardino Pubblico – ma gli ultimi decenni si sono
rivelati un'infinita distesa di cemento. Eppure il desiderio di aree
verdi figura tra le richieste più volute dalla popolazione, un grido
sordo che non accenna a placarsi. È un problema culturale, non solo
politico: lo stesso sindaco Roberto Dipiazza, a questo proposito, si
lamentava come avesse piantato tante belle aiuole nelle nuove piazze.
Ma un giardino non è un'aiuola, uno spiazzo verde con qualche albero
stinto. È un'unità autosufficiente: una sua zona con una struttura
di base, un'organizzazione, addirittura una mappa. <b>Non ci serve più
verde, ci servono giardini intesi come veri e propri ecosistemi, oasi
nelle quali trovare ristoro</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">L'erbetta di mezzo metro
quadro lasciamola agli architetti postmoderni.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Ho sempre desiderato
viaggiare ad est, dai tempi delle superiori. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Dapprima era il
Giappone, ma negli ultimi anni i miei piedi indelebilmente si muovono
a oriente. Non è più il richiamo nerd di Akihabara, quanto
un'inclassificabile<b> sensazione di attrazione verso l'est</b>. Come una
lancetta d'orologio o un fil di ferro preso all'amo da un magnete. <i>Go
east, young man</i>. Un tempo era Praga. Ora Bratislava. Ma <b>Budapest</b>, che
ho visitato lo scorso aprile 2019, rimane la più bella. Perchè
semplicemente più orientale, più lontana, più estranea. I contorni
del mondo a me ordinario scompaiono, ma questo nuovo mondo assume
<b>contorni stranamente famigliari</b>. È vecchio, spaventosamente vecchio;
eppure <b>sembra di essere a casa</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Non è la prima volta che
visito una città della Mitteleuropa, o dell'Europa dell'Est e vi
ritrovo una maggiore famigliarità che in una città italiana. La
connessione è indelebilmente più forte, nonostante la barriera
linguistica. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Sono caduto nella trappola del romanticismo, della spazzatura
orientalista? Può essere. Anzi, è probabile. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Eppure ripenso a
Trieste e continuo a vedere una città il cui naturale bacino è
l'oriente. La Russia, l'Asia. Perché no? L'Eurasia, ammettiamolo
pure.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Bratislava</b>, come
d'altronde <b>Praga </b>e<b> Budapest</b> – e in un certo senso persino <b>Vienna</b> –
condividono un comune sostrato architettonico, <b>una</b> (<b>doppia</b>) <b>eredità
imperiale</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">È quest'eredità che garantisce, nonostante i suoi
abitanti siano riluttanti ad ammetterlo, il reale funzionamento
dell'ecosistema urbano. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">L'Austria-Ungheria mosse i propri passi con
un entusiasmo positivista della seconda metà dell'ottocento pari a
pochi, proprio di un'epoca dove l'uomo non si vergognava di guardare
al futuro.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Le prime fabbriche, le
prime ferrovie... Ma sopratutto l'eredità più ingombrante, ovvero i
primi, compiuti edifici istituzionali: dalle Poste, ai Municipi, alle
Banche. Una qualsiasi stazione dei treni ottocentesca che sia a
Vienna, Bratislava, Budapest... è liberamente scambiabile, la mano è
la stessa.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Questo ruolo<b> squisitamente
infrastrutturale</b> viene negato, se non nella forma dei
Musei della Tecnica. Il secolo decimonono scivola sulle popolazioni
ceche e slovacche come se non esistesse, se non per lo sforzo di
liberazione nazionale. Eppure, come l'India dopo il dominio coloniale
inglese, i cechi e gli slovacchi non sembrano avere particolari
remore a utilizzare (e vantare) quella <b>simbologia del potere</b>, quella<b>
ragnatela burocratica</b> ed <b>economica</b> costruita sotto gli Asburgo.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La seconda dominazione
imperiale, ovvero quella <b>sovietica</b>, recupera e ingigantisce tutti
quegli elementi già evidenziati sotto l'Austria: dalla<b> costruzione
di periferie</b> tutt'ora gangli fondamentali nell'ecosistema urbano
delle città cecoslovacche, alla<b> formazione dell'industria</b>, alle<b>
stazioni stesse della metro</b>, per una larghissima parte costruite
negli anni Sessanta e Settanta.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">I bagni pubblici,
addirittura: a Vienna eredità squisita e stilizzata di Adolf Loos, a
Bratislava monumentali colossi di pietra brutalisti degli anni
Settanta, con rupestri incisioni. Il periodo sovietico in tal senso
dev'essere tanto più sgradevole, tanto più odioso nella misura in
cui cechi e slovacchi <b>non possono fare a meno di utilizzare una rete</b>
(<b>e un sistema</b>) <b>infrastrutturale frutto della cortina di ferro</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Se
volessimo paragonare Bratislava o Praga (e persino Vienna) a un uomo,
potremmo ricordarci di quelle persone che odiano sentire il proprio
respiro, il proprio sudore, le proprie funzioni personali. Estraniate
dal proprio corpo, perseguono un'impossibile astrattezza. Così a
volte mi sembrano i slovacchi, così tanti popoli dell'Europa
centro-orientale: <b>la ricerca nazionale soffoca un utilizzo
inconfessato di un'eredità imperiale che ha regalato molto più che
una bandiera e un inno</b>. Bratislava, così come Praga, Vienna e
Budapest battono un cuore imperiale: dalle arterie ferroviarie, alle
vene della metro e dei tram. Sotto una pelle nazionale, la verità
nascosta è come <b>le funzioni essenziali rimangano una miscela
asburgico-sovietica</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Alcune capitali non ci
pensano troppo o in qualche modo si riconciliano meglio; Budapest, ad
esempio, mi sembrava meno a disagio in tal senso. E considerando il
fiero spirito magiaro, è una stranissima constatazione.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLIZYgn1DKUnzfVbupotgCHynJppt6cgXkwRaHdJ2B30iJ0H7P6eaVXRvGCckUnbJBqAf2KV2JXsmNUJE4WKNaOHLbAQ5PSYT9pxWVMntBh9ahkJqqnlELETgnQu-nAqUsW2dRo1kNows/s1600/piestany+stazione+terme.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="548" data-original-width="978" height="358" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLIZYgn1DKUnzfVbupotgCHynJppt6cgXkwRaHdJ2B30iJ0H7P6eaVXRvGCckUnbJBqAf2KV2JXsmNUJE4WKNaOHLbAQ5PSYT9pxWVMntBh9ahkJqqnlELETgnQu-nAqUsW2dRo1kNows/s640/piestany+stazione+terme.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Le pitture socialisteggianti della stazione di Piestany. </td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Questo strano amalgama
trova la sua perfetta rappresentazione a </span><b style="font-family: inherit;">Piestany</b><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Una cittadina
sconosciuta ai turisti, nel profondo della Slovacchia, Piestany è un
<b>centro termale</b> conservatosi immacolato dagli anni Settanta. Dopo un
viaggio in treno piuttosto disagevole – le ferrovie slovacche fanno
sembrare Trenitalia il top della gamma – si scende in una stazione
ricoperta di mosaici socialisteggianti che presto cede il passo a una
bassa periferia di casette a un piano, vagamente <i>hobbitiane</i>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Man mano che si procede
nel centro, una panoplia di edifici nello stile dei chalet svizzeri
si alterna a hotel d'inizio secolo dal sapore art decò. Giungendo
poi al ponte, purtroppo all'epoca in riparazione. Qui domina maestosa
la<b> statua di Piestany</b>, un uomo dalla ferrea mascella di uomo
sovietico che spezza con erculeo gesto una povera stampella. Al di là
della retorica, è un bel gesto: la guarigione procede non attraverso
il pianto, ma con un gesto positivo e volutamente violento, volto a
“spezzare” la propria malattia. Un colpo di calore in treno e uno
stomaco in subbuglio mi avevano lasciato quel giorno più debole d'un
gattino appena nato, per cui quella vista così potente mi rincuorò. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">L'isola al centro di Piestany - breve parantesi nell'infinito corso
del Danubio - ospita le terme vere e proprie. </span><span style="font-family: inherit;">L'hotel con le terme a
destra, non appena oltrepassato il ponte, è una<b> stravaganza art decò</b>
identica all'ultimo film di Gore Verbinski, <b>La cura dal benessere</b>. </span><span style="font-family: inherit;">Finestre colorate di mosaici degni di Mucha incorniciano nervature
elfiche che si protendono al cielo. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Passeggiando ancora, a fianco, è
possibile notare alcuni caseggiati più bassi e tozzi, ma altrettanto
armoniosi: facce scolpite nell'idioma dei totem della secessione
viennese guardano in alto, verso cupole damascate. Ovviamente io e la
mia dolce <i>fiancee</i> ci siamo subito diretti <b>verso le terme più antiche
e</b> – fondamentale particolare – <b>pubbliche e come tali dannatamente
economiche</b>. Risalgono addirittura a Napoleone che nuovamente si
conferma una presenza costante e sorprendente in Slovacchia. La vasca
era sorprendentemente vuota, l'interno nuovo di zecca, ma restaurato
seguendo i colori e le linee originali. Una miscela bizzarra di
antico, dalla forma delle terme, e di nuovo, nella palette
chiaramente anni Settanta. Il tutto intervallato dai simboli e dalle
scritte in ceco, slovacco e russo.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Quando mi sono immerso e
ho ruotato a trecentosessanta su me stesso, la più bizzarra
sensazione mi ha avvolto. Ho ricordato infatti quale immagine mi
ricordasse, quella vasca: <b>era sul National Geographic del 1980</b>,<b>
incentrato sull'Europa orientale</b>. Venivano menzionati i trattamenti
di benessere a favore della classe operaia, anche se non si mancava
di notare come fossero un palliativo alla debolezza del sistema
sanitario. Il luogo era lo stesso, così come la vasca: solo che
nella foto del giornale era sbrecciata e decine di<i> babushka</i> con la
cuffia praticavano ginnastica ritmica. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Ritemprato, ma con il collo
umidiccio per la fantasmatica presenza appena avvertita, uscii dalle
terme e... <b>Un altro fantasma</b>,<b> stavolta asburgico</b>: dalle acque di una
fontana, ecco affiorare <b>un busto di marmo di Sissi</b>. Come si domandava
il mio amore, piuttosto seccata: c'è un singolo luogo di benessere,
nell'intera europea centro-orientale, dove Sissi non abbia fatto una
sosta?
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Dopo aver bevuto diversi
bicchieri di acqua termale in omaggio alla donna che odiava gli
Asburgo e ironicamente più ha finito di rappresentarli, siamo poi
saliti sul treno di ritorno.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Mentre all'orizzonte
tremolava incerto il coagulo architettonico di Asburgo e Soviet,
maestà ed efficienza. Strana cittadina, Piestany.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQ-mzmruT8FfwDFXyjRHzEJppciJcAH2NCOYLmJ7EfDcDUsxtyS-btn1OsHRWrqb5-3Gh9hla1x3oQiBiEY5-KfBN6Sy3ji6izC1hKFX2c8ijxZ2puCZlExb0CVImOgQGOhBLlgwZslAE/s1600/sissi+piestany+slovacchia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="537" data-original-width="979" height="351" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQ-mzmruT8FfwDFXyjRHzEJppciJcAH2NCOYLmJ7EfDcDUsxtyS-btn1OsHRWrqb5-3Gh9hla1x3oQiBiEY5-KfBN6Sy3ji6izC1hKFX2c8ijxZ2puCZlExb0CVImOgQGOhBLlgwZslAE/s640/sissi+piestany+slovacchia.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il fascino delle acque solforose, a quanto pare. O dei loro effetti dietetici. </td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La </span><b style="font-family: inherit;">Trieste della mia
infanzia</b><span style="font-family: inherit;">, a cavallo tra gli anni Novanta e i primi del Duemila,
rimane un coagulo di cemento e sporcizia.</span><b style="font-family: inherit;"> La ricordo distintamente
sporca</b><span style="font-family: inherit;">. Le gomme da masticare, il grigiore di statue e palazzi, le
insegne luccicanti... Tutt'ora Trieste rimane una città con problemi
seri nella pulizia, a partire dallo smaltimento dei rifiuti, ma il
senso di lordura è scomparso.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il <b>primo impatto con
Vienna</b>, duole ammetterlo, è stato simile: lo scorrere continuo della
periferia ha svelato una successione inesausta di splendide case,
dall'età vittoriana, agli anni Cinquanta/Sessanta della Vienna
“rossa”, ma<b> tutte egualmente grigie</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Dopo aver depositato i
bagagli e un veloce viaggio in metro, il centro cittadino ha rivelato
un aspetto desolatamente simile: la tipologia di insegne, lo stato
degli edifici, il generale “look” ricordavano indelebilmente una
città di trent'anni prima, ancora fossilizzata negli anni
Ottanta/Novanta. Certamente la zona tutt'intorno la cattedrale di
Santo Stefano esibisce quei colori, quel look rinnovato che
garantisce la gioia dei turisti, ma quanto dovrebbe essere lo
standard viene rapidamente smarrito al di fuori del centro cittadino.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Le insegne non sono
minimali, ma grossi cartelloni al neon. Le fermate della metro
presentano quei gazebo, quei negozietti, quelle cucine sporche che
ricordavo a Venezia a fine anni Novanta. Gli stessi cartelli e mappe
sembravano risalire agli anni duemila, mentre i pezzi interattivi,
nei diversi musei, erano irrimediabilmente antiquati.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Non era il passato, che è
un'altra cosa. Non era il soffio della storia. <b>Era il senso di
vecchio</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il primo giorno Vienna mi
trasmise quell'identica sensazione che provi a entrare da un
rigattiere, laddove è strapieno di cose antiche e interessanti, ma
tutte ammassate in un unico luogo, in modo simile a una disordinata,
gigantesca piramide di cianfrusaglie. Vienna, capitale dei
robivecchi.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il rigattiere conserva materiale che è di grande valore storico, ma valutandolo
solo nel suo valore di mercato, solo nella misura in cui ci ricava
dei soldi, <b>se ne frega</b>. Egli ammassa così gigantesche quantità di
verghiana “roba”, ma dovendola vendere, dovendoci squisitamente
guadagnare, non si preoccupa troppo di conservarla bene.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La<b> disillusione verso la
città era simile</b>. La capitale mi sembrava una sorta di gigantesco,
sterminato mercato di cianfrusaglie. Reperti d'inestimabile valore
storico, ma proprio in virtù dell'immensa quantità, accatastati
tutti assieme, trascurati.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">C'è una differenza tra la
<b>storia e il vecchiume</b>, <b>tra il passato e qualcosa percepito come
inadeguato, come “vecchio”</b>. Vienna aveva questo doppio problema,
a mio parere: da un lato un'apparenza vecchia, senza che fosse
“storica”; nel modo di porsi, nei negozi, nella (cattiva)
conservazione delle periferie, nell'approccio simbolico di insegne e
cartelli. Dall'altro lato, quant'era la reale eredità storica
asburgica di statue e monumenti sembrava considerata
dall'amministrazione quale vecchia, senza essere storica e come tale
veniva considerata scontata, superflua. Il pensiero del rigattiere
che si vanta che ne ha tanta, di “quella roba lì”, di quelle
riviste, di quelle cartoline, di quelle medaglie. Il rigattiere
considera quel materiale prezioso, ma non perchè artistico o
storico, ma solo perchè valutato dagli altri, dai compratori. Se
così non fosse, butterebbe subito via tutto.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Se consideri la tua
eredità storica come qualcosa di vecchio <b>senza trasformarla in una
parte della tua identità</b>, <b>senza considerarla anche “passato”</b>...
Diventa allora facile distruggerla, calpestarla, trascurarla. E si
approda così <a href="https://www.agi.it/estero/vienna_asburgica_grattacieli_unesco-4622304/news/2018-11-14/">ai casi denunciati dall'Agi</a>, dei monumenti abbattuti
per far spazio alle birrerie e alle discoteche, agli edifici e
locande storiche distrutti per far spazio a lucrosi investimenti
immobiliari.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHMFZ3x-yQzTLMy86ytkL076Gnm1fGzvgV2NeNpktR3zFEIoocz0eVRgUT0m6RwJHv-TzMgJ8z39qZGROqiV0aPEyShcyYZQyA-T2_qSCjfLLaH-XgFShr5kqlQF1kXd7-JbMzzmzADNA/s1600/vienna.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1036" data-original-width="1600" height="414" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHMFZ3x-yQzTLMy86ytkL076Gnm1fGzvgV2NeNpktR3zFEIoocz0eVRgUT0m6RwJHv-TzMgJ8z39qZGROqiV0aPEyShcyYZQyA-T2_qSCjfLLaH-XgFShr5kqlQF1kXd7-JbMzzmzADNA/s640/vienna.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12.8px;">Ah, Vienna, Vienna!</span></td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Uno scampanellio segue
allo scricchiolio di ruote sotto pressione e all'ansare di un uomo
che traina un ingente peso. Mi volto e vedo un austriaco, capelli
biondi e muscoli in rilievo sotto la t-shirt, </span><b style="font-family: inherit;">trainare un risciò</b><span style="font-family: inherit;"> con
tanto di tendina. Stravaccati sui cuscini, i cellulari nelle mani,
</span><b style="font-family: inherit;">due turisti dagli occhi a mandorla</b><span style="font-family: inherit;"> guardano il panorama, tra uno
sbadiglio e una foto via smartphone.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il luogo è Vienna, il
tempo due settimane fa, l'osservatore il sottoscritto. È un attimo,
poi il risciò, aiutato dal motorino elettrico, si allontana.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La <b>presenza cinese a
Vienna è sottile, ma pervasiva</b>: ad una prima occhiata, al di fuori
dei turisti, non sembra sia cambiato molto dalla guerra fredda.
Eppure la Repubblica Popolare Cinese fa sentire la sua voce, rende
evidente come sia ora un partner di tutto rispetto.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">C'è la volontà, da parte
di Vienna, d'ingraziarsi il nuovo partner. Un indizio? Lo zoo di
Vienna pubblicizzava a ogni angolo di strada come sia arrivato il
<b>nuovo panda cinese</b> che guarda caso, è un dono del Paese del Dragone.
Il panda viene abitualmente usato quale segnale diplomatico dalla
Cina: la Russia, che rapidamente si appresta a diventare il paese
fornitore di materie prime per la Repubblica Popolare Cinese,
esattamente come il Canada con gli Stati Uniti, ne ha ricevuti due.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Un chiaro simbolo del
legame di amicizia e/o dell'importante legame tra i due paesi.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Mentre camminavo per
Vienna puntai il dito verso un bel palazzo rococò, il quale, a
differenza disgraziatamente di molti edifici storici, era bianco di
restauro. Non era solo stato solo rimesso a nuovo, ma la pietra aveva
raggiunto impossibili livelli di biancore, contornati da nervature
del colore dell'onice e dell'oro. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">- Ehi guarda, amore! - dissi –
Quello sì che è un restauro coi fiocchi! -
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Al chè mi consigliò di
abbassare un po' il viso, di notare l'insegna al piano terra
dell'edificio.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><b>BANK OF CHINA</b></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Inquietudini, per carità.
Ma in queste piccole cose la presenza cinese era viva e vibrante.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Questo non detrae dal
fatto che Vienna, tra le tre città visitate, sia stata l'unica a
trasmettermi quel <b>senso di sublime</b>, d'insignificante formica
annientata dalle estreme dimensioni di ciò che mi circondano,<b> che
cercavo da tempo</b>. <b>Vienna è una capitale</b>, nel senso proprio del
termine. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">È una città grande, gigantesca: troppo grande per la
repubblicana e timida Austria, troppo grande forse persino per sé
stessa. Il <b>gigantismo</b> cattura il visitatore non solo nella <b>quantità</b>.
Quanto nella <b>qualità</b>: non c'è angolo nascosto che non sia squisito,
non c'è particolare che non sia pittoresco.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Maria-Theresien-Platz</b>, la
prima volta che la vidi, mi annientò nella sua immensità. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il
Parlamento in restauro, dai pochi barlumi rivelati, mi soggiogò con
la stupenda sensazione di contare poco che nulla, di essere al
cospetto di una simbologia e un senso delle dimensioni totalmente
alieno. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">I musei stessi sembrano essere progettati per fagocitare i
visitatori tramite una successione di sale senza fine, dove già
l'elemento artistico dell'edificio stesso costituirebbe un motivo di
visita sufficiente.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il <b>Museo di Storia
Naturale</b>, ad esempio, prende il visitatore e lo stritola nella presa
di mille e mila sale di animali impagliati e fine tassidermia: una
collezione che parte con le scimmie e prosegue fino ad abbracciare
ogni singolo essere vivente del creato, financo alle zecche. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Se come
il sottoscritto hai la smania di leggere ogni targhetta, inizi a
provare un senso di vertigine, un placido stupore: com'è possibile,
ti domandi, che abbiano realmente impagliato ogni singolo animale di
questo mondo, dal piccione alla tigre del Bengala...</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">L'eredità vittoriana ti
prende, ti afferra e non ti molla più; finalmente comprendi quale
magnifica arroganza avessero i naturalisti e gli scienziati di quei
tempi, come ancora perseguissero, due secoli fa, il sogno di una
scienza che non indietreggia a nulla, che non ha paura di osare
obiettivi magniloquenti.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Quest'<b>enciclopedia mania</b>
era poi nuovamente presente al <b>museo di storia militare austriaca</b>, lo
splendido <b>Heeresgeschichtliches Museum</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Qui si ripresentava l'amore
per l'arte di un altro secolo, la smisurata attenzione al dettaglio:
l'edificio infatti è una fortezza rossa racchiusa in due cerchie di
mura, dagli archi scolpiti e le porte istoriate. Lo stile è
un'intossicante miscela di gotico e moresco, a cui va soggiunta la
severità militare di statue e ricordi di generali e soldati
austriaci. Tutto il contrario dell'interno, dove lo spettatore viene
sconquassato dalla quantità di affreschi e stucchi dorati, capaci di
soddisfare persino l'animo più barocco... o rococò, a seconda del
luogo.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">E questa <b>era una caserma!</b>
Costruita dopo la rivoluzione del 1848 era un'infame baracca dove
soggiornare i soldati. Non una cattedrale, non un municipio, ma una
caserma.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihrpvrEk7sfI0W6mzrxeZToJoYZF2L6MDQp7jzUi5VyM82t4nboHwjOSZx61XFOuxqn-if_4Rio5b2aAePsrPRES5u2Je52IN6vZF0E_VbIKK2RIzogyb72DSfWPHcgpbtqVZIwg5lRFw/s1600/museo+storia+militare+wallenstein.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="556" data-original-width="979" height="363" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihrpvrEk7sfI0W6mzrxeZToJoYZF2L6MDQp7jzUi5VyM82t4nboHwjOSZx61XFOuxqn-if_4Rio5b2aAePsrPRES5u2Je52IN6vZF0E_VbIKK2RIzogyb72DSfWPHcgpbtqVZIwg5lRFw/s640/museo+storia+militare+wallenstein.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Un bel busto di Wallenstein, dal Museo di Storia Militare</td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Dopo aver superato
l'antipatia del bigliettaio – riconosciuta dai viennesi
stessi – il Museo parte con una panoplia di armi e armature della
</span><b style="font-family: inherit;">Guerra dei Trent'anni</b><span style="font-family: inherit;"> e dei conflitti con l'Impero Ottomano,
procedendo dall'età moderna fino al diciannovesimo secolo. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il museo
soffre atrocemente un'illuminazione ricca di riflessi e colpi di luce
che impediscono di degustare appieno i quadri e le stampe. Secondo la
mia dolce compagnia, è quel genere di luce utilizzato nei musei
statunitensi e se così davvero fosse, rappresenterebbe un'altra,
nefasta, influenza di quel popolo.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Disgraziatamente il
culmine viene raggiunto proprio nelle sale a me più care, ovvero
relative alle guerre ottocentesche: i conflitti napoleonici
presentano inedite riproduzioni di statue ed <i>ex voto</i> della guerra
contro il tiranno corso, tra cui memoriali oggigiorno dimenticati. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">E
il 1848 conquista un'intera sala, forse la peggio illuminata. Se mi
ha rallegrato leggere del generale <b>Radetzky</b> come quello che fu,
<a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2016/09/dopo-la-marcia-la-carica-radetzky.html">ovvero un uomo attento alle sue truppe e dall'ingegno militareimpareggiabile</a>, un delitto è stato commesso a proposito di
<b>Massimiliano d'Asburgo</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">L'intera sua saletta dedicata è immersa
nella penombra e dietro un vetro ritroviamo accatastati il sombrero,
le vesti e la <b>maschera mortuaria </b>del “fiore d'Asburgo”. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Sono
reperti affascinanti, ma a malapena visibili e senza nemmeno una
didascalia, una targa espositiva. Poche righe per commemorare un
evento talmente luttuoso da gettare nella depressione l'intera Europa
dell'epoca. Confesso che <b>ci sono rimasto male</b> - anzi di merda! - <b>a
vedere Massimiliano così “nascosto”</b>,<b> così accantonato</b>. Mi
chiedo quante faville potremmo fare noi triestini, anche solo con un
terzo di reperti di questo genere. Senza dubbio sapremmo farli
fruttare senza vergognarcene.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Scendendo poi al
pianoterra, la parentesi della <i>Belle Epoque</i>, carica di così tante
speranze infrante, trova la sua fine con l'auto dell'Arciduca
Francesco Ferdinando e la sezione della <b>Prima Guerra Mondiale</b>.
Affascinante e con qualche pezzo interessante, ma troppo simile a
sezioni identiche qui nel nord est d'Italia, dove il materiale
abbonda. Meno convincenti, infine, le ultime sezioni sugli anni Venti
e Trenta e la Seconda Guerra Mondiale, per quanto abbia molto
apprezzato il <b>cuscino hitleriano</b>, specie per il suo senso di <i>What the
Fuck</i>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">E qui pensavo che il Museo
fosse finito, prima che questi ci ricordasse che esiste anche<b>
un'altra storia, quella navale</b>. Una sala gigantesca, che andava dalla
storia delle caravelle ai sommergibili della guerra fredda. Ivi ho
finalmente rinvenuto quanto segretamente cercavo: qualche reperto sul
ruolo austriaco nella <b>guerra dei Boxer della Cina d'inizio '900</b>. A
onestà del vero non ho trovato molto, ma le foto con gli equipaggi
misti di dalmati, croati, sloveni (triestini?) erano certo
interessanti, così come i reperti trafugati dalla Cina.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La breve didascalia
ricordava come l'Austria disapprovasse all'epoca la “<i>gun-boat
policy</i>” agitata con pugno di ferro dagli inglesi e dai francesi. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Un
dato da tenere a mente specie oggigiorno, considerando come
quell'identico popolo oppresso durante la rivoluzione dei Boxer sia
ora una potenza mondiale...</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<br />Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-65680426516119238072018-11-15T07:30:00.000+01:002019-08-23T22:29:24.975+02:00"Cassette Futurism", la nostalgia d'un futuro tradito: dall'Impero Soviet al Minitel della Francia 3/3<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nel <b>1978</b> il Presidente della Francia <b>Valery Giscard d'Estaing</b> riceveva sul suo tavolo un rapporto di due ricercatori, Simon Nora e Alain Minc, che proponeva, per superare l'arretratezza dell'impianto tecnologico francese, una vera e propria rivoluzione digitale: la “<b>telematica</b>” (<i>telematics</i>) ovvero una fusione tra telecomunicazioni e informatica. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il rapporto delineava un piano per digitalizzare la rete telefonica, aggiungendovi un <b>video</b> <i>teletext</i> <b>interattivo</b> e fornendo agli imprenditori francesi una piattaforma aperta all'innovazione. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Cinque anni dopo (<b>1983</b>), dietro diretto ordine del presidente, gli ingegneri informatici del Ministero della Posta, Telegrafo&Telefono (<b>PTT</b>) approntavano un sistema telematico presto noto alla popolazione come “<b>Minitel</b>”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il piccolo sistema francese diventerà nel giro di pochi anni un inarrestabile <i>juggernaut</i> delle telecomunicazioni, capace di anticipare di dieci anni la democratizzazione di Internet, permettendo ai cittadini della Repubblica di scambiarsi informazioni <i>online</i> e di utilizzare diversi servizi disponibili appena nel duemila per il resto del mondo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mentre le fonti inglesi ricordano il Minitel come un sistema statale e chiuso, rallentato da un'ottusa burocrazia, nella realtà il sistema è stato rivalutato negli ultimi anni come una forma di Internet alternativa – basata sull'<b>infrastruttura francese</b>, anziché americana – e straordinariamente avanti con i tempi. Al suo picco di popolarità l'umile Minitel offriva <b>20mila servizi</b> <i>online</i> utilizzati dal larghe fasce della popolazione, non solo dagli addetti alle comunicazioni e dai <i>geek</i> fanatici dell'elettronica. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDjaHSrHKURkkzqQM7VjHV462Tv9vMqT7XS66rY0E_VpaRd7nMlGb3f20xv4DTP3DwkuhTdaPmugFsMQNoR7w0ccnqgJr41BFC3EKIjWUN9UM6qDKeimUd0rVL0QWpOutwO5s34tc_ywg/s1600/Cyberpunk+Boros+Szikszai.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="426" data-original-width="700" height="389" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDjaHSrHKURkkzqQM7VjHV462Tv9vMqT7XS66rY0E_VpaRd7nMlGb3f20xv4DTP3DwkuhTdaPmugFsMQNoR7w0ccnqgJr41BFC3EKIjWUN9UM6qDKeimUd0rVL0QWpOutwO5s34tc_ywg/s640/Cyberpunk+Boros+Szikszai.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption">L'artista Boros Szikszai ci accompagna anche per questo terzo e ultimo capitolo della miniserie</td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<a name='more'></a><span style="font-family: inherit;">Per avviare una connessione, l'utente digitava manualmente un </span><b style="font-family: inherit;">accesso</b><span style="font-family: inherit;"> utilizzando un apparecchio telefonico. La chiamata, trasmessa sulla rete telefonica pubblica commutata, riceveva una risposta grazie a un software funzionante sulla commutazione - solitamente un CIT-Alcatel E-10 che emetteva un segnale acustico sulla linea. Sentendo il segnale, l'utente </span><b style="font-family: inherit;">riponeva la cornetta</b><span style="font-family: inherit;"> del telefono e iniziava a usare la postazione del Minitel, che avrebbe ora riportato uno speciale protocollo (</span><i style="font-family: inherit;">handshake protocol</i><span style="font-family: inherit;">) con la commutazione. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Gli <b>accessi locali</b>, conosciuti come <i>points d’accès videotex</i> o PAVIs, fornivano un'interfaccia a una <i>directory</i> dei diversi servizi del Minitel, conosciuti con diversi brevi codici da memorizzare. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ad esempio, i pendolari compravano i biglietti dalla 3615 SNCF (dove SCNF stava per <i>Société Nationale des Chemins de Fer</i>, le ferrovie francesi), i malati di news approfittavano del 3615 LEMONDE (dal giornale parigino <i>Le Monde</i>) e i pensionati e i meno avvezzi alla tecnologia utilizzavano semplicemente il 3611 per consultare l'elenco telefonico. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questi numeri venivano stampati sui giornali, erano disponibili sui biglietti e le pubblicità infilate nella posta e venivano riprodotti sui grandi cartelloni pubblicitari, così come negli spot televisivi e alla radio. L'umile Minitel era in grado di offrire <b>servizi </b>estremamente<b> sofisticati</b>, come prenotare la spesa del supermercato (con consegna a domicilio), azionare a distanza i servizi elettronici nella casa, come l'irrigazione del giardino, o la registrazione via VHS (quanto oggi si millanta come la rivoluzione dell'<i>Internet of Things</i>), prenotare viaggi e alberghi grazie a una forma primitiva di SIMcard, la <i>chip card</i>, effettuare trasferimenti elettronici di denaro... </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per far partire il sistema, il governo rese gratuitamente disponibile a ogni famiglia che ne avesse fatto richiesta una <b>postazione Minitel gratuita</b> e per passare dalla carota elettronica al bastone, annunciò che avrebbe smesso di produrre i manuali telefonici, che sarebbero divenuti a pagamento. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Gli elenchi sarebbero stati disponibili <i>online</i>, a chiunque coraggioso a sufficienza da usufruire del nuovo servizio. La produzione dei Minitel venne inoltre affidata alle industrie sul territorio e funzionò dunque come un formidabile volano per l'economia, specie in un periodo depresso quale la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I Minitel erano saggiamente progettati per essere <i>plug and go</i>: bastava connetterli alla presa nel muro, digitare il codice richiesto e un qualunque cittadino veniva trasportato nelle meraviglie del cyberspazio. Il <b>confronto</b> con gli <b>Stati Uniti</b> non merita commento: nel 1983 una persona che desiderasse di andare in Rete doveva comprare un computer estremamente costoso, appena installarvi e comprenderne il software, pagare sottoscrizioni per ogni servizio desiderato e infine pagare una salatissima bolletta. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Man mano che il Minitel conosceva un sempre <b>maggiore successo</b>, senza dubbio facilitato dal suo (largo) utilizzo per la pornografia, i terminali Minitel crescevano in dimensioni e funzionalità. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">C'erano modelli con lettori di <i>chip card</i>, con schermi ad alta risoluzione e diversi display, diventava possibile connetterli a una stampante, così come a un lettore di carte di credito o un pc. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come sottolineato, era possibile connettere il Minitel agli apparecchi elettronici presenti in casa e parzialmente <b>automatizzarla</b> per controllare il riscaldamento, gli allarmi di sicurezza, le registrazioni su videocassetta... Se ci si riflette è un'innovazione che appena adesso, negli ultimi anni, inizia a diffondersi nuovamente, con l'idea degli apparecchi “intelligenti”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhe3Kp4l1o1IfrV6cfOGcKN3OFEwt2CHUatWzLkrlgxBQOTH7EsS6hBZjVakjofQguUxSC6_Nvpz3ypB66SVFkTrPgrsUCWxIZIlZYieEVeikpfttO1nC8jTnmsfoZmjpjPHbSPECWONfI/s1600/minitel+francia+cassette+futurism.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="600" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhe3Kp4l1o1IfrV6cfOGcKN3OFEwt2CHUatWzLkrlgxBQOTH7EsS6hBZjVakjofQguUxSC6_Nvpz3ypB66SVFkTrPgrsUCWxIZIlZYieEVeikpfttO1nC8jTnmsfoZmjpjPHbSPECWONfI/s1600/minitel+francia+cassette+futurism.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La magia del Minitel. Troppa modernità, sono sopraffatto (!). </td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: inherit;">Ho scelto di partire con questo</span><b style="font-family: inherit;"> terzo e ultimo capitolo</b><span style="font-family: inherit;"> dedicato al genere del </span><b style="font-family: inherit;">Cassette Futurism</b><span style="font-family: inherit;"> con la storia del Minitel, perchè risulta esemplare dello sviluppo di una tecnologia diversa, ma simile, parallela, ma egualmente avanzata a quella convenzionalmente accettata. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">A questo proposito; mi scuso per la lunga assenza. E' un periodo grigio e indaffarato (lo è sempre, beninteso, ma quest'anno e questi mesi più del solito...). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Lo so: sotto un profilo “tecnico” il Minitel non era una Internet “francese”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Eppure, sotto il profilo pratico, rispondeva perfettamente a questa definizione: veniva utilizzato per condividere informazioni, fare acquisti e mandare messaggi. Questo genere di Internet “nazionali” rivestono a mio parere un eccezionale interesse, perchè rappresentano una seconda alternativa oggigiorno scomparsa. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2017/11/peter-sunde-sui-big-data-ci-siamo.html">Come osservava un anno fa Peter Sunde</a>, <b>Internet</b> rimane una costruzione americana, nella misura in cui una larga parte dell'infrastruttura di server e cavi dipende dagli Stati Uniti. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">È ovviamente impossibile spegnere la Rete, ma ritengo vi sia bisogno o di <b>decentralizzarla</b> a livello di singola comunità e/o individuo, oppure ipotizzare una <b>Rete</b> “<b>nazionale</b>” e come tale libera dalle interferenze corporative, come la Minitel francese. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questo perchè diventa sempre più evidente come le grandi Corporazioni e Multinazionali ormai restringano sempre più gli spazi sulla Rete. <b>YouTube</b> è da tempo nel caos, mentre <b>Facebook</b> ormai conduce periodiche “grandi purghe” alle spese delle pagine più estreme, <a href="https://heavy.com/news/2018/10/facebook-purge-list-deleted-accounts/">indifferente siano di sinistra o di destra</a>. Manovrata dai colossi del copyright, l'<b>Unione Europea</b>, sulla quale pure nutrivo qualche (ingenua) speranza, non si è rivelata da meno con le ultime, disastrose leggi a settembre. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il Minitel rappresenta il paradigma di una tecnologia diffusasi sotto l'azione dello Stato e proprio per questo motivo evolutasi con maggiore rapidità della Rete americana. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Chi critica il Minitel dimentica come in origine Internet utilizzasse proprio parte dei servizi elaborati su questa piattaforma. La sua natura governativa lo rendeva ovviamente soggetto a forti censure “statali”, ma sotto un profilo di sviluppo restava una piattaforma aperta a chiunque volesse “smanettarci”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il “<b>Cassette Futurism</b>” dovrebbe in tal senso allargarsi anche alle <b>tecnologie degli altri paesi</b>, abbandonando gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. La Francia è solo un esempio tra i tanti, ma io preferirei porre attenzione al blocco dei paesi dell'<b>Est Europa</b> e della <b>Russia</b>, i quali presentano un'evoluzione parallela, ma completamente “aliena” ai nostri occhi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<span style="font-family: inherit;">Il <b>Giappone</b> e le “<b>Tigri Asiatiche</b>” (Taiwan, Corea, Singapore, Hong Kong) sono anch'essi importanti, ma il loro influsso sull'America li rende meno “strani”, meno diversi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il Giappone rimane una fonte d'ispirazione affascinante nella misura in cui si poneva dieci anni avanti rispetto agli Stati Uniti, soprattutto a livello di <b>telefonia mobile</b>, fino alla crisi della metà degli anni Novanta. Il Giappone contemporaneo ha perso quest'<b>alterità</b> proiettata verso il futuro. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Come con la Francia, il connubio tra Zaibatsu e Stato produceva risultati notevoli e non è certo un caso che nel <b>Cyberpunk giapponese</b>, nella stessa serie di <b>Ghost in the Shell</b>, ad esempio, lo Stato giochi un ruolo molto più forte e attivo che nelle opere americane di William Gibson e Bruce Sterling. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il </span><b style="font-family: inherit;">Cassette Futurism</b><span style="font-family: inherit;"> rimane dunque un </span><b style="font-family: inherit;">setting</b><span style="font-family: inherit;"> con un </span><i style="font-family: inherit;">mood</i><span style="font-family: inherit;">, più che precise regole, caratterizzato da una tecnologia volutamente pesante e solida, totalmente devota alla </span><b style="font-family: inherit;">funzionalità</b><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il gigantismo e l'efficienza dominano tanto l'architettura, quanto i veicoli, mentre la società si è sviluppata come un'impazzita variante della <b>Guerra Fredda</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2018/10/cassette-futurism-una-rivoluzione.html">Pur abbracciando l'Abrams e l'hovecraft come suoi veicoli iconici</a>, il Cassette Futurism non possiede il <b>pessimismo</b> devastante del cyberpunk e abbandona il <b>feticismo militare</b> proprio di tante ambientazioni in questo filone. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">È una scelta che spetta di volta in volta all'autore, ma l<i>'impasse</i> tecnologica non ha danneggiato un ottimismo progressista sottotraccia. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Il conforto delle rumorose macchine qui protagoniste si riflette nella fiducia per il futuro – involontariamente arrogante e sotto sotto colonialista – caratteristica degli anni Cinquanta e Sessanta. Le colonie, se presenti, vengono rapidamente modernizzate, mentre un po' dovunque i giovani stati del Sud America e dell'Africa entrano nel congresso delle nazioni civilizzate, imbastendo nuove, grandiose costruzioni moderniste. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questa fiducia verso il futuro a seconda dei casi può venire applicata con ancora maggiore enfasi nel caso del blocco sovietico, specialmente nell'area della Russia centrale e delle connesse Repubbliche asiatiche, dall'Uzbekistan, al Tagikistan e così via... </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Possiamo distinguere per comodità diverse correnti all'interno del Cassette Futurism: ancora una volta niente regole precise, quanto piuttosto diverse <b>sensazioni</b>, diverse influenze verso cui indirizzarsi. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgdFHcDwpfwFYLPlv-SFSP_PW_Xj01HrpAfV03-nCFHcX9NrVqe0vzEcuzehZTwiyOCKzEIcBdI6q-OVzQ6hwDlzGMdLqOoPcjlmGxKm75JhgRW59o98GacXjIjBbweP20SskjOxSs6mBY/s1600/formica+punk+movie.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="568" data-original-width="1200" height="302" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgdFHcDwpfwFYLPlv-SFSP_PW_Xj01HrpAfV03-nCFHcX9NrVqe0vzEcuzehZTwiyOCKzEIcBdI6q-OVzQ6hwDlzGMdLqOoPcjlmGxKm75JhgRW59o98GacXjIjBbweP20SskjOxSs6mBY/s640/formica+punk+movie.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Formica Punk! "Ritorno al futuro - Parte II" (1989)</td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: inherit;">Il </span><b style="font-family: inherit;">Formica Punk</b><span style="font-family: inherit;"> è il meno realistico: volete divertirvi? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Volete buttarla in caciara? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Volete un'avventura senza stretti vincoli tecnologici e/o di credibilità storica? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Scegliete il Formica Punk. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'aggettivo <b>Punk</b> va qui a significare una dissacrante rilettura dell'epoca storica: un <b>graffitaro della narrativa</b> che spacchi e rubi quanto più gli pare e piace, scrivendo il romanzo sulla parete letteraria e/o storica che preferisce. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se c'è il fantasy “serio” alla Tolkien e nel contempo il fantasy “leggero” del Barone di Munchahusen, di Neil Gaiman e di Terry Pratcheet, allo stesso modo c'è il <b>Cassette Futurism</b>... e c'è il <b>Formica Punk</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un modo scanzonato, <i>whimsical</i>, d'intendere la fantascienza. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Nell'ambito dei film degli anni Ottanta <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Le_avventure_di_Buckaroo_Banzai_nella_quarta_dimensione">Buckaroo Banzai</a> incarna perfettamente quest'idea. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">È un paragone bizzarro, ma <b>Dragon Ball</b> ha una sorprendente gamma di veicoli (quasi) dieselpunk che corrispondono perfettamente al genere del Formica Punk. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Io associo la Formica come materiale ai <b>mobili</b> di mia nonna o da quanto ricordo dell'arredamento della casa in campagna di mia zia, i cui mobili più recenti risalivano agli anni Sessanta. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Superfici lucide, un po' stinte, molto resistenti, solitamente bianche o <i>beige</i>. Per questioni di costi la formica era utilizzata anche per rivestire gli apparecchi elettronici, negli anni Sessanta e Settanta. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I colori <b>chiari</b>, ma “<b>caldi</b>”, per differenziarli dall'orrida estetica della Apple, danno un che' di naturale, di armonioso. Pertanto ritengo sia possibile associare il Formica Punk a una <b>fantascienza ambientalista</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sull'eccentrico ripostiglio <a href="http://formicapunk.tumblr.com/">Formica Punk Tumblr</a> trovate diversi veicoli dell'epoca, tutti parimenti eccentrici. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsQKqXh3rpqPrc-pZhUXPNXHtcvtfq26JKaRuf175X98vznxjlEtIXSBS5ROJJjrIar9dMPczNO3SL_2Sf6H56cO-S0iFK-f4yzCaiEn92Ge59A_fkhRWCjkfL17Cs90xo9KetzEyZ1bc/s1600/modem+punk.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="625" data-original-width="862" height="464" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsQKqXh3rpqPrc-pZhUXPNXHtcvtfq26JKaRuf175X98vznxjlEtIXSBS5ROJJjrIar9dMPczNO3SL_2Sf6H56cO-S0iFK-f4yzCaiEn92Ge59A_fkhRWCjkfL17Cs90xo9KetzEyZ1bc/s640/modem+punk.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Modem Punk! "The first PC edition of Excel" (1987)</td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: inherit;">Il </span><b style="font-family: inherit;">Modem Punk</b><span style="font-family: inherit;"> sviluppa invece con serietà e realismo un'evoluzione tecnologica delle telecomunicazioni con un'attenzione tutta speciale alle postazioni telefoniche e a forme primordiali di Rete quali il Minitel. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sono un laureato in storia, pertanto non ne so molto; l'idea sarebbe di scrivere un equivalente telematico dell'<i>hard scifi</i>. Il Cassette Futurism di 2001: Odissea nello Spazio. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mi sembra perfetto un paragone letto durante una discussione sul tema (traduco): </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<blockquote class="tr_bq">
<span style="font-family: inherit;">Praticamente, nel <b>Modem Punk</b> ti fai strada in una fogna per agganciarti alla linea privata del telefono di una villa per far girare un terminale remoto in modo da conferirti credenziali false con le quali accedere alla suddetta villa. Nel <b>Formica Punk</b> agganci il tuo Commodore 64 all'agilissimo telefono portatile della tua automobile nuova fiammante per hackerare il cancello d'ingresso ed entrare direttamente, ovviamente esibendo capelli con <i>mullet</i> e un giubbotto da paninaro. </span></blockquote>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il <b>Cartridge Gothic</b> prende invece il Cassette Futurism più brutale e sgradevole e lo lancia nel setting più pericoloso che esista, ovvero lo <b>spazio profondo</b>. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7w8J51S-XSZJgOTi58wEYsqau2vkPmufMW1k-lcA1mHUZlC_ogj-M7d_S8YRDSi8yLAivpMzY-FIF_bZqGoBYy6kWHOYB8AQZWNY3aYzfSwRU-N_0pd_Xr3E849sQto7mK63uyPmnqfI/s1600/alien+isolation+cartridge+gothic.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="379" data-original-width="764" height="317" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7w8J51S-XSZJgOTi58wEYsqau2vkPmufMW1k-lcA1mHUZlC_ogj-M7d_S8YRDSi8yLAivpMzY-FIF_bZqGoBYy6kWHOYB8AQZWNY3aYzfSwRU-N_0pd_Xr3E849sQto7mK63uyPmnqfI/s640/alien+isolation+cartridge+gothic.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"> Cartridge Gothic! "Alien Isolation" (2014)</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<span style="font-family: inherit;">Mentre il Modem Punk e il Formica Punk sono limitati al pianeta Terra, con il Cartridge Gothic il Cassette Futurism va a razzo verso i più lontani pianeti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La tecnologia, proprio per questo motivo, rimane umana e pesante: all'esterno astronavi monolitiche, veri e propri blocchi squadrati galleggianti nello spazio, mentre all'interno una sovrabbondanza di pareti imbottite, luci e lucette e cassettoni di computer. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il primo film di <b>Alien</b>, così come la corsa spaziale nelle sue ultime fasi prima degli anni Novanta, quando ancora si coltivavano sogni di colonizzare Marte e lo Shuttle sembrava una “buona idea”, costituiscono buonissimi esempi. È fondamentale ricordare come sia un viaggio nello spazio primariamente umano, caratterizzato da insediamenti di minatori e piccole colonie disastrate. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il film <b>Outland</b> (1981) nelle sue atmosfere grigie e nel suo pragmatismo “western” è un buon esempio. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Volendo il Cartridge Gothic può sconfinare nell'<b>horror</b>, come d'altronde già fa con Alien, specie introducendo l'immersione criogenica e il viaggio a velocità superluminale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se i computer devono funzionare via cartucce o cassette, speciale attenzione dovrà essere posta alla protezione dall'eccessivo calore delle stelle e ovviamente al gelo dello spazio profondo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le astronavi pertanto saranno molto più rudimentali di quanto siamo abituati. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">A questo riguardo il gioco di ruolo (e di miniature; e a questo proposito, non guardate l'orrido film) <b>Mutant Chronicles</b> immaginava un'invasione demoniaca possibile grazie a computer quantici e intelligenze artificiali. Ciò obbligava a un retrofuturismo simile al Cartridge Gothic, anche se ricco di stronzate inverosimili anche per i miei (bassi) standard, specie nella tecnologia a vapore. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La mancanza di macchine dall'elevato potere computazionale, nel caso del Cartridge Gothic, sottintende computer e apparecchi <b>facilmente riparabili</b> con pezzi di ricambio e da personale non specializzato (non avendo per altro robot o androidi a disposizione). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E cosa c'è di più facile e intuitivo di nastri magnetici e cassette? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Com'è dunque comprensibile, l'assenza di computer moderni a sua volta incentiva il retrofuturismo e proprio l'utilizzo di quelle cassette “firma” del genere. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'</span><b style="font-family: inherit;">Unione Sovietica</b><span style="font-family: inherit;"> offre una </span><b style="font-family: inherit;">direzione bifronte</b><span style="font-family: inherit;"> a proposito del “Cassette Futurism”: se ci si dirige a est, verso i territori asiatici, generalmente lo stato primitivo delle </span><b style="font-family: inherit;">civiltà centro asiatiche</b><span style="font-family: inherit;">, rapidamente sottoposte a </span><b style="font-family: inherit;">russificazione</b><span style="font-family: inherit;"> (paradossalmente come sotto gli Zar) favorisce una modernizzazione, un ottimismo positivista causato da un'industrializzazione selvaggia. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Al contrario, rimanendo in Occidente, la morsa sui paesi alleati favorisce una versione più <b>dittatoriale e autocratica</b> dei Soviet, specie in Polonia e nella Germania orientale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nuovamente il documentario <b>Hypernormalisation</b> (2016) di <b>Adam Curtis</b> si rivela utile, perché analizza come verso la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta nessuno credesse più al sistema sovietico, identificato con lo strapotere della burocrazia. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Come oggigiorno non si riesce a pensare un sistema diverso da quello capitalista e dalla democrazia rappresentativa (il “neoliberalismo”, d'incerta definizione), così nell'Unione Sovietica di quegli anni il sistema continuava a <b>funzionare suo malgrado</b>, perchè non sembrava possibile una reale alternativa. </span><span style="font-family: inherit;">La macchina Soviet funzionava comunque, fede marxista dei suoi popoli o meno. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mentre il <b>cyberpunk</b> fa proprio dell'egemonia delle multinazionali e di un'economia darwinista il suo marchio di fabbrica, spostare l'ambientazione nelle terre sovietiche offre la sfida di un cyberpunk “russo”, dove la spinta all'evoluzione tecnologica è puramente statale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La questione, dentro un impossibile “<b>cyberpunk sovietico</b>”, è come tradurre in realtà l'innovazione tecnologica all'interno di un'epoca storica, almeno nelle sue ultime fasi, largamente stagnante. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In linea di massima, considerando l'estetica, il Cassette Futurism “russo” dovrebbe privilegiare un <b>design asciutto</b> e preferire nell'architettura<b> linee essenziali e pulite</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mentre le città occidentali, specie americane, di quegli anni </span>erano<span style="font-family: inherit;"> lo scarico del cesso della civilizzazione (New York <i>docet</i>), l'Unione Sovietica non aveva quegli assembramenti folli di pubblicità pornografiche e d'azzardo, di graffiti e neon, di rifiuti e barboni, caratteristici di quei decenni. Il risultato di una <b>società autoritaria</b>, beninteso; ma è un dato da considerare. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il polemicista e critico d'arte <b>Jonathan Meades</b>, nella serie tv <a href="https://www.youtube.com/watch?v=Dw6J9bYQ4XY">Magnetic North</a> visita le Repubbliche Baltiche e nell'occasione ha modo di “ammirare” le <b>cliniche</b> di bagni di acqua marina e di sole costruiti sotto l'Unione Sovietica. I lavoratori avevano diritto a una quota delle ferie in vacanza dentro queste strutture, ma generalmente si rivelavano un equivalente degli <b>ospedali psichiatrici</b> odierni. Prima della “fermata” gulag, i soggetti più riottosi venivano destinati a una “vacanza” dentro questi solarii e piscine che mascheravano in realtà un <b>apparato di repressione</b> piuttosto sofisticato, volto a riprogrammare e riportare all'obbedienza i dissidenti. Sarebbe interessante sfruttare quest'elemento e applicarlo al Cassette Futurism. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4udszHHUFSvvZFQuTq_W25kVlT_BW_ZoSlJZLfABlrkbGtICRON9uk-wf2qYuDz_UMVBgUn8o38IPcox7EcTDSY6ffV6LcSnDX-LtuzJKPApk6k8IYoyoWH8I6yHE8vIEfGuipkI_Sjs/s1600/solaris+cassette+futurism.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="360" data-original-width="1120" height="205" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4udszHHUFSvvZFQuTq_W25kVlT_BW_ZoSlJZLfABlrkbGtICRON9uk-wf2qYuDz_UMVBgUn8o38IPcox7EcTDSY6ffV6LcSnDX-LtuzJKPApk6k8IYoyoWH8I6yHE8vIEfGuipkI_Sjs/s640/solaris+cassette+futurism.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Solaris" (1972)</td></tr>
</tbody></table>
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I </span><b style="font-family: inherit;">computer</b><span style="font-family: inherit;"> nell'Unione Sovietica dovrebbero essere qualcosa di raro e circoscritto alla burocrazia e ai membri di spicco del Partito. È possibile immaginare un'Unione Sovietica “computerizzata” e rinnovata alle fondamenta grazie a una </span><b style="font-family: inherit;">Perestrojka</b><span style="font-family: inherit;"> avvenuta con successo. Effettivamente una parte del programma di Gorbachov prevedeva un </span><b style="font-family: inherit;">massiccio utilizzo dei computer</b><span style="font-family: inherit;">; è una possibile ispirazione. Io ci applicherei un filtro “cinico”, abbandonando ridicole nostalgie. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In alternativa è possibile immaginare una diffusione dei computer a livello delle gerarchie e del funzionamento burocratico dello stato già nei decenni precedenti. </span>È<span style="font-family: inherit;"> possibile supporre un sistema di computer capaci di gestire quell'<b>economia pianificata</b> così tante volte rivelatasi un disastro. Questo a sua volta garantirebbe un'Unione Sovietica molto più solida e avanzata del suo storico equivalente. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Qualsiasi tecnologia – specie nelle telecomunicazioni – inventata in quei decenni veniva riciclata allo scopo di <b>sorvegliare la popolazione</b>; i computer non dovrebbero fare eccezione. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In effetti, è difficile immaginare una tecnologia più <b>ambigua</b> del computer (e della rete): strumento di libertà per la circolazione delle informazioni, ma nel contempo eccezionale <i>panopticon</i> che annulla ogni privacy. La Russia degli anni Ottanta, così come la Polonia e la Cecoslovacchia di quegli anni, sono scenari perfetti per riflettere su questa pericolosa ambivalenza (con agganci al giorno d'oggi). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tornando invece alla <b>tecnologia civile</b>, di ogni giorno, mi sembra interessante immaginare un grande <b>computer</b> “<b>collettivo</b>” per ogni blocco “condominiale”: una postazione a cui tutti i residenti possono accedere e la cui funzione burocratica (registro nascite e morti, comunicati sulla viabilità, biglietti per treni e bus e così via...) nasconde in realtà funzioni nascoste note solo alle forze dell'ordine. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<span style="font-family: inherit;">Ma perché non darvi un esempio concreto? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il Comitato Statale Sovietico per la Scienza e la Tecnologia ordinò nel <b>1987</b> di creare nientemeno che un “<b>computer rivoluzionario</b>”. Il compito ricadde su un designer industriale,<b> Dmitry Azrikan</b>, che inventò la sfinge, o altrimenti chiamata “<b>Sphinx</b>”. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOynUayAfRJTbRqSZ3bit3CNxkMi1ms-D0VhXzSs6_5qyM4NlwW-9KWGNrNDoLREU-t-cDJKDf2vBc1Hs8pvcR1AeRlY9QPdYE2bggsRdYgILw7mYV7-1xtOk_VpHviVwhWRjz4-hddIg/s1600/sphinx+cassette+futurism.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="508" data-original-width="913" height="356" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOynUayAfRJTbRqSZ3bit3CNxkMi1ms-D0VhXzSs6_5qyM4NlwW-9KWGNrNDoLREU-t-cDJKDf2vBc1Hs8pvcR1AeRlY9QPdYE2bggsRdYgILw7mYV7-1xtOk_VpHviVwhWRjz4-hddIg/s640/sphinx+cassette+futurism.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dalla rivista<i> Technical Aesthetics</i> (T.A.). </td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'acronimo stava per </span><i style="font-family: inherit;">Super Functional Integrated Communicative System</i><span style="font-family: inherit;">: un sistema integrato dove i diversi apparecchi della casa, dalla televisione, alla radio, al computer erano tra loro connessi e costituivano un </span><b style="font-family: inherit;">tutt'uno intercambiabile</b><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Invece di avere più “scatole” separate a seconda della funzione, dal registratore, al telefono, all'orologio, la “sfinge” era un unico <b>sistema automatizzato</b>, capace di controllare la casa, ricevere informazioni dall'esterno e persino effettuare diagnosi mediche. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Il progetto non lasciò mai lo stadio della pura progettazione, ma produsse alcuni prototipi davvero affascinanti. Faccio un autogol citando questo progetto, perchè sono l'esatto opposto di quanto finora descritto nel “Cassette Futurism”. I designer russi sembravano aver predetto il <b>minimalismo</b> di casa Apple, ma rielaborato dal filtro degli anni Ottanta e della mentalità russa. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il risultato è straniante: un incrocio tra <b>Star Trek</b> e l'<b>estetica</b> modernista <b>sovietica</b>. Steve Jobs proletarizzato. O qualcosa del genere. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBbB-s_p7bWEBbF2CyNAueVbSgYYh60iYTwnOgoqG6G6iEQa3EpGsaqAIPBqEX4RNVaYvugItIyE4sJ_LCvCuMWh_I-iUbDOMX6aTaZV89MY938XVknE_IF3llnUhcDYDbPhSl_RFI-I4/s1600/sphinx+soviet.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="414" data-original-width="604" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBbB-s_p7bWEBbF2CyNAueVbSgYYh60iYTwnOgoqG6G6iEQa3EpGsaqAIPBqEX4RNVaYvugItIyE4sJ_LCvCuMWh_I-iUbDOMX6aTaZV89MY938XVknE_IF3llnUhcDYDbPhSl_RFI-I4/s1600/sphinx+soviet.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dalla rivista<i style="font-size: 12.8px;"> Technical Aesthetics</i><span style="font-size: 12.8px;"> (T.A.). <a href="https://sovietvisuals.com/sphinx-soviet-smart-home-concept/">Rimando all'articolo per le foto del telecomando. </a></span></td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: inherit;">La scoperta di questo design è relativamente recente e risale alla lettura della rivista </span><i style="font-family: inherit;">Technical Aesthetics</i><span style="font-family: inherit;"> (1987), dove la “sfinge” veniva descritta come non tanto “il progetto di un oggetto, quanto il progetto di un'</span><b style="font-family: inherit;">interazione tra consumatori</b><span style="font-family: inherit;"> (famiglie) con informazioni”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il sistema prevedeva “altoparlanti a sfera, un monitor staccabile, cuffie, un telecomando con display rimovibile, un porta dischi, un processore con tre blocchi di memoria e altro”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le informazioni venivano trasmesse o via <b>display</b> o attraverso <b>segnali acustici</b> dalle “sfere”. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Il sistema prevedeva anche un grande schermo (1 metro) per vedere un film tutti assieme o per intrattenere gli ospiti. Non solo televisione, ma “quadri, giochi via computer, musica, ecc ecc”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Lo schermo più piccolo invece aveva altoparlanti incorporati e poteva essere utilizzato come un <b>mini computer</b> per “uno scienziato, uno scrittore, un ingegnere, un giornalista, un architetto... e nel tempo libero per guardare serie tv, video, presentazioni con <i>slide</i>, ecc ecc” </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il sistema funzionava unicamente tramite i <b>telecomandi</b>, i quali grazie a una tastiera<b> alfanumerica</b> erano programmabili secondo le proprie necessità, permettendo all'utente di decidere come organizzare il proprio “set” casalingo. Niente mouse o <i>touchscreen</i>, solo tastiere e telecomandi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il <b>processore</b>, “cervello” dell'intera operazione, era pensato come una “<b>scultura</b>” da “modellare” a proprio piacimento. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhufzNQ8cm4tbexDMxsqcZ60OwHdT9WIM_uV8Ij9iSbYNhVbYs1_l-3Wn65jSxmTMPPrWl8ZHYU3Y4bVPPS47cHKtyxwC9lpBskBwgvi9yNwDT4__fMoLYLZkDwo7Tjdsq5YbMR1-7jcBU/s1600/sphinx+soviet+apple.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="464" data-original-width="604" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhufzNQ8cm4tbexDMxsqcZ60OwHdT9WIM_uV8Ij9iSbYNhVbYs1_l-3Wn65jSxmTMPPrWl8ZHYU3Y4bVPPS47cHKtyxwC9lpBskBwgvi9yNwDT4__fMoLYLZkDwo7Tjdsq5YbMR1-7jcBU/s1600/sphinx+soviet+apple.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La "sfinge" nel suo insieme. Un designer con due palle così...</td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: inherit;">Il sistema ovviamente era un bel prodotto di design senza un reale studio “tecnico” alle spalle. Eppure si rimane stupefatti dall'</span><b style="font-family: inherit;">eleganza</b><span style="font-family: inherit;"> dell'impianto. Al di là della visione avveniristica di una modularità volta a rimpiazzare l'invasione delle “scatole” (computer, radio, televisione) la “sfinge” non aveva forme “solide”; tutto era letteralmente </span><b style="font-family: inherit;">piatto</b><span style="font-family: inherit;">, quasi una decorazione bidimensionale sulla parete. L'unica eccezione: la</span><b style="font-family: inherit;"> sfera</b><span style="font-family: inherit;">, dal rimando lunare a uno spazio ancora considerato frontiera. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il <b>programma spaziale sovietico</b> infatti era una sequela di fallimenti abilmente mascherati dalla propaganda, ma è innegabile come vi fosse sottotraccia una volontà di esplorare lo spazio molto più forte che nella controparte americana. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">È una mia opinione, ma ritengo che gli americani abbiano sempre considerato l'obiettivo del <b>primo uomo sulla Luna</b> come uno <i>stunt</i> propagandistico, circoscritto a un obiettivo isolato e in seguito d'abbandonare a favore di progetti più moderati. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'ideologia sovietica invece proponeva lo spazio come una frontiera da colonizzare dove realizzare appieno il futuro dell'umanità. Tutto questo si tradusse in una montagna di cani e cosmonauti più o meno polverizzati al rientro, o dispersi tra gli Urali, o esplosi nei (troppi) incidenti, ma proprio questa sequela di fallimenti evidenzia lo sforzo profuso. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">I progetti per esplorare </span><b style="font-family: inherit;">Marte </b><span style="font-family: inherit;">e </span><b style="font-family: inherit;">Venere</b><span style="font-family: inherit;">, ad esempio, prevedevano l'utilizzo di un <a href="http://www.russianspaceweb.com/spacecraft_manned_mars.html">motore nucleare e sulla superficie un treno</a> da costruire <i>in loco</i> con il quale esplorare la superficie del pianeta rosso. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGgmpnMV9chh7c0jBEthARlmCMxowawAE-9Pn_MalS6WO6hA043s6wMR49NJKmvy35KFFs3UaUrD_3_UR6HG2Pf-r89bCn7qVivuNLQaU2gnWMWpvFZJw9CVG6bSbIre-izb_PAE7z5aM/s1600/soviet+cassette+futurism.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="540" data-original-width="960" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGgmpnMV9chh7c0jBEthARlmCMxowawAE-9Pn_MalS6WO6hA043s6wMR49NJKmvy35KFFs3UaUrD_3_UR6HG2Pf-r89bCn7qVivuNLQaU2gnWMWpvFZJw9CVG6bSbIre-izb_PAE7z5aM/s640/soviet+cassette+futurism.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Red Carpet" di Nick Gindraux (ArtStation)</td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: inherit;">È possibile pensare a un genere apposito – “</span><b style="font-family: inherit;">Sovtechnica</b><span style="font-family: inherit;">” – nel quale l'Unione Sovietica ha preceduto gli Stati Uniti nella </span><b style="font-family: inherit;">rivoluzione informatica</b><span style="font-family: inherit;">, ma i computer, per quanto avanzati, rimangono strumenti pragmatici, senza funzione d'intrattenimento. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Solidi cubi per scrivere, far di conto e progettare disegni tecnici. Rimane assente quello scambio d'informazioni spontaneo caratteristico della Rete. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Grazie a ciò i sovietici hanno conquistato la Luna e Marte e stanno costruendo grandi stazioni spaziali sulla terraferma, così come in orbita, sull'esempio delle <b>colonie dello spazio</b> di Gerard K. O'Neill. La bandiera della rivoluzione sul pianeta rosso... </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sarebbe a questo riguardo interessante sviluppare una storia dove il protagonista scopre il <b>prezzo nascosto</b> di quest'Impero sovietico, nella forma di fosse comuni su Marte o strutture di deportazione sulla faccia oscura della Luna. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">È notevole fino a quale livello fosse diverso l'immaginario collettivo negli anni Novanta, prima dell'11 settembre 2001 e il successivo (ma in realtà scollegato) coinvolgimento in </span><b style="font-family: inherit;">Medio Oriente</b><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Specialmente dall'illegale invasione in <b>Iraq</b>, l'immaginario si è riempito di sabbia, di poveri villaggi, di jeep e carri armati impolverati, di guerriglie inconcludenti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia se vogliamo applicare il Cassette Futurism agli anni Novanta e a un immaginario ancora pre 11 settembre, occorre spostare l'attenzione altrove. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Qual'era la visione del futuro, specie la <b>distopia</b>, negli anni Novanta? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Innanzitutto si temeva che la <b>globalizzazione </b>avrebbe annientato lo spirito delle nazioni e avrebbe portato un'uniformità disumanizzante e aliena (oh, quanto ci si sbagliava, oh quanto, quanto...). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ho sempre considerato gli anni Novanta un <b>decennio di complottismo</b> probabilmente in questo favorito dalle <b>ansie di fine secolo</b>. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Sono gli stessi anni nei quali la destra americana inizia a organizzarsi nelle proprie <b>milizie</b>, a scopo di “difesa” con un mercato di pubblicazioni più o meno apocalittiche sul governo o i globalisti che mirano a “rubare” le proprie armi. Proprio in questi anni <b>Alex Jones</b> inizia la sua attività, anche se all'epoca con una vena libertaria oggi scomparsa (la trasformazione dall'elezione di Trump in poi dei libertari in conservatori o religiosi è una tragedia...) </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il videogioco di <b>Deus Ex</b> incarna perfettamente le paure di quegli anni, così come molti film tratti da <b>Philip Dick</b> tra fine anni Novanta e inizio duemila. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4jUAgNmzJnqlFefiD7fJK85bNQYzIB2MjuqUJ2jhA6nyKVAbPfLFBwQUcR1lkZID2_SV0uWRnfalBmQPPHZO8Du4HNa9IYpQY0dJJN-MyHdYhFN1kpfhAhzX31gqE9cm5iSBPmfpPbXk/s1600/death+race+2050.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="323" data-original-width="720" height="286" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4jUAgNmzJnqlFefiD7fJK85bNQYzIB2MjuqUJ2jhA6nyKVAbPfLFBwQUcR1lkZID2_SV0uWRnfalBmQPPHZO8Du4HNa9IYpQY0dJJN-MyHdYhFN1kpfhAhzX31gqE9cm5iSBPmfpPbXk/s640/death+race+2050.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Death Race 2050" (2017)</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<span style="font-family: inherit;">In tal senso penso sia interessante considerare non il futuro immaginato negli anni Settanta e Ottanta, ma negli anni Novanta. Il pericolo è di scivolare nel </span><i style="font-family: inherit;">kitsch</i><span style="font-family: inherit;">, specialmente se si considera come sia un decennio (opinione mia) di riciclaggio e remake di remake. </span><a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2017/09/lo-scrittore-nerd-deve-sparire.html" style="font-family: inherit;">Inizia pertanto quell'eterno ciclo di reboot e mancanza d'idee che hanno afflitto gli ultimi anni</a><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Demolition Man</b> offre un futuro nell'insieme “ottimista”, ammorbato da una nostalgia passatista rivelatosi attuale. Se ne può recuperare alcuni elementi per un Formica Punk leggero e satirico. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Gattaca</b> è un altro esempio, forse troppo futuristico, troppo avanti nel duemila per gli scopi qui proposti, ma utile per la ricostruzione di un futuro civile, di ogni giorno. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Total Recall</b> nuovamente può venir recuperato per il Formica Punk: è sciocco, retrò, molto “fisico”. In generale <b>Verhoeven</b> tende a utilizzare un'architettura brutalista, composta da blocchi monolitici di cemento, specie nella prima parte sulla Terra, perfetta per gli scopi qui proposti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il <b>Quinto Elemento</b> mescola la multiculturalità di Blade Runner al kitsch e all'ottimismo verso il futuro, togliendogli quel romanticismo caratteristico del cyberpunk. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In realtà, se si prende ad esempio <b>Matrix</b> e <b>Dark City</b>, ci ritroviamo con due modelli di fantascienza estremamente dark e cyberpunk, ma penso siano più caratteristici degli anni duemila e nel loro essere ancora attuali, specialmente Matrix, lontani dal Cassette Futurism. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">È anche vero che <b>rivedere</b> il primo <b>Matrix</b> pone di fronte a un senso di <i>vintage</i>, di <i>retrò</i> veramente straniante: dopotutto il loro “presente”, congelato negli ultimi anni Novanta, è il nostro passato. Meriterebbe un articolo a parte il <b>cellulare</b> ad esempio <b>di Neo</b>, mostruosità di silicio lontanissima dalle linee senza sostanza degli smartphone. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E non ho ancora considerato i videogiochi...</span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_ftg18fifQsvFf1uCP15oO-voV3frroV3syI0zyFjbNxsuVj6NLCSNBCblTptLrTMAct78uBBK1MdTvbsrYLMY41hdrmSvYkIOXkXRMjVO6N6Vjf4K8214r6r5SdpXVxGZiZwrXsmoKc/s1600/neo+cellulare+matrix.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="431" data-original-width="1008" height="273" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_ftg18fifQsvFf1uCP15oO-voV3frroV3syI0zyFjbNxsuVj6NLCSNBCblTptLrTMAct78uBBK1MdTvbsrYLMY41hdrmSvYkIOXkXRMjVO6N6Vjf4K8214r6r5SdpXVxGZiZwrXsmoKc/s640/neo+cellulare+matrix.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Un vero cellulare, poco da fare. "Matrix Reloaded" (2003)</td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: inherit;">Un'alternativa alle soluzioni precedenti sta nello circoscrivere l'ambientazione a una sola zona ben distinta dalle altre, facendo leva sui tanti progetti e società alternative tra gli anni Cinquanta e Sessanta. </span><b style="font-family: inherit;">Culti religiosi</b><span style="font-family: inherit;">, ma non solo: c'è un pullulare di comunità e progetti anche tecnologici creati da zero, con l'ambizione di forgiare una </span><b style="font-family: inherit;">perfetta società</b><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si parte con i <b>culti degli UFO</b> negli anni Cinquanta, si procede negli anni Sessanta con le comuni degli <i>hippie</i> e i tanti culti e religioni alternative, approdando agli <b>esperimenti tecnocratici</b> degli anni Settanta. Mescolare la fantascienza alla New Age, ma senza scempiaggini spiritualiste: quanto si tratterebbe di descrivere è una comunità separatasi dalla società di quegli anni e cresciuta con una tecnologia tanto avanzata, quanto retrofuturista. I diversi culti di quegli anni tendono a <b>imputridire </b>fino all'inevitabile <b>crollo</b> man mano che ci si addentra negli anni Ottanta e Novanta. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si tratterebbe pertanto di riprendere per chi è pratico di videogiochi il caso di <b>Rapture</b> di <b>Bioshock </b>e applicarlo anziché agli anni Trenta e alla Ayn Rand, agli anni Cinquanta/Sessanta e alla rampante tecnocrazia. I documenti di <b>Adam Curtis</b>, soprattutto <i>All Watched Over by Machines of Loving Grace</i> (2011), costituiscono in tal senso ottimo materiale di riflessione. I <i>National Geographic</i> abbondano in questi decenni di centrali energetiche e città costruite dal nulla in zone dimenticate dalla civiltà, come deserti e giungle, a sfidare con il portento della tecnologia, la natura avversa. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ho letto su Reddit di <b>Taliesin West</b>: inizialmente era un ritiro invernale per l'“archistar” <b>Frank Lloyd Wright</b> e il suo staff, ma rapidamente divenne un luogo di “culto” (letteralmente) per i suoi allievi che viaggiavano da ogni parte del mondo per pendere dalle sue labbra. Gli studenti vivevano dentro improvvisate casupole intorno alla magione e lavoravano gratuitamente 24 ore su 24 per il “patriarca” Wright. L'intera faccenda viene considerata un unico, immenso laboratorio sperimentale per l'architettura di quegli anni. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un'altra interessante tattica con il “Cassette Futurism” consiste nell'analizzare quali strumentazioni e quali tecnologie sono <b>rimaste in utilizzo</b> dagli anni Settanta e Ottanta. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Solitamente i luoghi più estremi della Terra, dalle giungle pluviali ai Poli, utilizzano ancora quel genere di estetica, derivante dalla <b>funzionalità</b>, caratteristica del genere. Gli insediamenti in Antartide e i pesanti, massicci, apparati che vi si possono trovare, stretti dai ghiacci, sono perfetti in tal senso. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sulla stessa scia, l'<b>equipaggiamento militare</b> solitamente è sufficientemente solido e ingombrante da rientrare nel genere, così come i macchinari industriali delle piccole realtà e aziende che non hanno bisogno di rinnovarli: stampanti, macchine di assemblaggio, bracci robotizzati, ecc ecc. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi58zrOUJ_EyXbqV6XSEV6mYbA0Tnn4lQpZcN94CKUqGHh5s6i1qb4gL6hwZDHOpVtxI_iWi-tK5puuT8LZTCH7ZR8OaR5M14Rn63Mzw5Xp61OuNHYzp4GucLzjORVWgGFerPkbn94QC94/s1600/Sanomalaite_Lippujuhlan_p%25C3%25A4iv%25C3%25A4_2014.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="505" data-original-width="1021" height="316" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi58zrOUJ_EyXbqV6XSEV6mYbA0Tnn4lQpZcN94CKUqGHh5s6i1qb4gL6hwZDHOpVtxI_iWi-tK5puuT8LZTCH7ZR8OaR5M14Rn63Mzw5Xp61OuNHYzp4GucLzjORVWgGFerPkbn94QC94/s640/Sanomalaite_Lippujuhlan_p%25C3%25A4iv%25C3%25A4_2014.JPG" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Sanomalaite Lippujuhlan päivä" (2014)</td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: inherit;">Un perfetto esempio di questa confluenza è il “</span><b style="font-family: inherit;">Sanomalaite M/90</b><span style="font-family: inherit;">” (SANLA): uno strumento criptato per le comunicazioni prodotto dalla Nokia e utilizzato dalle forse di difesa finlandesi nel </span><b style="font-family: inherit;">1983</b><span style="font-family: inherit;">... e ancora in uso fino a cinque anni fa nel </span><b style="font-family: inherit;">2013</b><span style="font-family: inherit;">! </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Lo sviluppo del SANLA iniziò infatti nel 1970, ma la produzione di massa per l'esercito finlandese venne completata nel 1983. Il “Sanomalaite M/90” pesava 3 kg e aveva una tastiera con 55 bottoni e 32 caratteri. Merita un'occhiata anche il “<a href="http://www.cryptomuseum.com/crypto/nokia/parsa/index.htm">Partiosanomalaite m/83</a>”, un gioiellino utilizzato dalle forze di ricognizione finlandesi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ritroviamo qui l'elemento militare, la presenza di uno stato immerso nella neve (Finlandia), uno strumento, il SANLA, anni Ottanta e conosciuto proprio per la sua pesantezza e resistenza.</span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-28544653849739725072018-10-08T07:00:00.000+02:002018-11-15T00:38:53.449+01:00"Cassette Futurism": una rivoluzione brutalista 2/3<br />
<div style="text-align: right;">
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"></span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-family: inherit;">Lo
ricordo </span><b style="font-family: inherit;">come se fosse ieri</b><span style="font-family: inherit;">. </span></span></div>
<br />
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ma non sembrava ieri, sembrava il domani.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Ricordo
il futuro</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">È morto una
generazione fa. </span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Fede nel futuro, intendo. </span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Fede nell'ingenuità umana.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nella
soluzione fornita dal successo delle tecnologie. </span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Altre età hanno
sacrifici umani – il sole, la ragione, il sangue di una gallina -
l'Inghilterra aveva la <b>grandezza</b> (<i>bigness</i>) e la <b>novità</b> (<i>newness</i>),
una novità che è ora vecchia, ma ancora capace di suscitare
sprezzante meraviglia per la combinazione di prodezza tecnologica e
ingenuità morale.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Capace
d'indurre puro ottimismo e confidenza cieca.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Capace
di suscitare ancora <b>nostalgia per il progresso</b>, non importa dove
conduca.</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tutto è
possibile.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><i>Remember
the Future</i> (<b>1997</b>)</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2quqYGDp_b5CDcLsKP7K5vzbp_QL13Tb-izBgIcwfHUIwHRqZF8JxwrvBU2_4twVk8saGxBWjZP6u960h6UHPFBs9-tkvKyoxFI1RpQj-JfXbt0EkvEg6gBINKj2SdoCBzpzlrkyGSxo/s1600/boros-szikszai.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="652" data-original-width="1024" height="407" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2quqYGDp_b5CDcLsKP7K5vzbp_QL13Tb-izBgIcwfHUIwHRqZF8JxwrvBU2_4twVk8saGxBWjZP6u960h6UHPFBs9-tkvKyoxFI1RpQj-JfXbt0EkvEg6gBINKj2SdoCBzpzlrkyGSxo/s640/boros-szikszai.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Calendar for the Hungarian Insurance Company" (1992), di Boros-Sikszai</td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<a name='more'></a><br />
<span style="font-family: inherit;">Il noto
polemicista e critico d'arte </span><b style="font-family: inherit;">Jonathan Meades</b><span style="font-family: inherit;"> esprime perfettamente
cosa comporti l'</span><b style="font-family: inherit;">estetica </b><span style="font-family: inherit;">del “</span><b style="font-family: inherit;">Cassette Futurism</b><span style="font-family: inherit;">” nella serie
“</span><a href="https://www.youtube.com/watch?v=EYnGza8W-5w" style="font-family: inherit;">Remember the Future</a><span style="font-family: inherit;">” (1997) quando si avventura nella tranquilla
campagna inglese alla ricerca delle </span><b style="font-family: inherit;">reliquie tecnologiche</b><span style="font-family: inherit;"> degli </span><b style="font-family: inherit;">anni
Sessanta</b><span style="font-family: inherit;"> e </span><b style="font-family: inherit;">Settanta</b><span style="font-family: inherit;">. Le dighe artificiali, le torri di trasmissione,
i radar, fino all'architettura cementizia dell'università e dei
sobborghi. Edifici e infrastrutture promettenti un futuro
scintillante di ottimismo e proprio per questo ormai sorpassati dal
grigiore e dallo sporco dell'ennesimo conflitto nel Medio Oriente.</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Jonathan
Meades visita ad esempio la <b>Belmont Transmitting Station</b>: costruita
nel <b>1965</b> e tra le strutture in assoluto più alte dell'Europa
occidentale, è una torre per le comunicazioni semplicemente
colossale.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il
futuro, osserva Meades, all'epoca voleva dire guardare avanti e
<b>guardare in alto</b>... molto in alto: 1154 piedi per l'esattezza, ovvero
351 metri. Non è un traliccio o un'opera d'arte: è una torre vera e
propria, visitabile e funzionante.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">All'epoca
era un trionfo ingegneristico dell'uomo sulla natura; oggigiorno
ricorda la torre di un mago o una <b>costruzione aliena</b>, isolata e
svettante nella campagna. Come altri edifici analizzati da Meades,
non c'è in questo periodo, come nel Cassette Futurism, alcuna
intenzione di mimetizzarsi o mescolarsi nell'ambiente naturale.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'oggetto
è fiero di presentarsi come funzionale e moderno.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La
struttura, assolutamente spoglia e disadorna, trova proprio nella sua
<b>funzionalità</b> il carattere estetico e il magnetismo proprio di una
novità futuristica. Come ho cercato – ammetto in modo contorto –
<a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2018/10/cassette-futurism-salvare-gli-anni.html">di spiegare qualche giorno fa</a>, questo è “Cassette Futurism”.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La
torre Belmont fu infatti costruita quando i satelliti erano ancora
apparecchi militari, lontani dal fornire quella copertura oggigiorno
considerata ovvia e scontata.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Negli
anni Sessanta era ancora possibile ipotizzare un futuro dove le
<b>trasmissioni</b> venissero assicurate dalle <b>strutture a terra</b> e per
l'appunto da torri aliene come la Belmont.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Qui, al
nocciolo, ritroviamo un possibile spunto: un futuro dove la
tecnologia per cause esterne, dovute a una minaccia aliena o per
ragioni strutturali, non ha ancora sviluppato l'attuale rete
satellitare e dove i mezzi di comunicazione vengono assicurati da
strutture ancorate a terra.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">È
un futuro dove la spinta tecnologica degli anni Sessanta ha
proseguito imperterrita e dove si sono sviluppate strutture e torri
sempre più elaborate, fino a raggiungere dimensioni colossali... Un
mondo dove la predominanza dell'analogico ha rallentato le
comunicazioni fino a permettere solo rudimentali floppy e cassette...
Un mondo migliore, dove c'è ancora spazio per carta&penna, così
come per uno scambio di idee che non sia frenetico e parossistico.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Cassette
Futurism</b>, per l'appunto.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEic_enSqxGTDIxD6ben8ZSoR4s-sqCvKvx2MBApyQ-OzZAjQ04BZ8LtjNYxpm7oZI7F3ahiv1Er_UQR0ygWuHY3KylseEITpR4GVWMUV_p6OFCa-JrDtmv2EiWJ3CfGJ3ATak7AE21MZXw/s1600/atari+futurismo+art.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="471" data-original-width="830" height="363" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEic_enSqxGTDIxD6ben8ZSoR4s-sqCvKvx2MBApyQ-OzZAjQ04BZ8LtjNYxpm7oZI7F3ahiv1Er_UQR0ygWuHY3KylseEITpR4GVWMUV_p6OFCa-JrDtmv2EiWJ3CfGJ3ATak7AE21MZXw/s640/atari+futurismo+art.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Atari 800 artwork dall'Atari BASIC Programming manual/ Basic Computing Language cartridge (1979)</td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si
tratta pertanto di un'</span><b style="font-family: inherit;">estetica</b><span style="font-family: inherit;">, applicabile a un'ambientazione
fantascientifica, ma svincolata da uno specifico genere: ci può
essere un “Cassette Futurism” ambientato in una Terra
alternativa, come appena proposto; un “Cassette Futurism” nello
spazio; un “Cassette Futurism” </span><i style="font-family: inherit;">slasher</i><span style="font-family: inherit;"> o lovecraftiano, così
come un “Cassette Futurism” thriller e perchè no? romantico.</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'estetica
rientra in un arco storico che va dagli <b>anni Sessanta</b> ai primi<b> anni
Duemila</b>, prima della diffusione di massa del computer e della Rete. </span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La tecnologia, così come il vestiario, l'oggettistica e i mezzi di
trasporto, si caratterizzano per un'estrema <b>solidità</b> e una
<b>pesantezza</b> intrinseca, trasmessa dall'uso di materiali rari e costosi
da produrre. La Rete Internet appare limitata a <b>terminali</b> e/o
computer di grandi dimensioni. I portatili, quando presenti, sono
scomodi oggetti più simili a macchine da scrivere che <i>laptop</i>
ultrasottili, da riporre in una vera e propria
valigia. La tecnologia è pertanto trasportabile in alcuni casi, ma
con precisi limiti di costo e spazio.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sia per
una ragione pratica, dovuta ai costi dei macchinari, che per una
scelta estetica, la tecnologia appare<b> squadrata</b>, <b>voluminosa</b>, senza
appigli per l'ornamento o il dettaglio.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se
presente, il decorativismo viene trasmesso dall'esagerato numero di
<b>tasti</b>, <b>leve</b> e <b>pulsanti</b> dei diversi macchinari, siano una moto,
un'auto o un computer casalingo.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I
<i>touchscreen</i> sono un'idea di un futuro lontano, irrealizzabile: gli
schermi sono piccoli e compatti, caratterizzati dall'uso di grafica
vettoriale o nei casi più estremi ricostruzioni a suon di pixel.</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le
<b>cassette</b>, siano forme di VHS o nastri magnetici, sono un po' dovunque,
utilizzate alla pari delle chiavette usb, con l'eccezione di
contenere un centesimo degli attuali dati e pertanto venire
accatastate e accumulate in quantità enormi. I depositi delle
<b>aziende</b> e del <b>governo</b> dispongono d'immensi <b>archivi</b> di cassette e
cartucce dati, prelevate all'occorrenza da sistemi automatizzati di
bracci robotici all'interno di chilometri su chilometri di distese
sotterranee.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I
bambini si scambiano cartucce per i giochi sui rispettivi computer di
casa, mentre gli adulti hanno sempre una cassetta da registrare
pronta nella valigia di lavoro. Limiti, tanto di risorse, quanto
ideologici, hanno impedito il passaggio a forme più agili di
memorizzazione dei dati.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le
<b>cabine telefoniche</b> si sono evolute e diffuse per garantire postazioni
d'accesso ai cittadini e vengono quotidianamente usate per un po' di
tutto, dalle videochiamate, alle telefonate, all'invio dei messaggi.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Hackerare
queste postazioni è un gioco da ragazzi per chiunque abbia meno di
vent'anni, mentre gli <b>hacker</b> sono in grado di ascoltare chiamate e
registrare importanti dati... su cassetta, ovviamente!
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiibZgnxMGsm4y5XYtS5TY2Jtpn_hCQCPUhgqbtihMju_FruI1i0iAA1Gog1-szPAu2qBHX4GOs6njYXPR_SZtMP2ltTqsUgC2B0mqIJf78klR7O5GwFpcLmspCKpbHJDUpYYULhOvx3lU/s1600/centrale+sala+controlli.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="580" data-original-width="1286" height="288" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiibZgnxMGsm4y5XYtS5TY2Jtpn_hCQCPUhgqbtihMju_FruI1i0iAA1Gog1-szPAu2qBHX4GOs6njYXPR_SZtMP2ltTqsUgC2B0mqIJf78klR7O5GwFpcLmspCKpbHJDUpYYULhOvx3lU/s640/centrale+sala+controlli.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Centrale Nucleare, sala controlli (2011)</td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il
futurismo nell'ambientazione s'innesta inoltre su un </span><b style="font-family: inherit;">passato
tecnologico</b><span style="font-family: inherit;"> che oggigiorno definiremmo </span><b style="font-family: inherit;">anacronistico</b><span style="font-family: inherit;"> e </span><b style="font-family: inherit;">dieselpunk</b><span style="font-family: inherit;">:
uno slancio verso il futuro caratterizzato dall'uso di combustibili
fossili, bulloni a manetta e un gusto per l'</span><b style="font-family: inherit;">art déco</b><span style="font-family: inherit;"> ora mescolato
incongruamente con il gusto </span><b style="font-family: inherit;">brutalista</b><span style="font-family: inherit;"> e </span><b style="font-family: inherit;">aggressivo</b><span style="font-family: inherit;"> dei nuovo
edifici. </span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questo sostrato derivante dagli <b>anni Trenta</b> e <b>Cinquanta</b>
rivela, a un occhio attento, un'incredibile <b>retro compatibilità</b> con
le nuove tecnologie: un meccanico esperto può utilizzare componenti
di un aereo degli anni Quaranta su un'auto degli anni Ottanta, mentre
un tecnico è in grado di visualizzare i dati di una scheda forata
del 1945 su un moderno terminale (e riversarlo su cassetta,
ovviamente, come avrete ormai indovinato).
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sfruttare
o meno i <b>neon</b> per trasmettere quell'<b>atmosfera</b> propria dei film di Nicolas Winding Refn o di Blade Runner, è una scelta che spetta al creatore.
Personalmente trovo che i neon appartengano più al cyberpunk <i>old
style</i>, che all'estetica del Cassette Futurism. Generalmente i neon
vanno sempre bene in Giappone, mentre in Europa e in America vanno
bene negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta e in maggiori
quantità verso il 1985. Sarebbero al contrario da evitare nei tardi
anni Novanta e soprattutto nel Duemila.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Conviene
inoltre riflettere su come la presenza dei neon nei film anni
Ottanta, oltre a mascherare il <b>basso budget</b> (Ridley Scott)
soddisfacesse una nostalgia verso la prima metà del '900, dov'erano
invece davvero ovunque. Giova ricordare come la nostalgia verso gli
anni Ottanta era a sua volta replicata dalla <b>nostalgia</b> all'epoca <b>per
gli anni Cinquanta</b> (Stephen King docet).
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questo
insistere sull'essenzialità e sul brutalismo non comporta
necessariamente un'ambientazione distopica o improntata a un perpetuo
grigiore. La tecnologia in questione può anche essere <b>colorata</b>, come
nell'anime <b>Bubblegum Crisis</b>, dove l'anima cyberpunk viene inserita in un ambiente
urbano pulito e sgargiante. La serie è innegabilmente un esempio di
fantascienza cyberpunk, ma la metropoli è assolata e sicura, con la
criminalità confinata alle periferie.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'enfasi
sulle cassette, sulla manualità degli oggetti e sull'essenzialità
del design può essere <b>gradevole</b>, persino <b>consolante</b>. Come lo
steampunk, il Cassette Futurism propone una tecnologia ancora
intuitivamente <b>comprensibile</b> e come tale aggiustabile con tanto olio
di gomito e un libretto d'istruzioni. La solidità di quest'estetica
ne garantisce l'utilizzo per anni, con l'affidabilità e la
dimestichezza propria di un vecchio amico.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mentre
gli anni Novanta propendono per il grigio e gli anni Ottanta per il
nero, preferirei per il Cassette Futurism qualcosa di più anni
Settanta: <b>colori caldi</b>, bianco panna per le imbottiture di auto e
poltrone e color pelle od ocra per i computer e le tecnologie.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le
stanze dovrebbero essere piccole, ma confortevoli: solai e cubicoli
tappezzati di motivi multicolori o in alternativa uffici e corridoi
aziendali caratterizzati da decorazioni geometriche: fasce di colori
primari, tartan e tappeti monocromi. Una sensibile <i>palette</i> <b>anni
Settanta</b>, caratterizzata da colori quali rosso e giallo, ma <b>smorti</b>
come nelle cartoline e nelle fotografie del tempo.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrXr2ggq_MMNs0DV-JLK_2ADBNaRMfw0p03fIVE4a1PzPZnqqhu0fCdbRs0E62MdA-MxZuKNPUHL2g7nw32DlLph_H516BmI5dM68u55qPR8JzeROUkGlhWV84_BjQh7aqpNpJj7Q3VK0/s1600/syd+mead+cassette+futurism.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="431" data-original-width="802" height="343" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrXr2ggq_MMNs0DV-JLK_2ADBNaRMfw0p03fIVE4a1PzPZnqqhu0fCdbRs0E62MdA-MxZuKNPUHL2g7nw32DlLph_H516BmI5dM68u55qPR8JzeROUkGlhWV84_BjQh7aqpNpJj7Q3VK0/s640/syd+mead+cassette+futurism.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Artwork di Syd Mead</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Stabilita
la tecnologia di ogni giorno e quale forma di atmosfera si vuole
riprodurre, il passaggio successivo consisterà nel definire qualche
</span><b style="font-family: inherit;">elemento iconico</b><span style="font-family: inherit;"> per il “Cassette Futurism”.</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Una
mossa facile è ovviamente appellarsi all'<b>esercito</b> e ai giocattoli
militari. Se vogliamo intrattenere i lettori, non c'è nulla di più
gratuito dell'action. </span><span style="font-family: inherit;">E
un'ambientazione quale il Cassette Futurism basato su un periodo
storico quale la <b>guerra fredda</b> non può prescindere da
quest'argomento.</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Non c'è
bisogno di essere guerrafondai: si può ipotizzare un clima di
tensione bellica a causa del quale la tecnologia si sia evoluta nella
direzione di una profonda affidabilità e robustezza, oppure una
distensione diplomatica avvenuta prima di quanto si pensasse, che
abbia garantito a entrambi i colossi la tranquillità per
un'evoluzione tecnologica confusa e rapida, anzitempo.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Restringendo
la lente ai <b>popoli liberi</b> – ossimoro adesso quanto allora – un
veicolo icona del Cassette Futurism è senza dubbio il carro armato <b>M1 Abrams</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La
<b>forma</b> tanto efficiente, quanto brut(t)a e la miscela di <b>tecnologia
avanzata</b> connessa a un inguaribile <i>arrange</i> di cavi e tastiere proprie
del periodo lo rendono un candidato ideale.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Senza
interessarsi alla versione storica, prendete l'Abrams e camuffatelo
come preferite: rendetelo ancora <b>più scorfano</b>, ancora <b>più brutale</b> o
al contrario estremizzatene gli ausili tecnologici.</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se
invece gradite qualcosa di più futuristico e anni Ottanta,
l'<b>hovercraft tank</b> è una buona soluzione.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'ho
visto proporre spesso nelle discussioni sul genere e trovo che sia
adatto per la presenza nei <b>videogiochi </b>a 8 Bit e nei <i>wargame</i>
carta&penna degli anni Settanta e Ottanta.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">È
un tank montato su una tecnologia a lievitazione gravitazionale o in
alternativa su cuscinetti ad aria compressa proprio come li
conosciamo dai decenni post Seconda Guerra Mondiale.</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il
Cassette Futurism sembra adatto a trasporre molte delle <b>icone pixel
</b>dei videogiochi di quegli anni: l'hovecraft stesso sarebbe
interessante nella forma geometrica di una piramide con un cannone e
un motore. Un carro armato dalla <b>corazzatura liscia</b> e senza fronzoli,
al più con un sistema di luci incorporato nella carrozzeria e/o una
mimetica a cubi o triangoli.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjia4BM7-JyeofKr_OLlms6PcibWfbz4iXxhTO3Qj0irCvSQgA8odXdX3-VKg9s-LeSa8tWwSWUOUuLaKJ_mVirD8CnLGrGS_8axAbry_uae8IbPM8rLQKxX5ImnH0LN6YYZ9xbPYLIISU/s1600/Hovertank+3D.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="404" data-original-width="646" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjia4BM7-JyeofKr_OLlms6PcibWfbz4iXxhTO3Qj0irCvSQgA8odXdX3-VKg9s-LeSa8tWwSWUOUuLaKJ_mVirD8CnLGrGS_8axAbry_uae8IbPM8rLQKxX5ImnH0LN6YYZ9xbPYLIISU/s640/Hovertank+3D.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">HoverTank 3D (1991)</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Lo
</span><b style="font-family: inherit;">Steampunk</b><span style="font-family: inherit;"> pertanto ha lo zeppellin o il treno corazzato, mentre il
</span><b style="font-family: inherit;">Dieselpunk</b><span style="font-family: inherit;"> ha i mech e il </span><b style="font-family: inherit;">Cyberpunk</b><span style="font-family: inherit;"> i cyborg e i droni: il </span><b style="font-family: inherit;">Cassette
Futurism</b><span style="font-family: inherit;"> ha invece il possente Abrams.</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il
parco di veicoli civile non dovrebbe allontanarsi grandemente da
quello militare: mezzi solidi e affidabili, caratterizzati da un
<b>eccesso di plastica</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mentre l'appassionato di Warhammer 400000
riconoscerà nell'<b>M113</b> le linee inconfondibili di un <b>Rhino</b>
dell'Adeptus Astartes, per i veicoli civili il riferimento naturale è
la <b>Volkswagen Type 182</b> “<b>The Thing</b>” o per la sci fi la <b>Kitt</b> di <b>Knigth Rider</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Spingendo
invece sul pedale dell'acceleratore, è possibile ipotizzare schermi
con le mappe e i tracciati vettoriali, così come le linee slanciate
e aerodinamiche di una costruzione con i primi programmi di grafica.
Un'automobile “asciugata” di ogni superfluo gadget: niente
maniglie, loghi, antenne o accessori di sorta. Si tratterebbe di una
carrozzeria costituita da<b> un unico</b>, apparente <b>blocco</b>, dove le
portiere si aprono automaticamente e i fanali si limitano a due
fessure nel muso. </span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">All'interno è possibile immaginare controlli
puramente basati su uno schermo, dove compare un <b>volante digitale</b> da
manovrare con uno scomodo <i>joystick</i> o nei casi peggiori con un mouse e una tastiera apposita. Il <i>touchscreen</i> va evitato, perchè rischierebbe di
catapultare il lettore nell'era di Steve Jobs, dominata dall'estetica
della Apple.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il
protagonista della nostra ambientazione, il Cassette Futurism, ha ora
un'automobile e si muove in una città cyberpunk, ma ragionevolmente
ordinata e sicura.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Dopo
aver definito i caratteri estetici della tecnologia, definire
l'<b>architettura</b> del luogo è una sua naturale prosecuzione: la regina
di quest'ambientazione è il <b>Brutalismo</b> degli anni Sessanta e
Settanta, permesso dall'abuso del <b>cemento armato</b>, al quale si
attribuivano caratteri di durabilità rivelatosi falsi.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il
Brutalismo come <b>genere architettonico</b> – al cui riguardo rimando
agli <a href="https://vimeo.com/93963469">splendidi documentari di Jonathan Meades</a> – non va confuso con
il Modernismo, il Post Modernismo e lo Strutturalismo.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Molta
della architettura contemporanea, ad esempio dell'archistar
<b>Massimiliano Fuksas</b>, è <b>Post Modernismo</b> con tutte le sue stigmate:
durabilità pari a zero, presunzione di leggerezza contraddetta
dall'effettiva realizzazione e <a href="https://www.jacobinmag.com/2016/06/zaha-hadid-architecture-gentrification-design-housing-gehry-urbanism/">infine un totale disdegno per l'architettura popolare</a>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Gli architetti post moderni prediligono i
grandi<b> musei</b>, i grandi <b>aeroporti</b>, i grandi <b>congressi</b>: edifici
diplomatici o turistici, destinati ai potenti.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Senza
negare gli orrori del Brutalismo, questi perseguiva, specie nell'Est
Europa, una soluzione ad una <b>crisi abitativa</b> tutt'ora in corso e nei
cui confronti si è preferito chiudere un occhio o nella Russia post
sovietica rimediare con sterminate baraccopoli.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Qualsiasi
centro urbano raramente si sviluppa come un singolo abitato, ma
<b>mescola</b> edifici e fabbricati di diverse ere storiche, senza
distinzione. Nel caso del cyberpunk e del Cassette Futurism ritengo
la soluzione migliore adottare lo <b>stile art déco</b> come l'architettura
precedente, sulla quale poi innestare lo stile che si preferisce.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nelle
discussioni <i>online</i> compaiono i seguenti nomi, da indagare a fondo:
International Style, Mid-Century Modern, Functionalism, High-Tech,
Structuralism, Deconstructivism, Neomodernism, Streamline Moderne,
PWA Moderne, Neoplasticism, Constructivism e Neues Bauen.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQlBsLRCyCwNCZdOt_MkwSR4LRof8GjC-CxqDe6vOHHN9_QHxh6d42Luy7opWVPot-OLpqNx2iv8sfcUy8109GTJQBHpp02MsvkkZNsMiVoKskxgOIZ8sOySi9Fy4rOBEotwyCIK9d16c/s1600/brutalismo+ilinden+macedonia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="581" data-original-width="960" height="387" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQlBsLRCyCwNCZdOt_MkwSR4LRof8GjC-CxqDe6vOHHN9_QHxh6d42Luy7opWVPot-OLpqNx2iv8sfcUy8109GTJQBHpp02MsvkkZNsMiVoKskxgOIZ8sOySi9Fy4rOBEotwyCIK9d16c/s640/brutalismo+ilinden+macedonia.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Monumento Ilinden, Macedonia, 1974 di Jordan e Iskra Grabuloski</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I
limiti di una tecnologia basata su cassette e supporti fisici, dove
Internet appare circoscritta ai militari o agli utilizzi più
semplici, rendono difficile immaginare una </span><b style="font-family: inherit;">robotica</b><span style="font-family: inherit;"> granché
sviluppata.</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">D'altronde
è innegabile come i robot siano “cool” e non c'è un reale
motivo per eliminarli dal Cassette Futurism: se rientra
nell'estetica, perchè no?
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I <b>robot
domestici</b>, non così diversi da un'aspirapolvere o una lavatrice,
sembrano essere i candidati migliori: <b>creature tozze</b>, munite di
<b>ruote</b>, dalla forma spesso di un disco, un mobile, una botte... (R2D2
<i>docet</i>). In alternativa li si può immaginare <b>umanoidi</b> dal torso in
su, con chele e/o mani di plastica limitate al pollice opponibile e
un “guanto” uniforme.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un film
quale <b>Runaway</b> (1984), dove i robot sono tanto goffi, quanto letali è una miniera
di idee e visuali per il Cassette Futurism. In alternativa è
possibile considerare per l'esercito umanoidi corazzati, camminatori di qualche metro d'altezza ed eventuali piattaforme di
armi semoventi.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le
forme dei <b>primi satelliti</b>, dagli anni Settanta e Ottanta, sono un
altro esempio di materiale da rielaborare per trarne robot
adeguatamente goffi e pesanti.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I primi<b>
robot per l'istruzione</b>, in realtà niente più che computer
mascherati da un involucro di plastica, così come tanti giocattoli
degli anni Settanta, costituiti da linee dritte e squadrate, offrono
un'altra fonte d'ispirazione.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quanto
invece trovo poco adatto al Cassette Futurism e invece fertile
terreno per il cyberpunk propriamente detto sono le diverse fusioni
tra umano e artificiale, così come i robot indistinguibili dagli umani e i diversi cyborg a cui ci hanno abituato gli anime, tra tutti con
Ghost in the Shell.</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nonostante
il Cassette Futurism sia un'estetica e come tale modificabile e
completamente “aperta”, perchè funzioni dev'esserci un <b>unico
dogma</b>, un'<b>unica regola</b> da seguire.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il
Cassette Futurism <b>non deve avere connessioni wireless</b> d'alcun genere.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se uno
desidera controllare un'email, così come scaricare un film o
sbloccare il codice di lancio di un missile nucleare l'unico modo è
usare una connessione <b>via cavo</b> o in alternativa trasportare
l'informazione su un supporto fisico: la “cassetta” del nome,
l'eventuale cartuccia da videogioco, il nastro magnetico e così
via...</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Lo
scrittore può escogitare la scusante che preferisce: un limite
tecnologico di qualche motivo, ragioni militari (guerra fredda,
<i>again</i>? Alieni?), culturali, ambientaliste, ecc ecc.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La
naturale conseguenza di questa regola è un'esagerata importanza dei
terminali, così come delle cabine telefoniche e generalmente di
qualsiasi portale d'accesso si voglia inventare. La regola garantisce
inoltre quella fondamentale compresenza di carta e digitale
fondamentale per l'ambientazione: i “vecchi” metodi, volendo,
sono ancora validi. La burocrazia, ad esempio, cerca di sfruttare il
potenziale delle nuove tecnologia, ma nel contempo richiede ancora di
compilare permessi e questionari su carta.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il
<b>terzo</b> e <b>finale</b> appuntamento della <b>miniserie</b> dedicata al “Cassette
Futurism” indagherà i suoi tanti <b>figli</b> e <b>sottogeneri</b>, cercando nel
contempo di evidenziare esempi ludici e cinematografici dove questo
genere di estetica sembra emergere con chiarezza. Lo scopo di questa
rubrica è proprio di <b>slegarsi</b> dai modelli puramente narrativi per
perseguire un'ispirazione legata alla storia della tecnologia,
dell'architettura e del design. Pertanto additare un film come
esempio pone il rischio di limitare eccessivamente quest'estetica.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sempre
a questo proposito, cercherò di offrire alcuni esempi su come si
possa costruire un'estetica Cassette Futurism senza legami con l'immaginario americano o generalmente anglofono.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In
altre parole, è tempo di scoprire cosa nasconde la<b> cortina di
ferro</b>...</span></div>
<br />Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-68795108233909104222018-10-03T07:00:00.000+02:002018-10-08T08:33:27.430+02:00"Cassette Futurism": salvare gli anni Ottanta dai fanboy nostalgici 1/3<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2u8PvJktQaz_6bXyLz85QN25cb9te44ZWc2BXNjdF5FQehF01g5S7T6Fui0nSr0cuWRJ8oSjjbZVSb0XxyDgv9Sb649RzCA__wwCSmxsDCW0vYQ2dNewsUnwDWEnYP3IWtW1NAtob3pM/s1600/cyberpunk+blade+runner.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="509" data-original-width="700" height="232" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2u8PvJktQaz_6bXyLz85QN25cb9te44ZWc2BXNjdF5FQehF01g5S7T6Fui0nSr0cuWRJ8oSjjbZVSb0XxyDgv9Sb649RzCA__wwCSmxsDCW0vYQ2dNewsUnwDWEnYP3IWtW1NAtob3pM/s320/cyberpunk+blade+runner.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><i>Vogel in the Penthouse</i>, di boroszikszai (1995)</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b>Nuova
Zelanda</b>, ottobre <b>1999</b>. </div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Su un altipiano battuto dai venti, cinque
figure infreddolite avanzano avvolte nei mantelli. </div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La prima, un uomo
di mezz'età vestito di nero e con una spada alla cintura, conduce un
pony macilento. </div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Le altre quattro indossano panciotti e pantaloni di
campagna e strascicano indolenti giganteschi <b>piedi pelosi</b>, a uno
sguardo attento protesi di lattice.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Uno di
questi giovani uomini giocherella in tasca con un oggetto dalla forma
rotonda, con una scritta sovra incisa e verniciato d'oro: un <b>anello</b>.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mentre
i cinque uomini camminano verso una collina poco distante, una
moltitudine tanto silenziosa quanto indaffarata si affanna alle loro
spalle. E' una <b>folla</b> di braccia e gambe irta di <b>strumentazioni
tecnologiche</b>: lunghi pali grigi, una rotaia in miniatura sulla quale
manovra un'astronave mediatica con un gigantesco <b>cannone-cinepresa</b> e
più cavi dei fili di una ragnatela.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Un
ometto grasso e ricciuto, con niente più che una <i>t-shirt</i> in quel
freddo polare, dirige questo concerto di attrezzature: le <b>cineprese</b>
scattano a girare, espellono <b>videocassette</b>, schioccano i sibili di
<i>polaroid</i> e macchine fotografiche. Quella scena surreale, quei quattro
uomini intenti a camminare, sono sotto l'assalto di un invisibile,
pachidermico <i>behemot</i> di silicio: un amalgama di nastri, di
cavi, di microprocessori che lavorano tutti assieme per trarre quanto
sarà la<b> ripresa</b> di un<b> film</b>.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
L'ometto
grasso è infatti <b>Peter Jackson</b>, l'uomo di mezza età <b>Viggo Mortensen</b>
e infine i quattro giovani “hobbit” sono <b>Eliijah Wood</b>, <b>Sean
Astin</b>, <b>Dominic Monaghan</b> e <b>Billy Boyd</b>. </div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il regista sta girando una
scena tra le tante, ancora incerto se verrà utilizzata o meno:
Grampasso conduce quattro giovani mezzuomini verso la collina di <i>Amon
Hen</i>, dove subiranno un attacco notturno dai nazgul.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br />
<a name='more'></a></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Dov'è
la<b> magia</b> in questa scena?
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Una
prima risposta osserverebbe come, per uno spettatore estraneo, tolta
la <i>crew</i> di Jackson, le cinque persone sembrerebbero nella
natura selvaggia della Nuova Zelanda effettivamente <b>personaggi
fantasy</b> intenti a una <i>quest</i>. Ma non basta.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Un'osservazione
nostalgica e mielosa presentirebbe in questa scena la<b> magia</b> di una
<b>classica trilogia</b> destinata a fare giustizia a un altrettanto
classico fantasy quale <b>Il Signore degli Anelli</b> di Tolkien.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Uno
studente di cinema osserverebbe la magia del <i>making of</i> di un film:
come da una serie di riprese e scene spezzettate in un modo tanto
difficile quanto apparentemente impossibile possa venire ricreata la
“<b>magia</b>” di una<b> narrazione coerente</b> e <b>sensata</b>.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
In
altre parole, la <b>magia della pellicola</b>.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
In
verità la magia non era nei camuffamenti degli hobbit, né
nell'abilità di Jackson, quanto nella <b>strumentazione</b>. La <b>Weta
Workshop</b> utilizzava tra la fine degli anni Novanta e i primi del
Duemila le più avanzate tecniche digitali dell'opera e alcuni tra
gli effettisti speciali in questo campo più all'avanguardia. </div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E il
<i>making of</i> della trilogia lo dimostra ampiamente: dalla programmazione
per moltiplicare i combattenti nella battaglia iniziale, alla sfida
incomparabile di animare il troll nello scontro a Moria. Senza citare
l'incubo di animare e “rendere” una creatura formidabile quale
<b>Gollum</b>, nei film a venire...</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Peter
Jackson, pertanto, stava utilizzando i più <b>avanzati giocattoli</b> a sua
disposizione: <b>tecnologia</b> non solo <b>innovativa</b>, ma utilizzata come
tale, <i>overclockata</i> al suo estremo limite. A distanza di vent'anni
questa felice combinazione tra effetti speciali artigianali e nel
contempo un utilizzo sapiente del computer ha garantito una longevità
più unica che rara nel panorama del cinema fantastico.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Guardare
i video granulosi dei <i>making of</i> o ammirare i tanti scatti <i>behind the
scenes</i> genera dunque un interessante <b>paradosso</b>: <b>tecnologia moderna</b> e
all'ultimo grido sembra però invecchiata, irrimediabilmente <b>datata</b>,
consumata. </div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Colpisce in particolare l'<b>enormi dimensioni</b>: tutto è
gigante, tutto ingombra, tutto occupa spazio. </div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E' tecnologia che si sa
moderna, anche senza avere nozioni tecniche; eppure sembra afflitta
da un inguaribile gigantismo.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il
divario non è paragonabile alla tecnologia degli anni Cinquanta o
Sessanta; ma proprio per questo motivo l'<b>estraniazione</b> nello
spettatore si rivela più sottile, più insidiosa.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Si sa
che la trilogia di film è relativamente <b>recente</b>, a malapena a
vent'anni di distanza.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Si sa
che la tecnologia in auge è ancora parzialmente <b>nelle nostre case</b>.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Si sa
come fosse all'epoca avanzatissima e moderna, il “<b>top</b>” <b>della
gamma</b>.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Nondimeno,
pur consapevoli della modernità di quanto si guarda, si rimane
colpiti dalle sue dimensioni, dal suo fascino retrò, da quanto
sembri irrimediabilmente antiqua.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
In
quest'epoca di ritorno all'artigianato con la stampa 3D e con le
personalizzazioni caratteristiche di tanti trend, questo genere di
attrezzature, di strumentazioni diventa ancora più <b>aliena</b>.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Se
confrontati ad esempio con l'oggettistica anni Cinquanta o Settanta,
è una <b>tecnologia brutalistica</b> e <b>meccanica</b>, dove la sensazione di
operare la macchina da presa o fotografica è quella di un'<b>arma da
fuoco</b>. L'oggetto pesa, è composto da parti meccaniche facilmente
distinguibili e smontabili e saperlo usare comporta una certa forza
bruta. Il caricatore va cacciato a forza dentro il fucile, così come
la VHS richiede una certa spinta, una certa forza per venire divorata
dal videoregistratore.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E' una
tecnologia non solo visiva, ma <b>sonora</b>: il click del tasto, il
gorgoglio di una musicassetta affogata nei nastri, il magnifico
scatto robotico di un compartimento per il floppy, il cd, la Betamax.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Valga
solo una riflessione sull'utilizzo della <b>chiavetta usb</b>: questa viene
infilata nell'apposito connettore e non serve alcuna operazione
ulteriore. Il computer non estende più alcun arto o appendice per
esplorare il mondo esterno: esso è ormai un <b>cubo</b>, <b>immobile</b>, che
riceve e rilancia informazioni senza una vera interazione fisica con
l'utente.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il
<i>making of</i> del Signore degli Anelli è dunque un involontario canto
del cigno: proprio verso il 2003/2004 le chiavette usb con 1 GB di
spazio diventeranno finalmente disponibili e molta di questa
apparecchiatura scomparirà, non a caso con l'ultima <b>uscita</b> ufficiale
<b>in VHS</b> di un film, <i>A History of Violence </i>(2005), ancora una volta con Viggo Mortensen
protagonista.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Si osservi, relativamente al documentario, le tante scene dove Jackson
lavorava con i responsabili agli effetti speciali per realizzare il
<b>troll</b>: era (è) tecnologia che avrebbe fatto la storia, assolutamente
all'avanguardia; eppure la sola quantità di cavi e strumenti messi
assieme con scotch e tanta ingenuità la rendono una scena grottesca,
degna di un film di Terry Gilliam.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Si
consideri in alternativa la “<b>tana</b>” <b>di Jackson</b>, dove andava a
rilassarsi nelle pause tra il lavoro: la stanza di un furgone
tappezzata fino al soffitto d'ingombranti televisori, con un
videoregistratore partorito da un incubo di Cronenberg e scaffali su
scaffali di quelle videocassette che oggigiorno condenseremmo in una
banale chiavetta dati.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbIhc-6ixJP6Q6LUtEME62DW2sCoVWHk_mup_SBB8Yorhyphenhyphen40oACyW2bpV6uYxHSSnQENHfdQ3svhwsPlzi7j05FelzvwWcbITGTrnkhdkIaiBk-1cBMhgcbgWJQOExSCR_AQN9hlQDjgI/s1600/cassette+futurism.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="493" data-original-width="798" height="395" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbIhc-6ixJP6Q6LUtEME62DW2sCoVWHk_mup_SBB8Yorhyphenhyphen40oACyW2bpV6uYxHSSnQENHfdQ3svhwsPlzi7j05FelzvwWcbITGTrnkhdkIaiBk-1cBMhgcbgWJQOExSCR_AQN9hlQDjgI/s640/cassette+futurism.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Tecnologia della televisione ungherese, dagli anni Sessanta agli anni Novanta. </td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mentre
riguardavo il documentario lo scorso autunno lungamente mi sono
interrogato sul perchè questo genere di <b>tecnologia</b> mi impressionasse
tanto a livello visivo e uditivo.</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Non era
una nostalgia verso la politica o la cultura degli anni
Ottanta/Novanta, ma piuttosto la <b>ricerca di un'estetica</b>, che ero
disposto a trovare tanto nei primi Duemila quanto negli anni Sessanta
e Settanta. </div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E non era nemmeno un interesse fantascientifico o horror,
tanto più che si trattava di tecnologia che riscontravo molto più
nei documentari, nei cataloghi vendite e negli spot televisivi e in
quei film<i> low budget</i> dove il regista sfruttava direttamente
l'arredamento a sua disposizione, senza “ricreare” nulla.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Non
volevo pertanto inventare un genere, una corrente o scrivere alcun
manifesto: ricercavo solo e soltanto un'estetica o a voler essere più
precisi, <b>una sensazione</b>. E volevo darle un nome.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Questo
<b>futurismo passatista</b>, questo voler andare nel passato per ritrovarvi
un futuro attraverso il quale ri-proiettarsi nel presente, non era certo
una novità per un appassionato di <b>steampunk</b> e <b>retro tecnologia</b>.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Eppure
mi ritrovavo sorpreso da quanti e quali diversi oggetti rientrassero
in quest'estetica: dall'<b>architettura</b>, ai <i>mass media</i> analogici,
all'<b>archeologia industriale</b>, alle autovetture, agli armamenti, alla
moda. <b>Strumenti</b>, pertanto, mai prodotti culturali intesi come
narrazioni di storie. Un'oggettistica deprivata di esseri umani,
distillata di un preciso design a cui non riuscivo a dare un nome.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNVkFfkTdxrXnK3WH3-yZKrGAbIWHu60N69vgjEtn-54YY6YOC1DnT-ja0RYIUweOJC853xLO9pCJLf9koLx3VyLlPUDo4WPhZI41S3GU8JAEbR07Kj9Gjnjn__2Cx9Q8f1nzn3pOLPCI/s1600/pilota+bombardiere+nucleare.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="724" data-original-width="1438" height="322" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNVkFfkTdxrXnK3WH3-yZKrGAbIWHu60N69vgjEtn-54YY6YOC1DnT-ja0RYIUweOJC853xLO9pCJLf9koLx3VyLlPUDo4WPhZI41S3GU8JAEbR07Kj9Gjnjn__2Cx9Q8f1nzn3pOLPCI/s640/pilota+bombardiere+nucleare.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Pilota di un bombardiere nucleare della Guerra Fredda (<a href="http://www.thedrive.com/the-war-zone/7975/this-is-what-usaf-bomber-pilots-would-wear-during-a-nuclear-apocalypse">articolo correlato</a>)</td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
L'estetica
sembrava in primo luogo storicamente collocabile nei decenni centrali
della <b>Guerra Fredda</b>, dagli <b>anni Sessanta</b> ai postumi degli <b>anni
Novanta</b>. Non trovavo migliore definizione per questo genere di
tecnologia se non “<b>futuro usato</b>” (<i>used future</i>); una definizione
spesso usata per il cyberpunk degli anni Ottanta.</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La
tecnologia era pertanto <b>utilitaristica</b>: blocchi squadrati senza
rifinitura se non una plastica <i>beige</i> o grigia di protezione, tesa su
un cuore meccanico di componenti assurdamente grandi. </div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Una forma di
tecnologia dominata da forme <b>rettangolari</b> o <b>quadrate</b>, composta da
macigni pesanti e difficilmente trasportabili, brutalista e solida.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Un
computer all'interno di questo genere di estetica non potrà avere
alcuna decorazione per il costo delle sue componenti e si ridurrà
pertanto a una scatola gigante avvolta in una plastica protettiva, senza nessuna concessione all'occhio.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Una
tecnologia talmente <b>funzionale</b>, talmente <b>essenziale</b> da rivelare in
questo modo un'<b>estetica a sé stante</b>, un fascino involontariamente
prodotto proprio dal suo rifiuto di accontentare la vista.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Questa
ricerca di un'efficienza che non ha altra ambizione se non servire il
suo proprietario e nella sua <b>solidità</b> occupare quanto più spazio
possibile, risulta ancora presente in tanti <b>macchinari industriali</b>,
specie nella mia esperienza con le stampanti di certi negozi e
fabbriche.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il
disinteresse verso l'estetica dei gestori produce <b>bestie industriali</b>
capaci di sopportare colpi e bestemmie mortali per una stampante
domestica. </div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La tecnologia nelle zone di frontiera dei<b> Poli</b> e della
<b>Siberia</b>, così come negli avamposti sperduti nella <b>natura selvaggia</b>
dimostrano un simile design senza fronzoli, esteticamente piacevole
proprio per la sua totale assenza di piacevolezza. </div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ancora una volta,
il click di un caricatore cacciato nel semi-automatico non è così
diverso dall'inserire la carta di una stampante. Una <b>gestualità</b> che
<b>Ernst Junger</b> definirebbe propria dell'<b>era della tecnica</b>.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La
funzionalità estrema di questa tecnologia si riversa poi nella
<b>facilità di ripararla</b> e nella possibilità sottesa di poter
<b>cannibalizzare</b> le parti di una per riparare le parti di un'altra.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Non va
infine trascurato l'effetto umano: proprio la persistenza di questa
tecnologia, la sua durevolezza e la sua brutalità estetica la
rendono soggetta agli interventi del proprietario.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Largo
spazio dunque a segnali che denunciano l'utilizzo di un essere
umano: dagli <b>adesivi</b> sui “cassoni” di un pc, alla plastica grigia
sporca di <b>macchie di caffè</b> e schizzi di ketchup, alla colorazione
marroncina propria del <b>fumo di sigaretta</b>, con tutti i suoi
accompagnamenti, dal posacenere, al panino mezzo smangiato, alla tazza
di caffè.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Se
vogliamo darle una colorazione sociale, una tecnologia caratteristica
dei <b>ceti burocratici</b> più bassi e sfruttati, così come della <i>working
class</i> altamente qualificata e dell'<b>esercito</b> a lungo stanziato in una
zona selvaggia e abbandonata.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiYVUlSeMCFIPR1KZKlEkbi5jf2tAhjFfRhssjCz4PceM_NQ-hcwQf5MvR7cuIfOvJke0AM60KGqmiX5ifyFLc9R9u6-jb5s4LN0vqb4YCH9ZHrv5SrFiA9QtMp_MbMkphxNbHX-Q0LRM/s1600/IBM+Datacentre+Toronto+1963.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="537" data-original-width="1600" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiYVUlSeMCFIPR1KZKlEkbi5jf2tAhjFfRhssjCz4PceM_NQ-hcwQf5MvR7cuIfOvJke0AM60KGqmiX5ifyFLc9R9u6-jb5s4LN0vqb4YCH9ZHrv5SrFiA9QtMp_MbMkphxNbHX-Q0LRM/s640/IBM+Datacentre+Toronto+1963.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">IBM Datacentre, Toronto (1963)</td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ritenevo
impossibile applicare una <b>sensazione</b> o un'estetica <b>così vaga</b> alla
finzione di una storia, fino a quando mi ricordai di un videogioco di
qualche anno fa: <b>Alien Isolation</b>.</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Gli
sviluppatori, accaniti puristi dell'universo originale di Alien di
Ridley Scott, non si erano accontentati di rivedere il primo film, ma <a href="https://www.youtube.com/watch?v=yL8tmDVlCFo">l'avevano di proposito rovinato</a>, cercando di rivederlo con quel
genere di <b>strappi</b> e <b>granularità</b> propria delle <b>VHS</b> del tempo.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
I
gameplay del gioco avevano poi dimostrato un'attenzione estrema a
ricreare quel genere di <b>tecnologia</b> funzionale e “<b>operaia</b>” propria
della Nostromo del primo film. Una strumentazione consunta dall'uso,
ma solida e affidabile: divisa equamente tra cartucce e cassette, tra
un arredamento bianco imbottito e deprimenti panorami industriali di
cavi e cassoni di computer.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Avevo
ritrovato l'estetica che rincorrevo tanto a lungo e niente meno che
in uno dei miei film preferiti e in un videogioco che aveva di
proposito dichiarato il suo amore per quell'estetica industriale.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Qualche
ricerca notturna più tardi, tra <b>Reddit </b>e altri social anonimi
oggigiorno tra i pochi luoghi realmente interessanti della Rete, mi
permetteva infine di appiccicare un nome a quest'ossessione:
“<b>Cassette Futurism</b>”.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Come
immaginavo non era un genere, quanto un'<b>estetica</b>. Ma questo non
detraeva dalla scoperta di una ricca vena immaginativa, che non
aspettava che essere sfruttata. </div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il prossimo appuntamento espliciterà
le <b>caratteristiche</b> fondamentali del <b>Cassette Futurism</b>, adatte tanto a
uno scrittore, quanto a un designer, uno sceneggiatore, un fumettista
o a un “creativo” in generale.
</div>
<div lang="it-IT" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
In
un'epoca di <b>revival</b> degli <b>anni Ottanta</b> prima e degli <b>anni
Novanta</b> adesso, il Cassette Futurism è l'unica alternativa per
“<b>salvare</b>” quel periodo attraverso una nuova estetica <b>senza
compromessi</b> e <b>senza</b> mielose <b>nostalgie</b>, funzionale e autentica come la
tecnologia da essa rappresentata.
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-34936197379125546132018-09-07T07:00:00.000+02:002018-10-02T22:35:51.249+02:00Le Guerre delle Piramidi: fanta-archeologia italiana con Andrea Gualchierotti e Lorenzo Camerini<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdusa_Fa1sreFx9RZPupB8zKWZNioaq2Qtx34CSSk6Eo6A_0Rs1V76UojD_OTAX7DW59fccM8BNGf4gw0XqhyxGXUl0s-bvZTBPipY_Erj9ZUJ2fV9kIy9Z_rf0N8rrDXEy9ExCW8wnrg/s1600/Le+Guerre+delle+Piramidi.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="716" data-original-width="455" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdusa_Fa1sreFx9RZPupB8zKWZNioaq2Qtx34CSSk6Eo6A_0Rs1V76UojD_OTAX7DW59fccM8BNGf4gw0XqhyxGXUl0s-bvZTBPipY_Erj9ZUJ2fV9kIy9Z_rf0N8rrDXEy9ExCW8wnrg/s320/Le+Guerre+delle+Piramidi.png" width="203" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sarebbe un <b>campo di studio</b> assai interessante e fecondo di applicazioni, anche al di fuori dell'orticello accademico, studiare il legame tra <b>esoterismo</b> e <b>mondo della scrittura</b>, tra i <b>praticanti di arti occulte</b> e i “<b>maghi</b>” <b>della parola</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>H.P. Lovecraft</b>, un ardente materialista, ateo e convinto sostenitore del movimento tecnocratico, riciclava spesso paccottiglia esoterica nelle sue opere, dalle invocazioni magiche all'uso dei nomi, ad esempio nell'Orrore a Red Hook o ne Il Caso di Charles Dexter Ward. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se questo fatto è universalmente noto, come comprovano i tanti intellettuali che continuano a cascarci e i <i>minus habens</i> che provano a evocare uno Shoggoth in giardino, rimane invece meno conosciuta l'influenza dell'<b>esoterismo d'inizio secolo</b> sulla produzione fantastica anni Trenta. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">C'è un intero <b>filone della saggistica</b>, collocabile tra la fine dell'ottocento e i primi anni del novecento, scritto da storici, antropologi e studiosi dilettanti, dove si postulano le <b>origini misteriose</b> di <b>continenti scomparsi</b>, oggetti e reliquie sacre (o magiche, se preferite) e fantomatiche provenienze mitologiche dei popoli europei. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Lungi dall'essere ironiche, sono narrazioni assai pesanti e dimenticate da tutti, tranne che dagli accademici: lunghe digressioni senza metodo e rigore scientifico, dove si inseguono le ipotesi più balzane per giungere a prevedibili conclusioni. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se storici, ci si diverte a inseguire il filo rosso di documenti manipolati ad hoc o in alternativa li si inventa da zero. In altri casi ci si improvvisa linguisti o glottologi, inventando radici primitive di parole comuni e correlandole ad antiche civiltà. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questi “ricercatori” erano il più delle volte professionisti della polemica, intellettuali col vizio dello scandalo o giornalisti: non interessava cercare la verità, ma fornire un<b> antenato mitico</b> alla propria nazione o gruppo etnico, per avvalorare un'azione nel presente. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nonostante quindi siano tesi vecchie e sorpassate, erano su queste basi che si formavano gli scrittori poi attivi negli <b>anni Trenta</b> e successivamente negli <b>anni Cinquanta e Sessanta</b>; era questo genere di paccottiglia a nutrire l'immaginazione e quanto oggi definiremmo la visione “storica” degli scrittori e artisti. Come la nostra visione del Medioevo purtroppo affonda in un misto di preconcetti e stereotipi trasmessi da <i>History Channel</i>, così la visione Fantasy e Weird di quegli anni si alimentava di questi miti vittoriani con i quali erano cresciuti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">A questo proposito uno scrittore fondamentale è <b>Ignatius Loyola Donnelly</b>, <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Ignatius_Donnelly">autore vittoriano</a> di numerosi studi sul continente scomparso di <b>Atlantide</b> e sicuramente uno dei fondamenti di tanto <i>worldbuilding</i> dello <b>Sword&Sorcery</b>. Ignatius affermava di aver tradotto mosaici Maya che comprovavano l'esistenza di Atlantide ed era convinto che esistesse un continente affondato nel Pacifico chiamato “Mu”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le sue teorie riscossero all'epoca un notevole scalpore e – fondamentale dettaglio! – i suoi libri erano ancora molto diffusi quando si iniziarono a scrivere le prime avventure fantasy di Spade&Stregoneria. Il mondo di <b>Hyboria</b>, così come di tanti altri autori, deve molto all'Atlantide d'Ignatius. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>William King</b>, <a href="https://www.goodreads.com/author_blog_posts/8713143-the-wizard-of-lemuria">durante una discussione su Goodreads del 2015</a>, osservava come la <b>teosofia</b> della <b>Blavatsky</b> – indigeribile miscela di pattume fanta-religioso – abbia però fornito un'insostituibile base a tanto fantasy dagli anni Trenta in poi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">William King si riferiva sopratutto a <b>Lin Carter</b> negli anni Sessanta, ma alcuni degli elementi della Blavatsky mi sembrano caratteristici dello <b>Sword&Sorcery</b> come genere vero e proprio. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La Blavatsky scriveva di un continente chiamato “<b>Lemuria</b>” e nella sua mitologia compaiono <b>uomini-lucertola</b> e <b>armi fantascientifiche</b> inserite nella Terra agli albori della Preistoria. Tutto ciò era per la Blavatsky uno studio “serio”, ma non risulta affatto difficile riconoscervi gli elementi “sottratti” dagli scrittori fantasy per le proprie avventure. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il continente mitico e ancestrale, dominato da città stato, barbari nerboruti e imperi decadenti, deve molto a questo filone pseudo-scientifico, così come l'idea di una civiltà antichissima che regna tra popoli primitivi, con l'ausilio di avanzate tecnologie. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Edward Bulwer-Lytton</b>, a cui dobbiamo l'infausto “<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Edward_Bulwer-Lytton">era una notte buia e tempestosa</a>”, scrisse nell'ottocento “<b>La Razza Ventura</b>” (<i>The Coming Race</i>, 1871): un romanzo razzistello dove un ingegnere inglese scopre dentro un sistema di grotte una razza aliena di superuomini nietzschiani. Lytton, il cui figlio a sua volta scrittore rimarrà responsabile di <a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2015/09/olocausti-tardovittoriani-el-nino-le.html">uno dei peggiori genocidi della storia coloniale inglese</a>, inserisce dentro questo romanzo tante tematiche caratteristiche della narrativa di Burroughs e della sua produzione pulp. La <b>Terra Cava</b>, poi ripresa dal <b>Pellucidar</b> di <b>Burroughs</b>, il “<b>Vril</b>” magica sostanza miracolosa, “carburante” del futuro, i <b>poteri psichici</b> e la tecnologia più “fanta” che scienza...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quanto fanno gli scrittori del “fantastico” è sfruttare questi elementi mitologici, esoterici e pseudo-storici come materiale per le proprie opere. Viene totalmente a mancare qualsiasi rispetto verso una presunta attendibilità della filosofia o mitologia, spietatamente saccheggiata per i propri scopi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La paccottiglia superstiziosa di tante sette, movimenti e complotti trova così una dignità che non meriterebbe e viene finalmente utilizzata per uno scopo utile: <b>intrattenere il lettore</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La <a href="https://www.massimospiga.it/libri/armi-narrative-sperimentali/">bella antologia di racconti</a> “<b>Armi Narrative Sperimentali</b>” di <b>Massimo Spiga</b> argomentava esattamente questo punto nel racconto “Maschere degli architetti solari”: </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L’eccezione a questa regola sono, naturalmente, gli scrittori del fantastico, per cui l’occultismo non è altro che una gigantesca cassetta di attrezzi da usare a scopi narrativi. Possiamo vantarci di come, per noi, Crowley non indossa i paramenti sacri del messia, ma quelli più congeniali e mondani del divertente figlio di puttana. Tra i devoti “crowleyani”, o thelemiti, c’è chi pensa che questo atteggiamento frivolo sia pericoloso.</span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In questo caso l'autore cita il mago <b>Aleister Crowley</b>, personaggio già di per sé poco propenso a prendersi sul serio, ma il riferimento vale anche per gli autori menzionati. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgV_gkrDRaQsc0QySWdTC-IXCeNXk9S-Y6P39Ea8tpfYC9-diEaUQkk29U9Yc9NifQp7H115ELB0SCnOtTRCzGwoKZbCDqq7nDBFXXl_KGtRC3tqnmsPvGbw_Lu4RbS6kqqiQ-npNLTrU0/s1600/guerre+delle+piramidi+atlantide.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="560" data-original-width="1260" height="284" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgV_gkrDRaQsc0QySWdTC-IXCeNXk9S-Y6P39Ea8tpfYC9-diEaUQkk29U9Yc9NifQp7H115ELB0SCnOtTRCzGwoKZbCDqq7nDBFXXl_KGtRC3tqnmsPvGbw_Lu4RbS6kqqiQ-npNLTrU0/s640/guerre+delle+piramidi+atlantide.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il duo <b>Andrea Gualchierotti</b> e <b>Lorenzo Camerini</b> con il romanzo “<b>Le Guerre delle Piramidi</b>” s'inserisce dentro questa tradizione: l'opera rielabora e riutilizza le tante leggende su Atlantide con il fine di costruire un grandioso <b>affresco storico-fantasy</b>, tanto affascinante quanto complesso. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il romanzo è un vero e proprio studio di “<b>archeologia misteriosa</b>” all'interno del quale si mescolano le più insospettabili influenze: dall'origine atlantidea della civiltà egizia, a suggestioni della civiltà micenea, all'<i>epos</i> classico dell'Iliade più guerresca. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La vicenda si colloca “fra il tempo in cui l'oceano inghiottì Atlantide e il sorgere dei figli di Arias (cit)” ovvero intorno al 10.000 a. C.: il Medioriente e l'Europa annaspano dentro un brodo primordiale di tribù selvagge e variopinte culture, ciascuna in lotta per emergere dal mare delle barbarie e respirare la terraferma della civiltà.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tra questo caos di etnie e popoli in lotta l'unica oasi di pace è il <b>regno di Adhan-Dar</b>, retto dal saggio sovrano <b>Sybillion</b>. Si tratta di un regno piccolo, ma bene organizzato e fiorente, fondato sulle <b>terre fertili del Nilo</b>, qui chiamato <b>Iteru</b> (antico nome egizio). Una monarchia, ma illuminata: un regno avviato sulla strada del progresso, con edifici in pietra e strade pavimentate. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ma ovviamente Sybillion è aiutato in ciò, essendo uno degli ultimi sopravissuti dell'<b>Impero di Atlantide</b>, prima che si inabissasse a seguito della <b>Catastrofe</b>. Il suo bagaglio di conoscenze deriva da una civiltà inconcepibilmente avanzata, della quale, assieme a pochi fidi compagni, è uno degli ultimi superstiti: proprio in queste terre tranquille ha ritrovato una stirpe atlatidea dalla quale il suo impero si era separato molti secoli prima e con la quale può far rinascere una razza morente. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sybillion infatti è il cugino dell'eroe protagonista del romanzo precedente, <b>Adhon</b>, de “<b>Gli Eredi di Atlantide</b>”: con il luogotenente <b>Tih-ger</b> e la vedova di Adhon, <b>Isis</b>, ha trovato un nuovo inizio in questa terra lussureggiante. Giocano poi un ruolo chiave i due figli di questa raccogliticcia famiglia: <b>Ammhon</b>, unico figlio dello scomparso Adhon e il figlio naturale di Sybillion, <b>Ozymandias</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I due sono cresciuti come fratelli gemelli, condividendo avversità e successi, ma l'avvicinarsi dell'età adulta e la questione di chi succederà al trono getta i primi semi della discordia... </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ozymandias sarebbe infatti il primogenito, ma il trono, per una promessa di Sybillion al cugino, Adhon, passerà invece al principe Ammhon. Mentre inizia a delinearsi uno <b>scontro interno</b> alla famiglia reale, una minaccia incombe ai confini del regno: un esercito agguerrito e bene organizzato saccheggia i villaggi dei pescatori lungo la costa. Si tratta dell'orda di <b>Dheineros</b>, un generale atlantideo scampato come Adhon dalla Catastrofe. Con un pugno di guerrieri ha ricostruito anch'egli l'impero perduto, ma il suo dominio, sull'<b>isola di Creta</b>, è quello di un <b>tiranno</b> assetato di sangue. Dheineros non conosce pietà, né rimorsi: il suo governo è quello di uno <b>schiavista</b>, rivolto ad annientare lo spirito delle popolazioni assoggettate e maggiormente interessato a ciclopiche opere di costruzione che allo servire i suoi sudditi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il Dr Jekyll – <b>Sybillion</b> – e il Mr Hyde – <b>Dheineros</b> – di <b>Atlantide</b> avranno così modo di conoscersi e scontrarsi: due dinosauri di una civiltà ormai dimenticata, ma capaci ancora di plasmare il destino del mondo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sullo sfondo di questo scontro titanico si agita il </span><b style="font-family: inherit;">Velo Nero</b><span style="font-family: inherit;">: una società occulta di spie e sicari, capitanata dal</span><b style="font-family: inherit;"> Maestro</b><span style="font-family: inherit;">, l'agente alla base del successo di Dheineros e cancro della vecchia Atlantide. Il sussurro all'orecchio del monarca, la mazzetta nella mano </span>del<span style="font-family: inherit;"> politico, il pugnale alla schiena... La Guerra delle Piramidi, scoprirà ben presto Sybillion, è una guerra sotterranea. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Solitamente lo scrittore si limita, nella costruzione del proprio mondo, a dare <b>una mano di vernice</b>: un castello sullo sfondo, un paio di servi della gleba, una locanda se si desidera un <i>setting</i> medievale. La nebbia, i vicoli bui, i cappelli a cilindro se invece si desidera qualcosa di vittoriano e così via. Sono cenni, <b>stereotipi </b>che il lettore sa riconoscere. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il duo Gualchierotti-Camerini invece di passare la vernice, procede a <b>edificare da zero</b> il proprio <b>edificio narrativo</b>: niente paraventi, niente accenni, ma una megalitica costruzione un blocco dietro l'altro. Ho cercato di trasmettere con l'introduzione qui sopra la <b>vastità</b> del <i>worldbuilding</i>, che coinvolge non solo i singoli dettagli, come i villaggi o i paesi, ma direttamente la storia del mondo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">È una <b>storia di lungo periodo</b>, una storia di sangue, più che di culture: un confluire di popoli e civiltà in conflitto, intervallate da titaniche <b>catastrofi naturali</b>. Il lettore avverte nei retroscena l'epicità di una storia millenaria, capace di snocciolare secoli come altri snocciolano gli anni. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ritroviamo qui la <b>fanta-archeologia</b> di Atlantide, così come l'<b>epica dell'Iliade</b>, ma anche l'atmosfera “avventurosa” di tante opere fantasy classiche: <b>Robert E. Howard</b>, certo, ma anche <b>Jack Vance</b> e <b>Lin Carter</b>. La stessa introduzione, antefatto a una vicenda di secoli prima e la conclusione, a sua volta rimando a monumenti e tracce millenarie, trasmette lo spirito di una <b>storia da matusalemme</b>, ottuagenaria, lontana dal “solito” fantasy. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWpNtJg0EmcEINUYcLeDfUUn2sZNv4gev9fZfAzolLvXMCZMBvWwwYMcHYFALil8UI6JL7WecmKIavTM3IbiQea9imswza2FW1nJG2YdPm839TJHdVKuehZOccyC50Tj1tN3kwlPhXHus/s1600/guerre+delle+piramidi.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="601" data-original-width="1600" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWpNtJg0EmcEINUYcLeDfUUn2sZNv4gev9fZfAzolLvXMCZMBvWwwYMcHYFALil8UI6JL7WecmKIavTM3IbiQea9imswza2FW1nJG2YdPm839TJHdVKuehZOccyC50Tj1tN3kwlPhXHus/s640/guerre+delle+piramidi.jpg" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Accanto al pregio dell'ambientazione, l'opera presenta uno </span><b style="font-family: inherit;">stile</b><span style="font-family: inherit;"> insolitamente </span><b style="font-family: inherit;">leggero</b><span style="font-family: inherit;"> e </span><b style="font-family: inherit;">conciso</b><span style="font-family: inherit;">: raramente uno scrittore – un duo, </span><i style="font-family: inherit;">pardon</i><span style="font-family: inherit;"> – riesce a coniugare così bene un registro epico a una narrazione così chiara e libera da parole “spurie”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le frasi rimangono <b>brevi</b>, senza diventare monosillabi, i nomi, esotici, certo, non “sommergono” il lettore e le stesse descrizioni appaiono contenute e circoscritte al minimo necessario. I paragrafi, brevi e chiari, non richiedono di essere riletti e non ci sono passaggi oscuri e/o contorti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se questo in un paese normale dovrebbe essere la norma e non l'eccezione, va anche rilevato come il romanzo mantenga comunque un <b>afflato epico</b> impossibile da ignorare. I <b>dialoghi</b> dei personaggi, così come certe <b>descrizioni paesaggistiche</b>, sopratutto urbane – i templi, i palazzi, le isole – sono chiaramente riprese dalla classicità. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E tuttavia quest'afflato omerico non compromette la chiarezza di un <b>linguaggio cristallino</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un risultato tutt'altro che facile da ottenere. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il seguente passaggio offre un buon esempio di quanto c'è di buono nello stile del duo: chiarezza delle frasi, lessico ricercato (ma non troppo) e una buona impressione finale.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le grandi mura di mattoni cotti, sbrecciate e cadenti, erano avvolte dalla vegetazione e gli antichi smalti rilucenti delle sue decorazioni sbriciolati; come denti spezzati, le sagome di torri dirute si stagliavano contro la luce rossastra del sole morente. Le grandi porte, prive ormai di battenti, si aprivano su una desolazione ancora maggiore: ben poco degli edifici era rimasto, se non i perimetri di alcune case e, in qualche caso, alcune sottili colonne di pietra, tenute in piedi dai rampicanti che le avvolgevano. I pochi muri superstiti, laddove si potevano intravedere, erano scuri e anneriti come se fiamme potenti li avessero consumati.</span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Purtroppo, come già si avverte con questo passaggio, in alcune espressioni, con “una desolazione ancora maggiore” o quel “laddove si potevano intravedere” è uno stile di scrittura facilmente <b>vittima dell'autoparodia</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">È un romanzo che <b>si prende sul serio</b>, com'è facilmente intuibile dal registro epico, ma proprio qui sta la sua debolezza: alcuni giri di parole, alcune frasi sono <b>troppo roboanti</b>, troppo esagerate per non far sollevare quantomeno un sopracciglio. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La classicità era epica quando veniva suonata e cantata, millenni addietro: all'epoca quanto narrava Omero o quanto scriveva Virgilio era “realistico” per gli standard di allora. Se si vuole trasporre questo genere di narrazione e adattarla all'oggi, è certo doveroso mantenerne il gusto stilistico e il livello “alto”, ma occorre anche fornire un <b>minimo di realismo</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">È innegabile come il <b>Conan di Milius</b> sia epico, ma è altrettanto innegabile come quest'epicità derivi dal sudore, dallo sporco, dall'impatto brutale dei colpi. <a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2018/04/fantasy-senza-fantasia-ovvero-la.html">Senza voler sprofondare negli eccessi della grimdark</a>, mi sembra fondamentale fornire una minima parvenza di credibilità all'azione. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il problema del romanzo sta nell'eccessiva “purezza” tanto dello stile, quanto delle ambientazioni e dei personaggi: sì, la ricostruzione fanta-storica è assolutamente superba, ma su queste fondamenta manca <b>un po' di colore</b>, un po' di vita. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Lo stile di scrittura, pur molto buono, risente d'<b>intromissioni del narratore</b>, ad esempio: “i misteriosi intrecci del fato tessevano nuove sfide sul loro cammino; l’avrebbero scoperto presto”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ci sono tante piccole espressioni e particolari <b>involontariamente comici</b>, da “mani crudeli”, all'indigeribile “guizzanti occhi verdi rivelanti”, a “malvagio compiacimento”, all'“aria malvagia”, al “sole rosseggiava languidamente” ecc ecc.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I personaggi a volte esclamano linee di dialogo decisamente ispirate: </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">No, non tentare di negarlo, è inutile: avresti potuto acquistare col sangue quello che un destino maligno ti ha sottratto, come quando un atleta è beffato da un ostacolo poco prima del traguardo. Eppure hai trattenuto la tua mano. Perché?</span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">È possibile qui vedere un altro esempio di queste espressioni così banali, come “destino maligno” o la metafora dell'atleta. Dall'altro, il dialogo è perfettamente costruito, con un'enfasi, con quel finale “Perchè?” molto bella. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Eppure il lettore si ritrova di fronte anche espressioni di quest'altro tenore, assolutamente <b>cartoonesche</b>: «Non è giusto, dannazione! Non è giustooo!» </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La domanda come sempre è se il lettore sa prendersi così sul serio come i suoi personaggi; io purtroppo non ci riesco e ho trovato molti passaggi involontariamente trash.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgU5IEQDfVNQqBWgyBD9Eg9CSmFFdqCZBOPifPliD4Jg86ovXpQKmeUz1bhiVHPaxU2Au0G-KRU_dtUbKBuy3GEVHWGrAvk14aZF2eXYXmYqSxKIMS79FC1oeu9_fFySl6_DzupnIBGJkI/s1600/Le+mura+di+Babilonia+Roc%25C3%25ADo+Esp%25C3%25ADn+Pi%25C3%25B1ar.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="605" data-original-width="1058" height="365" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgU5IEQDfVNQqBWgyBD9Eg9CSmFFdqCZBOPifPliD4Jg86ovXpQKmeUz1bhiVHPaxU2Au0G-KRU_dtUbKBuy3GEVHWGrAvk14aZF2eXYXmYqSxKIMS79FC1oeu9_fFySl6_DzupnIBGJkI/s640/Le+mura+di+Babilonia+Roc%25C3%25ADo+Esp%25C3%25ADn+Pi%25C3%25B1ar.jpg" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questo problema coinvolge anche gli <b>eroi protagonisti</b>, così come gli <b>antagonisti</b> e i <b>comprimari</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I diversi personaggi sono facilmente riconoscibili, con i propri tic e personalità, ma non sembrano “reali”: Sybillion è un potentissimo <b>Mary Sue</b> e i due figli, naturale e adottato, altrettanto potenti e invincibili. Isis è misteriosa e inconoscibile, mentre Tih-ger è una <b>macchietta</b>, anche se una macchietta umana e come tale con una certa empatia. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Io, come lettore, ho invano provato a <b>simpatizzare con i protagonisti</b>, ma li ho trovati troppo rigidi, troppo freddi, troppo “stilizzati”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sybillion, ad esempio, è un <b>perfetto monarca</b>: non una ribellione, non una tassa di troppo, non un singolo errore. Il popolino lo ama senza condizioni e ancora una volta il tutto sembra terribilmente forzato, artefatto: i dialoghi, le azioni... Incisi nel marmo e altrettanto pesanti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Non contento di essere un perfetto monarca, Sybillion è anche un <b>perfetto padre</b>: lungimirante, disponibile, comprensivo... Non c'è spazio per il difetto, <b>non c'è spazio per l'umano</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La rivalità tra i due figli, certo: anche lì però si tratta di un <b>colpo di scena telefonato</b> fin dall'inizio, largamente intuibile e dall'impatto neutralizzato da una parziale redenzione. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I nemici risultano altrettanto statuari, sebbene dalle motivazioni maggiormente comprensibili, più “umane”: Dheineros è spinto dalla vendetta e dai sogni di dominio, mentre il Velo Nero rimane per l'appunto solo un Velo, uno spunto di narrazione appena abbozzata e gettata via. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Con altri generi e altri romanzi, posso facilmente immaginare i personaggi intenti a mangiare, a discutere, a sbrigare gli affari di ogni giorno: al contrario, in questo caso, i <b>protagonisti</b> sono “<b>immobili</b>”, <b>calcificati nei propri ruoli e stereotipi</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Assomigliano maggiormente alle <b>maschere</b> di una <b>tragedia</b> che a personaggi reali. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ci sono una serie di manie, di tratti comportamentali, di inflessioni nel parlato che servono a dare quel minimo di realismo ai personaggi. È questo quanto manca al romanzo, dall'ambientazione, ai personaggi, alla trama: una <b>spolverata di dettagli</b>, quantomeno un pizzico del mondo reale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La saggezza del monarca risulterà tanto più impressionante quando messa a confronto con le difficoltà di un regno difficile da governare e con le inevitabili brutture dell'era antica. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un contadino che litiga con un allevatore, perché vuole difendere la reputazione del “buon Sybillion” per le sue ultime politiche agrarie risulterà più convincente di una folla che applaude festante. Questo non si deve tradurre nella ricerca del brutto caratteristica di tanto <b>low fantasy</b>, ma va riconosciuta una differenza tra l'<b>utopia</b> e la <b>realtà</b>, <b>fantasy</b> quanto volete, ma pur sempre <b>storicamente vincolata</b> di un'ambientazione. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il romanzo soffre pertanto di un'atmosfera <i>naif</i>, esageratamente cesellata. I personaggi discutono e agiscono mossi da un disegno divino e conseguentemente non c'è contatto con il lettore. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">C'è un'eccezione, ovvero Tih-ger, il classico compagno del protagonista, robusto e affidabile. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un militare, più che un'eroe: stereotipato, ma con una certa umanità. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I personaggi pertanto agiscono come <b>statue millenarie</b>, scolpite nel marmo, all'interno di un'ambientazione costruita con estrema attenzione, ma vuota di quei piccoli dettagli, quelle piccole scene capace di darle vita. Il problema viene esacerbato da uno <b>stile di scrittura</b> chiaro e semplice, ma improntato a una <b>serietà</b> quasi <b>auto ironica</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quanto auspico è di vedere nei prossimi romanzi dell'attivissimo duo Gualchierotti-Camerini un minimo, davvero <b>minimo realismo</b> tale da insaporire quanto rimane una <b>capacità narrativa</b> e una <b>padronanza dell'italiano</b> ammirabile e ricca di potenzialità. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-4225051325753183722018-08-08T07:00:00.000+02:002018-09-06T17:20:35.759+02:00Recensione di "Thanatolia" (Watson Edizioni): dove i morti seppelliscono i vivi<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinDYnKqoPth-UXXh7KUrWlRNm469KWgvru8xcRninWBv-8F1DiW7aTdvV2Wa7SOd4WjUcxvnlHiDlfDAlL44goDYz5PbA8PWmGN7LYXauRqvoWfDQI1ZEJroiu3uu3XTfL9o6FEeZh0Ks/s1600/thanatolia+cover+antologia.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1398" data-original-width="1000" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinDYnKqoPth-UXXh7KUrWlRNm469KWgvru8xcRninWBv-8F1DiW7aTdvV2Wa7SOd4WjUcxvnlHiDlfDAlL44goDYz5PbA8PWmGN7LYXauRqvoWfDQI1ZEJroiu3uu3XTfL9o6FEeZh0Ks/s320/thanatolia+cover+antologia.jpg" width="228" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Copertina di Vincenzo Pratticò</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un<b> cimitero</b> presenta, nella sua <b>stratificazione</b>, nella sua diversità, nei suoi differenti quartieri e abitanti, </span>visitatori <span style="font-family: inherit;">e </span>guardiani<span style="font-family: inherit;">, la </span><b style="font-family: inherit;">cultura</b><span style="font-family: inherit;"> della sua città, villaggio o nazione che dir si voglia. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La <b>storia di quel luogo</b>, quel centro urbano, viene espressa dal suo cimitero. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I cimiteri ricordano in tal senso le carote di ghiaccio estratte in Antartide, nella misura in cui rappresentano uno <b>spaccato</b> della <b>storia di quella comunità</b>, dagli albori al presente. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Senza nemmeno addentrarsi nell'aspetto artistico e/o architettonico, i cimiteri costituiscono una <b>testimonianza storica</b> fondamentale per una comunità, che sia una capitale o un paesino campagnolo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le origini ottocentesche di Trieste, ad esempio, affiorano evidenti nelle tombe borghesi e con simboli massonici, mentre il cimitero ebraico di Praga rappresenterebbe già di per sé tesso un motivo sufficiente per visitare la città. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In alcuni casi i morti assumono tale importanza da sopravanzare i vivi ed è il caso della magnifica New Orleans; in altri ancora invece vengono costretti negli impossibili spazi delle sovrappopolate metropoli dell'estremo oriente, da Tokyo a Hong Kong. Quando poi il popolo non ha né storia, né cultura, si riducono a distese di croci bianche, come in tanti centri urbani degli Stati Uniti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Thanatolia</b> eleva questo concetto all'ennesima potenza, elaborando un mondo fantasy dove esistono solo due città di esseri umani, <b>Handelbab</b> e il <b>porto di Tijaratur</b>, situate ai lati opposti di un <b>continente</b> popolato solo da cimiteri di ogni sorta, dalle piramidi, agli ossari, ai mausolei e così via...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Thanatolia è dunque un continente e allo stesso tempo uno sterminato luogo di sepoltura. In questo posto intere civiltà sono (letteralmente) morte e sono state sepolte... con ovviamente ogni ricchezza e oggetto magico. E qui entrano in gioco i <b>tombaroli</b>: avventurieri, tagliagole e mercenari alla continua ricerca della tomba con cui commettere il “colpo grosso” o in alternativa dove trovare quell'anello, quell'elmo magico desiderato dal committente. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Thanatolia pertanto è un mondo sacro, innegabile, ma nel contempo è anche un mondo dove comanda<b> </b>l'avidità, dove gioielli e oggetti esoterici di altre civiltà, di altre razze ora scomparse dominano gli scambi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Chi comanda i morti, comanda Thanatolia e non deve pertanto sorprendere come la nemesi dei tombaroli siano i <b>negromanti</b>, coloro in grado di riportare in vita gli scheletri sotto le sabbie. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Temuti, invidiati, perseguitati... i negromanti sono gli autentici feudatari dei territori di Thanatolia, una minaccia tanto per i tombaroli, quanto per le carovane dei mercanti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le <b>Crypt Marauder Chronicles</b>, come vengono chiamate le avventure nella terra di Thanatolia, sono un progetto di <b>Lorenzo Davia</b> & <b>Alessandro Forlani</b> <a href="http://heroicfantasyitalia.altervista.org/la-necropedia-di-crypt-marauders-chronicles-benvenuti-in-thanatolia/">da tempo in corso di svolgimento</a>: aperto a chiunque voglia partecipare, le terre di Thanatolia hanno negli ultimi anni accolto <a href="http://heroicfantasyitalia.altervista.org/category/crypt-marauders-chronicles/">le più svariate avventure, ospitate da Heroic Fantasy Italia</a>. Il passo successivo, grazie al curatore <b>Alessandro Iascy</b> e la traduttrice <b>Annarita Guarnieri</b> di <b>Watson Edizioni</b>, era naturale: pubblicare un'antologia, dove raccogliere la <i>crème de la crème</i> delle avventure “criptiche” di Thanatolia. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Dopo una lunga gestazione, <a href="http://heroicfantasyitalia.altervista.org/in-libreria-thanatolia-2018-crypt-marauders-chronicles/">l'antologia è finalmente disponibile</a>, su <b>ebook</b> e su <b>carta</b>: un voluminoso malloppo, che non ha nulla da invidiare a produzioni più blasonate o pubblicizzate. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Con un'introduzione di <b>Gabriele Campagnano</b>, l'immaginifico patrono di <b>Zweilawyer</b> e le violentissime illustrazioni di <b>Alex Reale</b>, Thanatolia è il Graal nella tomba, il tesoro alla fine del Dungeon. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E' interessante come, nonostante l'antologia abbia lasciato una notevole libertà ai suoi partecipanti, i diversi racconti si siano rivelati molto simili tra loro, specie nell'utilizzo di alcuni stilemi e argomenti. L'<b>oralità</b>, nella forma di un racconto in taverna o davanti a un fuoco, rappresenta l'<b>incipit preferito</b>, mentre i protagonisti sono risultati tutti avventurieri, eroi o tombaroli. Un mercante in un caso, un negromante in un altro... ma pur sempre guerrieri e umani. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E a questo proposito, gli scrittori hanno preferito <b>tombe e sepolcri occidentali</b>, afferenti all'età medievale, rinascimentale o, con un salto all'indietro, egizia. Si tratta di un'evidente influenza fantasy e ruolistica, anche se viene a mancare quella diversità di “sepolcri, cripte, sarcofagi, tombe, catacombe, mausolei, cenotafi” proposta nella sinossi. Sarebbe stato possibile inventarsi tombe aliene o apocalittiche costruzioni megalitiche, dalle impossibili dimensioni. Si è invece preferito utilizzare luoghi di riposo più “tradizionali”, con tanto di guadagnato nelle aspettative dei lettori. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Una graditissima sorpresa invece la profonda<b> diversità di periodi storici</b> a Thanatolia: si passa dalle ambientazioni arabeggianti e autoironiche di Lorenzo Davia, al fantasy visionario e barocco di Henriet, alla sporcizia e al decorativismo seicentesco di Forlani, degno della Guerra dei Trent'Anni. Senza tralasciare il fantasy medievale di Aztori e tanti altri...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
Se qualcuno chiedesse la mia opinione, ed è noto che nessuno la chiede, <span style="font-family: inherit;"><a href="https://www.mymovies.it/film/2001/ilsignoredeglianelli1/frasi/">come ricorda Gimli</a>, Thanatolia funziona al suo meglio come ambientazione <b>cinquecentesca</b>, alle soglie dell'età moderna, o come ambientazione <b>barbarico-fantasy</b>, arricchita dalla visione di civiltà decadenti e corrotte. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Riusciranno i nostri eroi a sconfiggere gli stereotipi del fantasy e a conquistare il tesoro più prezioso di tutti, ovvero l'interesse del lettore? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Vediamolo insieme, racconto per racconto. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtoGDMm80VbgLNa2lYHBkSc_GhscwZ7GmpeNqmEkxXATkVEG6UzQVqeB0SehQlqu6pNPH7ckBq0IOdghyvJ71r-S_9lkdof-lVZRI2pSq4yODcE4cestWIQMlY9YujyLJPWRPOvgIew8A/s1600/warhammer+scheletri.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="337" data-original-width="1129" height="191" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtoGDMm80VbgLNa2lYHBkSc_GhscwZ7GmpeNqmEkxXATkVEG6UzQVqeB0SehQlqu6pNPH7ckBq0IOdghyvJ71r-S_9lkdof-lVZRI2pSq4yODcE4cestWIQMlY9YujyLJPWRPOvgIew8A/s640/warhammer+scheletri.jpg" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La prima storia, “</span><b style="font-family: inherit;">La versione di Margutte</b><span style="font-family: inherit;">”, di </span><b style="font-family: inherit;">Mauro Longo</b><span style="font-family: inherit;">, riassume bene il tono generale della raccolta: una voce narrante, un'avventura tra le tombe e un mostro finale, il tutto trasfigurato dai richiami alla letteratura rinascimentale e un certo qual tono scanzonato, molto italiano. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il protagonista, <b>Boccaporco</b>, un mezzo gigante, meno stupido di quanto sembri, viene ingaggiato dallo Sparviero per mettere assieme una<i> posse</i> con la quale compiere una pericolosa missione. <b>Sparviero</b> è un “ladro-stregone” famoso nelle bettole di Thanatolia per gli esperimenti di magia nera: un damerino tanto azzimato quanto pericoloso. Lo Sparviero desidera i “<b>Mostri</b>” e Boccaporco è più che lieto di accontentarlo, mettendo mano a un<i> A-Team</i> di mutanti e psicotici. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Una scelta azzeccata, perchè il misterioso obiettivo dello Sparviero richiederà una notevole dose di follia per essere solo pensato, tantomeno affrontato...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nonostante l'introduzione nella taverna sia un <i>clichè</i>, la storia si sviluppa rapidamente con una serie di scene ad alto tasso di <i>gore</i> e uno scontro finale senza dubbio degno della tensione accumulata. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">C'è una genuina cattiveria sottotraccia l'intera storia, espressa al suo meglio nell'indifferenza con la quale Boccaporco accoglie la morte dei compagni di viaggio. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il <b>punto di vista</b> dello <b>scavafosse</b> viene trasmesso bene, con un raschiare di gola e una volgarità che non trasborda mai nell'eccesso tarantiniano. Boccaporco è un uomo pratico, ma nonostante lo scarso intelletto, possiede la furbizia di una belva. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Scavafosse. Il miglior mestiere di Handelbab. Il lavoro non manca mai e non bisogna neanche ammazzare la gente, ché te la trovi già morta davanti alla porta, pronta da seppellire. Insomma, scavo le fosse e ce li butto dentro, i corpi di quei poveracci senza soldi da parte per farsi cremare, e li lascio lì per i ghoul che arrivano poi da sotto. Il trucco, dice, è di scavare abbastanza così non se li mangiano i ratti, ma senza andare troppo giù perché altrimenti si apre un buco nelle tane dei ghoul e quelli poi si prendono il morto con tutto lo scavafosse. Dice anche che la profondità perfetta la conosce il vecchio Lettera, che scava fosse da quarant’anni, e dice che sta scritta nei libri. Ma quello se lo sono preso i ghoul prima che arrivo io, e quindi non me la può spiegare più.</span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La voce del narratore scivola certe volte nel grottesco puro, ad esempio nella descrizione dell'armamentario di Boccaporco: </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Io non voglio sprecare tutto quell’oro per comprarmi di nuovo le armi, e cosi mi porto dietro la vanga e un blocco di pietra delle Fosse di Sotto, una lapide che ho attaccato a una catena lunga venti braccia. Gli altri invece sono carichi come quelli che vanno alla guerra.</span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Altre volte invece Boccaporco è <b>troppo intelligente</b>, troppo sofisticato nel voler rompere la quarta parete e rivolgersi al lettore/uditorio della taverna, ad esempio in questo caso: </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">No, ma che fate? Vi stranite? Senz’offesa compari, non lo dico per insultarvi. Questa è la mia parlata, che io sono ignorante e popolano.</span><span style="font-family: inherit;">Qui sotto parliamo tutti cosi. Lo faccio, come si dice, senza malizia. Se vi devo dire quello che penso veramente di voi, allora in quel caso sì che sono cazzi vostri…</span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nessun <i>redneck</i> ammetterà mai d'esserlo, così come nessun stupido si considera tale, altrimenti non sarebbe così stupido. Che Boccaporco si autodefinisca in questo modo è un'<b>intromissione dell'autore</b>, evidente quanto una voce dal cielo. Non è molto diverso dal protagonista che si descrive allo specchio o che ricorda al lettore il proprio nome, cognome, altezza, provenienza e colore degli occhi... fortunatamente è l'unico cedimento nella voce di Boccaporco, che rimane dall'inizio alla fine fieramente rozzo e brutale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMzMi9orVUvlAmsezpxI72nBXD6E0vVz1MOeeaMQvENtKrrhl0p_NVBU5KGfNC7SW7zAxTT6cBJKD_sUQAZgc4UX18ciN1kJr_M6q1WE2Pf9iGW5HV2ckV4QpcXpDG22J7nv-5B40kQfs/s1600/scheletro+dungeons+dragons.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="584" data-original-width="1600" height="233" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMzMi9orVUvlAmsezpxI72nBXD6E0vVz1MOeeaMQvENtKrrhl0p_NVBU5KGfNC7SW7zAxTT6cBJKD_sUQAZgc4UX18ciN1kJr_M6q1WE2Pf9iGW5HV2ckV4QpcXpDG22J7nv-5B40kQfs/s640/scheletro+dungeons+dragons.jpg" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si procede di bene in meglio con il racconto seguente, “</span><b style="font-family: inherit;">Chi di spada ferisce</b><span style="font-family: inherit;">”, di </span><b style="font-family: inherit;">Alessandro Forlani</b><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nella città di Haldebab, il mercante <b>Vashqa</b> gestisce un ring dove il suo guerriero, <b>Montoya</b>, sfida chiunque abbia il coraggio di affrontarlo a duello, con un sostanzioso premio in palio. Montoya è solo un ragazzino, ma per lo stupore degli astanti, sembra impossibile da sconfiggere. Quando un giovane nobile, Frederigo, muore in punta di fioretto per vendicare l'onore della sorella, Camilla, il cui fidanzato era già stato ucciso da Montoya, la giovane ingaggia <b>Malqvist</b>, uno sporco mercenario. L'indagine metterà a dura prova lo scetticismo di Malqvist verso la magia...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mentre l'ambientazione di Longo era ancora ascrivibile a un generico Rinascimento, Forlani traspone Thanatolia nell'età moderna: l'agire dei personaggi ricorda le avventure del <b>capitano Alatriste</b>, di <b>Arturo Pérez-Reverte</b>. Una dose di umorismo picaresco miscelata a raffinatezza e crudeltà in egual misura, versate nel contenitore di un lessico che alterna volgarità a espressioni erudite: si va dal “ragazzino di un metro e un cazzo con quel ridicolo spadino” a “La sua bocca era un rubino corrucciato e delicato”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E' inoltre interessante come Forlani si mantenga attento alle differenze sociali interne all'<i>ancient regime</i> di Thanatolia, con il mercenario Malqvist involontariamente deferente verso la nobiltà e nel contempo la contessa Camilla che non risparmia insulti verso il suo ingaggio, definito “selvaggio con un'etica” e “bifolco”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">«Cedi il passo, bifolco, ché son venuto a lavare un'onta». </span><span style="font-family: inherit;">Il suo tono, il suo furore, la giustizia che lo incendiava non ammettevano discussioni: Malqvist lo lasciò passare, obbedendogli con istintiva e timorata soggezione: il diritto di un nobile, il diritto di un dio… Ma la ragazza, avvinghiata al giovane, lo implorava di non battersi.</span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Pur concedendo che il punto di vista sia quello di Malqvist, gli aggettivo che accompagnano i diversi personaggi a volte suonano ridicoli, a partire dal “laido Vashqa”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il patriarca di Thanatolia, <b>Lorenzo Davia</b>, scrive il successivo racconto, “<b>Il Vecchio Pharank</b>”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La città di Tjaratur ha lungamente sofferto l'oppressione del negromante Pharank, fino a quando la popolazione si è ribellata e i “Cinque Valorosi” hanno sconfitto il nemico, spogliandolo di ogni potere magico. Diversi anni dopo, Pharank è solo un vecchio che mendica nella città dove un tempo dominava, riciclando spazzatura per pochi soldi. <b>Belsh l'Apprendista</b>, una giovane spia, lavora al servizio dei Cinque, tenendo sott'occhio il “Vecchio Bastardo”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ma lo stregone non è inoffensivo come sembra...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Lorenzo Davia garantisce sempre un'avventura assolutamente <i>bonkers</i>, <b>fuori da ogni schema</b> e il seguente racconto non fa eccezione, con un colpo di scena degno della professione d'ingegnere dell'autore. Quando si tratta di “osare” senza timore di sfociare nel ridicolo, si può sempre fare affidamento su Davia. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il racconto, rispetto ai due precedenti, mantiene un'ambientazione medievale, vagamente arabeggiante. Si segnala una <b>sovrabbondanza di nomi</b>, specie all'inizio, con quel “Belsh l’Apprendista era nascosto tra i vicoli di Tjaratur e spiava il Vecchio Pharank”, dove si sbatte in faccia al lettore tre nomi e due soprannomi nell'arco di una riga. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Laura Silvestri</b> tratteggia ne “<b>La collina di Bakenoteph</b>” una classica storia fantasy: un gruppo di avventurieri, un dungeon da esplorare, un mostro da sconfiggere. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La storia è nell'insieme piacevole: un'atmosfera dapprima western nelle prime pagine cede il passo all'azione e ai combattimento di uno <b>Sword&Sorcery</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il racconto viene narrato dalla prima persona di <b>Baizan Raghall</b>: un pischello alle prime armi accodatosi ai “grandi”, tra cui spicca il personaggio di <b>Tuya</b>, l'eroina della storia. L'obiettivo della quest è il mausoleo di Bakenoteph, dove secondo la leggenda viene conservata la Coppa della Conoscenza. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Specie all'inizio il racconto incespica su alcune espressioni e descrizioni <b>involontariamente comiche</b>, dove l'attrazione del protagonista verso le due guerriere del gruppo viene descritta come il “giovane corpo” sempre “pronto a bruciare di passione” verso “l'attraente predatrice”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il secondo personaggio femminile, Tuya, si rivelerà poi verso la fine della storia un'autentica <b>Mary Sue</b>, capace di distruggere tutto e tutti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come nei racconti precedenti, è difficile galleggiare nell'<b>alluvione di nomi</b> scaraventati in faccia al lettore. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Uno di questi è il nome di Narantuya delle terre dell’Est. Io, il Sopravvissuto, ho avuto la fortuna di conoscerla quando ancora era nota soltanto come Tuya, la più fedele prezzolata al soldo di Levias Aurotene, e di poter vantare, negli anni a seguire, il beneficio della sua amicizia. </span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Dal genere avventuroso alla <b>storia di formazione</b> con un<i> twist</i> fantasy con il racconto successivo, “<b>La prima volta</b>”, di <b>Domenico Mortellaro</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Garen di Altoscoglio</b>, come altri giovani della sua generazione, deve compiere il rito di passaggio all'età adulta cercando fama&fortuna nel mondo: una spada in mano, qualche soldo e tanto coraggio. Garen è appena arrivato con gli amici presso il porto di Grande Città, quando viene avvicinato da una cortigiana che batte le strade, Maureen, che gli offre a un modico prezzo i suoi servigi e un alloggio per la notte. Nell'intimità delle lenzuola, Maureen regala al ragazzo delle dritte su dove cercare una buona tomba da saccheggiare. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ma non è oro tutto ciò che luccica, come si suol dire...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ho apprezzato lo <b>sforzo</b>, quasi <b>antropologico</b>, di Mortellaro per ricostruire questo momento di passaggio per i giovani di Altoscoglio, simboleggiato dallo strappo al mantello. Garen è il classico giovane eroe, ma con un suo carattere e una sua motivazione. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ricordò le parole di sua madre, baro come tutte le madri di villaggio che salutano i figli nel giorno del taglio: «C’è qualcosa di più dei pezzi di ferro, Garen… scambiali bene, che sono ori antichi.» </span><span style="font-family: inherit;">Funzionava cosi, sempre, per tutti quelli che alla diciottesima primavera venivano allontanati dalla famiglia e dal villaggio, per esservi riammessi solo dopo aver fatto esperienza nel mondo.</span><span style="font-family: inherit;">Ti buttavano addosso una scorza di cuoio per proteggerti alla bell’e meglio, ti mettevano tra le mani uno spadino o un ferro vecchio per difenderti in qualche modo, un sacco sulle spalle con dentro </span><span style="font-family: inherit;">qualche fesseria per non dover temere troppo la notte e il freddo, e un mantello strappato, di sotto, perche tutti capissero che era la prima volta che uscivi nel mondo. Gia, perche lo capissero tutti, </span><span style="font-family: inherit;">senza distinzioni: buoni di cuore e avidi di spirito.</span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La scena della <b>seduzione</b> ad opera dell'ammaliante Maureen <b>scivola nel trash</b>, ma ovviamente <i>de gustibus non est disputandum</i>, ecc ecc </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per un attimo temette per la piccola bisaccia appuntata sul retro della spianata di cuoio… poi sentì le dita fredde dirigersi altrove. E allora tremò per un timore diverso, una paura che aveva desiderato da anni e mai aveva confessato… che prima del taglio di certe cose non è bene nemmeno confidare. La punta delle unghie, i polpastrelli freddi, quella stretta gentile e sicura: tremò spaventato per quelle sensazioni nuove. Non tanto quel sentire il ventre premere furioso, teso, quanto le nuove sensazioni che quel tocco così diverso dal suo – rude, inesperto e sbrigativo – gli aveva regalato. </span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E per infierire, dopo una notte d'infuocata passione (sic), Galen è diventato un “<b>castigafanciulle</b>”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">«E si, Garen. Non sarai ancora un ammazzadraghi e di certo i segreti per terrorizzare un ghoul ti difettano ancora… ma fidati, puoi dirlo forte, da oggi… castigafanciulle lo sei, per davvero!»</span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Complessivamente un buon esempio della <b>diversità</b> di generi e atmosfere presenti nell'antologia. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDJeXsTCs_Rx0bEW33IfDrHc22cuycoNFc7jGilFLYJl8uhs2I4LHZoui-rH1qu22Sx4qwlImJbEpvxu6gKfBq3-h-9AI2QtaiW6Jizhf1x_gg_l2bVRBY_F7AzvEx3NdNQhPfvtOmQFQ/s1600/scheletri+non-morti.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="462" data-original-width="960" height="305" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDJeXsTCs_Rx0bEW33IfDrHc22cuycoNFc7jGilFLYJl8uhs2I4LHZoui-rH1qu22Sx4qwlImJbEpvxu6gKfBq3-h-9AI2QtaiW6Jizhf1x_gg_l2bVRBY_F7AzvEx3NdNQhPfvtOmQFQ/s640/scheletri+non-morti.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si passa all'azione muscolare con “<b>L'Arena</b>”, di <b>Fabio Andruccioli</b>, un racconto di sudore, sangue ammazzamenti nell'anfiteatro. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Kurd </b>è un cavaliere di nobile origini, la cui casata è da tempo caduta in rovina. Si guadagna da vivere come mercenario, alla ricerca di un'impossibile redenzione. Lo stomaco vuoto e la scarsella al verde, viene ingaggiato da un certo <b>Ghasulgha</b>, il regnante di Masarat, una città abbandonata nel deserto. Kurd è stato contattato per combattere nel circo contro altri soldati suoi pari, per decretare chi sia il “<b>miglior guerriero di Thanatolia</b>”. La città è una deserta necropoli, i cui abitanti sono tutti ultimi arrivati e dove regnano in realtà i <b>non-morti</b>, autentici padroni delle sabbie. Kurd scoprirà presto come a essere in pericolo non è solo la sua vita, ma la sua stessa anima...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il racconto di Andruccioli è un <b>solido pezzo d'intrattenimento</b>: una sessione videoludica di <i>Battle Royale</i> ambientata a Thanatolia, arricchita da un protagonista convincente e una buona resa dell'azione. I combattimenti sono girati con efficacia e i diversi personaggi tratteggiati ciascuno con quei tic, quei dettagli che li allontanano dai soliti stereotipi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Abbiamo Bankimul, l'oscuro alchimista di Tijaratur. Le gemelle Isera e Samrade, sinuose e velenose come vipere. Il gigante muto Oeno. Mastro Liovio e la sua magia meccanica. Resaj, detto il guaritore. E in ultimo, ma non ultimo, Kurd il mercenario di Handelbab, detto il Rinnegato. Domani mattina sarete nell'Arena, davanti a un pubblico maestoso. Suggellate le vostre alleanze, confrontatevi pure. Domani sarete tutti nemici. </span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il finale purtroppo tenta un <b>colpo di scena</b> decisamente <b>poco credibile</b>, abbozzato letteralmente nell'ultima riga. Senza far spoiler, sembra il<i> jump scare</i> di un filmetto horror. Ovviamente dipende dallo stile e dalla tipologia di narrazione, ma anche un colpo di scena ha bisogno di un minimo di respiro, di preparazione per rendere al meglio. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il racconto che segue, “<b>Di mille secoli il silenzio</b>”, è un eccellente aggiunta all'antologia da un vero maestro della parola scritta, ovvero <b>Andrea Aztori</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il protagonista, <b>Graham Larson</b>, è un taglialegna in un mondo, quale Thanatolia, “che da millenni non faceva che fabbricare casse da morto e cremare corpi”. La storia esordisce con Graham in procinto di raccogliere le ceneri dell'amatissima figlia strappatagli anzitempo. Il cadavere tuttavia è stato trafugato, assieme a quelli del crematorio, da una <b>banda di cultisti</b> agli ordini di un negromante. Pieno di rabbia, ascia alla mano, Graham si prepara ad “<b>accettare</b>” <b>i malviventi</b>...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Aztori modella dal nudo tronco di una semplice <i>revenge story</i> un racconto brutale e nichilista, senza digressioni o variazioni comiche. Graham non cerca compagni per l'avventura, non è interessato ai tesori delle tombe, ma desidera solo la <b>vendetta</b>. L'azione concitata viene resa bene, così come la rabbia del protagonista. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Purtroppo il racconto soffre di un'<b>eccessiva genericità</b>, a malapena ravvivata dall'inaspettato finale: Aztori poteva ambientare il racconto a Thanatolia, così come in qualunque altra ambientazione fantasy. I riferimenti a Thanatolia e un paio di descrizioni non detraggono da quant'è piuttosto un racconto medieval-fantasy. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si ritorna alle atmosfere gotiche e imperiali con “<b>La Prigione di Zaffiro</b>”, di <b>Alessandro Forlani</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Levias</b>, un mercante dal passato di mercenario, gestisce un banco dove acquista e sovvenziona spedizioni dei tombaroli nel profondo di Thanatolia, alla ricerca dei più disparati tesori. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un giorno, tra i gioielli dell'ultima spedizione, scopre un <b>anello di zaffiro</b>: un oggetto magico, capace di custodire all'interno una cella, dov'è imprigionato un fantasma con un libro di magia nera. Qualunque persona di buon senso getterebbe l'anello nel più profondo dei pozzi, ma Levias è un mercante e come tale diventa ossessionante dall'anello, consapevole come sia la chiave per una grande ricchezza...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il racconto riprende le atmosfere e il lessico della precedente storia di Forlani, ma l'arricchisce con un <b>protagonista</b> notevolmente<b> più approfondito</b>, la cui conoscenza demonologica e fame di ricchezza lo rendono convincente e sgradevole. La <b>cella dimensionale</b>, miniaturizzata nell'anello, per quanto non sia un'idea nuova, permette sviluppi della storia imprevedibili, destinati a culminare in una delirante mischia finale. Entrare nell'anello, soddisfarne i desideri, saperlo comandare beneficiano tutti dell'usuale conoscenza esoterica dell'autore: </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un'ombra inquieta si dibatteva dentro la pietra quadrangolare. Levias guardò meglio: all'improvviso rabbrividì, e un olezzo di putrido gli mescolò le budella. Lo circondarono le quattro mura di una sala senza uscite, una triste e foca luce gocciolava da una grata. Si trovò rannicchiato, nudo, in un angolo di quel carcere, stordito dal terrore e dalla vertigine del luogo. </span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si tratta anche del racconto in assoluto <b>più brutale</b>, che colleziona un insieme di mercenari e tagliagole l'uno più repellente dell'altro, decisamente lontani dall'immagine idealizzata o fintamente dark dei “soliti” romanzi. Citerò tra tutti la malvagia virago al servizio di Levias, quanto di più lontana dalle guerriere impellicciate di tanto fantastico di mezza tacca. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si calzò l'elmetto a punta con la cresta di crine di cavallo, trattenne il fiato a indossare un giaco e infoderò le balestrine. Prese bussola, mappe e il cannocchiale, montò in arcione e uscì in strada ad arringare quei prezzolati. Lo psicopatico con la lametta fra i testicoli, che sprizzarono sangue nero sulla sella, ebbe l'onore di presentargli uno squadrone di cavalleria dei peggiori criminali che gli fossero capitati. Più di tutti lo colpì quella ragazza macilenta, con tatuaggi di neonati come tacche su una spada: </span><span style="font-family: inherit;">«Sono gli aborti dopo ogni stupro, vossignoria» lo prevenne la tagliagole. </span><span style="font-family: inherit;">Fece un cenno al capobanda e gli soffiò all'orecchio mozzo: «Non mi sta bene di avere sul libro paga una cagna che in così tanti si son presi con la forza: vi avevo chiesto dei tipi tosti.» </span><span style="font-family: inherit;">«È lei che li stupra e uccide» spiegò lo psicopatico, arrossendo.</span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il creatore di Thanatolia ritorna a deliziarci con un breve intermezzo, “<b>La forma della tua morte</b>”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tre avventurieri scelgono di compiere una deviazione per un cimitero abbandonato, dove scoprono una serie di <b>tombe modellate nella pietra</b>: ogni sagoma corrisponde a un diverso essere vivente, dall'uomo, alla donna, agli animali... </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il racconto è <b>divertente</b> e possiede alcuni <b>elementi conturbanti</b>. Se confrontato con il racconto precedente risulta anche meno confuso nell'uso dei nomi. </span><span style="font-family: inherit;">Un problema non indifferente è nella fonte d'ispirazione: il racconto è davvero troppo, troppo ispirato al manga L'Enigma di Amigara Fault di </span><b style="font-family: inherit;">Junji Ito</b><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nel fumetto dell'autore giapponese, una serie di spaccature nella pietra attraggono irrimediabilmente gli abitanti della vicina città, che avvertono come le diverse forme nella pietra corrispondano alle proprio silhouette, ai propri corpi. Il racconto di Davia è una <b>declinazione</b> “<b>tombale</b>” di quest'espediente e come tale si esaurisce in esso. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1ryTbC-ERr-4g8WzE8Nc4lz4YTou-qz6MqA9m15ZP0np_H5tL_j4fSjL5fbEij192b0nSSq6PSVccOP5jzdHJItidmNWW7NN46kRzfGRko24yyQ4OLbxBXBQLB0SjKlwWC_WGTHxnQcw/s1600/non-morto-gigante-fantasy.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="705" data-original-width="1600" height="282" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1ryTbC-ERr-4g8WzE8Nc4lz4YTou-qz6MqA9m15ZP0np_H5tL_j4fSjL5fbEij192b0nSSq6PSVccOP5jzdHJItidmNWW7NN46kRzfGRko24yyQ4OLbxBXBQLB0SjKlwWC_WGTHxnQcw/s640/non-morto-gigante-fantasy.jpg" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il tasso di violenza non accenna a diminuire (e questo è un bene!) nel racconto successivo, “</span><b style="font-family: inherit;">La tomba sul mare delle Messi</b><span style="font-family: inherit;">”, di </span><b style="font-family: inherit;">Domenico Mortellaro</b><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Alek</b> e <b>Larissa</b>, marito e moglie, inseparabile coppia di tombaroli, sono sulle tracce di un antico sepolcro che si crede maledetto. Alek è convinto come siano tutte sciocchezze, Larissa invece non perde occasione per fare marcia indietro. Come sempre, la verità sta nel mezzo...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Un racconto</b> piuttosto <b>convenzionale</b>, che parte<i> in medias res</i>, si arresta nella minuta descrizione dello scoperchiamento e saccheggio della tomba, per poi rivelare un finale a sorpresa. Mortellaro compie un bel lavoro nell'<b>aumentare</b> gradualmente <b>la tensione</b>, al punto che lo scontro finale risulta essere (quasi) un sollievo. La parte centrale tuttavia tende a trascinarsi, mentre le scene di passione tra i due amanti, ancora una volta, risultano ridicole (<i>Harmony docet</i>). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Laura Silvestri</b> continua le disavventure di Tuya con il racconto “<b>La chiave di Narayagan</b>”. Nuovamente raccontato dalla voce di un Baizan ormai anziano, la guerriera e i suoi compagni devono affrontare una minaccia non morta nel cuore della città. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Meno banale del precedente racconto, il colpo di scena garantisce un <b>buon finale</b>. I dialoghi sono di tanto in tanto imbarazzanti, mentre l'immagine di Tuya che rotea una pesante spada lunga sopra le spalle alla pari di un fioretto poteva essere evitata. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Alberto Henriet</b>, immancabile presenza nelle antologie Sword&Sorcery, torna alla carica con “<b>Nikolai il negromante</b>”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Seguiamo le disavventure di un negromante, Nikolai, esiliato dalla sua terra natale, Kryptoria, e condannato a vagare nelle lande di Thanatolia. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sono sempre stato piuttosto <b>critico</b> nei confronti dei racconti di Henriet <a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2017/12/vlad-tepes-la-leggendaria-vita-di.html">nelle diverse antologie</a> e con ragioni squisitamente <b>oggettive</b>: letteralmente la storia nei suoi racconti non sembra sussistere, sostituita da un'intelaiatura di <b>simboli e immagini</b> scollegate tra loro. I suoi protagonisti allora vagano sconsolati <b>di scena in scena</b>, senza si venga a creare un vero intreccio narrativo. Questo non detrae dalla bellezza delle descrizioni o dalla ricchezza esoterica dei racconti, ma è innegabile come non vi sia un interesse a intrattenere il lettore. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In questo caso tuttavia spezzo una lancia a favore di Nikolai, perchè tra tutti i racconti Henriet sembra essere stato l'unico a catturare la <b>potenza immaginativa</b> propria di Thanatolia. L'abilità descrittiva dell'autore sprigiona una tale ricchezza – lessicale e figurativa – che Thanatolia finalmente si distacca dalle simil-copie fantasy dei racconti precedenti, per elevarsi a luogo con una sua dignità, barocca e mostruosa. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La piramide si elevava al centro di un deserto costituito in parte dalla cenere di milioni di cadaveri che si era accumulata </span>nell'arco<span style="font-family: inherit;"> di centinaia di anni. L’atmosfera era allucinata, e il sole era una macchia di rame lustro sospesa </span>all'orizzonte<span style="font-family: inherit;"> e pronta a scendere oltre la scabra catena montuosa che segnava il confine con l'Oceano. </span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Henriet è anche l'unico autore ad aver intuito, nel riferimento alle “<b>tombe aliene</b>”, come Thanatolia sia terra di cimiteri di ogni creatura e non solo di sepolcreti medievali. Ovviamente questa cura nella descrizione si riflette anche nei personaggi, ammazzando il lettore con i dettagli sul colore delle scarpe del negromante, mentre i dialoghi sono talmente monchi da risultare gutturali. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il racconto inoltre viene <b>troncato a metà dello svolgimento</b> e come tale sembra più uno spaccato delle avventure del negromante, che una storia compiuta. Pazienza! Ci rimangono alcune <b>immagini di rara bellezza</b>, il che non è poco. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWXw3fNAkcLCkRFiBXZv8uPqsP0V9JIeWxXDODb4w6IgUCaij8ESpCr-F1Nce5JH6LIo49PpLTYxqdICyJ8Rg90h5D0iXkx2o15QLUXzzDlqk0lDLVb81tPEz9ppivPVou394zva35dM4/s1600/middenheim+Russ+Nicholson.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="552" data-original-width="1215" height="290" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWXw3fNAkcLCkRFiBXZv8uPqsP0V9JIeWxXDODb4w6IgUCaij8ESpCr-F1Nce5JH6LIo49PpLTYxqdICyJ8Rg90h5D0iXkx2o15QLUXzzDlqk0lDLVb81tPEz9ppivPVou394zva35dM4/s640/middenheim+Russ+Nicholson.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Middenheim", vecchia illustrazione interna di Russ Nicholson</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il patriarca di Thanatolia torna con un'altra creatura, ovvero “</span><b style="font-family: inherit;">La colpa</b><span style="font-family: inherit;">”, di </span><b style="font-family: inherit;">Lorenzo Davia</b><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il mercenario <b>Elgon de Sinaia</b> scopre di essere il bersaglio di un misterioso nemico, che utilizza i non-morti per dargli la caccia. In quello che a tutti gli effetti è una <b>storia giallistica</b> ambientata a Thanatolia, dovrà smascherare il suo nemico, con l'aiuto di una monaca, Inalhia. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Racconto un po' sottotono rispetto ai due precedenti, anche se il personaggio di Elgon è abbastanza simpatico. Per il resto, tanto <b>umorismo</b> e alcune <b>scene di vita civile</b> a Thanatolia.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Passò per teatri anatomici dove si dissezionavano i cadaveri meglio conservati, incrociò apprendisti barcollanti sotto il peso delle pergamene, interruppe una lezione di storia sull’Antico Impero seguita da sbadiglianti studenti e infine giunse allo studio di Idichius il Saggio.</span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un Alessandro Forlani in gran forma scrive il racconto che segue, “<b>Un patto nelle </b></span><b>tenebre</b><span style="font-family: inherit;">”, dove ritorna all'attacco il <b>Malqvist</b> della prima storia dell'autore. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La pancia che rumoreggia, la scarsella vuota, Malqvist decide di cercare fortuna come tombarolo, aggregandosi a una sgangherata <b>spedizione di tagliagole</b> con niente da perdere. L'avventura che seguirà costringerà ancora una volta lo scettico Malqvist a doversi confrontare con la peggior magia nera...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Riferimenti a Levias permettono di mantenere la necessaria coerenza tra le diverse storie tra loro intrecciate, mentre ancora una volta colpisce quanto siano diverse le bande di avventurieri di Forlani rispetto agli “eroi” delle altre storie. I toni horror qui prorompono con forza. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Doveroso segnalare almeno questo scambio di battute con una strizzata d'occhio al lettore di Heroic Fantasy: </span></div>
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<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">«Ne sei capace, tu?!». </span></blockquote>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">«Sono Comedius, un negromante.» </span></blockquote>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">«Come no. E io sono Re Kull»</span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Domenico Mortellaro</b> re-inventa da zero Thanatolia con poche pagine di racconto: “<b>Fosse anche solo un cerchio di ferro, un coccio di vetro.</b>” presenta il continente asservito e soggiogato dalla Necromadre, dove i diversi cimiteri sono stati divisi in lotti, tassati e distribuiti tra chi se li può permettere, una versione letterale di <i>Capitalism Kills</i>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Una malattia, di cui non ho bene capito la natura in realtà, spazza il continente, ammalando gli esseri umani con una graduale corruzione della carne, che diventa incartapecorita fino a <b>mummificare</b> la vittima. La trasformazione è molto lenta e pertanto i malati vengono rinchiusi negli appositi campi, alla pari dei <b>lebbrosi</b> medievali. Il protagonista, innamorato di un'altra malata, desidera regalarle un anello, ma per farlo deve<b> saccheggiare una tomba</b>...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tralasciando un'<b>overdose di corsivi</b>, il racconto è decisamente una tacca sopra il precedente: le atmosfere nel “<b>Lazzaretto 41</b>” sono bene descritte, così come la debolezza e la disabilità del protagonista a cui la malattia sta rinsecchendo la gamba. I riferimenti politici all'<b>anarchismo</b> nell'ultimo colpo di scena sono un po' eccessivi, ma ci possono stare. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Chi l'avrebbe mai detto? Una <b>Thanatolia</b> distopica e/o <b>post apocalittica</b>!</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un continente quale Thanatolia non si presta alla navigazione, in effetti non ricordo di aver visto sulla mappa fiumi o laghi, anche se è possibile immaginare alcuni bei scenari con tombe sotterranee al centro di laghi abitati da mostruosità acquatiche... ma sto divagando: “<b>La nave maledetta</b>” di <b>Fabio Andruccioli</b> è l'unico racconto “acquatico” dell'antologia.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I mercenari chiamati i “<b>Fratelli Linderbalg</b>” vengono assoldati da un sospetto individuo di nome “<b>Azaroth-al-Abel</b>” per fare <b>incursione</b> su una <b>nave</b> ormeggiata presso i moli e rubarvi un magico oggetto. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come avranno intuito i lettori più attenti, è un'<b>avventura in odore di Lovecraft</b>, con tanto di uomini pesce, tentacoli e profezia finale. Andruccioli è portato a descrivere <b>buone scene d'azione</b>, le quali si susseguono senza sosta. Rimane un racconto molto <i>clichè</i>, scollegato dal filone principale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Lorenzo Davia</b> continua a narrare le disgrazie di Elgon con il racconto <b>alla Joyce</b> “<b>Ritratto del tombarolo da giovane</b>”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Elgon trova un insperato ingaggio come <b>scorta</b> e <b>modello</b> (!) di un famoso <b>artista di Handelbab</b>, desideroso di dipingere i suoi quadri “dal vivo”, scene di battaglia e non-morti compresi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Giù dunque tra sepolcri e tombe, a duellare con una mano e dipingere con l'altra, cavalletto dietro e scudo davanti. A complicare le cose, i <b>colori dell'artista</b> non sono prodotti in fabbrica, ma come poterlo spiegare? Sono ben più “naturali”... </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Raggiunsero l’ultima camera della tomba, dove giaceva il sarcofago dello stregone. Un servo teneva in mano la torcia illuminando gli affreschi sulle pareti. </span><span style="font-family: inherit;">«Graziosi» commentò Pathein, dopo averli studiati, «anche se la tecnica prospettica è un tantino superata»</span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il racconto congiunge il meglio della <b>follia inventiva</b> dell'autore con il suo <b>senso dell'umorismo</b>, ingenerando un Frankenstein di citazioni, battute e scene esilaranti. Una nerissima commedia, a cui non viene risparmiata l'usale dose di combattimenti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">A dare la mazzata finale al lettore, ecco giungere l'ultimo racconto, “<b>L'Inferno non ha mappe</b>”, di <b>Luca Mazza</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Veltro di Penumbria </b>è uno spadaccino e pistolero, di mestiere sicario: un'offerta “di lavoro” per conto del boss mafioso <b>Tiamat Aurotene</b>, imparentato con quel losco Levias di Forlani, lo porta a Thanatolia. Tiamat è stato umiliato da un furfante tombarolo, <b>Mantera</b>, la cui banda ormai minaccia l'assoluto monopolio di Tiamat sul commercio dei manufatti dei cimiteri. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Veltro scoprirà presto come in Thanatolia non solo i furfanti non rispettano la legge, ma gli stessi morti non rispettano la legge della vita...</span></div>
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<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mazza intesse con quest'opera qualcosa di più di un racconto, piuttosto una vera e propria <b>novella</b>, che si inserisce perfettamente come <b>pezzo finale</b> ai precedenti tre racconti di Forlani. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'<b>incipit desertico</b> e surrealista cede rapidamente il passo agli <b>orientalismi</b> della città, per passare alle solide atmosfere di un <b>western</b> shackerato con l'<b>horror più puro</b>. Una miscela capace d'incendiare gli stomaci delle anime candide che ragionano a scomparti chiusi, di genere in genere, ma che personalmente ho trovato squisita, al punto da volerne un'intera bottiglia, diamine facciamo pure una cassa intera, anzi, l'intero bar già che ci siamo...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il racconto soffre di una partenza <b>troppo brusca</b>, dove letteralmente non ci si raccapezza chi sia Veltro, chi siano i Vitruviani, dove accidenti siamo... Tuttora non ho ancora compreso chi sia “Calcabrina”. Probabilmente il personaggio era già comparso in altre storie, ma così com'è si rischia di restare disorientati. </span></div>
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<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Man mano che si procede, la storia diventa invece comprensibile. Lo <b>stile di scrittura</b> adopera il termine più specializzato possibile, rifuggendo da ogni espressione vaga: questo è un bene, ma si sprofonda in alcuni passaggi nell'<b>incomprensibilità</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Qualche esempio: “tersicorea”, “emicicli di divani”, “plinti colmi di gradali”, “volutabro”, “ubbie irrazionali” e così via... alcune volte questa scelta esprime bene la stravaganza del luogo, come nel caso del “gineceo di baiadere”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quando si tratta di descrivere mostri (e quali mostri, dannazione!) Mazza sfodera un lessico medico/chirurgico/chimico degno del migliore scienziato folle. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quando invece sono scene di vita civile, ci regala alcune belle immagini, degne dello scomparso <b>Alan D. Altieri</b> e dell'epigono horror <b>Manzetti</b>, ad esempio con “attirò l'attenzione dell’oste, un quintale di lardo ginoide nudo fino alla cintola”; oppure l'efficace “Il nano lo radiografò dietro gli assurdi oculari”. </span></div>
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<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'elemento soprannaturale, ben gestito, oscilla tra il fantasy e il <b>weird</b>, quest'ultimo inteso come fusione di horror e fantascienza. Mi ha vagamente ricordato il soprannaturale presente nelle storie di Eymerich di <b>Valerio Evangelisti</b>, con la fondamentale differenza che ci vengono risparmiati i pipponi dell'autore.</span> </div>
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<br /></div>
Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-69377097956063740272018-07-03T07:00:00.000+02:002018-08-07T19:58:50.660+02:00New Camelot, di Lorenzo Davia: quando il fantasy diventa urban<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLYcYyiO1gF_Gd5YE9hnhl6iJABCQANDzJTjoWSYUlXsbu4qMYoTru5-gFes5iPyKoAqQv92dGfr158y3YBbvGe1wT7FglefVS8uGUg2uEPWX-PvpGV5U1da1Xkzpd2pYxNxu0SEGjUWo/s1600/new+camelot+lorenzo+davia.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1334" data-original-width="1000" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLYcYyiO1gF_Gd5YE9hnhl6iJABCQANDzJTjoWSYUlXsbu4qMYoTru5-gFes5iPyKoAqQv92dGfr158y3YBbvGe1wT7FglefVS8uGUg2uEPWX-PvpGV5U1da1Xkzpd2pYxNxu0SEGjUWo/s320/new+camelot+lorenzo+davia.jpg" width="238" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>New Camelot</b> è il perfetto modello di una città, non il modello di una città perfetta. </div>
<div style="text-align: justify;">
Scriveva così, riferendosi all'immane megalopoli, il sociologo <b>Lewis Mumford</b>, descrivendo bene la natura selvaggia, caotica e multi culturale di New Camelot. </div>
<div style="text-align: justify;">
La città dei mulini satanici di William Blake, dove masse di umili lavoratori lavorano sotto la sferza delle oligarchie industriali, così come la città delle mille possibilità, dove all'angolo di ogni via potrebbe aspettare in agguato tanto il successo quanto il coltello di un teppista qualunque. </div>
<div style="text-align: justify;">
New Camelot, New Camelot, <b>città che non dorme mai</b>: luogo di travolgenti successi e altrettanto travolgenti cadute, città dalle avveniristiche tecnologie e dalle ataviche magie. </div>
<div style="text-align: justify;">
Le proprie case distrutte, i propri ambienti inquinati e sfigurati da una selvaggia industrializzazione: tutte le razze fantastiche si sono qui riunite, alla disperata ricerca di un lavoro, di una possibilità, di una vendetta. </div>
<div style="text-align: justify;">
Gli elfi dominano gli ultimi livelli, nella qualità di dirigenti aziendali, di broker, di impiegati corporativi: una collocazione naturale per una razza di sociopatici opportunisti. </div>
<div style="text-align: justify;">
Scendendo ai livelli inferiori, un <i>melting pot</i> di razze e creature fantastiche gareggia a farsi strada, a diventare qualcuno, ognuno con un sogno da realizzare. Centauri della polizia presidiano le strade, teste di cuoio orchesche rompono le teste di manifestanti goblin, nani meccanici aggiustano auto volanti e dovunque, dai bassifondi ai grattacieli corporativi, la razza umana supera tutti nel coraggio e nella stoltezza. Ma ognuno, in qualche modo, è convinto di avere una possibilità...</div>
<div style="text-align: justify;">
Perchè New Camelot è una <b>città magica</b>. Letteralmente. </div>
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<br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Dopo diverse (sanguinolente) avventure <a href="https://www.amazon.com/avventure-Mysella-Odissea-Digital-Fantasy-ebook/dp/B06X3SJTQ3">nei racconti precedenti</a>, pubblicati dalla <b>Delos</b>, Fata Mysella torna protagonista con questo nuovo romanzo di <b>Lorenzo Davia</b>, catapultata nello scenario urbano di una città fantasy nell'aspetto, ma americana nel cuore. <b>Mysella</b> è una Fata tanto adorabile, quanto psicologicamente instabile, dal passato militare nella Guerra Civile delle Fate e nella Grande Guerra Commerciale tra le società del Multiverso. </div>
<div style="text-align: justify;">
Sempre più fredda, sempre più acida, Mysella è alla ricerca di <b>Fata Laihia</b>, smarrito amore, ultimo legame “umano” per una Fata sempre più estraniata dal mondo. Dalle ultime tracce Laihia aveva cercato fortuna nella <b>Grande Mela</b>... che come la fiaba di Biancaneve insegna, è spesso avvelenata. </div>
<div style="text-align: justify;">
Un altro reduce di guerra, <b>Frank Dosadi</b>, dovette accettare di diventare un <b>vampiro</b> per salvare il suo plotone e da quel momento in poi ha dovuto convivere con la sua maledizione di succhiasangue, attraversando una turbolenta carriera nella <b>NCPD</b> (New Camelot Police Department). </div>
<div style="text-align: justify;">
Cacciato per i suoi metodi poco ortodossi, è ora un <b>investigatore</b> privato alcolizzato, dipendente da qualunque cosa possa allontanare il suo bisogno di sangue umano. Il caso su cui sta indagando, un apparente suicidio del marito dell'elfa Lady Meranin, della casta Merel, sembra legato all'attività della <b>Compagnia per lo Sfruttamento dei Reami Magici</b> (CSRM) e alla stessa Fata Mysella...</div>
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<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEip-OxMkqVlJETof3SKN8ZzgwAWPtudDU-mtQcrjfxwb1I1r-IQurXaGcyd8i3ng27cYF9PISf5a2wDl3kzWNHkPk0YRw1uGg8OJVRdbTAnukXvzY2KqCjIBC-YUxOyMp2A7AHT7yjpYBQ/s1600/dieselpunk.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="561" data-original-width="1363" height="263" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEip-OxMkqVlJETof3SKN8ZzgwAWPtudDU-mtQcrjfxwb1I1r-IQurXaGcyd8i3ng27cYF9PISf5a2wDl3kzWNHkPk0YRw1uGg8OJVRdbTAnukXvzY2KqCjIBC-YUxOyMp2A7AHT7yjpYBQ/s640/dieselpunk.jpg" width="640" /></a></div>
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<br /></div>
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Il romanzo di Lorenzo Davia è paragonabile a una <b>corsa sull'ottovolante</b>, un <i>cocktail</i> narrativo di generi tanto potente, quanto straniante: ultimato, si scende dal romanzo con le gambe che tremano e la testa che scoppia per le tante fermate narrative compresse dentro una velocissima corsa di appena 132 pagine. </div>
<div style="text-align: justify;">
Una divertente – a tratti confusa - <b>miscellanea di generi</b>, dove a ogni fermata corrisponde una diversa stazione narrativa, un diverso “tono”: dalle atmosfere proprie di una giungla urbana con la Fata Mysella, ai toni classicamente noir di Dosadi quando incontra la <i>femme fatale</i> Meranin, allo spaccato da <i>buddy movie</i> quando Mysella e Dosadi collaborano, alle (tante) scene <i>action</i> che alternano lo sparatutto nella prima persona alla fantascienza cyberpunk...</div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Se fosse necessaria una semplificazione, sarebbe possibile definire New Camelot come un <b>thriller</b> dentro un'ambientazione fantasy, a sua volta distorta e “punkizzata” attraverso una dose di <b>realismo, sesso e violenza</b>. Se siete tra coloro che considerano la particella -punk in riferimento ai diversi sottogeneri della fantascienza, dal cyberpunk, allo steampunk, all'atompunk, si può invece definire scherzosamente il romanzo come <b>PunkPunk</b>, nella misura in cui agisce da contenitore di tutti i sottogeneri appena elencati e altri ancora. In alternativa, è possibile giudicare New Camelot come un <b>Urban Fantasy</b>, nella misura in cui la città è viva e presente, interloquendo e agendo sui personaggi che la percorrono (e distruggono...) in lungo e largo. </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
I <b>due protagonisti</b>, Mysella e Frank, appaiono entrambi reduci da un <b>passato militare</b>, che li ha lasciati segnati, a loro modo: Mysella nell'animo, Frank nella maledizione dei vampiri. </div>
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Non si potrebbe tuttavia immaginare personaggi più radicalmente diversi nell'azione e nel pensiero: Frank è un uomo riflessivo, dal tirannico autocontrollo, che agisce grazie alle amicizie e ai favori che coltiva per i diversi livelli di New Camelot; al contrario, Mysella è un pericolo ambulante, un'estranea che deve farsi strada nei bassifondi cittadini, tra sparatorie e risse da bar. </div>
<div style="text-align: justify;">
Nonostante innegabilmente Mysella sia il personaggio a cui Davia dedica maggiore attenzione, il carattere bipolare della Fata rende difficile qualsiasi attaccamento, mentre Frank con i suoi <i>cliché</i> da detective e la sua “missione” di redimersi dall'essere vampiro risulta più interessante. </div>
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<br /></div>
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La natura inclassificabile dell'ambientazione tende a generare paragoni ludici o cinematografici, rispettivamente nei confronti del gioco di ruolo (e videogioco isometrico) “<b>Shadowrun</b>” e recentemente con il film “<b>Bright</b>” del regista David Ayer. </div>
<div style="text-align: justify;">
Le divisioni razziali e le atmosfere poliziottesche ricordano vagamente il film di Will Smith, ma sono qui declinate nell'eclettismo di un intero bestiario fantasy, mescolato senza distinzioni, in tal senso afferente maggiormente all'anarchia selvaggia di Shadowrun, coadiuvata da una vasta gamma di veicoli, artefatti magici e tecnologie decisamente lontane dalle atmosfere moderne di “Bright”. </div>
<div style="text-align: justify;">
Un altro riferimento raramente menzionato nell'ambito dell'urban fantasy è “<b>Cast a Deadly Spell</b>” (1991), sconosciuta produzione dell'HBO, del regista Martin Campbell. </div>
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E' il 1948 e a Los Angeles la magia è ormai di uso comune, accanto ai telefoni, le auto e le tecnologie “umane”: il detective H. P. Lovecraft (Fred Ward) deve investigare il furto di un testo di magia nera, il misterioso Necronomicon. Elementi lovecraftiani si mescolano al fantasy tradizionale, stavolta rappresentato dal folklore di vampiri, lupi mannari, troll e via dicendo... </div>
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Se “Bright” e “Shadowrun” rappresentano gli elementi fantascientifici di New Camelot, “Cast a Deadly Spell” ne recupera gli <b>elementi pulp</b>, scanzonati e irriverenti. </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il romanzo appare infatti vestito con un <b>tessuto fantasy</b> tradizionale, sul quale Davia ricama una <b>trama di citazioni e riferimenti</b>: un'ininterrotta sequela di ammiccamenti, di strizzate d'occhio, di citazioni disinvolte. </div>
<div style="text-align: justify;">
Si tratta di un gioco citazionista palese, dove persino il non addetto ai lavori riconosce al volo i (tanti) riferimenti: si va dalla “Gandalf Avenue”, all'“Elrond Building”, all'“ascensore Bilbo”, a “Shannara Street”, senza trascurare i riferimenti invece al mondo reale filtrati dal folklore fantasy, ad esempio nella forma dell'“<b>emodone</b>” assunto da Frank Dosadi per tenere sotto controllo la sua dipendenza, che cita il metadone distribuito nei centri di recupero per i tossicodipendenti. Sarebbe stato preferibile una <b>maggiore sofisticatezza</b> nella toponomastica fantasy di New Camelot, che sembra arrestarsi al livello di un riferimento gratuito, sminuendo così la serietà dell'ambientazione.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhurQjfvOyvYHYnyq8VTucsitruaXihQPk5sN2goL67A6qFjmGbG6uVWYSSbRXzNHdH5ejxHaoOb93BNPGWDh7GHguRCMQiPCnINcJcd5Er7Id6IED5em1W2j4IvPH_lhYkY887shh3gho/s1600/centauro+bright.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="638" data-original-width="1400" height="291" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhurQjfvOyvYHYnyq8VTucsitruaXihQPk5sN2goL67A6qFjmGbG6uVWYSSbRXzNHdH5ejxHaoOb93BNPGWDh7GHguRCMQiPCnINcJcd5Er7Id6IED5em1W2j4IvPH_lhYkY887shh3gho/s640/centauro+bright.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il centauro poliziotto in "Bright". Nonostante gli innegabili difetti del film, sarebbe interessante vedere un seguito.</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
La natura stratificata di New Camelot, megalopoli costruita su più livelli, permette a Davia di alternare le ambientazioni più strane, tenendole rigorosamente separate: vi sono infatti <b>quattro livelli</b>, edificati man mano sul nucleo medievale e arturiano della “vecchia” Camelot, ciascuno corrispondente a un diverso livello tecnologico, un <b>diverso -punk</b>, se volete. In tal senso il paragone con “Shadowrun” e “Bright” rischia d'ingannare sull'originalità dell'ambientazione. </div>
<div style="text-align: justify;">
Il <b>primo livello</b>, infatti, seppellito nelle profondità di Camelot, conserva, accanto a una rampante criminalità, monasteri, catacombe e decadenti palazzi della nobiltà. Il <b>secondo livello</b> presenta invece le principali industrie della capitale, oltre a una tecnologia basata sul vapore e i musei che ospitano gli scheletri degli ultimi draghi, cacciati fino all'estinzione. Cinema, casinò e spacci di droga dominano il <b>terzo livello</b>, dove si passa dall'età vittoriana agli anni trenta, tra gangster, “pupe” e investigatori strafatti come lo stesso Dosadi. Il <b>quarto livello</b> infine corrisponde alla modernità cyberpunk degli anni ottanta, tra hacker, complotti delle zaibatsu e cyber-ninja. </div>
<div style="text-align: justify;">
E' possibile viaggiare tra i diversi livelli grazie a sottopassaggi in auto, grandi ascensori e persino, laddove i varchi lo consentano, tramite zeppellin.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Un'ambientazione così complessa rischia di sembrare un copia-incolla di fonti diverse, un <b>frankenstein narrativo</b> senza reale coesione tra le diversissime parti: Lorenzo Davia supera questo incomodo grazie alla descrizione di <b>scene di vita quotidiane</b>, che conferiscono quella patina di “reale” fondamentale per immergere il lettore. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
Le strade pullulavano della tipica vita del terzo livello: djinn a bordo di tappeti volanti, elfi oscuri che spacciavano droghe, borseggiatori dalla mano magica e poliziotti che cercavano di acciuffarli, barboni che mendicavano magie, petsitters che portavano al guinzaglio draghetti e cerberi; impiegati che, usciti dal lavoro, si dirigevano verso cinema, ristoranti, locali notturni, teatri e bordelli, luminosi punti fermi attorno ai quali orbitava la folla di creature.</blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Le diverse storielle raccontate dagli abitanti a Fata Mysella sono altrettanto interessanti, solitamente legate alle trasformazioni della rivoluzione industriale sugli abitanti magici della città. Davia recupera il <b>sarcasmo di Sapkowski</b>, anche se ne smarrisce la raffinatezza: </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
– Facevo il fottuto bardo. Dallàn Forgaill. Raccontavo le storie più belle e numerosi venivano ad ascoltarmi. Capivo che erano tanti dal brusio che facevano in sala. Ma quando iniziavo a parlare, non si sentiva volare un mosca. Non un colpo di tosse, non uno sbadiglio.<br />
– Ha perso il lavoro per colpa della televisione?<br />
– Ma non dica puttanate! Nonostante la televisione e la radio, la gente ha sempre apprezzato un buon cantastorie. Sono stati i copyright a fottermi.<br />
– I copyright? – chiese Fata Mysella, questa volta un po' più interessata. Il copyright era un tipo di magia che non aveva mai capito.<br />
– A un certo punto tutte le storie esistenti furono messe sotto copyright da parte di una o di un'altra compagnia. Tutte. E io non potevo più raccontarle. Dovevo pagare i diritti d'autore. Pagare per raccontare le storie che i miei nonni e i nonni dei miei nonni si erano tramandati per generazioni.</blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Lo <b>stile di scrittura</b> è passabile, fluido e senza interruzioni, leggermente povero di descrizioni: Davia pesta sull'acceleratore fin dall'incipit e il carrozzone narrativo di New Camelot romba in avanti, senza lasciare fiato al lettore. Il veicolo sbanda, in alcuni capitoli sobbalza per un buco nella trama, in altri le scene <i>action</i> distruggono più di un semaforo o un cartello, ma nell'insieme funziona egregiamente, regalando una storia coinvolgente e scatenata. Risultano leggermente eccessive alcune<b> scene di sesso e violenza</b>, anche se contestualizzate e posizionate nei primi capitoli per funzionare da gancio verso il lettore. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
“<b>New Camelot</b>” nell'insieme è un <i>cocktail</i> sperimentale che soddisfa lo stomaco, ma brucia il palato: una miscela dagli accostamenti arditi, ma dove la pura quantità controbilancia eventuali difetti. </div>
<div style="text-align: justify;">
Un<i> must</i> per gli <b>avvinazzati del fantasy</b>, sconsigliato agli astemi e ai timidi. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-7503373692997170012018-06-16T12:00:00.000+02:002018-07-02T20:31:44.106+02:00Cyberpunk 2077, dalla Polonia con furore: un'analisi filologica, tra Moebius e Mike Pondsmith<br />
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ho iniziato a dedicare uno
o più articoli all'<b>E3</b> di <b>Los Angeles</b> dai tempi del <b>2012</b>, oramai sei
anni fa, e devo ammettere che mai i videogiochi presentati si sono
rivelati all'altezza dello straordinario <i>hype</i> nutrito da giocatori e
giornalisti.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Esiste un <b>mito dell'E3</b>, un
mito della kermesse los angelina come luogo di continue meraviglie;
dall'altro e lo ammetto con amarezza, esiste la <b>realtà</b> di una fiera
basata sull'industria videoludica, dalla quale non ci si può
aspettare anteprime e prodotti qualitativi di anno in anno, di mese
in mese.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
I videogiochi <b>richiedono
tempo</b> per essere progettati e costruiti; un dato che molti giocatori
preferiscono ignorare e del quale ce se ne accorge solamente seguendo
passo per passo il processo produttivo, nella forma ad esempio di un
finanziamento via Kickstarter.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ci sono così tanti
ostacoli, così tanti costi, così tante ingerenze, così tante
esigenze; produttive, tecniche, pubblicitarie, politiche, sociali,
umane...
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Quindi, sì, questo <b>E3
2018</b> è stato un E3 più interessante di tanti altri, certo più
ricco di annunci e anteprime, ma è continuata a mancare quella
sorpresa, quell'assoluta meraviglia, quella IP inaspettata che tutti
continuano a rincorrere: io, dal mio canto, mi sono messo il cuore in
pace e a partire dai prossimi anni se mi capiterà di guardare
qualcosa dell'E3, bene, contentissimo, altrimenti lascerò perdere,
senza aspettare trepidante lo <i>streaming</i> delle diverse
conferenze.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNFNAeSLBEq9_n6QBS6euAgLsPV6ME5ap3drBRCDQlOu9j2llQPeG7Oge83kakJ-hvq9VOtI50DZSujS_2pWHsTxkFg-XDQqkRweo3fCCzTMt5GG1fS9GdFQjnei9PQyhHzsEVpic5GFk/s1600/mike+pondsmith.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="576" data-original-width="1024" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNFNAeSLBEq9_n6QBS6euAgLsPV6ME5ap3drBRCDQlOu9j2llQPeG7Oge83kakJ-hvq9VOtI50DZSujS_2pWHsTxkFg-XDQqkRweo3fCCzTMt5GG1fS9GdFQjnei9PQyhHzsEVpic5GFk/s640/mike+pondsmith.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption"><b>Mike Pondsmith</b>, barman <i>extraordinaire</i>. Irraggiungibili livelli di <i>coolness</i>.<br />
<a name='more'></a> </td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Alla fine ho deciso di
analizzare sul blog il <b>trailer</b> di “<b>Cyberpunk 2077</b>” e lasciar
stare tutto il resto, nonostante vi siano menzioni e giochi
interessanti, nell'ormai oceano vorace di Multiplayer, Battle Royale
e generalmente giochi dove la componente “storia” è ormai
completamente scomparsa. Sono il primo a speculare sul nulla, ma
alcuni trailer e annunci, specie dalla <b>Bethesda</b> e da <b>Ubisoft</b> erano
talmente esili, talmente brevi da lasciare senza parole. Sì, ok, un
nuovo <b>Elder Scrolls</b>, una nuova IP, ma di cui non sapremo
assolutamente nulla per i prossimi due anni; senza considerare la
fumosissima (altro che Steam!) inconsistenza di Beyond Good and Evil
2.</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">“I'm building Disneyland
in a dark future” (Mike Pondsmith)</span></blockquote>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Partiamo dunque con i <b>pesi
massimi</b>, con <b>Cyberpunk 2077</b>, dei mitici <b>CD Projekt Red</b>.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E' stato tra i primi
trailer che abbia analizzato, <a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2013/01/il-cyberpunk-polacco-alla-riscossa.html">nel lontano 2013</a>, cinque anni addietro. </div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
All'epoca scrivevo come nel <b>2016</b> il gioco sarebbe uscito e
addirittura immaginavo di giocarlo con il laptop al momento in uso,
ormai un catorcio fumante che funziona solo per pura caparbietà
elettronica. Ingenuità di generazioni precedenti, di <i>console</i>
dimenticate.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il secondo trailer non
poteva che essere <a href="https://www.youtube.com/watch?v=8X2kIfS6fb8">questo</a>, ovvero un <b>ribaltamento</b> totale e assoluto di
quanto visto nel 2013, un <b>completo rovesciamento</b>: una metropoli
soleggiata, un protagonista maschile, una realtà civile e non
militare, una sequenza ipercinetica di una città che vive e respira,
un organismo vivente nutrito d'<i>hyperspazio</i> e innesti cibernetici, di
assoluta modernità e anacronistiche tradizioni.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Lo sfoggio di
<b>worldbuilding</b>, nell'accumulo di pochi minuti di scene di vita e
combattimento, richiederebbe diversi articoli, se non un vero e
proprio saggio, per esplicitare tutti i particolari, gli
ammiccamenti, le re-invenzioni, le sottigliezze mimetizzate nel corpo
<i>action</i> del titolo. </div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Meglio di ogni cosa andare a pigliarsi il <b>gioco di
ruolo</b> cartaceo, <b>Cyberpunk 2020</b>, rigorosamente nell'ed. italiana con
le splendide donne guerriere di <b>Paolo Parente</b> e confrontare
fotogramma per fotogramma, comparando inquadrature e illustrazioni.
E' impressionante come siano riusciti a fondere così armoniosamente
l'estetica cyberpunk 2020 alle influenze del nuovo millennio,
conservando la <b>giappofilia</b> di quegli anni (bacchette&ciotola di
ramen, katane, una generale influenza da Tokyo, yakuza, ninja e così
via...), senza tuttavia renderla predominante, anzi mescolandola a un
<b>multiculturalismo</b> sporco e proprio degli ultimi decenni, dalle
influenze indiane, (pilota del taxi, turbanti sikh) ai feticci propri
di <b>Blade Runner</b>, con le <b>auto volanti</b> e ovviamente l'unico elemento
invecchiato bene dagli anni '80, ovvero le <b>modifiche cibernetiche</b>,
qui portate un passo oltre nell'incantevole scena della giovane che
si fa le ciglia. </div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Cyberpunk 2077 pertanto riesce a <b>innovarsi</b>, ma nel
contempo si mantiene all'interno del filone, anzi, si rinnova proprio
nella <b>fedeltà a quel genere</b>, a quell'estetica, a quell'urlo punk...
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyijgsfCahStL8fY-_CmBBxWI0z6v8Rbz-n4q-9sE2FSMzctndV121cCcyYCpxgIpqT0XIuYTpZI1GeERxafle_NESy0bLC3mOpx5_NkJ2iyBWe7ZE-sDOxEgaK6r2YblSfM7AXzD_pKg/s1600/trauma-team-compressor.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="587" data-original-width="1152" height="326" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyijgsfCahStL8fY-_CmBBxWI0z6v8Rbz-n4q-9sE2FSMzctndV121cCcyYCpxgIpqT0XIuYTpZI1GeERxafle_NESy0bLC3mOpx5_NkJ2iyBWe7ZE-sDOxEgaK6r2YblSfM7AXzD_pKg/s640/trauma-team-compressor.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b>Trauma Team</b>, il pronto soccorso di Cyberpunk 2077</td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Tralasciando come le
influenze da Cyberpunk 2020 fossero già evidenti nel trailer del
2013, mi domando chi diamine preferisca un'estetica fantascientifica
cyberpunk propria degli ultimi vent'anni, dove ci si rifiuta
categoricamente di avere una qualsiasi personalità, limitando il
<b>-cyber</b> ad aggeggi tecnologici volutamente senza decorazioni, minimali
e nello stile della Apple: tanto funzionali quanto invisibili,
bianchicci e grigi, senza traccia di sporco, di usura, di presenza
umana. </div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Cosa rimane, della fantascienza cyberpunk degli ultimi decenni, con riferimento ai film e alla tv: opere <b>inconsistenti</b>,
geniali nella trama, ma senza carattere, senza personalità, senza
direzione artistica. Una reciproca <b>masturbazione di idee</b> e “<b>What
if</b>” compiaciuto e intelligente, interrotto nella sua oscenità
informe da quell'autentica orgia visiva, quell'amplesso artistico che
è stato l'ultimo <b>Blade Runner 2049</b>. Con un salto di trent'anni dal capolavoro di Villeneuve,
benvenuti nel mondo di <b>Cyberpunk 2077</b>, nuovo filone finalmente
improntato a qualcosa di più della semplice disquisizione
scientifica, dell'arguta trama incastro propria dei film di Nolan,
dove il sentimento scompare a favore dello spocchioso riconoscimento
della propria intelligenza.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b>Sentimento</b>, finalmente;
<b>romanticismo</b>, in Blade Runner; <b>meraviglia e disperazione</b> -punk; in
Cyberpunk 2077. E' tempo di spostarsi in questi<b> territori emotivi</b> e
lasciare nel loro brodo cognitivo la spaventosa inconsistenza di
questi ultimi anni.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Quando scrivevo nel 2013
non conoscevo e non era altrettanto vivo <b>Youtube</b>, così come<b> Reddit</b> e
i diversi canali dedicati ad analizzare trailer e uscite uno
screenshot dopo l'altro. Mi limiterò pertanto a segnalare alcuni
elementi a mio parere ancora ignorati dagli appassionati e dalla
critica.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La fedeltà a Cyberpunk
2020 è tale che esiste ancora l'<b>URSS</b>, come nel gioco di ruolo,
risalente agli ultimi anni Ottanta. Lo si scopre solo fermando il
trailer e individuando la falce e martello su uno degli impianti di
un malvivente, nella sparatoria a metà trailer. Nel gioco gli
impianti soviet costavano poco, erano solidi e affidabili, anche se
piuttosto indietro nel livello tecnologico.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZp0mF7PX5serAeN_yL4FwuEbqd153FIKWUb0THQ7hRWUeX_tM1rScveTdShyfDdQUtLtgIOjuscPDi6tdba4wEE-aaiR2HS9Q_Sya_e0Td2jVGqToFAm_DfXJNDF3LStgqfEQ3aCMnA4/s1600/cyberpunk+2077+soviet.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="541" data-original-width="1019" height="339" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZp0mF7PX5serAeN_yL4FwuEbqd153FIKWUb0THQ7hRWUeX_tM1rScveTdShyfDdQUtLtgIOjuscPDi6tdba4wEE-aaiR2HS9Q_Sya_e0Td2jVGqToFAm_DfXJNDF3LStgqfEQ3aCMnA4/s640/cyberpunk+2077+soviet.png" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b>Hajime Sorayama</b> è un
illustratore giapponese nell'insieme sopravvalutato, la cui “arte”
consiste nel saper disegnare <i>pin up</i> nello stile degli <b>anni
cinquanta</b>, reinventate come sinuosi robot: androidi lucidi e
perfetti, dove la cromatura della pelle/carrozzeria “nuda”
riflette bene l'edonismo del 1980. Lo apprezzo personalmente, anche
se è un genere di arte che comprendo ripetitiva, non lontana dalle
marionette sessuali di Manara, per altro attenta a non essere mai
provocatoria. </div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Tuttavia, grazie alla presenza su diversi supplementi
di Cyberpunk 2020, Sorayama è divenuto un “<b>simbolo</b>” di quel
mondo, con speciale riferimento alla moda e al mondo della musica,
presente con Pondsmith nelle diverse carriere del gioco, come la
rockstar (!).</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhH9VTk39R0m6vcVyTyZDjaeWJ89ruMUuck-CEvjIveyWT8M_l2Paq7CiE1eewATsUCYdA_rrjejFhTIQM1RRpPQFmJ41J46GJBoEdQrx87erc7CJHeu7vpEGu_inYGxGEPQxBuVLQVQIE/s1600/Hajime+Sorayama+cyberpunk+2077.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="909" data-original-width="1600" height="363" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhH9VTk39R0m6vcVyTyZDjaeWJ89ruMUuck-CEvjIveyWT8M_l2Paq7CiE1eewATsUCYdA_rrjejFhTIQM1RRpPQFmJ41J46GJBoEdQrx87erc7CJHeu7vpEGu_inYGxGEPQxBuVLQVQIE/s640/Hajime+Sorayama+cyberpunk+2077.png" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il trailer presenta una
delle <b>pin up di Sorayama</b> che discende da un auto su una passerella di
alta moda, una trasposizione in toto delle illustrazioni di quel
decennio.</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Dal mondo (corrotto) delle
stelle, al sudicio (onesto) del <i>white trash</i> di periferia: il
seguente fotogramma è stato criticato come <b>lontano dal cyberpunk</b>, ma
cattura invece perfettamente l'adattamento alla modernità dei CD
Projekt Red.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Nell'ambientazione
originale il “punk” era il ragazzo ribelle alle autorità, ma
generalmente inserito in un'ambientazione ricca. Qui invece compare
raffigurato un <b>redneck</b> aggiornato alla modernità, strenuo
rappresentante di una classe lavoratrice distrutta da entrambi le
parti politiche in causa, eppure ancora viva e disposta a combattere.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiczwzzNIBBdxzSVwTZJ9KuC5uajZ63L9YQNSCttgdAL4v3K_rijwif3pjP4q7NZpTlbgn94CFf54z73ABoA280-8nU0tYbpN_klNcX6VJaB1EvzurBLQVN7EaqpHzDv1XHW5SjMhekb30/s1600/redneck-cyberpunk-2077.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="765" data-original-width="1535" height="318" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiczwzzNIBBdxzSVwTZJ9KuC5uajZ63L9YQNSCttgdAL4v3K_rijwif3pjP4q7NZpTlbgn94CFf54z73ABoA280-8nU0tYbpN_klNcX6VJaB1EvzurBLQVN7EaqpHzDv1XHW5SjMhekb30/s640/redneck-cyberpunk-2077.jpg" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Cosa c'è di più punk di
un grasso redneck che difende la sua ragazza incinta di origini
mulatte con un gigantesco shotgun tecnologicamente avanzato, sullo
sfondo di una catapecchia con antenna satellitare e pannelli solari,
accanto a diversi autoveicoli tanto trasandati quanto rozzamente
modificati con le ultime novità disponibili.</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Una vita di merda, ma con
un alto livello tecnologico. In altre parole, <b>Cyberpunk</b>.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
I detrattori di questo
genere amano ripetere fino alla nausea come sia un futuro dove non si
viaggia nelle stelle, dimenticando invece come in tante storie e
giochi esistono <b>basi sulla Luna e Marte</b>, con la sola differenza di
essere tecnologicamente realistiche e lontane da un'utopia
libertaria.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiupU09altoH2rBp-GfUqDHDMPGhonjefKNDwA6FNf-BBumxU_OUDHg2fuNGAZxAnG9nuix958qZkbgvkDKaRXVqhmyyBjwyG98jet7btuQBDHV6JUAG3b5LuRZnNk9pQpC8qH2TZKVaY/s1600/cyberpunk+2077+hostess+luna.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="788" data-original-width="1600" height="314" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiupU09altoH2rBp-GfUqDHDMPGhonjefKNDwA6FNf-BBumxU_OUDHg2fuNGAZxAnG9nuix958qZkbgvkDKaRXVqhmyyBjwyG98jet7btuQBDHV6JUAG3b5LuRZnNk9pQpC8qH2TZKVaY/s640/cyberpunk+2077+hostess+luna.png" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Una sezione del trailer
mostra un <b>volo sub orbitale</b>, ma non è chiaro se ci saranno basi
sulla Luna o si tratti di un volo a velocità supersonica tra le
diverse metropoli dell'ambientazione. Le hostess vestono un'uniforme
identica alle inservienti del <b>Quinto Elemento</b> di <b>Luc Besson</b>, del quale
abbiamo anche una citazione nelle auto volanti e nei taxi.</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Tra le tante analisi, vi rimando all'ottima <a href="https://www.neondystopia.com/cyberpunk-games/neon-dystopia-reacts-to-cyberpunk-2077-e3-trailer/">comparazione</a> di <b>Neon Dystopia</b>, che contrappone le illustrazioni originali alle diverse scene del gioco, con riferimento ad esempio alla riunione dell'<b>Arasaka Corporation</b>. </div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
CD Projekt Red aveva anche
a disposizione una <b>demo</b>, non giocabile, presentata esclusivamente ai
giornalisti presenti; una prassi piuttosto diffusa, specie dalla
Rockstar Games.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Tra le novità in termini
di <b>gameplay</b>, ha riscosso un certo clamore l'annuncio della<b> prima
persona</b>.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ora, a questo proposito,
come al riguardo di ogni dettaglio del gameplay, è necessaria una
doverosa premessa: noi non sappiamo minimamente come sarà “Cyberpunk
2077”. Sappiamo dell'esistenza di una demo, che tuttavia è stata
appositamente costruita per impressionare e stupire i giornalisti; si
tratta di una <b>presentazione</b>, creata ad hoc per lustrare gli occhi
degli spettatori. E per altro noi giocatori abbiamo solo a
disposizione il nuovo trailer, certo con grafica <i>in game</i>, ma
senza effettivo gameplay. Possiamo solo avanzare ipotesi, illazioni,
bene consapevoli di poterci sbagliare.</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Io non mi aspetto da
Cyberpunk 2077 un “<b>Witcher 4</b>”, una semplice trasposizione dal
fantasy alla fantascienza. I CD Projekt Red hanno sempre ricercato la
pura eccellenza nel campo dell'RPG single player, hanno sempre
cercato di alzare l'asticella della grafica, del gameplay e
sopratutto dei sentimenti, di una <b>storia a tutto tondo</b>, capace di
rivaleggiare con i migliori classici della letteratura.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Rimarrei francamente
deluso da quanto i <b>fanboy</b> invece desiderano e pretendono, ovvero un
semplice “<b>Geralt nello spazio</b>”, un banale, banalissimo Blade
Runner da “giocare”.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Quando metterò mano al
gioco, nel duemilamai, desidero restare <b>stupefatto</b>, letteralmente
abbagliato come un coniglio davanti alle luci di un camion
nell'autostrada, incantato da qualcosa che non mi sarei mai
immaginato. In altre parole, non desidero un gioco da sogno, ma
qualcosa che non mi sarei neppure sognato. Sorprendimi, CD Projekt
Red.</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Si discute pertanto di una
prima persona, ma inviterei a ipotizzare una prima persona
radicalmente diversa da quanto siamo abituati: un'<b>immersione</b> radicale
e manifesta, qualcosa di autenticamente innovativo.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Credo sia evidente a tutti
i giocatori come le prime persone cambino totalmente a seconda del
gioco, della percezione e delle azioni possibili: c'è una notevole
differenza tra la prima persona di <b>Skyrim</b>, di <b>Bioshock</b>, di <b>Deus Ex</b>,
di Call of Duty... al di là delle dimensioni delle armi, che negli
autentici <b>sparatutto</b> occludono la visuale, manca un paragone
fondamentale: <b>Dishonored</b>. Se occorre ricercare un paragone,
Dishonored mi sembra un esempio perfetto di una combinazione tra
poteri e armi da fuoco paragonabili al progetto dei CD Projekt Red. </div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Gli sviluppatori hanno ripetuto più volte alle orecchie sorde dei
fan come il videogioco avrà una componente di arrampicata,
<b>verticale</b>, tanto con i veicoli quanto a piedi, molto forte, coerente
d'altronde con il carattere metropolitano e noir del gioco. Una città
costruita su <b>molteplici livelli</b>, stratificatosi nel tempo,
cementificata sulla base di profonde diseguaglianze. </div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Secondariamente,
accanto alla dimensione della verticalità, va affiancato un <b>elemento
di</b> “<b>chiusura</b>”: corridoi, locali <i>underground</i>, strade
trafficate, quartieri claustrofobici, tane e rifugi, hotel e
ospedali. La terza persona in ambienti del genere pone singolari
problemi alla telecamera, oltre a “rompere” l'immersione molto
più che negli spazi sconfinati e “naturali” di The Witcher. </div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mi
sembra una <b>questione</b> francamente più “<b>tecnica</b>”, che ideologica:
così com'è costruito, un videogioco cyberpunk in terza persona
incontrerebbe forti problemi, nella misura in cui gli ambienti chiusi
superano 100 a uno i larghi spazi.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Se volete giocare con una
telecamera che rimbalza sul soffitto, accomodatevi.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La questione, che resta
<b>incerta</b>, non voglio dire che non si risolverà in una delusione anche
per il sottoscritto, della prima persona, viene affrontata in un
<a href="https://www.youtube.com/watch?v=6LAH3qE73lE">dialogo</a> di <b>Mike Pondsmith</b>, designer del gioco di ruolo cartaceo, con
<b>Angry Joe</b>. Si tratta dell'ennesima riconferma di una prima persona
decisamente lontana da quanto ci si aspetta (<b>3:08</b>). La traduzione è
a braccio, anche perchè si tratta di una conversazione, non un
comunicato stampa.
</div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br />
Quando ho visto per la
prima volta la demo, c'è una scena che forse spiega meglio di altre
il perchè della prima persona. Ho camminato vicino a un auto e ho
sentito un tizio parlare della sua ragazza, proprio vicino a me e
cosa succederebbe se sentissi invece qualcuno dire “Oh l'ho
ucciso!” e voglio sapere cos'è successo, voglio fermarmi e vedere
cosa sta succedendo. Il punto è che si tratta di un ambiente
estremamente urbano, dove avvengono cose sotto i tuoi occhi tutto il
tempo, mentre invece se sei in terza persona e stai guidando questo
manichino in giro, non hai quella stessa sensazione di essere in quel
luogo, prendendo informazioni, guardando per opportunità, quel
genere di cose che se ci sei dentro ti colpisce, quando invece sei
fuori o sopra, sono solamente informazioni tattiche...
</blockquote>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Scoprire i <b>profili Social</b>
di una persona che ammiri spesso porta a rivalutarla negativamente e
a separare per l'ennesima volta opera e autore, politica e cultura.
Non sono tra coloro che amano queste separazioni, anzi, sono
dell'idea che gli autentici capolavori coincidano con posizioni
politiche e culturali raffinate, mentre dall'altro trovo inguardabili
film e serie tv di cui so l'autore essere una persona che si è
macchiata di gravi crimini, per i quali per altro non ha mai fatto
apologia. </div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b>William Gibson</b> purtroppo è un altro di questi casi:
personaggio affascinante, scrittore capace, saggista con alcune idee
interessanti, negli ultimi anni, come tante persone nella vecchiaia,
è diventato un <b>neo liberale</b> pauroso di ogni novità, il <b>centrismo</b>
personificato. Ha sostenuto “Killary” Clinton contro Bernie
Sanders alle elezioni del 2016 e ora passa il suo tempo su Twitter a
lamentarsi di come fantomatici hacker russi attentino alla democrazia
americana. C'è una certa ironia nell'immagine dell'inventore del
cyberpunk sostenitore acceso di un turbo capitalismo denunciato dai
suoi stessi personaggi. <b>Bruce Sterling</b>, al contrario, continua a
scrivere riflessioni tanto affilate quanto acute, proprie di una
persona europea, apolide, in continuo viaggio tra Belgrado e Torino.
Non si è fossilizzato, al contrario dell'americano Gibson. Ora, se solo sapesse
scrivere decentemente...</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2nSqEYofHhpxLqvGj7l7OJZu4AZ5RCUtRhyGqKHF_Guh95ImFq2c7l25kQNrwyJKh_MQHseJs6Wr0MD2lfE6Dq3_lIKhw2O3xpBW9yr0Twg1bPEUciKtLcgYmX43sXackOkV-9F3QWyo/s1600/william+gibson+cyberpunk+2077.PNG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="603" data-original-width="494" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2nSqEYofHhpxLqvGj7l7OJZu4AZ5RCUtRhyGqKHF_Guh95ImFq2c7l25kQNrwyJKh_MQHseJs6Wr0MD2lfE6Dq3_lIKhw2O3xpBW9yr0Twg1bPEUciKtLcgYmX43sXackOkV-9F3QWyo/s1600/william+gibson+cyberpunk+2077.PNG" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mi dispiace Gibson, ma una
delle condizioni base del Cyberpunk non è la <b>pioggia o la notte</b>, a
meno di far equivalere il film di Blade Runner con un intero genere
letterario.</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Quale <b>straordinaria miopia</b>
può portare a lamentarsi di un trailer solo per la presenza di un
cielo assolato! Il sole, grande nemico di vampiri, ragazzini goth e
di William Gibson.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La pioggia era un marchio
distintivo dei <b>noir</b>, a sua volta re-interpretato da Blade Runner,
assieme al romanticismo del genere.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiePoO4Ph9Sy4CSZmjGY2z9stTtSJI2oCXrKx_PQ1-Pb5ovaS0fYIo8M0ncENGvk992tl06UFhiB6ZO48XAnsAgWTMV_sSf_oD3TUNQeAHq1EKDApH9uBr-r_YMsUDvxNco25yM4XGaTus/s1600/mike+podsmith+william+gibson.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="150" data-original-width="882" height="108" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiePoO4Ph9Sy4CSZmjGY2z9stTtSJI2oCXrKx_PQ1-Pb5ovaS0fYIo8M0ncENGvk992tl06UFhiB6ZO48XAnsAgWTMV_sSf_oD3TUNQeAHq1EKDApH9uBr-r_YMsUDvxNco25yM4XGaTus/s640/mike+podsmith+william+gibson.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Mike Pondsmith risponde a William Gibson (Reddit)</td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Quale <b>capolavoro cyberpunk</b>
tutti, anche al di fuori degli specialisti, ricordano con affetto?</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Quale film, dopo Blade
Runner, personifica meglio i <b>dilemmi</b> di questo genere?</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b>Ghost in the Shell</b>, è
ovvio. Manga e ancor più anime.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Quale storia della tenente
<b>Motoko Kusanagi</b> tutti ricordano con grande emozione e affetto?
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Qual è la più
<b>popolare</b>, la più conosciuta anche tra coloro che disprezzano i cartoni
giapponesi?</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il <b>film</b> di <b>Ghost in the
Shell </b>dell'assoluto genio registico<b> Mamoru Oshii</b>, ovviamente.</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Quale <b>scena</b>, in questo
film così famoso, viene solitamente ricordata?
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E' ovvio, ancora una
volta: si tratta dell'inseguimento e scontro tra una Motoko con veste
mimetica e un malvivente in fuga negli <i>slums</i>. </div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E quale tempo atmosferico
domina in quella scena e in una consistente porzione di un film <b>così
cyberpunk</b>,<b> così</b> dannatamente <b>iconico</b>... il <b>sole</b>, ovviamente. Il
cielo più limpido, il sole più cocente.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgapdfZGe8saUau4GL2aoYlURmDKFJSXvqLVNiNHUCFAT4xumLD-8wqSV7xEKGDHMuDnzmkAyxemy20oXQ2ttjcmxDLBaR74ik-btwrSbflDiorp3s9Jr9inExUGEQ0ZMHnTutomm2b8pU/s1600/ghost+in+the+shell+movie+oshii.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgapdfZGe8saUau4GL2aoYlURmDKFJSXvqLVNiNHUCFAT4xumLD-8wqSV7xEKGDHMuDnzmkAyxemy20oXQ2ttjcmxDLBaR74ik-btwrSbflDiorp3s9Jr9inExUGEQ0ZMHnTutomm2b8pU/s640/ghost+in+the+shell+movie+oshii.jpg" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mike Pondsmith ha inoltre
rassicurato come vi sarà all'opera un <b>ciclo giorno-notte</b> completo di
albe e tramonti, intervallato da un meteo quanto mai instabile,
comprese le <b>piogge acide</b>.</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La necessità di un
cyberpunk con il ciclo giorno/notte è anche legata alla pericolosità
dei quartieri, invasi nelle ore notturne da gang e trafficanti di
strada. <i>On passant</i>, a proposito dell'ambiente, è interessante
osservare fino a quale livello il <b>gergo</b> già presente nell'originale
sia stato applicato alla trasposizione videoludica, con tutti i
soprannomi e i nomignoli associati, mentre dalla demo presentata il
protagonista stesso s'inietta una vasta gamma di <b>droghe e narcotici</b>,
un altro elemento anni '80 solitamente ignorato negli adattamenti
recenti (<a href="https://www.rockpapershotgun.com/2018/06/13/cyberpunk-2077-e3-gameplay-demo/">ne discute Rock Paper Shotgun</a>)</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhx7Cgub3xpUUK7Yo92hyphenhyphenuzc3WuHny3C9_oIk-UfYIOKvKvq7uVRp4iDLS9p28VmXkCtg-OmVidiiFdp1oi6uHmG6kTjsmE6_FRtJjrQpBnj_1aOXhcbdTBtXngrkwVjVWNV0Zln8Zntxk/s1600/moebius+dan+o+bannon.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="532" data-original-width="1024" height="332" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhx7Cgub3xpUUK7Yo92hyphenhyphenuzc3WuHny3C9_oIk-UfYIOKvKvq7uVRp4iDLS9p28VmXkCtg-OmVidiiFdp1oi6uHmG6kTjsmE6_FRtJjrQpBnj_1aOXhcbdTBtXngrkwVjVWNV0Zln8Zntxk/s640/moebius+dan+o+bannon.png" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La critica di William
Gibson, innegabilmente ottusa, viene considerata con speciale
reverenza per il suo ruolo di “patriarca” del cyberpunk...
eppure, se si guarda all'<b>aspetto artistico</b> e alla natura “composita”
della <b>metropoli cyberpunk</b>, ci sovviene un altro antecedente,
d'incomparabile spessore: il magnifico <b>fumetto</b> anni '70 “<b>The Long Tomorrow</b>”,
con <b>Jean Giraud</b>, alias <b>Moebius</b>, alle matite e quel folle di <b>Dan O'Bannon</b> alla sceneggiatura. </div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvgGMd65rVDfEZak11_QPqPDnNrqPaJJufjfFBEtzybgchSsyy39lfGGuUfFDGdEQPIlQa6LP29QK_7Q-j-YkFR3N1M_reshnh9zewpRVeQLb_WeLgHaKI2zK2jU7f50eEWU-29gsy3Uo/s1600/moebius+cyberpunk+2077.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="260" data-original-width="768" height="216" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvgGMd65rVDfEZak11_QPqPDnNrqPaJJufjfFBEtzybgchSsyy39lfGGuUfFDGdEQPIlQa6LP29QK_7Q-j-YkFR3N1M_reshnh9zewpRVeQLb_WeLgHaKI2zK2jU7f50eEWU-29gsy3Uo/s640/moebius+cyberpunk+2077.png" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La commistione tra tecnologia
pervasiva e povertà, tra i diversi “livelli” delle metropoli, il discorso sui <i>media</i> e i mezzi di comunicazione... sono tutti
elementi in seguito ripresi dal cyberpunk e che qui trovano un
<b>antenato artistico</b> d'immenso spessore.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWHp0chPtZjPm97DkGJxdqvoqIMZRzNAm5cdf16BiTvJVSMd-qwOYIpaDhyT8jWO4FpYzAbmBTMXK1KvexCt_84PtBIC_76-go_D2ciPQRR9GPS7e4VjA1KkMbpiFPSQGFfrWXm9XogAs/s1600/moebius+long+gone+tomorrow.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="364" data-original-width="768" height="303" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWHp0chPtZjPm97DkGJxdqvoqIMZRzNAm5cdf16BiTvJVSMd-qwOYIpaDhyT8jWO4FpYzAbmBTMXK1KvexCt_84PtBIC_76-go_D2ciPQRR9GPS7e4VjA1KkMbpiFPSQGFfrWXm9XogAs/s640/moebius+long+gone+tomorrow.png" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E mi dispiace Gibson, ma
la città di Moebius è quanto di più <b>solare</b> si possa
immaginare, senza essere meno punk, meno distopica, meno terribile.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-33873341547276769962018-06-12T07:00:00.000+02:002018-06-16T11:58:05.718+02:00"Mediterranea", di Francesco La Manno: alla scoperta del Med-Fantasy<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3rETpsu18PhYaFgXD6EOUbJtj04P8XOR0lRY1egkomM9EgEt5xzCqjj3Kc_SnftlUw7X1YB2PphRRfQUA55SEyF9U0e87xAS-K3v_LkYmr-IqVvrP2PjeTB09NhZOf3_T_y4f6yIuCqo/s1600/Mediterranea+Francesco+La+Manno.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1045" data-original-width="739" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3rETpsu18PhYaFgXD6EOUbJtj04P8XOR0lRY1egkomM9EgEt5xzCqjj3Kc_SnftlUw7X1YB2PphRRfQUA55SEyF9U0e87xAS-K3v_LkYmr-IqVvrP2PjeTB09NhZOf3_T_y4f6yIuCqo/s320/Mediterranea+Francesco+La+Manno.jpg" width="224" /></a></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il <b>Fantasy
Mediterraneo</b> viene definito come un sotto genere fantastico dove le
mitologie e gli ambienti riprendono esplicitamente l'Europa
meridionale e i suoi popoli, dalla Spagna, alla Provenza, all'Italia,
fino ai Balcani e alla Grecia. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Solitamente il genere si propone come
esplicitamente <b>italiano</b>, con una predilezione per la Grecia classica
e l'Impero romano. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">In alcune rare occasioni il genere si allarga a
considerare l'Africa settentrionale e il Medio Oriente, con evidenti
lasciti dalle Mille e una Notte. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il riferimento esplicito a un luogo,
ovvero il <b>Mediterraneo</b>, rappresenta bene il <b>paradosso</b> di questo
genere: si tratta di un fantasy geograficamente vincolato a un
determinato luogo e pertanto a una determinata storia. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il tono
generale rimane improntato all'<b>heroic fantasy</b>, ma l'aggettivo
“mediterraneo” necessariamente obbliga a un'<b>ambientazione
storica</b>. Il genere <i>high fantasy</i> specifica una determinata tipologia
di fantastico e allo stesso modo, all'esatto opposto, il <i>low fantasy</i>
sottolinea una tendenza opposta. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Si tratta di modi di scrivere un
fantasy, ma non ne predicano i contenuti. Il <i>grimdark</i> contiene già
alcune indicazioni di natura estetica, ma generalmente la violenza
insita nella sua definizione può essere applicata al contesto che si
preferisce, purché brutale e terra-terra. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il cosiddetto Fantasy
Mediterraneo pertanto diventa spesso una forma di <b>romanzo storico con
elementi fantasy</b>, laddove invece ci si potrebbe aspettare un romanzo
fantasy con una base storica. Quando non si menziona una chiara
ambientazione storica o si tratta di un <b>mondo alternativo</b> al nostro,
i riferimenti rimangono evidenti: un impero dove i suoi abitanti
parlano latino, si riferiscono agli altri paesi come “barbari” e
hanno arene con giochi gladiatori difficilmente è fantasy. Si
tratta, in questo esempio, di un <b>gioco di riferimenti</b> tra scrittore e
lettore, dove il divertimento non deriva dalla scoperta di un mondo
nuovo, ma dal comprendere a quale personaggio o evento storico
corrisponda quell'invenzione, quel colpo di scena dell'autore.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Si tratta
ovviamente di giochi speculativi, che non tolgono o aggiungono nulla
al prodotto finale: non conta se un'opera è fantasy o <i>bizarro
fiction</i> o horror, conta <b>se è scritta bene</b>, con una trama
intelligente. Classificare in generi e sottogeneri solitamente
determina una <b>tassonomia senza vita</b>, similare a quei collezionisti
senz'anima che punzonano con lo spillo splendide farfalle nelle loro
tristi bacheche. In alternativa il recente rilancio del <b>Fantasy
Mediterraneo</b> con <b>Heroic Fantasy</b> e <b>Hyperborea</b> propone, per così dire,
un sottogenere dentro un altro: all'interno del fantasy, l'heroic
fantasy howardiano e all'interno di quest'ultimo, il Fantasy
Mediterraneo.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Tattica
ingegnosa, perchè impedisce ogni ambiguità storica.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<a name='more'></a></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il <b>Fantasy
Mediterraneo</b> ha una storia interessante, nella misura in cui non ha
mai generato un'opera capostipite o una serie di romanzi facilmente
identificabili, né tantomeno è diventato popolare quale termine
acchiappa clic, come oggigiorno il <i>weird</i> o l'aggettivo
“lovecraftiano”.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttora se
si vuole consigliare un romanzo del genere Fantasy Mediterraneo ci si
ritroverebbe in difficoltà e risulterebbe difficile, se non
impossibile, comprovare la popolarità dell'etichetta. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Mi viene in
mente solo il dimenticato <b>Gianluigi Zuddas</b> come autore classico di
questo sottogenere, sufficientemente conosciuto nei circoli
letterari: siamo però lontani dal genere di vendite e fama richieste
per potersi definire a tutti gli effetti un movimento o un genere
nuovo. Effettivamente è possibile trovare Zuddas nelle biblioteche e
una sua ricerca su Google svela un buon numero di risultati e
menzioni, a testimoniare una certa influenza tra i lettori. Quando
tuttavia Zuddas debuttò con le sue eroine Ombra e Fiamma nelle librerie italiane
ebbe un successo contenuto, nemmeno comparabile a spazzatura fantasy
come la saga di Licia Troisi. Sia chiaro, sono il primo ad apprezzare
Zuddas e a considerarlo un <b>autore sottovalutato</b>. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Se faccio un salto
in libreria – non fatelo, si può anche entrare camminando – e
chiedo qualcosa di “fantasy”, sapranno consigliarmi. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Se gli
chiedo qualcosa “alla George RR Martin” è ancora possibile
essere indirizzati a <b>Joe Abercrombie</b>, ad esempio. O a uno Young Adult
“oscuro&tenebroso”. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia nemmeno un librario esperto,
ammesso che esistano ancora, saprebbe consigliarmi un Fantasy
Mediterraneo. Una <b>corrente letteraria</b>, per essere definita tale, deve
saper elettrizzare i lettori, deve avere una minima, sindacale,
popolarità. Gli autori spesso citati a proposito del Fantasy
Mediterraneo sono talmente <b>misconosciuti</b> da essere curiosità
letterarie: opere stampate tra gli anni '80 e '90, oggigiorno
dimenticate. All'opposto, non nego il valore degli scrittori
contemporanei di Fantasy Mediterraneo, ma non si può negare come
siano piccole case editrici dalla diffusione inevitabilmente
limitata. Chiaro, prima che qualcuno lo commenti, sì, è possibile
far rientrare <b>classici della letteratura</b> nel Fantasy Mediterraneo e
ascrivere a questa corrente opere mitologiche come l'Iliade e
l'Odissea. Tuttavia, mi sembra un'operazione disingenua: cambiare
l'etichetta di un'opera non muta la sua sostanza di base. Allo stesso
modo vi sono autori inglesi e americani che hanno scritto Fantasy
Mediterraneo senza saperlo, come <b>Jack Williamson</b> con L'impero
dell'oscuro, L. <b>Sprague de Camp</b>, <b>Gene Wolfe</b>, ecc ecc
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Si tratta
ancora una volta di “giocare” con le tassonomie, nel bene e nel
male.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNkaahIXY-HwBeQkutHQHc45hVfGsqaPIvM9ud1wYCrc-1ls1sX7Ky_JmN1Wa8TIsA2ToyIQr5I9f3Yp2yJuJTSCnaNNuwP1PynT2u0WpSo7c4LWA9Igj6sBPls0DiBk4iEuidCwmIEuY/s1600/licantropi+mediterranea.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="501" data-original-width="1104" height="290" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNkaahIXY-HwBeQkutHQHc45hVfGsqaPIvM9ud1wYCrc-1ls1sX7Ky_JmN1Wa8TIsA2ToyIQr5I9f3Yp2yJuJTSCnaNNuwP1PynT2u0WpSo7c4LWA9Igj6sBPls0DiBk4iEuidCwmIEuY/s640/licantropi+mediterranea.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Volete un sistema di gioco per <i>wargaming</i> con miniature che mescoli l'antichità classica al Fantasy? <br />
Provate "Broken Legions" della Osprey Games. E' praticamente med-fantasy. </td></tr>
</tbody></table>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il </span><b style="font-family: inherit;">Fantasy
Mediterraneo</b><span style="font-family: inherit;">, se non esiste a livello di pubblico, è invece una
realtà affermata come oggetto di dibattito. In altre parole vorrei
postulare come il Fantasy Mediterraneo esista a livello di </span><b style="font-family: inherit;">domanda</b><span style="font-family: inherit;">,
di </span><b style="font-family: inherit;">antitesi</b><span style="font-family: inherit;">: alla presunta esistenza di un fantasy anglosassone, si è
sempre voluto contrapporre in Italia un fantasy solare, greco-romano,
in altre parole “mediterraneo”. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Se cercate definizioni del
<b>med-fantasy</b> o come diavolo lo volete chiamare, troverete discussioni
risalenti addirittura al <b>2007</b>, <b>2008</b> sui blog e sui <i>magazine</i> online. E
vi ritroverete le stesse domande, le stesse discussioni qui presenti,
tese a contrapporre una mitologia percepita estranea a un proprio
background. Non ho sottomano i testi, liberi di contraddirmi, ma sono
sicuro che le antologie di <i>Sword&Sorcery</i> italiane degli <b>anni '80</b>
avevano identici dibattiti nelle prefazioni. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Si tratta di un genere
pertanto ben vivo a livello di <b>domanda e/o provocazione</b>; decisamente
meno a livello di <b>contenuti</b> concreti. A questo riguardo ci si
potrebbe domandare se il mondo dei <b>giochi di ruolo</b> e dei <b>fumetti</b>
possa offrire esempi di Fantasy Mediterraneo forse più calzanti
delle produzioni narrative nostrane. E' una domanda che lascio agli
esperti di quei mondi; a mio parere un'ambientazione come <b>Katakumbas</b>
risponde perfettamente agli imperativi del Fantasy Mediterraneo.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Heroic
Fantasy Italia</b>, con il quale <a href="http://heroicfantasyitalia.altervista.org/category/speciale-andre-norton/">avevo collaborato</a> qualche mese addietro
e<b> Hyperborea</b>, portale della <a href="https://hyperborea.live/">narrativa Sword&Sorcery</a> in Italia, si
stanno battendo ormai da diverso tempo per un rilancio del Fantasy
Mediterraneo. Per le ragioni appena espresse, mi sembra un'impresa
difficile, ma come si suol dire, <i>tanti nemici, tanta gloria</i>. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">E'
un'operazione collocabile nel solco di altri sottogeneri italiani,
come l'ormai attivissima <b>Ignoranza Eroica</b>. In quest'ambito,
“<b>Mediterranea</b>” è la nuova <b>antologia</b> di Hyperborea e si propone
esattamente questo, ovvero di <b>rilanciare il genere</b>.</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Dieci
racconti</b> lanciati come dieci spartani verso le orde persiane del
Mainstream.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Sarà la
vittoria di Platea o l'eroico massacro delle Termopili?
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Scopriamolo
insieme...</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">“<b>Il ponte
della morte</b>”, di <b>Donato Altomare</b>, è un buon racconto con il quale
esordire l'antologia: un heroic fantasy dove l'horror si mescola alla
mitologia, lontano dallo <a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2017/03/eroica-recensione-dello-sword.html">stile aulico e illeggibile</a> di <b>Eroica</b>. </span><span style="font-family: inherit;">In un
passato remoto (età del ferro?), una <b>diga naturale</b> impedisce al mare
di sommergere la pianura. Sulla diga passa un antico ponte – della
morte, appunto – e nelle sue vicinanze un villaggio di poveri
contadini viene minacciato prima da una banda di razziatori e in
seguito da un vero e proprio esercito, che sa esistere qualcosa nel
villaggio capace di mutare le sorti della storia.</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Senza altre
alternative, i saggi alla guida del paesino invocano il soccorso
della <b>Vieja Bruja</b>, un demone nella forma di una strega, legata al
paese da un giuramento ancestrale.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il problema
maggiore del racconto consiste nella <b>genericità del setting</b>,
indistinguibile da una qualsiasi ambientazione fantasy: al di fuori
dei nomi e di alcune descrizioni, sembra di essere o al tempo delle
invasioni barbariche o addirittura nel basso medioevo. Non c'è nulla
che ricordi la preistoria o il <b>tono</b> “<b>biblico</b>”, caratteristico di
una notte prima dei tempi, che dovrebbe trasmettere “Il ponte della
morte”. Va anche riconosciuto come il racconto si proponga di
rispondere a una domanda piuttosto specifica, ovvero l'<b>origine del
Mare Nostrum</b> e in tal senso, come ogni mito, sia volutamente
generico.</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">I dialoghi
sono <b>legnosi</b>, un po' rigidi, persino per un fantasy. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Insopportabile
il <b>maiuscolo</b> quando il personaggio urla o si desidera sottolineare un
evento drammatico:
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">«NON
POSSIAMO LASCIARCI PORTAR VIA LE NOSTRE DONNE…»<br />
</span><span style="font-family: inherit;">«O IL
NOSTRO CIBO…»<br />
</span><span style="font-family: inherit;">«NO… NOI
DOBBIAMO COMBATTERE…»<br />
</span><span style="font-family: inherit;">«BASTA!»<br />
</span><span style="font-family: inherit;">Alonso mise
fine a quella bagarre inutile.<br />
</span><span style="font-family: inherit;">«Qualcosa
dobbiamo pur farla.»</span></blockquote>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">E' difficile
usare lo stampatello nei racconti senza causare un effetto
involontariamente <b>cartoonesco</b>, proprio di un fumetto di paperi
parlanti. Pur limitando il maiuscolo a poche parole, persino Stephen
King fallisce nell'usarlo correttamente; si legga ad esempio alcune
scene di Shining.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Da segnalare
la <b>descrizione del ponte</b>, particolareggiata e suggestiva, nonostante
le divagazioni:
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Davanti a
loro il passaggio che tutti conoscevano come Il Ponte della Morte. Si
diceva facesse paura al diavolo stesso che l’aveva creato. Era
largo sei passi e lungo mille. E incuteva terrore. Alla loro sinistra
il Grande Mare batteva furioso contro il fianco del camminamento che
fungeva da diga a contenerlo, alla loro destra il baratro che faceva
da preludio alla Grande Depressione, una enorme area sotto il livello
delle altre terre intorno, deserta. Cadere a destra o a sinistra non
avrebbe fatto differenza: morte certa in entrambi i casi.<br />
</span><span style="font-family: inherit;">Il gruppo di
armati procedeva con estrema prudenza. Benché tutti lo chiamassero
ponte, ponte non era affatto, ma una barriera di roccia livida e
frammentata che separava il Grande Mare dalla conca desertica.<br />
</span><span style="font-family: inherit;">Si
raccontava che una volta lì non c’era nessun attraversamento e
c’era a sinistra il Grande Mare a destra il Mare Interno. Poi c’era
stata una gigantesca frana, mezza montagna era venuta giù e aveva
creato quello sbarramento. Il Grande Mare non se ne era neanche
accorto, ma il Mare Interno pian piano era evaporato e, nell’arco
di millenni, scomparso, lasciando una depressione di polvere e sale
nella quale nessun tipo di vita poteva sopravvivere. Ai bordi
superiori della valle la vegetazione era rigogliosa e la popolazione
lì insediata viveva una vita abbastanza normale.</span></blockquote>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">“Ubi
solitudinem faciunt, pacem appellant”, inveiva Calgaco
nell'<b>Agricola</b> di <b>Tacito</b> e la citazione mi è sembrata appropriata per
introdurre il racconto di <b>Andrea Berneschi</b>, “<b>Il figlio di
Asterione</b>”, dove la protagonista, Similce, è una donna cartaginese
in fuga dall'oppressore romano, in seguito alla caduta di Cartagine.
Con altri tre compagni, Similce fugge a <b>Creta</b>, scoprendo un'isola
fantastica e maledetta, dove avrà la possibilità di stringere un
patto che un cristiano definirebbe “demoniaco”.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Scritto con
proprietà di linguaggio, è un racconto <b>piacevole</b>, anche se la
giovane protagonista non sembra avere molto carattere, al più una
bella apparenza. Il rovesciamento delle parti, con i romani
all'orizzonte e i cartaginesi in fuga, permette uno scenario di
notevole suggestione, arricchito dalle atmosfere soffuse e sognanti
dell'isola di Creta.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il passaggio
dove Similce ricorda la città di Cartagine ha un che' delle
<b>descrizioni oniriche lovecraftiane</b>, non a caso comprendendo il tempio
di un certo “Dagon”...</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Lo stile di
scrittura incespica sull'uso orrendo delle <b>parentesi</b>, senza alcuna
motivazione, inserite per di più dentro una scena d'azione. Segnalo
in questo contesto la comparsa di un automa, presenza sicuramente
gradita per gli appassionati di <i>sandal-punk</i>:
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">A un tratto,
come in un sogno, lo videro. Chi era, quel mostro di fuoco in forma
umana? Nella destra impugnava un’ascia bipenne dal lungo manico,
incandescente come il resto del suo corpo; nella sinistra stringeva
il collo di un uomo morente, che a contatto col suo calore (non
c’erano altre parole per dirlo), si stava cuocendo. Fiamme
spuntavano isolate dai cespugli accanto alla creatura, altre
divampavano dal corpo della vittima; un orrendo puzzo di carne
bruciata colpì le narici degli astanti. Chi era quello sventurato?
Facile riconoscerlo da ciò che rimaneva dei suoi vestiti: si
trattava di Archalos. I suoi uomini sembravano conoscere il mostro;
gli rivolgevano suppliche.</span></blockquote>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il finale
contiene un interessante (e crudele) <b>colpo di scena</b>, ma se
confrontato con il resto della storia appare piuttosto affrettato,
posticcio.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Un racconto
divertente, comunque, con una certa cattiveria.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La
possibilità di applicare una <b>mod</b> a un <b>videogioco</b>, ovvero la modifica
di un appassionato, dal semplice cambio di colore a radicali
cambiamenti nel gameplay, può stravolgere totalmente un'esperienza
di gioco. Solitamente però ci si limita a cambiare i vestiti e le
apparenze esteriori, conservando sotto il cofano dell'auto
videoludica il motore di gioco.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Francesco
Brandoli</b>, nell'opera “<b>Una ballata di fuoco e mare</b>”, stravolge
totalmente l'impianto di base di una <b>vicenda storica</b> realmente
accaduta, aggiungendovi nuovi elementi e limitandosi invece per
quanto riguarda le forze in campo, a cambiare nomi e definizioni. In
altre parole “modda” la storia: gli elementi sono sempre gli
stessi, ma ci si è limitati a sovrapporre nomi e descrizioni
diverse... Nulla da obiettare: <b>Harry Turtledove</b>, dall'alto delle sue
interminabili serie di storia alternativa, è un esempio lampante di
questa tecnica di scrittura.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Quindi,
riepilogando: nel <b>1173</b> l'Imperatore Honstall, detto <b>Barba d'Oro</b>
(Barbarossa) assedia la coraggiosa Repubblica di <b>Ankon</b> (Ancona)
alleato con <b>Venias</b> (Venezia). Le forze sono immense, l'assedio
brutale: gli abitati di Ankon sembrano condannati, fino a quando...</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il racconto
di Brandoli si differenzia dall'essere una semplice copia degli
eventi storici introducendo diversi elementi <b>horrorifico-fantastici</b>,
legati all'alleanza di Barba d'Oro con un druido nordico, a tutti gli
effetti un <b>negromante</b> che ricorda un mostruoso spaventapasseri, un
“burattinaio”.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il druido è
un esperto nella “coltivazione dei cadaveri” e agli ordini
dell'Imperatore comanda un'orda di non-morti obbedienti e sotto il
suo stretto controllo. Non sono zombie: non mangiano cervelli, non
mordono, non vagano a caso, ma sono pupazzi di carne umana sotto il
completo dominio del negromante. La Repubblica è inoltre stretta
nell'assedio di una cupola artificiale, composta di una sostanza
limacciosa, simile a un gigantesco blob: è una <b>medusa</b> astrale,
un'entità lovecraftiana che aleggia sui tetti di Ankon, afferrando
di tanto in tanto uno “spuntino” con i tentacoli
ectoplasmatici...</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Occasionalmente,
alcuni sfilacci, simili a tentacoli, erano calati dalla membrana
subombrellare, cercando a tentoni nutrimento. Un giovane aveva visto
la sorella essere sollevata da terra e trascinata in aria, dentro una
voragine apertasi nel cielo. Una bocca famelica – con una ridda di
denti sottilissimi, a cerchio, simili a uno sfiatatoio seghettato –
aveva inghiottito la ragazza, ancora urlante. Ne era seguito uno
stillicidio più intenso, che aveva persino danneggiato parte delle
scarse provviste rimaste.</span></blockquote>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il resoconto
dell'assedio è ricco di trovate, dalle mani non-morte, agli scontri
con gli zombie. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">E' inoltre una boccata d'aria fresca leggere un
racconto ambientato nel <b>Medioevo comunale</b> e non nell'ennesima
riproposizione fantasy dell'Impero romano.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Alcune note
di passaggio; <b>Stamira</b>, la giovane anconese protagonista, non ha
alcuna motivazione per combattere, al di fuori dell'amor di patria e
una certa tendenza al martirio; non ha poi alcun senso sfruttare
un'ambientazione pseudo fantasy per evitare di “annoiare” con la
storia salvo poi perdersi in <b>divagazioni storico-geografiche</b>; alcuni
<b>tecnicismi</b> di passaggio sono fastidiosi, tra tutti “endoderma
subombrellare”.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihp1xkJXpH0AINc4agGF_Q7c36eLebgS391DphwhUHKgJv6JxP6lKCj1LuE5RCx6jlR_QreR0kliLfSlVhM2KxkKu1Co2qK_NfJ-uDC02dEiL4K3IKsW1i2B0zgjhi5N540xOhBorYYdU/s1600/broken+legions+idra.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="519" data-original-width="1104" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihp1xkJXpH0AINc4agGF_Q7c36eLebgS391DphwhUHKgJv6JxP6lKCj1LuE5RCx6jlR_QreR0kliLfSlVhM2KxkKu1Co2qK_NfJ-uDC02dEiL4K3IKsW1i2B0zgjhi5N540xOhBorYYdU/s640/broken+legions+idra.jpg" width="640" /></a></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">“</span><b style="font-family: inherit;">Shardana</b><span style="font-family: inherit;">”,
di </span><b style="font-family: inherit;">Riccardo Brunelli</b><span style="font-family: inherit;">, è un racconto breve, ma incisivo.</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La <b>Sardegna</b>,
abitata dagli Shardana, i Popoli del Mare, viene invasa dalle orde
sanguinarie e tecnologicamente avanzate dei cartaginesi. Il
protagonista, <b>Dannu</b>, è un sardo che combatte con quanto rimane della
sua gente un'impossibile lotta di guerriglia contro l'invasore. La
cultura dell'isola mi ha ricordato i celti di <b>Slaine</b> (2000 AD), così
come l'azione sanguigna e violentissima. I cartaginesi sono i
“cattivi” della situazione, ma nemmeno gli Shardana sono un
popolo pacifico.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Brunelli
conferisce una sfumatura assiro-babilonese ai cartaginesi, descritti
come un popolo sanguinario e decadente:
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Era
certamente un guerriero esperto e sicuro di sé, essendo solo in
terra nemica. Il sole rimbalzava sull’armatura lucente, lunga fino
ai piedi. La barba nera come la notte sbucava da sotto un imponente
elmo appuntito e prezioso. Ai lati del carro erano sistemati due
scudi ovali, con borchie di metallo. Lance e frecce riempivano le
faretre, sistemate accanto al guerriero.</span></blockquote>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Mentre Dannu
è armato con elmo di bronzo, scudo e lancia come un oplita greco, il
carrista cartaginese ha la barba orientale e le sue genti, oltre ad
adorare demoniaci idoli, compiono <b>sacrifici umani</b>. Il racconto
contiene in assoluto le<b> migliori scene di combattimento</b>
dell'antologia: una mescolanza di sangue, sudore, violenza convulsa,
trasmesse dalla telecamera sbattuta di Dannu.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">“<b>Il
banchetto</b>”, di <b>Lorenzo Camerini</b> e <b>Andrea Gualchierotti</b>, ci riporta
nell'alto medioevo delle invasioni barbariche, tra vandali, goti e
l'Impero Romano d'Oriente. Un <b>setting</b> “<b>barbaro</b>”, nel senso
filologico della parola, dove il protagonista Basilio si destreggia
tra il richiamo degli dei pagani e la nuova fede cristiana. La
datazione temporale non è immediatamente chiara, di conseguenza si
rimane indecisi sulla collocazione storica fino a quando la
terminologia latina e i riferimenti a Costantinopoli chiariscono al
lettore dove si trova.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il capitano
<b>Basilio</b> accetta di trasportare sul suo dromone il <i>comes</i>
Callisto e la sua bellissima figlia, Eliana: tuttavia a metà del
viaggio un'incursione dei vandali obbliga il capitano a cercare la
fuga in una tempesta, che schianta il suo equipaggio sulle spiagge
della Sicilia. Alla ricerca di un riparo, Basilio e il suo secondo,
Venanzio, vengono accolti in una misteriosa e decadente <b>Villa romana</b>,
dove nulla è ciò che sembra...</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il racconto
dimostra una cura maniacale nella <b>ricostruzione storica</b>, con speciale
riferimento al <b>lessico</b>; i termini, almeno per quanto mi è sembrato,
sono accurati e precisi, così come l'azione e lo svolgimento della
storia. La Villa riveste a tutti gli effetti il ruolo del <b>castello
gotico</b> o della casa infestata nell'horror tradizionale; è un luogo
di magie, una trappola infernale che metterà a dura prova il
coraggioso Basilio. Se i mostri rientrano nella mitologia
tradizionale, la natura “ingannevole” della Villa, che strega i
suoi occupanti, è resa bene.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Basilio
smise per un momento di lavarsi, turbato da quelle parole che avevano
risvegliato un istinto sopito. Per un momento la sua vista vacillò e
invece delle pareti intonacate e affrescate con eleganti
rappresentazioni floreali, vide delle vecchie mura diroccate e
cadenti, e sentì nelle narici il fetore della muffa e del vecchiume.
Ma poi udì le voci dei due marinai scherzare, e quella macabra
visione scomparve improvvisamente come era iniziata.</span></blockquote>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">“<b>Più
tenace della morte</b>”, di <b>Enzo Conti</b>, propone un'ardita rilettura del
<b>mito</b> di <b>Alcesti</b> e <b>Admeto</b>, dove la storia viene narrata dalla
prospettiva femminile della Morte e dall'altro dei giovani
protagonisti. Antagonista, una Lamia effettivamente disgustosa e
pressoché invincibile.</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Rispetto
alle storie precedenti, qui siamo in un campo più afferente al
<b>fantasy puro</b>, se non proprio mitologico, che all'heroic fantasy
sporco e terra-terra. Se vi compaiono scene di sesso e violenza,
argomenti e stile appaiono decisamente classici.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Tutto
sommato il racconto funziona bene, anche se appare <b>rallentato</b> tanto
nell'incipit, quanto nei paragrafi dove il punto di vista appartiene
alla morte, verbosi e logorroici. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Carina la
gara degli indovinelli.</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Alessandro
Forlani</b>, un veterano da lungo tempo presente su <a href="https://zenosaracino.blogspot.com/search/label/Alessandro%20Forlani">Cronache Bizantine</a>,
propone il “<b>Culto degli Abissi</b>”, arguto <i>spin off</i> delle
avventure principali di Arabrab di Anubi. La <i>Assassin's Creed</i>
egiziana appare stavolta impegnata in una missione di ricerca,
dovendo ritrovare la Lacrima di Geb, magico artefatto rubato dai
Preti Pesce e custodito nell'isola di Poseidonia.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La
ricostruzione storica, molto più heroic fantasy che documentario televisivo, mescola <b>mitologie</b> e<b> realtà</b>, <b>lessico esotico</b> e <b>azione
diretta</b>: nella sua avventura Arabrab viene affiancata dal greco
guascone <b>Filottete da Micono</b>, più ladro che guerriero e ancora una
volta, ha modo di riflettere sulla sua natura di giovinetta in realtà
immortale. Riferimenti cinematografici alla<b> Torre dell'Elefante</b> e al
<b>Conan di Milius</b> si mescolano indissolubilmente con la bellezza delle
descrizioni, dove la vivacità del luogo si contrappone
all'interiorità funerea di Arabrab, a tutti gli effetti “mummia”
di un altro secolo, eroina sacrificatasi interamente ad Anubi.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Nubiani
italici fenici greci babilonesi nordici iberici; vasi di spezie,
giare per l’olio, gli otri di vino e le stoffe e l’oro. Tuareg
seduti a fumare pipe nell’ombre torride e irrespirabili delle
tende; i muggiti, il blaterare e gli starnazzi del bestiame. Sfingi,
stele, propilei e obelischi scintillavano accecanti contro il ceruleo
del cielo limpido, ai raggi e la canicola del sole meridiano. Un
alito delicato, salmastro da settentrione, soffiò nei vicoli e le
piazze vaste a accarezzarle la pelle nuda.
</span></blockquote>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Le
descrizioni e il lessico elaborato cedono poi il passo a un'<b>azione
scatenata</b>, che non risparmia respiro nelle scene di combattimento,
dove Arabrab non indietreggia da nessuna esagerazione, non importa
quanto <i>action</i> o <i>pulp.</i> Si potrebbe rinominare il racconto come
“<b>Arabrab Vs Cthulhu</b>”... Ma se per voi questo è un difetto, siete
cattivi <strike>cultisti</strike> persone.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2XA-Ah3qBWUtoewkUaeTPhGQ1E42JyDanR8XwNgFr0Mw2q4i5-6p1hLXyGSOAoEf9fObHiBdlDAIgFrqPEksRj6UstgERF3yQkErH380xdmX7QTNOlaPmFwNCEiKlhqcJw6Bu4AZ0ZEM/s1600/broken+legions+art.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="537" data-original-width="1104" height="311" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2XA-Ah3qBWUtoewkUaeTPhGQ1E42JyDanR8XwNgFr0Mw2q4i5-6p1hLXyGSOAoEf9fObHiBdlDAIgFrqPEksRj6UstgERF3yQkErH380xdmX7QTNOlaPmFwNCEiKlhqcJw6Bu4AZ0ZEM/s640/broken+legions+art.jpg" width="640" /></a></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">“<b>La spada
di Aeskylos</b>”, di <b>Alberto Henriet</b>, è un notevole passo in avanti
rispetto all'illeggibile </span>“Mai Scommettere la Testa con Vlad”<span style="font-family: inherit;">, dell'antologia di Dracula. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">L'eroe greco, </span>Aeskylos<span style="font-family: inherit;">, dopo aver vinto la battaglia di Maratona,
viene trasportato da un'invisibile energia nel Mare Egeo e sottoposto
a un'infinita serie di prove per il divertimento del pantheon pagano.</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Come si può
giudicare un racconto di questo genere?
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Le
descrizioni sono <b>affascinanti</b> e ricche di dettaglio, ma non si svolge
una storia autentica, piuttosto un'infinita <b>collezione di scene</b> senza
un reale collante narrativo. </span>Aeskylos<span style="font-family: inherit;"> non affronta un nemico reale,
non compie alcuna fatica nello sconfiggere i suoi nemici, grazie
all'aiuto di un onnipresente (e letterale!) </span><i style="font-family: inherit;">deus ex machina</i><span style="font-family: inherit;">. Non
sembra di leggere una storia o un racconto compiuto, quanto piuttosto
un'</span><b style="font-family: inherit;">avventura onirica</b><span style="font-family: inherit;"> spaventosamente sfilacciata.</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Intorno alla
villa, si muovevano due scorpioni giganti in metallo, animati dalla
magia nera dello stregone: erano le guardie del Laboratorio Ermetico
di Nekros. La gemma di Poseidone cominciò ad emettere un tenue
bagliore cangiante, che sembrava pulsare ritmicamente, ora
attenuandosi, ora intensificandosi.</span></blockquote>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il dilemma
nel giudicare un racconto di questo genere, se davvero racconto si
può definire, sta nella sua natura evidentemente <b>esoterica</b>:
chiaramente, se si hanno estese conoscenze nel campo dell'alchimia, i
<b>riferimenti e le simbologie</b> di Henriet risulteranno ovvi e arguti.
Tuttavia, non avendo interesse nell'occultismo se non come curiosità,
devo giudicare la storia come, emh, “storia”. </span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">E qui il giudizio
non può che essere negativo.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Mauro Longo</b>
recupera con “<b>L'artiglio della fenice nera</b>” il personaggio di
<b>Sheban Due Piastre</b>, ladruncolo e simpatico ceffo già presente in
altre sue opere. Il racconto soffre di un'eccessiva lunghezza, ma
rimane l'unica storia a proporre finalmente un <b>fantasy medio
orientale</b>, tra le sabbie di un Egitto heroic fantasy, piacevolmente
reminiscente del meglio di Conan.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Sheban e il
suo compare, <b>Zanklios</b>, sono inseguiti dal dio <b>Moloch</b>, che ha giurato
di eliminarli per la profanazione del suo tempio a Tarsis.
Perseguitati dalla sfortuna e con una profezia da adempiere, la
coppia incontra dapprima l'antipatia e in seguito il soccorso
dell'affascinante principessa <b>Kellah dell'Antilope</b>. E' un'ammissione
che faccio con riluttanza, ma bisogna ammettere come Longo riesca a
mettere assieme elementi fantasy tradizionali, melensi – la
principessa, la profezia, il prescelto, il “cattivo” accolito –
e li trasformi in qualcosa di <b>fresco</b>... persino per le aride sabbie
dell'ambientazione. Il combattimento finale scade nel cliché e
qualcosa dei dialoghi andava tagliato, ma nell'insieme è tra le
storie migliori della raccolta.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">“<b>Gli occhi
di Angizia</b>”, di <b>Adriano Monti Buzzetti Colella</b>, conclude
l'antologia tornando nel cuore dell'Impero romano, con protagonisti
un gruppo di <b>legionari</b> alle prese con una minaccia demoniaca,
un orrore partorito dallo spirito di ribellione della popolazione
locale, gli italici <b>Marsi</b>.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Mentre altri
racconti dell'antologia difficilmente seguono una storia con i suoi
crismi, ovvero con un incipit, uno svolgimento e una conclusione,
“Gli occhi di Angizia” sembra quasi un modulo per un'avventura di
ruolo, con un'investigazione all'inizio, la comparsa di un
comprimario dagli speciali poteri, un disperato combattimento e
infine lo scontro con il “boss” finale.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Purtroppo si
deve rilevare <b>alcuni passaggi</b>, specie nelle descrizioni, piuttosto
<b>contorti</b>, a partire dal primo paragrafo, con “Greve ed impassibile
come una macina da mulino, la stagione del gelo appenninico opprimeva
la terra con la sua dispotica legge di pietra e di ghiaccio.” Si è
già sottolineato la pesantezza della stagione con il paragone della
macina, non occorre accanirsi con l'ampollosa espressione “dispotica
legge”.
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Nonostante
il nemico sia soprannaturale, i romani si ritrovano in una terra
conquistata, dove i nativi non collaborano, se non sono attivamente
ostili: il racconto pertanto ricorda una sorta di <b>Vietnam fantasy</b>,
con un collaboratore “amico”, un pugno di legionari/<i>marines</i> e un
ambiente ostile.
</span></div>
<br />Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-41746320976889491142018-06-01T09:20:00.000+02:002018-06-11T23:23:56.447+02:00Warhammer Adventures: opportunità di crescita o rovina dell'hobby? <br />
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnXEheC39408x75rZGx2_2gm7wFGOB_QQXKTFQLFH2pVIhyphenhyphenlbLYieYqIawVgxUjmync5Y4RNfsbitO4Q7gOZ3blhOoROFWBGYa3Bm4NRxd5XWro3ofWngUBOuzaS2FszBemwevtfe8JH6s/s1600/warhammer+adventures+warped+galaxies.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="1000" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnXEheC39408x75rZGx2_2gm7wFGOB_QQXKTFQLFH2pVIhyphenhyphenlbLYieYqIawVgxUjmync5Y4RNfsbitO4Q7gOZ3blhOoROFWBGYa3Bm4NRxd5XWro3ofWngUBOuzaS2FszBemwevtfe8JH6s/s320/warhammer+adventures+warped+galaxies.jpg" width="320" /></a><span style="font-family: inherit;">Il canale ufficiale della <b>Games Workshop</b> ha annunciato una settimana fa una nuova serie di libri dalla casa editrice ufficiale, la <b>Black Library</b>: “<b>Warhammer Adventures</b>”, una nuova collana prevista nel <b>2019</b> “per ragazzi e ragazze dagli 8 ai 12 anni”, con “protagonisti più giovani del solito che vivono emozionanti avventure e affrontano pericolosi nemici”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si tratta di storie “scritte dai migliori autori con esperienza nella </span><b style="font-family: inherit;">scrittura fantastica per ragazzi</b><span style="font-family: inherit;">, e saranno il modo perfetto per introdurre i tuoi figli, fratelli, nipoti e altri giovani fan nella tua vita, nell'hobby che ami, dando loro il primo sguardo agli incredibili mondi del 41' Millennio e dei Reami Mortali.”</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il primo titolo per Warhammer: Age of Sigmar sarà “<b>Realm Quest: The City of Lifestone</b>”, di <b>Tom Huddleston</b> e il primo titolo per Warhammer 40000 sarà “<b>Warped Galaxies: Attack of the Necron</b>”, di <b>Cavan Scott</b>. Sia Tom che Cavan hanno lavorato a lungo per un pubblico giovane, con diverse collaborazioni alla serie di Star Wars. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Anche se mi sarebbe piaciuto scopre qualcosa di più su </span><b style="font-family: inherit;">Huddlestone</b><span style="font-family: inherit;"> – anche solo per un nome così assurdo – Warhammer Community ha intervistato Cavan: </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sono contentissimo di poter trasmettere l'avventura, l'eccitazione e le stranezze della vita nel 41' Millennio a una nuova generazione. Ci saranno battaglie spaziali e pericolosi alieni. Ma ci saranno anche amicizie e atti di coraggio nella forma dei nostri tre protagonisti: il teppista <b>Talen</b>, il marziano<b> Mekki</b> e l'esploratrice <b>Zelia</b>. Sanno già che la vita nell'Imperium è tosta, ma non si sarebbero mai aspettati che sarebbe stata così difficile, che si sarebbero ritrovati sperduti e soli. Mentre inizia la loro<i> quest</i>, dovranno presto imparare di chi fidarsi e quali rischi vale la pena correre. E sopra ogni cosa, impareranno che hanno bisogno l'uno dell'altro per sopravvivere. </span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quale reazione può avere un <b>hobbista</b> – sottolineo “hobbista” e non nerd – di fronte alla notizia: educata perplessità, leggera curiosità, scrollare di spalle. Confesso di aver avuto esattamente quest'ultima reazione: non sono interessato a leggere <b>romanzi per bambini</b>, se non per imparare a scrivere per quel pubblico. Tuttavia sui <b>Forum</b> e sui <b>Social</b> si sono spante così tante lacrime e stridore di denti da far sembrare l'inferno dantesco una vacanza a Lignano Sabbiadoro. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Warhammer Adventures si è rivelato nell'ordine un complotto femminista, un complotto per passare all'industria dei giocattoli, un complotto per distruggere Warhammer 40000, un complotto del marxismo culturale per sovvertire la sacra famiglia e i governi sovrani e così via.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Va riconosciuto, la <b>scena italiana</b> si è dimostrata più matura degli anglo-americani e la notizia è stata presa con la corretta piega comica, senza attribuirci più di tanto peso. D'altronde, specie in questi mesi, abbiamo questioni più gravi su cui angosciarci...</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La notizia e l'<b>associata reazione</b> è tuttavia interessante, in quanto svela un comportamento obliquo tanto alla cultura pop quanto alla cultura in generale, caratteristico di questi ultimi anni: il lettore/giocatore/spettatore ormai giudica un prodotto sulla sola base di quanto “<b>sente</b>” personalmente, senza riuscire a immedesimarsi in altre persone al di fuori del suo ego. Quindi se il videogioco non è destinato alla sua fascia d'età, è automaticamente una “cazzata”, se una serie di libri viene esplicitamente scritta per i bambini in età scolare è uno “schifo”, una “bambinata”, ecc ecc </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sorpresa delle sorprese, un romanzo destinati agli alunni di 7/8 anni è una bambinata, perchè destinato ai bambini, perchè scritto per loro, non per altri. Annoia, sembra “stupido”, è pedante e moralistico perchè destinato <b>a quel pubblico</b>, a quella <b>specifica fascia di lettori</b>. Qualsiasi il prodotto, qualsiasi la tipologia, sembra ormai che debba sempre soddisfare una fascia di nostalgici e fan-boy dai trenta ai cinquant'anni (sto generalizzando, non vi arrabbiate...). Questo è ovviamente assurdo. Mi sembra lapalissiano doverlo sottolineare, ma non ogni romanzo, non ogni film dev'essere apprezzabile da tutti o per forza “adulto”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Chiaramente, <a href="https://zenosaracino.blogspot.com/2014/05/la-pochezza-dei-romanzi-per-bambini.html">come scrivevo ormai quattro anni fa</a>, questo non deve scusare la <b>cattiva scrittura</b>: una storia banale rimane tale, indifferente sia scritta per un dottorando con venti master o un moccioso che ha appena imparato a leggere. Bisognerebbe imparare a distinguere tra quegli elementi che consideriamo difetti, ma risultano necessari quando rivolti a un lettore alle prime armi e dall'altro quegli elementi prodotto di una <b>pigrizia mentale</b>, strafalcioni e buchi narrativi imperdonabili. Purtroppo, specie con il fantasy in Italia, la qualità si è a tal punto abbassata che <b>scrivere fantasy</b> equivale a <b>scrivere per bambini</b> e conseguentemente equivale a saper <b>scrivere male</b>. Al di fuori delle cerchie degli scrittori e dei lettori specializzati, se si chiede a una persona comune la sua opinione risponderà questo. Si può forse argomentare un cambiamento di mentalità nella concezione della fantascienza, complici le serie tv e i film, ma non per il fantasy e per l'horror. Una triste situazione, esacerbata fino a cinque anni fa dall'erronea assunzione delle case editrici che uno <b>scrittore adolescenziale</b> sappia scrivere per i bambini. Una cosa tutt'altro che scontata, anzi. La vicinanza di età significa assai poco, specie in relazione all'esperienza e alla stessa volontà dell'adolescente di staccarsi da quanto percepito “infantile” e come tale disprezzabile. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmh77RVLgfxOvCOuVJe3UR0bKjyBqqROPxD50cOgzCYvMpJrlFIMGpmcwNodNL0OdmgCGegXeWZ6FhkoG2yPQrDu_ebLv1B3gGz3t_m6Acoif7gqCZwL8UWbYt3yHuyNjDPK9w7O2x2ip6/s1600/warhammer+adventures+protagonisti.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="809" data-original-width="1600" height="323" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmh77RVLgfxOvCOuVJe3UR0bKjyBqqROPxD50cOgzCYvMpJrlFIMGpmcwNodNL0OdmgCGegXeWZ6FhkoG2yPQrDu_ebLv1B3gGz3t_m6Acoif7gqCZwL8UWbYt3yHuyNjDPK9w7O2x2ip6/s640/warhammer+adventures+protagonisti.jpg" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Stabilito dunque come un romanzo destinato ai bambini non sia per forza apprezzabile dagli adulti, occorre procedere con il secondo punto al centro della controversia, ovvero la </span><b style="font-family: inherit;">problematicità</b><span style="font-family: inherit;"> dell'</span><b style="font-family: inherit;">ambientazione</b><span style="font-family: inherit;"> cupa e distopica di </span><b style="font-family: inherit;">Warhammer 40000</b><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Warhammer 40000 è certo un'ambientazione gotica e dark, dove un'umanità depressa sotto un teocratico regime fermo all'età medievale combatte una lotta senza speranza contro la minaccia del Caos e molteplici razze aliene. Xenofobia, Imperialismo, Neo-Feudalesimo, Cyberpunk, Body Horror, soluzioni disperate per tempi disperati, dal genocidio agli assalti alla baionetta sono tutte tematiche innegabilmente “buie”, adatte solo a un pubblico maturo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">C'è una differenza fondamentale tra Warhammer 40000 e un classico distopico quale “<b>1984</b>”, di <b>George Orwell</b>, ovvero il tono generale della narrazione, in questo caso ludica. Difficilmente si può pensare di “giocare” con il mondo di Orwell o di poterlo adattare a un videogioco: il tono è volutamente pesante, angosciante, senza vie di scampo. Al contrario, Warhammer 40000 si presenta come distopico, ma sostanzialmente il dramma di quest'umanità sull'orlo dell'abisso, torturata e schiavizzata, rimane una cornice, una<b> scenografia</b> utile a far risaltare i protagonisti. Alcuni passaggi di Dan Abnett o della trilogia di Draco di Ian Watson rimangono ancora oggi capaci di trasmettere quell'angoscia, quella depressione propria di una distopia orwelliana; generalmente tuttavia lo scrittore o il <i>game designer</i> preferisce sottolineare la scala inconcepibile, il senso di sublime derivante dalla contemplazione di un'armata dell'Astra Militarum, di una Cattedrale dalle dimensioni di un continente, di un conflitto che perdura da secoli, di un pianeta demoniaco ricoperto di teschi umani.... Si ricerca il meraviglioso, sia pure un <b>meraviglioso terribile</b>, paragonabile al <b>sublime kantiano</b> permesso dalle forze della natura, come un terremoto, un vulcano, una valanga ecc ecc. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il genere di storie, estetica e azione permessa da Warhammer 40000 raramente è angosciante o terribile; al più <b>grottesco</b>. L'accezione distopica funziona nel senso che permette un'<i>escalation</i> degli argomenti e delle forze in campo: non combattono pertanto migliaia di soldati, ma miliardi su miliardi; non si viaggia semplicemente a velocità iperluce nello spazio, ma si viaggia direttamente nell'Inferno, cioè nel Warp; un singolo Space Marine non è solo in grado di sconfiggere cinque soldati, ma un intero esercito bene equipaggiato; non ci si accontenta di fucili laser, ma si usano requiem e spade a catena... tutto esagerato, tutto convulso. Distopico sì, ma d'una distopia che piace, caciarona&esagerata, barocca&ostenziosa. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per dirla all'inglese, domina il “<b>Rule of Cool</b>”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il primo <b>Rogue Trader</b>, zibaldone regolistico di <b>Rick Priestley</b>, era tutt'altra cosa. Ho recuperato l'<b>incipit</b>, traducendolo di mio pugno, per meglio evidenziare questo passaggio da una distopia autenticamente orwelliana alle fantasie Marvel degli ultimi anni, con Space Marine Primaris e miracolose resurrezioni di Primarchi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Per più di cento secoli l'Imperatore è rimasto immobile sul Trono d'Oro della Terra. Egli è il Signore dell'Umanità per volontà degli Dei e il tiranno di milioni di mondi grazie alla volontà delle sue inesauribili armate. E' una carcassa marcescente che freme dei poteri dell'Oscura Era della Tecnologia. E' il Cadavere Signore dell'Imperium al quale migliaia di anime vengono sacrificate ogni giorno e per il quale sangue viene bevuto e carne viene consumata. Sangue umano e carne umana – la materia di cui è fatto l'Imperium. </span><span style="font-family: inherit;"><br /></span><span style="font-family: inherit;"><br /></span><span style="font-family: inherit;">Essere un uomo in tempi simili è essere uno tra bilioni senza nome. E' vivere sotto il più crudele e sanguinoso regime possibile. Questa è la storia di quei tempi. E' un universo che puoi vivere adesso, se hai coraggio – perchè questa è un'era terribile e oscura, dove troverai poca o nulla speranza. Se vuoi prendere parte all'avventura, allora preparati adesso. Dimentica il potere della tecnologia, scienza e dell'umanesimo illuminato. Dimentica la promessa del progresso e della conoscenza, perchè non ci può essere pace tra le stelle, solo un'eternità di guerra e massacro e la risata degli dei affamati. </span><span style="font-family: inherit;"><br /></span><span style="font-family: inherit;"><br /></span><span style="font-family: inherit;">Ma l'universo è un vasto luogo e, qualunque cosa avverrà, non mancherai a nessuno...</span></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questo breve passaggio condensa tutti gli elementi che distinguono Rogue Trader dalle successive edizioni di Warhammer 40000 con particolare riferimento agli ultimi anni: qui l'Imperium non viene presentato come un benefattore, ma come uno <b>stato fascista e teocratico</b>, dove lo stesso Imperatore rappresenta una figura negativa. Il punto di vista privilegiato non è il singolo space marine o il comandante dell'esercito, ma il <b>civile</b>, <b>uno tra i tanti</b> “<b>senza nome</b>”, costretto a sofferenze inimmaginabili. Il manuale stesso, ricordato per la sua comicità di fine anni '80, si presenta come una <b>satira dei totalitarismi</b>, aspetto tuttavia che non gli impedisce di essere dannatamente divertente. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il testo per altro non è affatto un <i>unicum</i> nel periodo, ma è anzi intercambiabile con le tante storie gotiche e dark presenti nei fumetti britannici di <b>2000 AD</b>, dal Giudice Dredd, a Future Shock, a Nemesis the Warlock... Sono gli anni grigi della <b>Thatcher</b>, della distruzione della classe lavoratrice inglese, del <b>punk</b>, della corsa agli armamenti negli anni finali della <b>guerra fredda</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se fosse questo il Warhammer 40000 a cui indirizzare <b>Warhammer Adventures</b>, sarei d'accordo nel definire l'operazione <b>inappropriata</b>, anche se con alcune riserve... dopotutto quando se non nell'infanzia sarebbe necessario insegnare ai ragazzi i pericoli delle teocrazie e delle dittature? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Da <b>Jack London</b>, a <b>Dickens</b>, a <b>Tolkien</b> è stato dimostrato come si possa trattare qualsiasi argomento, purchè lo si renda comprensibile a un alunno delle elementari. Dickens e London sono entrambi scrittori estremamente <b>brutali</b>, violenti persino, nelle loro storie. Perchè non avere una <b>serie di fantascienza</b> – più fantasy che scienza in questo caso – che sia interessante e nel contempo ammonisca sul pericolo delle teocrazie e delle forme di <b>pensiero estremista-religioso</b>? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwANAone0G0x_zIjVF_Dk76AwF_ZYajqbRn5lJ_sHZ-n4h9mp8x42_sRZl0AJw3dUIMWv5bwIHAmcPyJapu54-sos04qZqP6mDVeKhsdGhY8eF4VQgLJIy9qnk8QPgRRHi2qCH_l-4bWTH/s1600/Strontium+Dog+2000+AD.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="807" data-original-width="1600" height="322" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwANAone0G0x_zIjVF_Dk76AwF_ZYajqbRn5lJ_sHZ-n4h9mp8x42_sRZl0AJw3dUIMWv5bwIHAmcPyJapu54-sos04qZqP6mDVeKhsdGhY8eF4VQgLJIy9qnk8QPgRRHi2qCH_l-4bWTH/s640/Strontium+Dog+2000+AD.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Strontium Dog", dal documentario su 2000 AD "Future Shock" (2014)</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia appare innegabile come Warhammer 40000 negli anni si sia </span><b style="font-family: inherit;">ammorbidito</b><span style="font-family: inherit;"> e trasformato, seguendo una naturale evoluzione dalla base economica, ovvero il traino delle vendite degli Astartes: se gli Space Marine vendono, introdurre il giocatore con la prospettiva di essere “uno tra tanti” non è certo allettante. Si potrebbe in tal senso considerare l'ormai enciclopedica serie dell'</span><b style="font-family: inherit;">Eresia di Horus</b><span style="font-family: inherit;"> come una conseguenza a lungo termine di spostare l'attenzione dal gotico e dal “distopico” alle azioni eroiche dei cavalieri in armatura potenziata. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nel migliore dei casi, possiamo leggere di saghe e storie degne di una <b>mitologia contemporanea</b>, una re-invenzione dell'Iliade adatta al 21' secolo. Un'epopea tragica e carica di pathos. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nel peggiore dei casi, sembra di leggere gli scontri e i battibecchi dei <b>supereroi della Marvel</b>, a malapena mascherati da una vernice di teschi e tetraggine (poco) convincente. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In entrambi i casi la carica gotica e distopica dell'ambientazione è scomparsa a favore di una netta presa di posizione a favore dell'Imperium, nonostante tutto, e orientata a una fantascienza distopica solo nello <b>stile</b>, non nella<b> sostanza</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Una soluzione perfetta: chi, come il sottoscritto, preferisce lo sporco e i compromessi morali dell'<b>Inquisizione</b> può scegliere di seguire e partecipare nei tanti gruppi seguaci di <b>John Blanche</b>, come <a href="https://www.facebook.com/groups/inquisitorium/">Inquisitor 28 o The Inquisitorium</a>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Chi preferisce invece un approccio più eroico, può seguire il <i>mainstream</i> ufficiale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quindi, tornando all'argomento, <b>Warhammer Adventures</b> non potrà mai annacquare il background del gioco, semplicemente perchè questo è già stato modificato e cambiato negli anni. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Non è nemmeno possibile lamentare un cambiamento dall'alto, perchè i giocatori per primi hanno preferito la serie di Horus, la <b>transizione superoeroistica</b> dei diversi Primarchi, ignorando invece gemme in avanti con i tempi come il primo codex dei <b>Cacciatori di Streghe</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I giocatori <i>in primis</i> hanno preferito inseguire la gloria delle grandi avventure invece della distopia inumana del primo Rogue Trader. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Warhammer 40000 ha abbandonato ogni <b>pretesa di distopia</b> o tetraggine d'almeno dieci anni. Sfido oggigiorno a elaborare un concept agghiacciante come l'<b>arcoflagellante</b> di Inquisitor o la <b>Macchina Penitente</b> delle Sorelle Guerriere. Ripeto, a scanso di equivoci, questo cambio di direzione non significa affatto che siano peggiorati i contenuti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come può Warhammer Adventures rovinare un'ambientazione che letteralmente <b>non esiste più</b> da un decennio? <i>Cmon</i>, è ridicolo. E perchè non considerare questa nuova serie come una forma di prodotto dell'Imperium, una sorta di libro di scuola preparato per gli orfani del Ministorum? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Certo, i protagonisti sono troppo “sovversivi” per confermare quest'ipotesi, ma non mi sembra impossibile immaginare avventure di questo genere scritte per i rampolli della nobiltà e per le classi alte dei pianeti formicaio. Un equivalente di quei stucchevoli <b>testi per l'infanzia</b> come il nostro “Cuore” o “Pinocchio”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhI2cEg_58ULJf5Zdqg_INAugfZ-ro7waCbCJvYh6J5HkHLMQVYoDhrMn3AMFz4uTV2-XhMwGlANXLEhOkba5yH_gWlweKTsWe095OqNIPb3TXibnH-Os09GA9tkF-eMfSzBFbRN1P5Xz7Z/s1600/warhammer+adventures+humor.PNG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="383" data-original-width="587" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhI2cEg_58ULJf5Zdqg_INAugfZ-ro7waCbCJvYh6J5HkHLMQVYoDhrMn3AMFz4uTV2-XhMwGlANXLEhOkba5yH_gWlweKTsWe095OqNIPb3TXibnH-Os09GA9tkF-eMfSzBFbRN1P5Xz7Z/s1600/warhammer+adventures+humor.PNG" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Argomentato il nocciolo dell'argomento, ovvero la presunta impossibilità di trasporre Warhammer 40000 ai bambini, possiamo passare alle singole critiche. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Slaanesh </b>non è la divinità caotica del sesso, ma dell'<b>eccesso</b>, ovvero la tentazione di perfezionarsi nella propria arte a tal punto da trasformarla in un solipsismo, un esercizio fine a sé stesso. L'associazione di un demone alla sessualità è un prodotto della <b>mentalità puritana</b> dagli <i>States</i>, francamente imbarazzante. Non c'è alcun problema pertanto a spiegare Slaanesh ai bambini. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Perchè scegliere i <b>necron</b> come avversari e non gli orki o i tiranidi: semplicissima ragione, essendo una forma di “robot”, si può farli combattere senza paura di spaventare il genitore. Mentre un orko sanguina e muore, un necron può essere colpito, distrutto, mutilato senza far sorgere alcuna protesta. E' “solo” un pezzo di latta. I fumetti dei primi <b>anni '80</b> di <b>2000 AD</b> avevano proprio questa caratteristica, ovvero sfruttavano come nemici i robot per poter disegnare sulle vignette elaborate scene di combattimento e violenza altrimenti considerate <b>troppo grafiche</b> con un essere umano. Trucchi per semplificarsi la vita e aggirare la censura. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'<b>estetica</b>, infine: fumettosa, coloratissima e lontana dal grigiore e dai teschi di Warhammer. Andrebbe tuttavia ricordato come siano i giocatori stessi a proporre ormai da anni <b>caricature</b> e stilizzazioni di space marine, sorelle guerriere, eldar e così via. Qualsiasi sia il fenomeno della cultura pop, dagli anni '80 in poi, si è sempre affiancato alla versione seria un equivalente comico/grottesco/cartoonesco, una sorta di <b>mascotte</b> e/o <b>parodia</b>. I bambini negli anni '80 compravano pupazzi di Freddy Krueger, mentre Hellboy ha avuto una sua serie “chibi”. La cultura degli <b>anime</b> e dei <b>manga</b> mescola spesso, nella forma d'intermezzi o serie parallele, personaggi comici e stilizzati, senza nulla togliere alla brutalità estrema di Berserk e Attacco dei Giganti. La <i>cuteness</i>, la “pucciosità”, di un personaggio non danneggia il filone principale, caso mai lo rafforza.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Saranno questi due romanzi <b>capolavori indimenticabili</b>, degni di Tolkien e della Rowling? Improbabile. In effetti, non ho aspettative: prevedo una serie di libriccini <b>insapore</b>, senza carattere. L'idea, tuttavia, rimane valida, anche nell'ottica di attrarre e far crescere giocatori attenti più all'hobby e alla costruzione di una storia, che alla competitività estrema dei videogiochi online. </span></div>
<br />Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-88224545665575308352018-05-01T08:32:00.000+02:002018-06-01T10:11:53.523+02:00Il supremo inganno degli anni Ottanta <br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">“<b>The Forest</b>” (1982) viene definito tra i più brutti <b>slasher</b> degli <b>anni '80</b>, ma in realtà, se lo si considera come un film a bassissimo budget girato in meno di due settimane, si rivela sorprendentemente godibile: proprio il suo essere inattuale, proprio il suo essere <b>documento storico</b> di quell'anno, di quel periodo, lo rendono prezioso. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuH-nwj3-YyRGIa7tt3bqt-bjVmgkxe7GvrnToLt65GYYQHoWEPo_Qp8I_XVJoqX2Q2Az9Nna0uSJY73MIBi7nAh41Gl9_dFma3TZMEgVmc_t_mJmi4V5e-i-eYpfmgZZZ_4bwu30Ta01p/s1600/nostalgia-anni-ottanta.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="681" data-original-width="594" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuH-nwj3-YyRGIa7tt3bqt-bjVmgkxe7GvrnToLt65GYYQHoWEPo_Qp8I_XVJoqX2Q2Az9Nna0uSJY73MIBi7nAh41Gl9_dFma3TZMEgVmc_t_mJmi4V5e-i-eYpfmgZZZ_4bwu30Ta01p/s320/nostalgia-anni-ottanta.png" width="279" /></a><span style="font-family: inherit;">In quanto storico, tanto materiale afferente al mio ambito, cioè il Risorgimento, è spazzatura: poesie, <i>pamphlet</i>, romanzi totalmente illeggibili sotto il profilo della trama, dell'approfondimento psicologico dei personaggi, della coerenza interna. Tralasciando come il giudizio su queste opere sia distorto da quanto siamo abituati a leggere e “sentire”, non ci interessa dare voti su una testimonianza storica, piuttosto dobbiamo cercare di trarne delle indicazioni sul periodo. In tal senso è assurdo scrivere recensioni di film e libri degli anni '70, o '60, o '50, con tanto di pagelline agli attori e alla regia: sono <b>opere storiche</b>, non ne vedo il senso. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Cosa pensereste di una blogger di moda che recensisce un corsetto vittoriano? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">O di un esperto di tecnologia che recensisce un telegrafo? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">O di un fanatico delle automobili sportive che recensisce una carrozza rococò? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sono opere interessanti in quanto <b>inattuali</b>, <i>that's all. </i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In questo primo<b> filone horror</b>, dalla <b>fine</b> degli <b>anni '70</b> alla <b>prima metà</b> degli <b>anni '80</b>, colpisce come la stragrande maggioranza degli attori siano <b>principianti</b>, al più comparse o attori di teatro. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La natura di videocassetta, di film amatoriale capace di rifarsi del suo costo di produzione, spinge a utilizzare attori misconosciuti, facce anonime difficilmente hollywoodiane. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La locomotiva che trainava l'intero horror del periodo era strettamente <b>economica</b>, ovviamente: erano film facili da girare e altrettanto facili da vendere. Il circuito delle <b>VHS</b> del periodo permetteva, almeno da quanto ho compreso dai documentari sulle videocassette come <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Adjust_Your_Tracking">Adjust Your Tracking</a>, facili incassi tanto ai registi quanto ai proprietari di questi negozietti in proprio, spesso gestiti da adolescenti o dai genitori come seconda attività. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Una ragnatela di videorivendite garantiva una buona circolazione del prodotto, con la conseguente attenzione sulla <b>copertina</b> e il puro aspetto grafico della presentazione. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La possibilità della visione in casa e la diffusione della stessa come attività sociale garantiva inoltre una continua richiesta dal basso, un bacino di ansiosi consumatori impensabile rispetto agli anni '70. La visione del film come<b> attività sociale</b>, ovvero come “qualcosa” da tenere sullo sfondo, come una cornice per rivedere un gruppo di amici o intrattenere la fidanzata, derivava dal <b>drive-in</b> degli anni '50, con il quale condivideva un'<b>origine di genere</b>, bassa, fracassona, horrorifica. Questo passaggio, dall'automobile alla VHS casalinga, è una mia illazione, ma la trovo convincente. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Con questo, non si vuole denigrare il genere: erano film, tanto ai drive-in quanto con le VHS, capaci di <b>intrattenere un pubblico</b> normalmente restio alla visione di un film o alla lettura di un libro. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">In questo e nel voler costantemente alzare l'asticella dell'<b>accettabile</b>, con tutte le ire della censura, si dimostrarono coraggiosi tanto, se non più, di tante produzioni d'autore. In tal senso si sta finalmente riconoscendo il valore, al di là del fandom, di registi “spinti” come <b>Herschell Gordon Lewis</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mi sembra ovvio come le caratteristiche normalmente associate almeno alla prima metà degli anni '80, con speciale riferimento ai film e agli horror del periodo, siano diretta conseguenza della struttura economica: le <b>condizioni materiali delle VHS</b> e la diffusione delle stesse come supporto avevano creato dal nulla un nuovo modo di girare. Un mondo non a caso scomparso rapidissimamente negli <b>anni '90</b>, quando le VHS vengono monopolizzate e lentamente sostituite dal <b>dvd</b> tramite una nuova struttura economica, con <b>Blockbuster</b> e le nuove multinazionali. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le caratteristiche pertanto associate agli anni '80 derivano dalle sue condizioni economiche e hanno poco a che fare con la cultura, lo spirito del decennio e altre spiegazioni piuttosto fumose, viste dallo specchietto retrovisore della propria nostalgia. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si trattava di forme diverse d'<b>industria</b>, ma pur sempre industria in ogni caso: la <b>rivendita locale</b>, attraverso un mercato dell'usato e “indie” mirante però a sommergere lo spettatore con quanti più titoli possibili e dall'altro un'industria <b>organizzata e pianificata dall'alto</b>, con negozi e centri multimediali tali da soppiantare gli “artigiani”, nel contempo proponendo una <i>line up</i> di film a cui era impossibile fare la concorrenza. E' possibile mantenere il senso dell'incredulità in un film horror o una commedia, ma sfido a voler competere con colossi come <b>Armageddon</b>, negli anni '90, con tutto il <b>filone catastrofista</b>, o con le attuali <b>uscite della Marvel</b> (2010-2020). Non si può competere, su nessun livello: si può solo diversificare l'offerta e cercare di toccare altri sottogeneri, altre nicchie. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">La balena corporativa aveva inoltre al suo fianco lo squalo della <b>grande distribuzione</b>, capace di mangiare in un sol boccone il piccolo pesce all'angolo della strada, l'umile negoziante di bottega. Monopoli, oligarchie, nuove egemonie: sono questi i <b>movimenti sotterranei</b>, di carattere economico, responsabili in seguito di un <b>terremoto culturale</b> quale può essere una nuova saga, una nuova trilogia, un film “inaspettato”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi57Sk1DA8MCG0lTwhrxOne9ckLl4wIEeM9ukd_GNTUpyqglwTyYGr4nMgYqsWVLV7qdFwqfBysFK4EeyLGBpUKOsoOtoCFAHNNJEoXSHuXrYl5gVQiEPwTRMyVoHuMi0ra4qyKD6Bm8kU7/s1600/nostalgia-anni-ottanta-vhs.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="666" data-original-width="1600" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi57Sk1DA8MCG0lTwhrxOne9ckLl4wIEeM9ukd_GNTUpyqglwTyYGr4nMgYqsWVLV7qdFwqfBysFK4EeyLGBpUKOsoOtoCFAHNNJEoXSHuXrYl5gVQiEPwTRMyVoHuMi0ra4qyKD6Bm8kU7/s640/nostalgia-anni-ottanta-vhs.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">The Slayer (1982)</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tornando agli anni di passaggio tra il '70 e l'80, la nascente industria cinematografica aveva all'epoca bisogno di </span><b style="font-family: inherit;">vendere prodotti</b><span style="font-family: inherit;">, ovvero film, per rispondere a un boom del mercato: si tratta di girare e vendere film con il ritmo di una </span><b style="font-family: inherit;">catena di montaggio</b><span style="font-family: inherit;">, dove non ci si può certo permettere l'operaio specializzato, ovvero la star, il beniamino delle masse, quanto piuttosto i comprimari, i crumiri, le comparse raccattate per strada. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">C'era un disperato <b>bisogno di attori</b> per un disperato numero di registi amatoriali o riciclati al nuovo mercato delle VHS: si pensi soltanto alla <b>Cannon Films Inc.</b> e al loro incredibile numero di pellicole. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Tutto ciò si traduce, specialmente nel cinema di genere, in una sovrabbondanza di sconosciuti, di facce nuove, emerse senza il filtraggio dei provini e della scrematura hollywoodiana. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Ugualmente, via gli scenari di cartapesta, i <b>set artificiali</b>, i castelli gotici e tutto il ciarpame precedente: largo spazio agli <b>ambienti naturali</b>, incontaminati, siano fabbriche abbandonate o campeggi in riva al lago. Si continua ancora a dibattere sulla presunta svolta dal gotico classico all'<b>horror urbano</b> di King&soci, senza comprendere come sia stato causato da necessità produttive, esemplificate dal semplice fatto che costava molto meno girare in questo modo che dover allestire fantasmagorie di candelieri, armature e arazzi medievali. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un'involontaria conseguenza di un <b>modello produttivo</b>: <b>gente a caso</b>, dentro ambientazioni altrettanto casuali. Chiaramente si tratta spesso di recitazioni <i>over the top</i>, terribili, poverissime. Eppure... eppure difficile non constatare una naturalezza, una diversità di espressioni e forme facciali assolutamente unica nel periodo. Sotto un mascara di linee di dialogo <i>trash</i>, plot inesistente, pessima recitazione, gli attori dell'epoca rimanevano <b>persone di ogni giorno</b>: dal ragazzo ripescato dall'università, al nonno dell'(aspirante) regista, ad anticaglie attoriali di altre epoche. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un insieme di coincidenze difficili da credere riunisce così, tutti assieme, gente che non dovrebbe recitare, eppure recita. Stavo guardando un film horror di questo genere, “<b>Night School</b>” (<b>1981</b>) e proprio nei primi minuti, nelle prime scene, mi sono sorpreso a pensare quanto fosse inconsueta la faccia di una delle protagoniste. Non un volto sfregiato o particolarmente strano, ma quel genere di “faccia” che non apparirebbe mai in televisione o al cinema, perchè non risponde ai canoni di bellezza <i>kitch</i> solitamente proposti. Recitava in maniera goffa, ovviamente, ma si vedeva che ci provava. Non un robot cresciuto in accademia di recitazione, un figlio d'arte, un genietto: solo una persona normale, in una vita normale, che prova a recitare. Incantevole. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Sono stato sorpreso da una simile realizzazione guardando un altro film nell'identico filone, “<b>Just Before Dawn</b>” (<b>1981</b>): il gruppo di protagonisti chiacchierano, scherzano, mangiano insieme, ma nonostante la stupidità dei dialoghi trapela una <b>genuina emozione</b>. Recitare è fingere, ma oggigiorno nel cinema di massa si è raggiunto un tale livello di manierismo, di perfezione esasperata, che l'emozione è scomparsa. Le nuove leve sono esemplificative di tutto ciò, robot perfetti e monolitici. Si confronti l'amatorialità sincera di queste produzioni con un film d'azione come “<b>Red Sparrow</b>” (2018): <b>Jennifer Lawrence</b>, a prescindere dal ruolo, non trasmette nulla. E' una parete, un muro emozionale. Sì, il ruolo glielo richiede e sì, oggettivamente non c'è nulla da criticare. Migliore recitazione, sia chiaro. Ma l'emozione manca, manca terribilmente. Non c'è nulla, qui. Niente passione, niente naturalezza, niente emozioni. Un mestiere impalpabile come quello dell'attore svolto con il massimo del<b> tecnicismo</b>, nemmeno esistesse una laurea nell'ingegneria delle emozioni. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La <b>zona perturbante</b> (<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Uncanny_valley">uncanny valley</a>) si verifica quando un robot troppo simile a un essere umano o in alternativa un'immagine digitale troppo simile all'uomo, genera un effetto di profonda inquietudine. In parole povere, l'estremo realismo del robot ci risulta <b>disturbante</b>, viene inconsciamente riconosciuto dal cervello come sbagliato. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Sono convinto esista un'<b>uncanny valley delle emozioni</b> negli attori, dove lo spettatore riconosce una performance come “finta” a ogni livello. Pertanto un attore convinto della sua parte, alla Stanislavskij, suona maggiormente convincente di un attore migliore, ma disinteressato emozionalmente. In questo genere di film degli anni '80 il cervello riconosce, nel marasma di difetti, una <b>naturalezza</b>, una <b>sincerità di base</b>. Questa sincerità <i>naif</i> filtra inevitabilmente anche nelle grandi produzioni del periodo, perdendosi poi nelle stronzate fracassone degli anni '90. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'ondata di <b>slasher</b> dei <b>primi anni '80</b> mi sembra emblematica di quest'atteggiamento, quando ancora elementi della moda e della durezza degli anni '70 permangono nel tessuto filmico, generando con il basso budget film estremamente <b>ruvidi e brutali</b>. Nel migliore dei casi, come in “Just Before Dawn”, il regista ha qualche (raro) colpo di genio e trasforma, come nel <b>magnifico finale</b>, un filmetto horror in qualcos'altro, non dico capolavoro, ma qualcosa d'interessante e fuori dagli schemi classici. All'interno degli slasher a basso costo, il sottogenere incentrato nella natura selvaggia sembra funzionare particolarmente bene, specie quando il gruppo di studenti/hippie/laureandi deve andare in campeggio, nella foresta, in montagna, ecc ecc. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEeY1xpcHpD4vH3sm6eoVPYk3Ejm1wZaIHJoRK1AnlXJy4WWea4AyrcDygt4LtIS_cL1Bp2Cb_11A-6jH3Qd7XCJ-03LpGaiS3xXlJVfVmLJVfp_-1ShVEIiX3-WUt70YufkjyBkimpPQw/s1600/nostalgia+anni+ottanta+vhs.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="602" data-original-width="1600" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEeY1xpcHpD4vH3sm6eoVPYk3Ejm1wZaIHJoRK1AnlXJy4WWea4AyrcDygt4LtIS_cL1Bp2Cb_11A-6jH3Qd7XCJ-03LpGaiS3xXlJVfVmLJVfp_-1ShVEIiX3-WUt70YufkjyBkimpPQw/s640/nostalgia+anni+ottanta+vhs.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Beyond the Gates (2016)</td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: inherit;">I film da videocassetta degli anni '80 derivano il proprio fascino dunque dall'essere involontariamente </span><b style="font-family: inherit;">neorealisti</b><span style="font-family: inherit;"> – senza però la pesantezza di quel genere di cinema. E' un neorealismo affogato nel sangue di un horror, produzioni con un </span><b style="font-family: inherit;">motore pulp</b><span style="font-family: inherit;">, di </span><b style="font-family: inherit;">puro intrattenimento</b><span style="font-family: inherit;">, che tuttavia adopera scenari e persone più che “reali”. Un genere e uno stile pertanto collocabili negli anni '80 grazie a un sottostante fondamento economico e tecnologico, ovvero il </span><b style="font-family: inherit;">successo delle VHS</b><span style="font-family: inherit;"> e il boom di un mercato “indie”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se dunque si considerano questi due assunti, il “realismo” degli attori e le fondamenta economiche, risulterà chiaro perché tutto il <b>revival degli anni '80</b> sia destinato a fallire. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questo decennio <b>2010-2020</b> è ammalato di <b>retronostalgismo</b>, di rimpianto per gli anni '80, il decennio meraviglioso: eppure non si comprende come non siano gli elementi superficiali a generare la nostalgia, ma il <b>cuore di autenticità</b> alla base. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">In altre parole la nostalgia verso gli anni '80 si è concentrata negli <b>oggetti</b>, nella moda, nello stile, ingannandosi sul <b>contenuto reale</b> di questo sentimento. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Chi afferma di amare gli anni '80, in realtà ama il cuore di autenticità, di naturalezza alla base dei suoi lavori migliori. E' una confusione tra <b>forma e sostanza</b>, tra <b>contenitore e contenuto</b>. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Se davvero si amassero gli anni '80, bisognerebbe allora amare le produzioni a basso budget con la telecamera a mano, i corti e i progetti <i>fan made</i>, i film girati dagli appassionati e dagli aspiranti registi con due spicci e tanto coraggio. Se dobbiamo cercare un successore alla videocassetta come mezzo di produzione dal basso, chiaramente dobbiamo rivolgerci agli <b>horror found footage</b>, ad esempio. O alle produzioni finanziate <b>via crowdfunding</b>. Ammetto, sono il primo a essere scettico verso questo genere di produzioni. I film con telecamera a mano mi causano violente ulcere. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">E tuttavia... se davvero si amano gli anni '80, è chiaro come oggetto di quest'amore non possano essere elementi <b>superficiali</b>, <b>stilistici</b>: quel tipo di auto, quel tipo di capigliatura, quella moda... impossibile sviluppare un legame così forte e così nostalgico con qualcosa di talmente stupido e terreno. I <b>ricordi</b>, certo, possono spiegare il fenomeno: tuttavia, perchè allora così tanti <i>millenials</i>, gente della mia generazione, adolescenti compresi, affermano di <b>rimpiangere</b> quegli anni? </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Il bisogno di darsi un'identità, un contegno, può spiegare quest'atteggiamento, ma al fondo si riconosce un <b>nocciolo di autenticità</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La <b>nostalgia verso gli anni '80</b> è pertanto un <b>inganno</b> nato da uno <b>sfortunato malinteso</b>, dove si è scambiato la qualità di un oggetto con la “cosa” stessa. Non era l'oggetto, il film degli anni '80, la causa della nostalgia, ma le <b>qualità associate ad esso</b>. Il suo essere “vero”. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Se vogliamo fare un paragone: un uomo incontra la donna della sua vita. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Il suo amore incondizionato indossa una <b>giacca in pelle</b>, che associa alla sensazione positiva dell'incontro. L'uomo diventa in seguito orfano di questo primo, indimenticabile amore. Lei lo lascia, muore, si separano, ecc ecc L'uomo allora continua nelle sue disavventure sentimentali, ma invece di riconoscere nel suo primo amore quelle caratteristiche psicologiche che l'avevano avvinto, egli <b>associa la donna alla giacca in pelle</b>. Di conseguenza, dovunque egli sia, a una festa, a un ballo, a un incontro di lavoro, deve sempre provarci con ogni donna che indossa una giacca in pelle. L'uomo ha ormai sostituito quanto era solo un simbolo con un oggetto: la giacca in pelle <b>è il suo amore</b>. Scambiando così <b>oggetto con soggetto</b>, <b>feticismo con amore</b>. L'uomo sono infatti i nostalgici degli anni '80, la donna i film che rimpiangono, i remake le donne con la giacca in pelle. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In sostanza la nostalgia verso gli anni '80 è questo e non altro. </span></div>
<br />Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-71489158836043419802018-04-27T09:02:00.002+02:002018-05-01T00:14:24.212+02:00FantaTrieste, di Luigi R. Berto: quando la fantascienza è di casa <div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgoztCBtmpngUZ2FFbJSRdNhf-rMwczVbQLNAkzNFFT166nDIYysYBJKAYueqR_eJObvk9hgDc-w2jIW0oVQ5_Nx0YZAmAbEqfMPUrG2dOfjlFYrnbSqaKAczOhcGskAbxE_R_oevyYi-lv/s1600/fantatrieste+luigi-r-berto+compressor.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1041" data-original-width="749" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgoztCBtmpngUZ2FFbJSRdNhf-rMwczVbQLNAkzNFFT166nDIYysYBJKAYueqR_eJObvk9hgDc-w2jIW0oVQ5_Nx0YZAmAbEqfMPUrG2dOfjlFYrnbSqaKAczOhcGskAbxE_R_oevyYi-lv/s400/fantatrieste+luigi-r-berto+compressor.png" width="286" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Mi sono sempre chiesto se certe caratteristiche, nel bene e nel male, degli <b>autopubblicati</b> siano veramente attribuibili alle edizioni elettroniche o semplicemente riflettano atteggiamenti di chi intraprende questa strada. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il libro in questione, “<b>FantaTrieste</b>” (<b>1973</b>), di <b>Luigi R. Berto</b>, è chiaramente un autopubblicato. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Luigi R. Berto</b> (<b>1913-1983</b>), a volte noto come “Giulio Bert”, è stato un grande scrittore della fantascienza triestina, oggigiorno completamente dimenticato. </div>
<div style="text-align: justify;">
In seguito a una formazione in geologia e mineralogia, tra gli <b>anni '50 e '60</b> si dedicò con passione all'<b>astronautica</b> e alla <b>fantascienza</b>, divenendo attivo divulgatore delle imprese dei pionieri dello spazio. Pubblicò sul “<b>Piccolo</b>” una storia della fantascienza a puntate, per attirare interesse verso il primo omonimo Festival a Trieste; in seguitò pubblicò numerosi racconti sulla rivista romana “<b>Oltre il Cielo – Missili&Razzi</b>”.</div>
<div style="text-align: justify;">
Fondatore per suo conto di un “<b>Centro diffusione scienze astronautiche e tecnologie dello spazio</b>”, intraprese poi la durissima strada dell'autopubblicazione cartacea pubblicando diversi racconti e antologie con lo <b>ciclostile</b>, in seguito inviati agli interessati per mezzo di posta. </div>
<div style="text-align: justify;">
Forse il suo maggior successo di divulgatore fu una <b>mostra</b> organizzata al <b>CCA</b> di Trieste sullo <b>Spazio</b>, con fotografie e modellini, rivolta verso quanto ci si augurava il futuro dell'umanità. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Negli ultimi mesi sono giunto a conoscenza con un <a href="http://grandeavvilente.blogspot.it/2018/04/gruppo-fantatrieste-e-trapezoedro.html">gruppo di scrittori e blogger triestini</a> di fantascienza, chiamato “<b>FantaTrieste</b>”, e nell'ambito di un progettino di scrittura che coltiviamo da tempo ci è sembrato benaugurante recuperare quest'antologia nostra omonima. <b>Fabio Aloisio</b>, finalista all'Urania Shorts 2017 e Robot 2018, è stato così gentile da prestarmi il volume consunto e non sono riuscito a trattenermi dal recensire quest'autentica <b>capsula temporale </b>dal 1973.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Sono, nella definizione stessa dell'autore, tutti racconti di fantascienza <b>ambientati a Trieste</b>, infatti come Luigi R. Berto spiega, “Nella stragrande maggioranza dei casi i racconti di <i>Science Fiction</i> si svolgono sullo sfondo di vasti spazi siderei, oppure in quelle megalopoli che si chiamano Londra, Parigi, New York, ecc... , oppure ancora in paesi e paesotti esotici. Nulla da eccepire; è nella stessa natura di questo tipo di narrativa. Tuttavia anche in racconti che si svolgono vicino a noi, il nome di Trieste non compare.” </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Tre elementi</b> caratterizzano questa raccolta e la differenziano dalle tante antologie “moderne”. </div>
<div style="text-align: justify;">
In primo luogo, la natura di autopubblicato assicura una certa <b>originalità alle storie</b>, in molti casi superiori a tante opere pretenziose lette negli ultimi anni. Le idee, specie considerando il 1973, sono tante e buone. Voler raccontare una bella storia, scriverla e pubblicarla sono qui un tutt'uno, senza intermediari o attese: in tal senso è davvero nello spirito degli autopubblicati. </div>
<div style="text-align: justify;">
Dall'altro, proprio la scelta “in proprio” rende questo volume un tracollo continuo di virgole mancanti, correzioni, <b>editing assente</b>; anche se va sottolineato, a differenza degli scrittori odierni, quanto meno Luigi R. Berto non fa errori di battitura nella quarta di copertina...</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
In secondo luogo il <b>linguaggio</b> oscilla da una padronanza dell'italiano umiliante oggigiorno, ricca d'inflessioni, d'un vocabolario nutrito di una dieta classica, a curiose infiltrazioni dialettali, a espressioni colloquiali nei dialoghi all'epoca comuni, ormai bizzarre. Ad esempio uno dei protagonisti cerca “roba nel frigo” e tutti ripetono “Benone!”. Le battute di dialogo poi sfiorano le pagine intere, assolvendo a uno <i>show, don't tell</i> unicamente verbale. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Infine, concludendo, l'antologia è affascinante nel ritratto che offre di <b>Trieste</b>, trasposta di volta in volta nel futuro e nel passato. L'autore, già negli anni '70 con una certa età (1913), mescola e diversifica i generi, con una carrellata molto varia, dal distopico, all'ottimista, alla fantascienza come speculazione scientifica. Tuttavia se i racconti sono protesi nella parte “scienza” al futuro, nella storia e nei personaggi, sono ancorati nel <i>pulp</i> e nell'intrattenimento, con scontri, duelli e inserzioni di elementi propriamente fantastici, come i miti nordici. La Trieste ritratta pertanto diventa “mitologica” (<b>Terges-te</b>) o fantasmatica o apertamente distopica, senza tuttavia mai perdere una <b>bellezza naturale</b>, legata al mare e al Carso.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Si parte con “<b>Processo nel futuro</b>”, racconto di viaggi nel tempo afferente più all'ambito dell'avventura meravigliosa che alle sottigliezze spazio-temporali. </div>
<div style="text-align: justify;">
In un remoto futuro, in una Trieste che si intuisce futuristica senza essere irriconoscibile, la razza umana ha trasceso ogni barriera e vincolo, conquistando l'immortalità, sconfiggendo le malattie e viaggiando tra i pianeti. Un unico cruccio tormenta i saggi di quest'umanità tanto superiore: da tempo, una catena di delitti, incomprensibile in una simile era di pace, tormenta la civiltà umana. Senza ragione, questi umani così perfetti, così evoluti si abbandonano al peccato di Caino. Il <b>Capitano Norvan di Marte</b> viene incaricato di viaggiare <b>indietro nel tempo</b>, fino agli albori dell'umanità, per scoprire quale “tara” genetica continui a causare, millenni in avanti, l'atavico impulso all'uccidere. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Norvan, approdato così alla <b>preistoria</b>, dove un tempo sorgerà Trieste, visita la <b>grotta di Pola</b> e nell'occasione difende una tribù umana da una razza di australopitechi. Si tratta di mangiatori di carne umana, coniugi degenerati. Così facendo, viola una delle principali direttive degli <b>Esploratori Temporali</b>, ovvero mai interferire, mai stringere contatto con gli eventi del passato. Da quel momento in poi, complice una storia d'amore con una bella neandertal, chiamata Ekaela, Norvan si adopera per far crescere e maturare quella tribù: sarà grazie ai suoi sforzi che verranno costruiti i primi <b>castellieri</b> del Carso. </div>
<div style="text-align: justify;">
La storia si dipana con due diversi piani temporali: il processo, a lui intentato nel futuro, e le sue disavventure nella preistoria del Friuli Venezia Giulia. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Storia avventurosa e con un colpo di scena insospettabilmente crudele nel finale, capace di annoiare negli interminabili dialoghi del processo, ma abile nel tratteggiare la vita degli uomini preistorici. Luigi R. Berto tende a <b>idealizzare</b> la vita di queste tribù, a cui guarda con una certa simpatia. Norvan dimentica i suoi apprendimenti, la sua “civiltà” superiore e si abbandona con gioia alla vita del cacciatore-raccoglitore, aiutando con la sua superiore conoscenza a far evolvere la “sua” tribù di primitivi triestini. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La macchina del tempo, un “<b>ovoide</b>”, viene descritta senza badare a spese e senza indietreggiare dalla scientificità del mezzo. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
La connessione fra il geoscopio ed il localizzatore automatico fu rapidissima. La sonda plastica uscì veloce dalla guaina metallica penetrando con uno scatto nella sabbia morbida e fine. Norvan regolò il quadrante segmentato e premette un pulsante. Una luce diafana si allargò dalla sonda e rese luminescente tutt'intorno il terreno per un raggio di una decina di metri. L'indice del quadrante si mosse verso la linea rossa, oscillò un momento e poi si fermò con un secco rumore. Il piccolo localizzatore impazzì e Norvan avvertì nella mano altissime vibrazioni, mentre le cifre andavano a sistemarsi in ordine perfetto. Con impazienza attese i risultati. La lettura attenta degli apparecchi gli ridiede la calma. Si trovava alla latitudine di circa 45' Nord ed alla longitudine di 14' Est, nell'Eocene inferiore dell'Era Cenezoica. </blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La tribù è convinta come Norvan sia un <b>dio</b> e lo sciamano del gruppo lo chiama <b>Terges-to</b>, come l'antico nome di Trieste, <b>Tergeste</b>, in realtà derivato dal “<b>terg</b>” del dialetto veneto, che significa “mercato”, a simboleggiare la natura di porto-città da sempre caratteristica del capoluogo. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh676fKQzQjnK0T37j6wdd1p71y29KCHTzRyzlzvCogXyxWXTHZ-Hx_K0j-ePf0CqjUqOtS8M8UZmZIhrmkkUL9RyIFOhh-jiRu85SNS0uSo2tA5XTF_t_VGKtenutE9J8MAAq0-FqU6AY_/s1600/franzetta+savages.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="391" data-original-width="941" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh676fKQzQjnK0T37j6wdd1p71y29KCHTzRyzlzvCogXyxWXTHZ-Hx_K0j-ePf0CqjUqOtS8M8UZmZIhrmkkUL9RyIFOhh-jiRu85SNS0uSo2tA5XTF_t_VGKtenutE9J8MAAq0-FqU6AY_/s640/franzetta+savages.jpg" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Dai viaggi nel tempo alla commedia: con “<b>Picto</b>”, Luigi R. Berto racconta le avventure di un ladruncolo di strada, che in fuga dalla polizia, sull'erta di “via dei Porta”, si rifugia in una casa. </div>
<div style="text-align: justify;">
Il proprietario ha un'<b>astronave interdimensionale</b> capace di viaggiare tra i pianeti dalla comodità del proprio salotto, costruita dallo zio, in seguito disperso. Per poter funzionare, la navicella abbisogna però di due conducenti, l'uno a bordo, l'altro sulla Terra, a manovrare i comandi...</div>
<div style="text-align: justify;">
Sotto la minaccia di una denuncia alla polizia, Picto è costretto a salire a bordo, con destinazione il pianeta <b>Marte</b>. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Una storia genuinamente <b>comica</b>, che mi sono divertito parecchio a leggere, nonostante le tante digressioni e alcune estenuanti descrizioni del cibo. Picto è un ignorantello, un furbetto che cerca di cavarsela al suo meglio. Il pianeta Marte risente dell'influenza dei moduli <i>burroughsiani</i>: ci si può camminare senza problemi, con il solo ausilio di una bombola, a causa di un'aria “un po' rarefatta”. </div>
<div style="text-align: justify;">
In tal senso l'elemento scientifico mi è parso derivante dagli anni '30, specie nel (divertente) colpo di scena. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La conclusione, ottimisticamente previdente di un viaggio su Marte nei prossimi anni, desta tristezza, se confrontata con la situazione attuale: </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
GRANDE ATTESA PER IL CONT DOWN – AMERICANI E SOVIETICI INIZIERANNO FRA QUALCHE GIORNO LO STORICO VIAGGIO FINO A MARTE – PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA DELL'UMANITÀ UNO O PIÙ UOMINI SBARCHERANNO SU UN ALTRO PIANETA – QUANTO COSTA L'ECCEZIONALE IMPRESA.</blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Da notare l'errore nell'anglicismo, “Cont”, invece di “Count”. </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
“<b>Il sesto lato dell'esagono</b>” procede con il salto di sottogeneri caratteristico della raccolta, passando dal comico al <b>distopico</b> nerissimo, insolitamente pessimista per essere un'antologia anni '60 e '70. Ancora una volta a Trieste, ancora una volta nel futuro, la specie sapiens sapiens è insidiata dagli “<b>anomali</b>”, passo successivo nell'evoluzione umana, dove l'uomo non è più individuo, ma si sviluppa come <b>uomo-gruppo</b>, una singola cellula sociale composta da sei esseri umani, per l'appunto i sei lati dell'esagono del titolo. Un'Unione Europa <i>borderline</i> col fascismo, governata con pugno di ferro, è alla continua ricerca delle “eccezioni”, degli “anomali”, in modo da poterli eliminare come minaccia alla propria specie. Il protagonista, <b>Massenzio Griver</b>, scopre, in una passeggiata dal Giardino Pubblico alle Rive, di essere il “sesto” lato di un esagono, uno degli anomali suo malgrado. Ogni lato dell'esagono assolve a una specifica funzione; nel caso di Massenzo egli è la <b>mente</b>, l'anomalo dall'eccezionale potere psichico. Questo sarà il primo passo di una catena di eventi che porterà i perseguitati “anomali” a fronteggiare finalmente i loro brutali cugini “umani”...</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La bellezza di una Trieste sostanzialmente molto simile all'abitato urbano degli anni '70 viene contrapposta da Luigi R. Berto a un <b>clima di repressione</b> e caccia alle streghe. </div>
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<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
- Ogni specie sulla via del tramonto si difende come può. Gli umani si insospettirono. Cominciarono a schedare i nostri padri, a bloccare ogni loro attività, a richiuderli nelle riserve. Poi iniziarono una vera e propria persecuzione. Per sfuggire ai controlli abbiamo dovuto ricorrere ai più disparati sotterfugi, altrimenti ci avrebbero distrutti. L'umanità che ci precede è feroce e priva di alcun scrupolo. Chi veniva scoperto aveva un terribile destino nei laboratori sperimentali. La nostra vita era complicata dal fatto che ignoravamo della necessità di unirsi in gruppo per manifestare tutta la nostra potenza. – </blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Come mi ha fatto notare Fabio Aloisio gli anomali sono identici agli <b>X-Men</b>, a tutti gli effetti una versione triestina dei supereroi americani. </div>
<div style="text-align: justify;">
Mi chiedo se Luigi R. Berto leggesse i fumetti...</div>
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<br /></div>
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L'antagonista, degno epigone di un cattivo da <i>cartoon</i>, ha in effetti il suo “castello” in una tana sotterranea nel <b>colle di S. Giusto</b> (città alta), confermando quest'impressione: </div>
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<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
Anton Gioano Alma, il potente Capo della Polizia Intereuropea, risiedeva da anni a Trieste, ma pochi sapevano che egli abitava nella città alta in una splendida villa circondata da un magnifico parco. Parco e villa però, servivano solo a mascherare la vera tana del lupo, una ciclopica costruzione posta a quattrocento metri sotto il suolo e dove in continuità, notte e giorno, ronzavano strani apparecchi e misteriosi congegni, attorno ai quali s'affaccendavano numerosi tecnici altamente specializzati. </blockquote>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il racconto tuttavia colpisce a fondo quando si tratta di descrivere una <b>civiltà stagnante</b>, ferma, immobile, un turbo capitalismo coniugato a tendenze autocratiche. </div>
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Tuttavia, ancora una volta, Luigi R. Berto esprime tutto ciò con una serie di dialoghi esageratamente farraginosi: </div>
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<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
- Da molti particolari. La specie attuale, lo ripeto, è sulla via del tramonto. I grandi slanci eroici del passato si sono esauriti. Le droghe di cent'anni fa sono state sostituite dall'azione più subdola degli stimolatori di estasi artificiali. Le donne, tutte, rifiutano la maternità oppure affidano dopo qualche mese di gravidanza i frutti della loro carne a pseudouomini che si prestano, per avidità di denaro, a ospitare, per via chirurgica, nelle proprie viscere i nascituri. Inutile parlare dei maschi, ridotti ormai alle pure funzioni di bambolotti di piacere. Il novanta per cento dei neonati è psichicamente tarato. Queste sono le prove che è stato più speso per propagandare la libertà che per rendere veramente liberi gli uomini. In pratica sono diventati schiavi di un sordido condizionamento, che ha schiacciato l'individuo senza elevarne moralmente le comunità. E se nell'arte sono stati dispersi tutti i valori creativi, nelle tecnologie siamo addirittura nel ridicolo. Farò un solo esempio: Ricordate gli entusiasmi del secolo passato quando iniziarono l'esplorazione dello spazio? Si trattava di propaganda di certe nazioni, di espressioni di potenza, di prestigio, d'accordo. Però capaci di scuotere l'animale uomo. Subito seguì una paurosa involuzione ed oggi girano attorno a noi quei rottami metallici che soltanto gli imbecilli si ostinano a chiamare pomposamente “astronavi”.</blockquote>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La <b>fantascienza ambientalista</b> fa capolino con chiari intenti morali in “<b>Acqua per Lember</b>”, dove un uomo proveniente da un altro pianeta visita una famiglia in Carso, chiedendo aiuto per la sua gente: in seguito a una catastrofe il suo luogo d'origine non ha la più singola goccia d'acqua, al contrario della Terra, globo terracqueo per eccellenza. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Quanto segue è il resoconto di una civiltà umana che si era spinta fino alle stelle, salvo sfruttare le proprie risorse per perpetuare un'economia talmente <b>consumista</b> da far sembrare un Mac Donald il rifugio del Dalai Lama. I pianeti sono stati saccheggiati, svuotati fino all'osso, l'economia è stata sottoposta alla crescita più rapida immaginabile, con la conseguenza di un contraccolpo ambientale sul pianeta “madre”, Lember, dove per il collasso ecologico si sono ritrovati senz'acqua. L'uomo in effetti proviene da una delle poche enclavi sopravvissute alla distruzione del pianeta, decaduto in una barbarie <b>post apocalittica</b>. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Luigi R. Berto dimostra una profonda sfiducia nella sua <b>classe politica</b>, tanto sulla Terra quanto su Lember, con una conclusione insospettabilmente pessimista, nonostante un <i>happy end</i> appiccicato poi con lo scotch della cattiva narrativa.<br />
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOVCWBYGIHV40p8LZtrcO5wQzQgoL9ANLnYotnXn82qTwEFPwNXf3DCXDHuqR6FLDPIZ-SjnKHHqa7M8jBROs79onld1bhpP3xSL5h3ShW1hh6tHFANMpf_Gc6jkRnWIjKR4L-EMHFt7gn/s1600/Trieste+Science+%252B+Fiction+2017.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="282" data-original-width="860" height="209" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOVCWBYGIHV40p8LZtrcO5wQzQgoL9ANLnYotnXn82qTwEFPwNXf3DCXDHuqR6FLDPIZ-SjnKHHqa7M8jBROs79onld1bhpP3xSL5h3ShW1hh6tHFANMpf_Gc6jkRnWIjKR4L-EMHFt7gn/s640/Trieste+Science+%252B+Fiction+2017.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Qualcuno ha detto... Trieste Science+Fiction? ;-)</td></tr>
</tbody></table>
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“<b>I sacri giorni della grande macchina</b>” continua invece il filone distopico, anche se vi innesta una divagazione <b>metafisica,</b> con relativo finale. Racconto altalenante, dove l'incipit (quasi) comico cede poi il passo a una narrazione progressivamente più drammatica. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
In un futuro prossimo, la popolazione è cresciuta a ritmo tale da costringere le diverse città ad avere ciascuna una “<b>Grande Macchina</b>”, un conglomerato industriale capace di produrre per suo conto il cibo sintetico necessario al fabbisogno della popolazione. L'élite, quanto oggi è l'1%, vive in lussuose ville, mentre tutti gli altri si affannano in una Trieste disperatamente sovrappopolata. Le diverse città sfogano l'ansia e la rabbia dei cittadini con una competizione incentrata sulla propria “Macchina”. Chi ha la macchina più grande, più bella, più produttiva, ha maggiore prestigio. </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il protagonista, “<b>Costruttore</b>”, diretto responsabile della “Macchina”, è un uomo convinto del sistema fino quando scopre, un po' per caso, un po' per curiosità, un'orribile verità sul funzionamento del <b>cervello meccanico</b> alla base della vita del capoluogo. </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il racconto è nella tradizione di <b>1984</b>, ma possiede anche elementi di satira sociale e comicità pura – il protagonista ad esempio è dipendente da un gas esilarante noto come “Pip” – e ha più di un debito verso il romanzo e correlato film degli anni '70, “<b>2022: i sopravvissuti</b>”, o “<b>Largo! Largo!</b>”. </div>
<div style="text-align: justify;">
Tuttavia vi è qui presente un <b>elemento</b> “<b>alieno</b>” che funziona da passepartout narrativo della vicenda, risolvendola per il meglio. </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Uno degli aspetti più affascinanti per il lettore moderno, specie se triestino, è la descrizione di Trieste: </div>
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<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
S'alzò e lo sguardo gli cadde sul grande pannello tridimensionale che campeggiava alle sue spalle. Quel quadro gli piaceva, gli ridava la calma allo spirito. Un panorama di Trieste dell'anno 1980, quando la città aveva appena trecentomila abitanti. Le case strette le une sulle altre, il disordinato via vai di quelli strambi veicoli a motore, la cappa di fumo sugli edifici grigi, un mare di sporco di mille porcherie. E gli abitanti vestiti come tanti artisti di varietà. Dovevano essere beati quei tempi del passato.<br />
<br />
Adesso invece la città contava due milioni d'anime.<br />
Si stendeva dal mare, al quale aveva rubato una vasta porzione della sua superficie, all'ampio altopiano che una volta si chiamava il Carso. Era stato questo un vero mare di pietra calcarea, pieno di buchi, di grotte e caverne, giustamente vinto dagli esteti e pianificatori che lo avevano bonificato trasformandolo in zona residenziale riservata ai cittadini di censo cospicuo. La gente comune godeva la vista degli alberi e delle erbe della regione al Museo di Storia Umana, accanto alle lepri, alle starne, ai colombi selvatici, ai fagiani, ed ai caprioli, tutti imbalsamati. Gli edifici della città avevano raggiunto altezze di cento, duecento metri ed ospitavano migliaia di famiglie in appartamenti che i pessimisti giudicavano piccoli, ma cinque metri cubi d'aria per persona sono più che sufficienti, specialmente se si tengono aperte le finestre.<br />
<br />
La Trieste moderna non rassomigliava certamente a quella del passato. Smembrata e rimembrata più volte per dare posto all'invasione sempre più pressante dei veicoli a motore, una cinquantina d'anni prima era stata quasi completamente riedificata ed i veicoli privati e pubblici sostituiti da corsie mobili. Così si andava da un capo all'altro della città montando su una pista metallizzata che portava direttamente alla destinazione prescelta. </blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Una brusca virata dalla scientificità dei racconti precedenti all'<b>urban fantasy</b> che si maschera da fantascienza: è il caso del penultimo racconto dell'antologia, “<b>La spiaggia dei dimenticati</b>”. </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Sieg</b>, un soldato di leva della <b>Wehrmacht</b>, si è riciclato nella Trieste sotto occupazione anglo-americana del <b>1946</b> come tuttofare e aiutante, fingendosi “Mario Veris da Pola”. Gli inglesi non sanno infatti distinguere tra il suo italiano zoppicante e il triestino. Nelle precedenti battaglie Sieg è sempre sopravvissuto, vedendo i suoi compagni di plotone cadere uno a uno, senza eccezione: come se qualcosa, una maledizione, un dono, avesse scelto di proteggerlo da ogni danno. </div>
<div style="text-align: justify;">
Scelto come guardia alle <b>spiagge di Sistiana</b>, Sieg sperimenta diverse notti insonni quando apparizioni di spiriti e fantasmi lo tormentano con incubi e strani rumori. </div>
<div style="text-align: justify;">
La verità di questi fenomeni soprannaturali si rivelerà presto qualcosa d'alieno e imprevedibile, che cambierà per sempre la vita del giovane teutonico. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il racconto parte molto bene, con l'affascinate descrizione della <b>Trieste del 1946</b>, con qualche dialetto triestino, inframezzato dalle espressioni inglesi e dalle riflessioni dell'ex soldato dell'Asse. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
La città gli piaceva. All'aria mediterranea si mescolava un tantino di nordico. I veri triestini, gente pratica, socievoli, punto incline al pessimismo, erano caustici, forse un po' rudi, ma cordiali, ospitali, con qualche nostalgia della passata grandezza sotto l'antico Impero. Quasi tutti gli anziani sapevano esprimersi in più di una lingua. Una città di confine, una finestra aperta sul mondo. </blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il passaggio dall'elemento quotidiano al soprannaturale e da quest'ultimo alla “scienza”, nella forma della civiltà “dimenticata” nella tradizione di <b>Atlantide</b>, si trascina un po' troppo. In definitiva, come con il primo racconto dell'antologia, si sente qui il <b>peso degli anni</b>. La scelta di un protagonista tedesco, la Trieste del 1946 e i richiami alla mitologia nordica concorrono comunque a renderlo il secondo racconto più interessante, dopo “Il sesto lato dell'esagono”. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
“<b>Potere Risolutivo</b>” infine conclude l'antologia, con un <b>fuoriclasse</b>: si tratta di una storia premiata alla Quinta Edizione del Premio Letterario Regionale 1972 e appare l'unica a trasgredire alla regola di essere ambientata a Trieste. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Un futuro tanto lontano da risultare inimmaginabile presenta a fronteggiarsi <b>due creature</b>, penultimo <i>step</i> prima della fine dell'evoluzione, ovvero la “Grande Creatura” coincidente con l'universo. </div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Humb</b>, il protagonista, un'informe creatura multi dimensionale, capace di comandare intere galassie con la sua forza, è votato all'<b>entropia</b>, all'eliminazione non solo di ogni forma di vita, ma di ogni materia fino al nulla più assoluto. </div>
<div style="text-align: justify;">
Il suo nemico, unica potenza alla pari, è <b>Bahari</b>, un altro alieno che domina su intere galassie, sostenitore della <b>Creazione</b> come fine ultimo. Il suo obiettivo è l'espansione, la crescita, un'evoluzione incontrollata fino all'apice assoluto, la “<b>Grande Creatura</b>”. </div>
<div style="text-align: justify;">
Al contrario, Humb ha osservato la sofferenza connaturata all'evoluzione e come un <b>Leopardi</b> alieno, ne ha compreso il dolore, la crudeltà di <b>natura matrigna</b>. Il suo obiettivo è far cessare questa eterna sofferenza con la scomparsa di tutto: dai pianeti, alle stelle, fino al tessuto stesso della realtà. La breve storia è letteralmente il resoconto di questo scontro titanico e nonostante risulti verboso e impossibile da immaginare, non si può non applaudire la fantasia di Luigi R. Berto. </div>
<div style="text-align: justify;">
Una buona conclusione per questa capsula temporale dagli anni '70. </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Di seguito, per gli accademici e i più curiosi, ho scannerizzato le immagini interne al volume, compreso il catalogo auto prodotto della casa editrice di Luigi R. Berto (introvabile): </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<div style="text-align: justify;">
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<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWT3wT4Ksmbwm2ABmrNNQ0VDDeTo8QksP7fo9AmIAEuyc-0lx-p2wgw61hSVdq0YzacpI9by5IJCDpIlX3yK3t8_ecEoielwhZZbyl5VYAHdYujg1A2J55SMAiCVVhVqPjmteVMTbh05Q3/s1600/fantatrieste-potere-risolutivo-compressor.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="818" data-original-width="591" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWT3wT4Ksmbwm2ABmrNNQ0VDDeTo8QksP7fo9AmIAEuyc-0lx-p2wgw61hSVdq0YzacpI9by5IJCDpIlX3yK3t8_ecEoielwhZZbyl5VYAHdYujg1A2J55SMAiCVVhVqPjmteVMTbh05Q3/s200/fantatrieste-potere-risolutivo-compressor.png" width="144" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgT_u_hWlWBzF8vBPa7aeA810Ir4L5BVt1BeTDwgT5Pixdp1SNGrQcpPexsoMnxHv9asB_hJ0BZ0qSJx8zW3_mzrVwhQbjEcI4Sj7dZH35kB72D3aGRGZejw1ZqLyeB0skJOWn7aJnF7-95/s1600/fantatrieste-catalogo-compressor.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1035" data-original-width="769" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgT_u_hWlWBzF8vBPa7aeA810Ir4L5BVt1BeTDwgT5Pixdp1SNGrQcpPexsoMnxHv9asB_hJ0BZ0qSJx8zW3_mzrVwhQbjEcI4Sj7dZH35kB72D3aGRGZejw1ZqLyeB0skJOWn7aJnF7-95/s200/fantatrieste-catalogo-compressor.png" width="148" /></a></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-16567512857276793612018-04-24T06:30:00.000+02:002018-04-27T11:35:23.632+02:00Dungeons & Dragons non è mai esistito<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRx0ifbBYWgqmbHczh6qZkFiarGszTaTBpjBUQKVz3jVa3nj5S0Unx8NyHfjoESIM-uIlHdRZTlFEgqe4QfFs1EW8jt80abkHp2dwC4ODxpjbmWl-tPTGULIsGSOGyRE7vs4_2Lph9lfhT/s1600/dungeons+%2526+dragons+non+%25C3%25A8+mai+esistito+%25281%2529.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1513" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRx0ifbBYWgqmbHczh6qZkFiarGszTaTBpjBUQKVz3jVa3nj5S0Unx8NyHfjoESIM-uIlHdRZTlFEgqe4QfFs1EW8jt80abkHp2dwC4ODxpjbmWl-tPTGULIsGSOGyRE7vs4_2Lph9lfhT/s320/dungeons+%2526+dragons+non+%25C3%25A8+mai+esistito+%25281%2529.jpg" width="302" /></a><span style="font-family: inherit;">Quando andavo alla scuola media, rimasi affascinato, nella sezione adulti della <b>biblioteca popolare</b> di Trieste, da una lunga fila di <b>manuali</b> riccamente illustrati e rilegati, ciascuno del peso di un dizionario di latino: si trattava dell'edizione del <b>'2000</b> di <b>Dungeons&Dragons 3.5</b>, <b>Wizards of the Coast</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Una serie di titoli enigmatici: Manuale del Giocatore, Manuale dei Mostri, Guida del Dungeon Master.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mi sono spesso chiesto quale utente della biblioteca abbia approfittato del sistema di richiesta dei libri per ordinare questi giochi di ruolo, oltre a D&D, un'estesa linea di volumi di vampiri e licantropi della <b>White Wolf</b>, “Mondo di tenebra”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Li presi a prestito – nonostante la disapprovazione della bibliotecaria – e ci trascorsi un interessante fine settimana. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Avevo forse dodici? <b>Tredici anni</b>?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">L'odore della carta, le illustrazioni, il layout con la pergamena in trasparenza... una quantità di particolari al limite dell'autismo, che tuttavia non detraeva dall'<b>incomprensibilità delle regole</b>.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">Letteralmente non capivo come si giocava. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Avevo afferrato il concetto: master come arbitro, manuale per i giocatori, mostri da cui attingere per i dungeon. Le meccaniche tuttavia erano confuse, si saltava da un argomento all'altro, non si capiva da dove iniziare. Dal semplice manuale non c'era una guida passo per passo, ma una sorta di <b>confusa enciclopedia</b>. Nello stesso periodo giocavo a Warhammer Fantasy VI edizione, ero abituato a tabelle, schemi, liste, punteggi... eppure questi manuali mi suonavano astrusi quanto il peggiore problema di matematica. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Anni dopo, alle <b>Superiori</b>, giocai a D&D, anche se non sono mai stato un “vero” giocatore di ruolo, preferendo sempre i <i>wargames</i> con miniature, sebbene abbia sempre conservato del ruolo il nocciolo della storia e del background. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mi sono spesso chiesto, a confronto con la mia esperienza, quale doveva essere l'impatto di <b>Dungeons&Dragons</b> negli <b>anni '70</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sei un adolescente americano, vivi in un sobborgo di provincia, i tuoi amici hanno contatto al più con la scena dei fumetti underground e con i <i>paperback</i> fantasy di quegli anni, da Michael Moorcok alle ristampe di Burroughs. Senti parlare di questo “<b>D&D</b>”. Dovrebbe essere una qualche sorta di gioco, ma nessuno riesce a raccapezzarsi: alla fine, in un negozio presumo di fumetti o di giocattoli, acquisti una scatola marrone di Dungeons&Dragons del 1974. La prima, in assoluto. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come poteva un ragazzino comprendere regole <b>così astruse</b>, così complesse, così bizzarre? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mi sembra evidente come nella maggior parte dei casi le prime edizioni di D&D fossero una derivazione dal <i>wargaming</i> storico di <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Donald_Featherstone_(wargamer)">Donald Featherstone</a>, con tabelle, punteggi e simboli che si può solo definire <b>esoterici</b>, proprio nel senso di essere segni senza significato. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mettersi d'accordo su <b>cos'era D&D</b> doveva essere la più difficile impresa del mondo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Qual'era il modo corretto di giocare? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come interpretare quella regola? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Niente Internet. Niente tutorial su Youtube. Niente primi passi introduttivi. Niente esempi. Niente personaggi precostruiti. Niente riviste. Niente negozi online. Niente giocatori veterani. </span><span style="font-family: inherit;">Niente fiere (o quasi: la prima edizione è proprio alla Gencon del 1974). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quest'insieme di elementi, questo <b>mistero</b> attorno alla parola “Dungeons&Dragons”, di cui tutti parlavano nelle cerchie nerd negli anni '70, ma nessuno sapeva esattamente chi, come, cosa fosse... questo confluire di elementi contribuì già nei primi anni a formare un <b>culto di Dungeons&Dragons</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tutti volevano giocare a D&D, ma nessuno sapeva bene cosa fosse questo D&D e persino quando i giocatori riuscivano a scovare una delle poche edizioni delle regole, <b>interpretarle</b> diventava affare degno di un ermeneuta. In questo modo si può comprendere come una leggenda possa perpetuarsi dalla necessità di avere un “interprete”, un adepto, un prete a contatto con la divinità “D&D” capace d'interpretarne i testi sacri e svelarli ai suoi allievi/giocatori. Alla fin fine, nell'edizione pur facilitata della Wizards of the Coast, non era questo quanto avevo incontrato? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Manuali inaccessibili senza un aiuto dall'esterno (oggigiorno da Internet). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMA7A1CugrDKNecGx6q6YauN4wqVjkehvf_Umdi2NP2bdoa09xOUIsCmme92T4pQIvh2VsfOGcYdb41PlH01-RsnONKvtg6vUcXtuzmj2zDJfLvoa4TaggiaxWgzrMnx9MZfPwh9VYi2N8/s1600/dungeon+dragons.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="604" data-original-width="467" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMA7A1CugrDKNecGx6q6YauN4wqVjkehvf_Umdi2NP2bdoa09xOUIsCmme92T4pQIvh2VsfOGcYdb41PlH01-RsnONKvtg6vUcXtuzmj2zDJfLvoa4TaggiaxWgzrMnx9MZfPwh9VYi2N8/s320/dungeon+dragons.jpg" width="246" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Facile giocare di ruolo se il tuo Master è </span><b style="font-family: inherit;">Gary Gygax</b><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Facile rimpiangere le mitiche origini del gioco di ruolo se si è già consapevoli di cosa sia il ruolo, di cosa sia D&D, se già si conoscono tutte quelle piccole convenzioni e quel gergo che i giocatori danno per scontato, ma che nella realtà negli anni '70 era ancora tutto da imparare. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si potrebbe riflettere a fondo su come tutta la saggistica e le biografie su D&D preferiscano partire dagli <b>anni '80</b> o preferiscano incentrare il focus solo sul padre/profeta/patriarca Gary Gygax. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I giocatori, in questo genere di trattazioni, sono totalmente assenti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Eppure, senza giocatori e senza il contributo sia intellettuale, su <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Dragon_(rivista)">Dragon magazine</a>, che economico, con il materiale in vendita nei negozi, sarebbe stato impossibile assicurare un futuro a Dungeons&Dragons. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">A questo proposito, un capitolo a parte meriterebbe la convinzione, sopravvissuta fino agli <b>anni '2000</b>, che il gioco di ruolo e nello specifico Dungeons&Dragons sarebbe presto diventato la nuova moda culturale, la nuova <b>onda della cultura pop</b>, come con i videogiochi e i fumetti, sulla cui cresta avremmo ovviamente trovato i nerd, su quelle tavole da surf che sono spesso i manuali rilegati degli anni '80 e '90. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Ron Edwards</b>, <b>designer</b> e <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Ron_Edwards">scrittore di giochi di ruolo indie</a>, autore di “<b>Trollbabe</b>” con la meccanica innovativa del “pool” che restituisce ai giocatori controllo sull'assoluta sovranità del dungeon master, negli ultimi mesi ha condotto una magnifica analisi della<b> storia di Dungeons&Dragons</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si tratta di un <b>seminario</b>, <a href="https://www.youtube.com/watch?time_continue=142&v=FmQz7-qe_3s">gratuitamente disponibile su Youtube</a>, dove Ron Edwards analizza proprio quanto ricercavo, ovvero la nascita e la situazione del Dungeons&Dragons negli <b>esordi</b>, seguendone poi la tormentata evoluzione fino al caos, autoriale e di copyright, della situazione attuale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Una storia del ruolo, dalla prospettiva dei giocatori e con la lente di analisi di un fine designer e filosofo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come se non bastasse, a partire dal nome, “<b>Finding D&D</b>”, che riecheggia l'evangelico “<b>Finding Jesus</b>”, Ron Edwards ha interpretato il fenomeno D&D sotto la prospettiva della storia delle religioni e nel particolare, della <b>storia del cristianesimo</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La prospettiva non è religiosa, quanto <b>storica</b>: cronologia, narrazione degli eventi e rielaborazione a posteriori della memoria da parte dei giocatori, con un parallelo nella rielaborazione del Testamento e dei Vangeli della Chiesa. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Senza ironia, Ron Edwards utilizza questa griglia interpretativa per spiegare come l'immagine di Dungeons&Dragons formatasi nella mente dei giocatori nel <b>2018</b> sia radicalmente diversa dall'immagine di Dungeons&Dragons <b>realmente esistente</b> negli <b>anni '70</b>. In questo modo, arriva a una tremenda verità: <b>Dungeons&Dragons</b> come lo intendiamo, come lo concepiamo, <b>non è mai esistito</b>. Dungeons&Dragons non esiste. E' un prodotto della memoria collettiva, un mito fondante, una tradizione inventata <i>ex novo</i>, un misto di superstizione e fraintendimenti. Come i kilt scozzesi sono un'invenzione vittoriana e gli stati nazione un prodotto culturale ottocentesco, anche Dungeons&Dragons è un prodotto di una specifica mentalità, una <b>narrazione condivisa</b> contraddetta da fatti storici totalmente diversi, se non proprio unilateralmente opposti. Si tratta dunque di un'<b>invenzione a posteriori</b>, non per questo meno reale o meno seria. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><i>On passant</i>, prima che passi ad analizzare singoli aspetti del seminario di Ron Edwards, si osservi il numero di visualizzazioni del designer. Esatto, nemmeno mille visite a video. A fronte di centinaia di video di nerd e fan, con milioni di visualizzazioni. Eppure questo non detrae dall'estrema importanza e livello culturale di questo <b>ciclo di conferenze</b>, probabilmente tra le migliori, tra le più affilate abbia mai sentito (o letto). Ancora una volta, l'ipotesi che Internet valorizzi i contenuti di qualità è pietosamente falsa. Bisogna andarseli a cercare, torcia in mano, nel dungeon di Internet Archive e dei siti meno aggiornati. <i>Hic sunt dracones</i>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQ5jbdcPhM3GPxGC-vs_gGlQSzBg_eWEiQIgX6laiR1emk2drMwGqaFdqL1mi4v-Ja7brl1eDs_x8vmUtFA0gey-nhHGkb3u5uACxxhSimZKJX7RK-CKnMY0lwDBRH0zZOnM2miaBKKDia/s1600/brown+box+1974+gencon+D%2526D.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="376" data-original-width="811" height="296" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQ5jbdcPhM3GPxGC-vs_gGlQSzBg_eWEiQIgX6laiR1emk2drMwGqaFdqL1mi4v-Ja7brl1eDs_x8vmUtFA0gey-nhHGkb3u5uACxxhSimZKJX7RK-CKnMY0lwDBRH0zZOnM2miaBKKDia/s640/brown+box+1974+gencon+D%2526D.jpg" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I primi passi di quanto diverrà noto come Dungeons&Dragons vengono fatti risalire alla “</span><b style="font-family: inherit;">brown box</b><span style="font-family: inherit;">”, una scatola marrone con adesivi bianchi, contenete tre libriccini per un gioco da tavolo che si chiamava D&D, mutuato dal gioco </span><b style="font-family: inherit;">Chainmail</b><span style="font-family: inherit;">, dello stesso Gygax, del 1971, a sua volta adattato dai </span><i style="font-family: inherit;">wargames</i><span style="font-family: inherit;"> degli anni '60 e '70, all'epoca tremendamente popolari in America. La scatola fu prodotta con </span><b style="font-family: inherit;">mille</b><span style="font-family: inherit;"> esemplari a Gencon, nel </span><b style="font-family: inherit;">1974</b><span style="font-family: inherit;">, dove si vendettero tutte le copie. Alcune finirono poi nei negozi underground, ma in generale la produzione fu così bassa che non si può parlare realisticamente di un successo di vendita, piuttosto di una tiratura estremamente limitata! </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Seguirono alcuni libriccini di ambientazioni e avventure, ovvero Greyhawk, Blackmoor, Eldritch Wizardry, Gods, Semigods and Hero's, che andarono a comporre un primo <b>nucleo di testi</b> “<b>sacri</b>”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La voce iniziava già a girare di un nuovo gioco rivoluzionario, questo “D&D”, che nessuno tuttavia sembrava saper giocare correttamente. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sempre negli stessi anni da quel fatidico 1974, iniziarono a circolare i <b>supplementi</b> della <b>Judges Guild</b> e i primi numeri del <b>Dragon Magazine</b>. Ancora una volta, guardando indietro, diventa chiaro come non ci fosse nessun piano preordinato, nessun primo “manuale”, quanto piuttosto una collezione di <b>frammenti</b>, sacri e profani, di quanto si presumeva un gioco sensato e completo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I numeri del Dragon Magazine seguivano una pubblicazione erratica e <i>una tantum</i>, con una distribuzione nei negozi totalmente casuale. I <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Judges_Guild">Judges Guild</a>, secondo Ron Edwards, erano piuttosto diffusi, ma non erano sufficienti per giocare. I giocatori all'epoca dovevano pertanto orientarsi tra le regole e gli articoli, cercando di ricostruire la tortuosa mente di Gygax e come effettivamente il gioco avrebbe dovuto svolgersi. Senza aver mai giocato – perchè a tutti gli effetti non era mai esistito – a un gioco di ruolo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un adolescente o un genitore entrato nel negozio alla ricerca di questo strano “D&D” ne sarebbe pertanto uscito con <b>qualche miniatura</b>, <b>un numero</b> o due <b>del Dragon Magazine</b> e forse un <b>manualetto</b>.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il miracolo – per restare nel lessico religioso – di questa disorganizzazione, è come non danneggiò D&D, quanto piuttosto lo trasformò in una <b>leggenda</b>, in una caccia al sacro Graal. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Possiamo qui rinvenire un perfetto esempio di una costruzione a posteriori, falsamente basata su un fatto storico: i giocatori pensavano che esistesse un gioco di ruolo compiuto e sensato e che fosse loro colpa, per la mancanza di materiale o regole, se quanto tentavano di giocare non aveva alcun senso. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In realtà effettivamente <b>il gioco</b> a quell'epoca <b>non esisteva</b> nella sua interezza, era piuttosto un regolamento casalingo per Gary Gygax e i suoi amici, incomprensibile per tutti gli altri. In tal senso non si potrebbe comprendere la nascita di D&D e del suo culto, senza l'<b>isolamento</b> e la mancanza di telecomunicazioni proprie degli anni '70. Al di fuori delle <i>fanzine</i>, dei negozi, dei circoli, non c'era modo di sapere se questo “D&D” esistesse o meno in una forma completa e definitiva. I giocatori pertanto pensavano che mancasse loro un manuale o un materiale per avere finalmente un'idea di quanto giocavano, ma nella realtà la colpa era di un gioco ancora in via di formazione. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come gli stati nazionali spesso inventano i propri reperti archeologici per avvalorare le proprie origini, così i negozi dell'epoca, interessati a vendere un prodotto così richiesto, mettevano fuori dai negozi lo striscione “<b>Dungeons&Dragons Headquarters</b>”, pur non sapendo nemmeno loro come esattamente il gioco funzionasse. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La confusione non fu certo dissipata nel <b>1977</b> dalla pubblicazione del primo <b>Manuale dei Mostri</b>, rivoluzionario nella forma, anarchico nei contenuti, utilissimo per i Master; ma nella realtà dalle regole totalmente incompatibili con i giochi precedenti. Gli appassionati si comportavano come se ciascuno di questi manuali e supplementi fossero tra loro compatibili, ma si trattava di giochi diversi e di regole scoordinate tra loro, tra tutte l'<b>armor class</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In tal senso appare significativa la pubblicazione della “white box” di D&D, nel <b>1976</b>: a tutti gli effetti una ristampa dei tre manualetti della “brown box” del 1974. La confusione generata dai decenni e dal passare della storia appare qui evidente: quanto tutti definiscono la “white box” pensando al 1974, era in realtà una ristampa e la versione originale aveva adesivi bianchi, ma era una scatola marrone, causa anche i costi di stampa. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La situazione era ulteriormente complicata dal meglio noto <b>Dungeons&Dragons Basic Set</b>, di <b>J. Eric Holmes</b>, il quale a tutti gli effetti divideva la produzione di D&D in due filoni completamente diversi: l'<b>Advanced D&D</b>, del quale era già uscito il Manuale dei Mostri e a cui sarebbe seguito il Manuale del Giocatore e del Master, entrambi rivolti ai veterani, e dall'altro il set base, destinato ai negozi di giocattoli, dove si seguiva i personaggi passo per passo fino al quarto livello, a cui sarebbe seguito il “set” successivo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come osserva sardonico Ron Edwards, i giocatori all'epoca rimanevano convinti come tutto questo fosse un <b>piano preordinato</b>, dove ogni frammento, ogni articolo, ogni gioco in scatola andasse a comporre un più grande disegno. In tal senso Gygax veniva considerato Master/Dio non solo del gioco, quanto dei <b>piani di vendita</b>, nonostante già dal 1981 Gygax non si occupasse più dell'aspetto economico derivante da D&D, in mano alla TSR.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Impossibile pertanto rintracciare un'evoluzione organica, qualcosa di coerente, se non nella mente dei giocatori, continuamente costretti a orientarsi nei <b>labirinti di regole</b> tra loro scoordinate e artigianali. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In tal senso la necessità oggettiva di <b>imparare a giocare</b> motiva un<b> modello torneistico</b> diffuso alle tante fiere, da Gencon in poi, dove più Master eseguono tutti la stessa avventura con gruppi di giocatori neofiti, che ricevono così il <b>catechismo di D&D</b>, con il gergo e le convenzioni che restavano taciute nel semplice testo, come la Bibbia sì da interpretare, ma solo dal prete/Master autorizzato. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In questo modo, verso il <b>1980/1981</b>, quanto oggi viene chiamato gioco di ruolo, era in realtà simile a un <i>dungeon crawling</i> tecnico e basato sulla sopravvivenza, evidente <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Tunnel_e_Troll">nel suo gemello</a>, <b>Tunnels&Trolls</b>. Tanti articoli di Gary Gygax, all'epoca nel 1981 votato fuori dalla sua compagnia, criticano questo modo di giocare, considerato troppo simile al <i>wargaming</i>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E' affascinante in tal senso come nel 1980 e 1981 si verifichi anche un'esplosione di giochi di ruolo diversi dal fantasy tradizionale, dove si avverte la necessità di spaziare in altri campi, altre ambientazioni. La bontà delle meccaniche di questi giochi, spesso scritti da giocatori per altri giocatori, testati sul campo, non minacciò mai il predominio di D&D. La natura bizzarramente religiosa del gioco era qui già evidente: D&D era il <b>capostipite</b>, il primo gioco e come tale non aveva bisogno di gareggiare, di confrontarsi. Sono gli altri giochi di ruolo, non importa quanto perfetti, a essere “beta”, D&D rimane D&D, alla pari di una divinità che guardi ai suoi fedeli. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E' chiaro, anche al sottoscritto che non è un giocatore di ruolo, come siano esistiti e tuttora esistano <b>giochi superiori a D&D</b>, ma è dall'altro innegabile come quest'ultimo abbia una carica sacrale che lo colloca automaticamente a un gradino superiore. D&D, negli anni '80/'90 e in misura diversa tuttora, rimane il primo. Il più puro. L'originale. Il prescelto. Il Figlio. Lo Spirito disceso sui giocatori/fedeli. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhy3FVPSumnraO_N7d8yl_8qF3v-ZYiaCDmEu-6LOG07_x6R-2_pxvkE3HLUEVaA8p5IAILm3Xkt9eeOTM-IM9jlbcx_JwcfbMAhl262E0rQKQ3SwEpSpjBG6xOPA99gvGsZUqRP5k7l0G2/s1600/dungeons+dragons+kitch.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="412" data-original-width="964" height="272" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhy3FVPSumnraO_N7d8yl_8qF3v-ZYiaCDmEu-6LOG07_x6R-2_pxvkE3HLUEVaA8p5IAILm3Xkt9eeOTM-IM9jlbcx_JwcfbMAhl262E0rQKQ3SwEpSpjBG6xOPA99gvGsZUqRP5k7l0G2/s640/dungeons+dragons+kitch.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">50 sfumature di D&D</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In tal senso D&D negli anni '80 diventa un equivalente ludico di una </span><b style="font-family: inherit;">chiesa organizzata</b><span style="font-family: inherit;">, con un suo nucleo fondante di testi e un'</span><b style="font-family: inherit;">ortodossia</b><span style="font-family: inherit;"> ben radicata: Gary Gygax viene estromesso dall'azienda TSR tra il 1981 e il 1985, ma la sua firma rimane fino agli anni '90. Tuttora molti giocatori rimangono convinti come D&D sia una creazione di Gygax dal 1974 fino alla ristampa 3.5 del 2000: un lavoro di supervisione assolutamente impossibile, smentito dagli stessi nomi dei designer in calce ai manuali. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La necessità di un'ortodossia, di un credo senza deviazioni, diventa impellente a fronte dell'attacco dei <b>mass media</b> in seguito <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Abuso_rituale_satanico">agli episodi</a> di <b>Satanic Panic</b> degli anni '80: <b>teorie del complotto </b>propagandate dalla destra evangelica e tuttora alla ribalta con Alex Jones e tanti fanta complottisti, con inquietanti collegamenti ai complottismi dei gruppi antisemiti a inizio '900. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ad ogni modo D&D divenne un bersaglio naturale, assieme alle nuove correnti musicali, i videogiochi, alcuni generi di fumetti, i cartoni giapponesi e così via. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La <b>TSR</b> reagì in maniera energica, assecondando una volontà di tirare le somme già presente nei giocatori: le <b>origini underground</b> scomparirono totalmente, vennero rimossi i demoni, i diavoli, le nudità derivanti da <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Crumb">Crumb</a> e dai fumetti indie, gli elementi Rock&Roll, i collegamenti fantascientifici, quel genere di fantasy proprio della musica degli anni '70, dei dischi e delle copertine psichedeliche. Si rafforzò invece un'ambientazione simile al <b>fantasy classico</b>, con una serie di romanzi, i famigerati <b>Dragonlance</b>, destinati non solo ai negozi di hobby, ma anche alla libreria “seria” (ahahah!). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La volontà di massimizzare le vendite e tranquillizzare i genitori si accompagna inoltre alla creazione di un <b>franchise</b> organizzato, con valori azionari, piani di profitto, uscite programmate e così via. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ron Edwards correttamente osserva come in precedenza sarebbe stato inconcepibile pensare una <b>saga di libri</b>, al più una duologia: al contrario, tra gli scrittori degli anni '80, progettare da zero trilogie o addirittura esalogie diventa qualcosa di “normale”, con evidenti ricadute sulla qualità complessiva. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In questo contesto paragonare D&d a una religione organizzata con una sua ortodossia mi sembra convincente. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Personalmente ritengo un'autentica </span><b style="font-family: inherit;">tragedia</b><span style="font-family: inherit;"> aver perso gli elementi <b>bizzarri e </b></span><b>sovversivi</b><span style="font-family: inherit;"> </span>degli<span style="font-family: inherit;"> anni '70, propri di una <b>controcultura</b> troppo facilmente assimilata dalla società perbene: in sostanza si trattò di passare dal vendere un prodotto </span>underground<span style="font-family: inherit;"> scritto per il piacere di scriverlo, a vendere un prodotto, con quanto ne consegue. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il paragone con la storia del cristianesimo si rivela calzante anche nel mutato clima di <b>crisi</b> degli <b>anni '90</b>, quando la minaccia del gioco di Magic e una generale flessione economica insidiano il primato di D&D. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ron Edwards racconta a questo proposito di aver trovato una vecchia pubblicità del periodo dove la <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/White_Wolf">casa editrice</a> <b>White Wolf Publishing</b> veniva raffigurata come un lupo che morde il drago della TSR, a significare la sfida lanciata dai manuali “<b>Mondo di tenebra</b>” alla vecchia religione di D&D. Secondo Edwards, il paragone è lampante: la TSR è il <b>Cristianesimo</b>, la White Wolf, nel suo riutilizzo di elementi di D&D coniugati al nuovo clima dei tempi, rappresenta invece l'<b>Islam</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La White Wolf recupera quanto funzionava del bagaglio ruolistico di D&D, prepara una carrellata di manuali semplicemente inarrivabile e come l'Islam ha componenti “ambientali”, legate al Medio Oriente, così la White Wolf cattura lo <b>zeitgeist</b>, lo spirito degli anni '90. Lo splatterpunk di Clive Barker, gli abiti in pelle, i goth... un generale <b>clima di risentimento</b> molto invecchiato a mio parere, prodotto di una mentalità infantile pre crisi economica 2007. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nel frattempo, la TSR si sfalda e viene acquistata dalla <b>Wizards of the Coast</b> e dalla <b>Hasbro</b>, che a sua volta verso la fine degli anni '90 assorbirà la Wizards, acquistando D&D. In tal senso l'edizione del '2000, la <b>3.5</b>, riproposizione della <b>3</b>, viene proposta come una ristampa raffinata e ripulita delle versioni precedenti e in questa ricerca della purezza, in questo volersi dare un “tono”, ricorda il passaggio dal Cattolicesimo alla severità (spesso noiosa...) del <b>Protestantesimo</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In un paradossale giro di boa, con la crescente popolarità di <b>Internet</b> a partire dalla prima metà degli anni '2000, D&D come istituzione religiosa tende a sfaldarsi e come nel nostro mondo, si prepara uno scenario <b>multi religioso</b> e particolarmente confuso, dove ciascun gruppo rivendica la sua versione originale, il suo testo sacro, con il consueto riferimento alla paternità di Gary Gygax. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyfm30UZjuh_OY7xSuQfLUIDhuVHyQU5BLFo4XYCIt9zLpV1mEfg1D5EJG5-pobmGcxDZfnSSHDrrzArvoapYaiD_WrqQ9-BIrL156WS6ARKQv_gtctrwASunjhRA5eSI8gV42SK6z_7FP/s1600/dungeons-dragons-nerd-2018-compressor.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="679" data-original-width="1600" height="271" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyfm30UZjuh_OY7xSuQfLUIDhuVHyQU5BLFo4XYCIt9zLpV1mEfg1D5EJG5-pobmGcxDZfnSSHDrrzArvoapYaiD_WrqQ9-BIrL156WS6ARKQv_gtctrwASunjhRA5eSI8gV42SK6z_7FP/s640/dungeons-dragons-nerd-2018-compressor.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Dave Made a Maze" (2017)</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Concludendo, Ron Edwards individua nella </span><b style="font-family: inherit;">Old School</b><span style="font-family: inherit;"> e nel filone dei </span><b style="font-family: inherit;">giochi di ruolo nostalgici</b><span style="font-family: inherit;"> una forma di </span><b style="font-family: inherit;">fondamentalismo</b><span style="font-family: inherit;">, nel senso che si rielabora un testo “sacro”, in questo caso le primissime edizioni di D&D degli anni '70, affermando di tornare così alla </span><b style="font-family: inherit;">purezza delle origini</b><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mentre negli anni '80 e '90 sarebbe stato impensabile modificare o maneggiare i “sacri” testi di D&D degli anni '70, con l'avvento di Internet e dell'<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Retroclone">Old School, o OSR</a>, quanto importa è il rispetto allo spirito di questi testi: bisogna recuperarli, giocarli e modificarli per renderli se possibile ancora più aderenti all'originario pensiero di Gygax, qualunque esso sia. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si tratta di fondamentalismo, specialmente quando il designer litiga con altri designer affermando di aver <b>tradito lo spirito del Profeta</b>, di aver modificato in maniera irriverente, blasfema, irrispettosa quel modulo, quell'avventura di D&D del 1978, 1980 e così via... </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Può sembrare un paragone esagerato, ma è quanto vedo succedere nella scena anglo-americana, dove il movimento Old School afferma <b>un ritorno alla</b> “<b>prima edizione</b>” praticando una spietata caccia alle streghe contro chi devia dall'ortodossia del fondatore. Si combatte su due fronti: D&D mainstream, ovvero quarta e quinta edizione e il D&D dell'Old School “sbagliato”, che non rispetta l'essenza del gioco. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Lotte intestine, faide, accuse reciproche di deviare dal cammino originario. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ovviamente è impossibile prendere alla lettera un testo, applicarlo così come si presenta, perchè qualunque testo è stato prodotto in un'era storica e ne riflette le caratteristiche. Questo è più che mai evidente con la Bibbia, il Corano e allo stesso per i nerd il testo sacro delle prime (confuse) edizioni di D&D. Quanto i fondamentalisti finiscono per commettere è una totale riscrittura del testo, dove per poterlo interpretare alla lettera si distruggono i suoi principi fondamentali, per forza di cose invece flessibili e universali. Si tratta di una triste ironia: nella volontà di tornare all'origine, ci si proietta nel futuro, si interpreta in maniera radicale il testo sacro.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">Libro per altro spesso inesistente, a tal punto disperso in mille frammenti da sfiorare l'assurdo. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il rovescio della medaglia del fondamentalismo è rappresentato dal <b>sincretismo religioso</b>, nel classico esempio dell'hippie che viaggia nel mondo e ritrova gli insegnamenti di Gesù dovunque egli vada, dal paganesimo indiano, al buddismo, allo zen e così via. Il sincretismo proclama anch'esso un ritorno alle origini, ma alle basi, al nocciolo della dottrina, adattata al presente. Non conta il contenuto letterale, ma i suoi <b>principi</b>, la sua filosofia di fondo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nel caso di D&D, il sincretismo si realizza con i <b>sistemi universali ruolistici</b>, ovvero gruppi di regole adattabili a ogni situazione e a ogni avventura possibile. </span><br />
<span style="font-family: inherit;"><b>GURPS</b>, negli anni '80, è un esempio perfetto di questo genere: la sua prima espansione è proprio <b>Gurps Fantasy</b> (1986), come a dileggiare e voler dimostrare il cuore di regole universale a ogni religione/gioco di ruolo, D&D compreso. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si tratta di un'estrema arroganza, coniugata però a uno studio attento: laddove il retrocloning e la Old School puntano al <b>testo</b> e al <b>cuore</b>, Gurps e simili sistemi mirano alle <b>regole</b> e al <b>cervello</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questo si traduce in un atteggiamento piuttosto <b>snob</b> da parte dei suoi sostenitori, convinti di essere <b>scienziati dei giochi di ruolo</b>, contrapposti ai talebani dell'Old School e alle pecore dei sistemi mainstream. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il <b>sincretismo ruolistico</b> tuttavia rischia di diluire il messaggio originale, a tal punto desidera volerlo trasmettere nella forma più elementare e scientifica possibile. Come il Gesù hippie è sospettosamente simile ai giovani degli anni '60, così questi giochi di ruolo spesso non sono affatto universali, ma legati alle contingenze storiche, alle mode e ai dettami nelle regole del periodo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La <b>sostanza</b>, il sentimento, viene così a mancare. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La perfetta combinazione, secondo Ron Edwards, è quando questi due filoni così estremi <b>collaborano</b>, dando l'<b>uno il cuore</b>, l'<b>altro il cervello</b>. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un fenomeno non dissimile storicamente dalla collaborazione tra socialisti e gruppi operai a inizio '900 in America con i contadini evangelici pacifisti e comunitari coalizzati contro le grandi oligarchie finanziarie. Purtroppo, sia in <b>D&D</b> che nell'attuale <b>scenario geopolitico</b>, non è questa la direzione in cui stiamo andando. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-25997055617490754282018-04-11T07:00:00.000+02:002018-04-23T20:28:03.526+02:00Fantasy senza fantasia, ovvero la maledizione del minimalismo <div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Due fattori fondamentali
concorrono nella <b>scrittura fantasy</b>, accanto alle elementari norme
dello stile e della storia: <b>equilibrio</b> e <b>convinzione</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sono convinto, in quanto blogger e lettore di lunga data, non scrittore, che la qualità di
un'opera fantasy dipenda dall'abilità di giocoliere con la quale lo
scrittore gestisce gli elementi fantasy al suo interno. Non solamente
nell'effetto a catena secondo cui quanto più prevalente è il
fantasy, quanto più diventa facile scadere nella contraddizione e
nell'improbabile, ma anche nella misura in cui il fantasy viene
gestito di per sé stesso. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ovvero: si può avere un elemento fantasy
considerato seriamente (Tolkien) o a effetto comico (Pratchett). Si
può scrivere un libro come Il Signore degli Anelli solo per avere un
veicolo con il quale mostrare i propri studi linguistici, o si può
procedere a creare un mondo fantasy per dimostrare la propria geniale
<i>verve</i> satirica. Il secondo non è più improbabile del primo, né
meno erudito. Tuttavia sono forme diverse di <b>approccio al fantasy</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quindi, accanto all'elemento della qualità, andrebbe fatto risaltare
il <b>tono del fantasy</b>, quale approccio prediligere. Si può disporre di
un elemento fantastico mutuato dalla fantascienza, come con la
narrativa di Andre Norton <a href="http://heroicfantasyitalia.altervista.org/category/speciale-andre-norton/">recensita su Heroic Fantasy Italia</a>, o
mutuato dalla mitologia, o ancora inventato da zero, o animato da
un'ideologia politica di base (China Miéville).
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-VZtNazPef0YmS5eAzuUO_Aq5jF0rajgjEzi3dxaYhbpHpB8uArOQ9EXyK7w5mqTocOQrLESVoLNsQ7IbpOwkV3uDCaecq5BzV8L5CtntCK016gm6piLkmfygI7PGBYRWW0Oeaai_0ZY9/s1600/conan+laureato+grimdark.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="435" data-original-width="1024" height="270" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-VZtNazPef0YmS5eAzuUO_Aq5jF0rajgjEzi3dxaYhbpHpB8uArOQ9EXyK7w5mqTocOQrLESVoLNsQ7IbpOwkV3uDCaecq5BzV8L5CtntCK016gm6piLkmfygI7PGBYRWW0Oeaai_0ZY9/s640/conan+laureato+grimdark.jpg" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<a name='more'></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Quando il romanzo o il racconto o il fumetto
confondono questi diversi tipi di fantasy e </span><b style="font-family: inherit;">cambiano</b><span style="font-family: inherit;"> di </span><b style="font-family: inherit;">tono</b><span style="font-family: inherit;"> di
capitolo in capitolo, siamo nei guai. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un esempio. Un romanzo fantasy
ambientato in un Medioevo con mostri e razze inventate. I mostri
derivano dal folklore e sono presentati con serietà, come una
minaccia all'eroe. D'accordo, va bene. Se questa è la griglia
interpretativa decisa dall'autore, non si può tuttavia inserire una
scena dove il mostro diventa all'improvviso una macchietta comica. Un
controsenso, è ovvio. Tuttavia la colpa non sta nell'aver reso
l'elemento fantasy comico, sta nell'aver deciso un approccio serio e
averlo poi cambiato senza reale ragione, “tanto per”. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Allo stesso
modo l'opera perde di credibilità se dapprima il vampiro è una
creatura della notte scaturita dal diavolo e dopo qualche pagina
viene descritto come un virus batteriologico e qualche pagina ancora
diventa una metafora post moderna per le persecuzioni razziali. Se
questo cambiamento viene introdotto come un colpo di scena, un
ribaltamento, tutto apposto. Se è una strizzata d'occhio invisibile
ai personaggi e ai lettori casuali, come con i giochi di parole e gli
<i>easter egg</i> di Sapkowski, meglio ancora. Tuttavia spesso non è
il caso ed è ancora una volta risultato di una scaletta buttata lì,
“tanto è fantasy”.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un secondo elemento
tutt'altro che scientifico, ma molto sentito, è la <b>convinzione</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Lo scrittore deve <b>credere</b>
in quello che <b>scrive</b>. Ho fatto qualche conferenza alle scuole, nei
mesi scorsi, e sono giunto alla conclusione che si deve credere in
quello che si dice. Si dev'essere convinti di quanto si propone. Come
i lettori di un libro, il <b>pubblico</b> si accorge subito se non si crede
al programma che si propone, all'evento storico che si descrive,
all'aneddoto che si racconta. Ho in effetti constatato come le classi
delle scuole medie avvertano subito se il relatore è scazzato, se non ci
crede neppure lui, se lo ripete perchè scritto sul Power Point. Il
paragone mi sembra calzante, perchè il fantasy è un genere letto
massicciamente dalle quote giovani della popolazione. Magari, proprio
perchè giovani, si trangugiano le opere peggiori, dalla Troisi alle
Dragonlance di Hickman, senza far attenzione ai personaggi riciclati
e alla grammatica più povera di un redneck in crisi di anfetamina.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia... se lo
scrittore non ci crede nella sua storia, se la considera un aereo
kamikaze per mandare il suo messaggio ai lettori, i lettori se ne
accorgono. E' questo uno dei motivi per il quale larghe fasce dei
classici del secondo dopoguerra e della narrativa <i>mainstream</i> vengono
quotidianamente ignorate da “quei buzzurri” delle nuove
generazioni. Sentono come siano riflessioni mascherate da romanzi. Ad esempio, si consideri “<b>Sabato</b>” di <b>Ian McEwan</b>. Ho studiato il romanzo per il corso di Letteratura Inglese, nella triennale
di Storia. Romanzo perfetto, secondo chi se ne intende. Lungi da me
metterlo in dubbio; non ho le sufficienti conoscenze per argomentare
i meriti di Ian McEwan. Tuttavia innegabile come la storia non
esista. Letteralmente il romanzo è un guscio che cela le opinioni di
McEwan all'epoca, espresse dall'autentico <b>Mary Sue</b> del chirurgo
Perowne. Semplicemente insopportabile.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhFQBno3VVl1dWksSOkFCyNPzXysoFS4ItYNTKh0MjzT89ZWPmm2gdrOp4yPDuqoFXanXNtXDLxHh8Dh24VGNGwJNZANQPvvEpKTOUmiKVwnGHEMnT9fF4GAEFQQaqd3r8sWVUXAQs2fJf/s1600/conan+sword+sorcery+grimdark.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="423" data-original-width="1199" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhFQBno3VVl1dWksSOkFCyNPzXysoFS4ItYNTKh0MjzT89ZWPmm2gdrOp4yPDuqoFXanXNtXDLxHh8Dh24VGNGwJNZANQPvvEpKTOUmiKVwnGHEMnT9fF4GAEFQQaqd3r8sWVUXAQs2fJf/s640/conan+sword+sorcery+grimdark.jpg" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sono queste le due </span><b style="font-family: inherit;">parole
chiave</b><span style="font-family: inherit;"> dove a mio giudizio si concentra il problema con tanta fantasy
contemporanea.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il seguente passaggio
(tradotto) dello <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Gardner_Dozois">scrittore e critico</a> <b>Gardner Dozois</b>, esprime bene il
<b>disagio</b> degli ultimi anni, dove pure ci si continua a ripetere che i
nerd hanno “trionfato” (bisognerebbe ricordare come <b>vittoria</b> sia
anche quella <b>di Pirro</b>, <i>but whatever...</i>). </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mentre stiamo discutendo
di fantasy, ho letto ultimamente un sacco di quella che viene
chiamata la “<b>nuova Sword&Sorcery</b>”, roba di tizi quali <b>Joe
Abercrombie</b>, Scott Lynch, K. J. Parker, Daniel Abraham e mi ha
colpito una delle influenze che esteticamente separa il nuovo
Sword&Sorcery dal vecchio Sword&Sorcery, dato che hanno
entrambi avventurieri con spade, mostri e malvagi stregoni: lo
<b>Spaghetti Western</b>. </span><span style="font-family: inherit;">Chiaramente gli Spaghetti
Western hanno avuto una grande influenza sul tono di questi nuovi
lavori. Scomparsi sono i bellissimi templi, incrostati di gioielli,
pieni di serpenti giganteschi e strani idoli con occhi di pietre
preziose e sinistre sacerdotesse dai bikini ingioiellati con le quali
Conan finiva per andare a letto.<br />
</span><span style="font-family: inherit;">Invece, l'ambientazione
più comune sembra essere un insignificante villaggio nel bel mezzo
del nulla, o riarso dal sole e desertico, o umido e semi sepolto nel
fango, estremamente povero e cattivo, ronzante di mosche, pieno di
venali, analfabeti paesani dagli occhi spenti, che sono poco più
intelligenti che stronzi, se lo sono, e che hanno né influenza, né
potere nel mondo e certamente niente ricchezza e che fissano assenti
e a bocca aperta i nostri eroi mentre entrano in città, o sollevando
nubi di polvere a ogni passo o inzaccherandosi nelle pozzanghere.<br />
</span><span style="font-family: inherit;">Conosci questo luogo:
pensa a ogni povero villaggio di ogni film di Western all'italiana
visto in vita tua.
</span></blockquote>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ammetto una totale
ignoranza nei confronti del <b>genere western</b>, così come un
disinteresse verso il genere pure italiano dello Spaghetti Western.
Ho una conoscenza storica decente del periodo, ma sono gli elementi
urbani o esotici che mi affascinano: la costruzione delle ferrovie,
l'afflusso degli immigrati cinesi con le oppierie, la parallela
storia del Messico, ecc ecc
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia, a termine della
lettura, per poco non mi sono sollevato dalla sedia ad applaudire:
Gardner Dozois aveva perfettamente espresso la mia opinione su tanto
fantasy attuale.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ancora una volta, è tutta
questione di <b>equilibrio</b>.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il fantasy attuale, così
carico di <b>grimdark</b>, è una <b>reazione</b> al <b>fantasy tolkeniano</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">E' certamente preferibile
al primo, ma tra i due la soluzione migliore consisterebbe in un
ritorno a Howard, a Conan e allo <b>Sword&Sorcery</b> più puro e
incontaminato. Tuttavia, gli anni '90 e la prima metà del '2000
erano in effetti flagellati da una sequela d'imitazioni e ristampe
(Terry Brooks!) di bassissima lega, dove lo scrittore si perdeva
nella descrizione del colore dei bottoni del comprimario comparso in
scena forse per tre pagine o poco meno. Il fantasy alla Spaghetti
Western, nato successivamente, si sviluppa proprio come reazione a
questo <b>autismo stilistico</b>: <b>niente</b> più <b>descrizioni</b>, solo dialogo e
combattimenti (<b>violenza verbale e fisica</b>, in un certo qual modo).
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Viene adottato uno <b>Show,
don't tell </b>sbrigativo, dove i dialoghi esprimono il carattere dei
personaggi, a loro volta immersi dentro <b>ambientazioni vuote</b>, dove i
singoli nomi (Il Castello, L'Alfiere, ecc ecc) dovrebbero sostituire
la ricchezza visiva di un Howard, di un Moorcock, di un Ashton Smith.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sono <b>due opposti estremi</b>:
qualunque sia il tono del fantasy che si vuole adottare, evitare
totalmente le descrizioni o esacerbarle per pagine e pagine è sempre
sbagliato. La descrizione non è di per sé il problema, è la
scarsezza delle idee, la povertà del setting. Adottare una generica
prospettiva grimdark dispensa dall'essere <b>originali</b> nelle
descrizioni, tanto è il solito castello medievale, il solito
villaggio di servi della gleba depressi... il fantasy negli edifici,
nella natura viene a mancare. D'altronde, nelle imitazioni di
Tolkien, ci si limita a descrivere quelle che sono copie di scarsa
qualità di generiche ambientazioni alla D&d. Boschi incantati,
segrete con trappole e così via. Se si deve proprio scegliere,
meglio non descrivere che descrivere male.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Una povera alternativa,
qualunque sia il caso.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhH451L1zvnCF2dPzvAJuHXEwiHSqNtQNzGlt_9CWBAbhMDvm-VQbD48e47TQ5DiUKqXqNTFSUqKuMbkgsWP1OWuTfzPhNkikgJq70sjMECZfOW88y3aluo4ebHfq4LSsvfjTbDAyN68KEa/s1600/clark+ashton+smith+grimdark.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="673" data-original-width="1600" height="269" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhH451L1zvnCF2dPzvAJuHXEwiHSqNtQNzGlt_9CWBAbhMDvm-VQbD48e47TQ5DiUKqXqNTFSUqKuMbkgsWP1OWuTfzPhNkikgJq70sjMECZfOW88y3aluo4ebHfq4LSsvfjTbDAyN68KEa/s640/clark+ashton+smith+grimdark.jpg" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Con la graduale
accettazione di </span><b style="font-family: inherit;">George RR Martin</b><span style="font-family: inherit;"> e del </span><b style="font-family: inherit;">Fantastico</b><span style="font-family: inherit;"> tra le cerchie
della critica letteraria, si è involontariamente fatto entrare il
</span><b style="font-family: inherit;">minimalismo</b><span style="font-family: inherit;"> anche nel fantasy. Come in architettura, con conseguenze
tragiche, orrende, disumanizzanti.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se consideriamo il
minimalismo come la progressiva riduzione all'essenziale e alla
figura geometrica, contrapposto a una presunta “bassezza” dei
<b>dettagli</b> e dell'<b>eccesso</b> (in architettura, in arte, in letteratura...)
è difficile non considerare il fantastico come l'<b>anti-minimalismo</b>
per eccellenza. Descrizioni gonfie, voluttuose, esagerate. L'esotismo
di Howard. L'esagerato worldbuilding di Tolkien. Tanto per citare i
soliti noti. Diamine, si pensi a Gormenghast, di Mervyn Peake. Con un
salto dalle stelle alle stalle, persino Eragon di Paolini non detrae
da un ambizioso sforzo descrittivo e immaginativo. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Cos'è successo,
allora? Il Fantasy ha cominciato ad essere accettato nel <b>mainstream</b>.
Conseguentemente, il <b>grimdark</b>, che era il <b>sotto genere</b> responsabile
dell'operazione, in seguito al successo della serie tv di Martin, si
è lentamente convertito al minimalismo. Niente descrizioni, niente
dettagli: solo dialoghi limati all'essenziale. Come tanti edifici
minimalisti, un prodotto geometricamente e sintatticamente perfetto,
ma <b>povero</b>, <b>senz'anima</b>, sgradevole tanto da abitare quanto da leggere.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Indubbiamente però questo
genere di prosa eterea, <b>tutto stile e niente sostanza</b>, è quanto si
richiede per entrare nel <b>club degli scrittori</b> “<b>adulti</b>”.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tutto ciò riflette un
generale <b>cambio di direzione</b> che si è realizzato dapprima nel
mainstream e solo negli ultimi anni, dopo un lungo assedio, ha fatto
capitolare con il tradimento la roccaforte del Fantasy. Gli scrittori
più recenti, con la scusa del grimdark, hanno aperto le porte al
<b>minimalismo</b>, che ora imperversa, uccidendo la buona narrativa.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Gardner Dozois faceva ad
esempio notare il profondo <b>esotismo di Howard</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tuttavia non compie il
passo successivo, ovvero correlare queste lussuriose descrizioni alla
<b>mentalità </b>e al<b> clima dell'epoca</b>, affascinato dall'oriente dai tempi
delle traduzione delle <b>Mille e una notte</b>, non a caso tra le letture
dell'infanzia preferite da <b>H. P. Lovecraft</b>, stando alla biografia di
S. T. Joshi.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In questo periodo, ad
esempio, sto leggendo un diario di viaggio degli <b>anni '30</b>, scritto da
<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Appelius">un italiano in Oriente</a>, un tale <b>Mario Appelius</b>. La scusante storica
non giustifica il punto di vista di un fascista razzista e
antisemita, ma ciò nonostante la ricchezza e la vividezza di alcune
descrizioni non ha nulla da invidiare allo Sword&Sorcery
classico. Letteralmente ogni pagina trasuda indicibili sensazioni di
stupore, di stranezza, magie di culture colte e raffinate. Forse
esistenti solo nella mente suggestionata di Appelius, ma cosa
importa! L'effetto rimane <b>stupefacente</b>, nel senso allucinogeno della
parola.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Una battuta di mano!
Entrano altri uomini taciturni a rovesciare altri bauli. Questa volta
si tratta di pantofole, tutta la gamma pantofolesca dell'oriente,
dalle modeste ciabatte di vacchetta rossa adoperate dagli indigeni
fino ai ninnoli del maragià fatti di tessuti inverosimili, con
fibbie lucenti, con borchie scintillanti, listate d'ermellino e di
pantera, foderate di cigno, con sulla punta una gemma, tacchi di
cedro, con i tacchi di cristallo, con i tacchi di mosaico, con i
tacchi di smalto, senza tacchi, senza punta, a sandalo, a babbuccia,
a scarpino, a gondola, a giunca cinese, a colbacco di cavalleria, a
tetto di pagoda...</span></blockquote>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Una <b>prosa mediocre</b>, sia
chiaro: niente più che una vendita di mercanti indiani alla
spedizione di Appelius. Si tratta tuttavia di un esempio adatto a
spiegare come la narrativa di Howard rientrasse nell'interesse verso
l'esotismo del periodo, mentre oggigiorno faticheremmo a trovare
elenchi di questo genere, dove lo stupore deriva dall'<b>accumulo visivo</b>
(in questo caso di pantofole!).
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJ8npakSnHHU0gHTBXMqKXuDF0MqYgty_Ag5QqZJlMWJNsbBh0GhBvTEy9OctPU_VOl4rzEiYVGlDXT_trU53Jso6Iy3kajJxoopRMJTMP7Mg6yrsuMsYXOS0bzFifyAXlUa1Fj9Rh78-P/s1600/conan+grimdark.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="396" data-original-width="1023" height="247" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJ8npakSnHHU0gHTBXMqKXuDF0MqYgty_Ag5QqZJlMWJNsbBh0GhBvTEy9OctPU_VOl4rzEiYVGlDXT_trU53Jso6Iy3kajJxoopRMJTMP7Mg6yrsuMsYXOS0bzFifyAXlUa1Fj9Rh78-P/s640/conan+grimdark.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La questione di quanto
quest'ultima generazione di scrittori desideri essere </span><b style="font-family: inherit;">accettata</b><span style="font-family: inherit;"> e
quanto invece sia disinteressata a raccontare una </span><b style="font-family: inherit;">buona storia</b><span style="font-family: inherit;"> ci
trascina al punto successivo, ovvero la </span><b style="font-family: inherit;">convinzione</b><span style="font-family: inherit;">. Si tratta di
generalizzare, ma nelle ultime opere di Martin e nel fantasy a lui
ispirato davvero sembra mancare quell'entusiasmo di chi crede in
quello che scrive. I dialoghi e le diverse scene sono condotti con
competenza, ma hanno un che' di scialbo, di depresso. Il cuore del
racconto o del romanzo sta altrove e certo non nell'</span><b style="font-family: inherit;">avventura</b><span style="font-family: inherit;"> che
dovrebbe essere centrale nello Sword&Sorcery, o nel </span><b style="font-family: inherit;">fantastico</b><span style="font-family: inherit;">
propriamente detto.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il vuoto pneumatico di
idee allora non può che generare una narrazione cupa e brutale, dove
il realismo martiniano viene perverso al servizio di un <b>nichilismo
gratuito</b>, esagerato, degno di un ragazzino arrabbiato. Ogni amico è
un traditore, ogni ferita una mutilazione, ogni villaggio un paradiso
di fango, ogni mercante un corrotto servitore degli dei oscuri e così
via... sembra che lo scrittore voglia nascondere la sua <b>fantasia
atrofizzata</b> sotto uno strato di sangue e sporcizia. Chiaro, non è
sempre il caso e il ritorno al fantasy da nerd degli inizi '2000 non
sarebbe la soluzione.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ma non è stancante,
quest'<b>ossessione</b> per la cupezza e il grimdark?
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un <b>fantasy realistico</b> non
deve per forza declinarsi in un esagerato pessimismo.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Sapkowski</b>, con tutti i
suoi difetti e il suo stile dissacrante, ne è un buon esempio. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I
popolani dello scrittore polacco sono pieni di difetti, fisici e
mentali, ma sono persone di buona volontà: osti,
contadini, cacciatori, guardiacaccia che cercano di fare del proprio
meglio. Questo realismo raggiunge il suo apice nell'<b>adattamento
videoludico</b>, dove la cura nell'approfondimento psicologico dei
comprimari, financo alle comparse, li rende simpatici al giocatore,
facili all'affetto. Non ho giocato a <b>The Witcher 3</b>, ma c'era un <a href="https://www.pastemagazine.com/articles/2015/06/the-relentless-humanity-of-the-witcher-3.html">commovente articolo</a> al riguardo di <b>Pastemagazine</b>. Il low fantasy di Sapwkoski
non gli impediva di creare personaggi sinceramente buoni. Dall'altro,
non si deve nemmeno sbugiardare così il <b>grimdark</b>, che ha larghe
prospettive di sviluppo se abbandona il suo stile da Spaghetti
Western e si evolve nella <b>direzione lovecraftiana</b> di un mondo weird e
grottesco. La saga di <b>Dark Souls</b> e <b>BloodBorne</b>, con i suoi tanti
epigoni, offre in tal senso già una strada possibile, un ramo
evolutivo fecondo.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Concludendo, non dovremmo
forse <b>capovolgere</b> la questione?
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il fantasy degli ultimi
anni non è fantasy, perchè ha draghi e mostri, ma perchè considera
come assunzione di base che ogni singolo abitante del suo mondo sia
in fondo un bastardo senza cuore, ansioso di venderti la madre e
tagliarti la gola per qualche spicciolo. Questo esagerato pessimismo,
questo <b>nichilismo senza sbocco</b> è molto più fantasy di tutto il
genere fantastico messo assieme.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un fantasy dove il suo più
celebrato elemento realistico è proprio il suo elemento <b>più
fantastico</b>: un capovolgimento degno di Slavoj Zizek.
</span></div>
<br />Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-21366263764145320512018-04-04T06:30:00.000+02:002018-04-10T21:41:56.170+02:00Il ritorno di Eisenhorn: "The Magos", di Dan Abnett<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlpUlf9yg21VtVHJvNSS4yVPmCny9tq_Kcg3YOr8FZN08V7FBqFc15dITFdIC9zCqyXBOgy5VizmRRtF08bsxsbF9dJcC7iv9XaYZxjld0ugdBJAfoIFuZI4hoLRFRFWEi4NcRtKMXq0Cv/s1600/the+magos+eisenhorn+dan+abnett.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="652" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlpUlf9yg21VtVHJvNSS4yVPmCny9tq_Kcg3YOr8FZN08V7FBqFc15dITFdIC9zCqyXBOgy5VizmRRtF08bsxsbF9dJcC7iv9XaYZxjld0ugdBJAfoIFuZI4hoLRFRFWEi4NcRtKMXq0Cv/s400/the+magos+eisenhorn+dan+abnett.jpg" width="260" /></a>C'è chi desidera saper scrivere bene come <b>Hemingway</b>, saper scandagliare gli abissi dell'animo umano come <b>Dostojevski</b>, terrorizzare il lettore come <b>Stephen King</b>, guadagnare e diventare famoso quanto <b>George RR Martin</b>. </div>
<div style="text-align: justify;">
Mirare ai grandi, che siano contemporanei o classici, è naturale per qualsiasi aspirante scrittore. </div>
<div style="text-align: justify;">
Ci si forma sui propri autori preferiti, si cerca di imitarli, si desidera il loro successo, il loro riconoscimento. </div>
<div style="text-align: justify;">
Siamo <b>nani</b> sulle spalle dei <b>giganti</b>, anche nell'ambivalenza propria del gigantismo: spesso, dopo anni, questi classici, questi “grandi”, appaiono meno originali e intelligenti di quanto si pensava in gioventù. </div>
<div style="text-align: justify;">
Ad esempio, <b>Neil Gaiman</b> è un grande scrittore. Innegabile. Tuttavia è stato anche uno scrittore estremamente fortunato. Letteralmente, in seguito agli studi, ha trovato impiego come sceneggiatore in seguito alla conoscenza con il dio <b>Alan Moore</b>. </div>
<div style="text-align: justify;">
Non ha faticato presso case editrici, non ha sputato sangue implorando visibilità, ha semplicemente avuto fortuna. </div>
<div style="text-align: justify;">
Il suo lavoro era notevole, ma così lo erano tanti altri, che pure languono nell'oscurità dell'anonimato. </div>
<div style="text-align: justify;">
Spesso, tra questi “giganti”, il <b>fattore fortuna</b> gioca un ruolo talmente cruciale da disarmare qualsiasi proposito d'imitazione. </div>
<div style="text-align: justify;">
A volte si tratta semplicemente di essere uno scrittore negli anni '80/'90 in un paese in lingua inglese e di scrivere il genere che tutti desiderano leggere. </div>
<div style="text-align: justify;">
Questo non sminuisce il valore di quanto si scrive, né sottovaluta i classici. </div>
<div style="text-align: justify;">
Tuttavia mi domando se non sia il caso di prendere come modello scrittori “medi”, quelli che vengono definiti “<b>mestieranti</b>” e considerare con attenzione come sopravvivono e come scrivono. </div>
<div style="text-align: justify;">
A meno di non essere assoluti geni, siamo più vicini a “loro” che a uno Shakespeare, un Dickens, un Asimov. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Si consideri l'autore di oggi, <b>Dan Abnett</b>. </div>
<div style="text-align: justify;">
Dan Abnett è conosciuto nel <i>mainstream</i> come romanziere e sceneggiatore di diversi <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Dan_Abnett_bibliography#Marvel_Comics">fumetti supereroistici</a>, ma probabilmente il suo migliore lascito è la tuttora attiva collaborazione con la <b>Black Library</b> nell'ambito di <b>Warhammer Fantasy</b> e <b>Warhammer 40000</b>. In questo settore egli è un gigante, uno dei padri fondatori del genere, assieme a William King <a href="https://zenosaracino.blogspot.it/search/label/Gotrek%26Felix">con la saga di Gotrek&Felix</a>. </div>
<div style="text-align: justify;">
La saga degli <b>Spettri di Tanith</b> è stata tra le prime a prendere attrito anche la di fuori del fandom e continua fino ad oggi, con dieci e più volumi alle spalle. </div>
<div style="text-align: justify;">
Allo stesso modo, la <b>trilogia di Eisenhorn</b> ha ricevuto ampie lodi dai critici e dagli appassionati di fantascienza e fantasy per la vivacità del ritmo e dei protagonisti. </div>
<div style="text-align: justify;">
Per un fan – come il sottoscritto, ad esempio – è chiaro come Dan Abnett sia un classico, alla pari con tanti nomi più famosi. Ma è altrettanto chiaro come non sia uno scrittore particolarmente versato nello stile o nella profondità delle idee: quanto costruisce è <b>solido intrattenimento</b>, che scrive ininterrottamente da anni, con ritmi <b>quantitativi</b> e <b>qualitativi</b> tali da far sembrare Stephen King un dilettante. </div>
<div style="text-align: justify;">
Quando Dan Abnett è al top della forma, i suoi romanzi azzeccano quell'equilibrio di caratterizzazione dei personaggi, azione sfrenata e malinconica nostalgia che non hanno nulla da invidiare ai classici della fantascienza. </div>
<div style="text-align: justify;">
Quando invece Dan Abnett è stanco o ha un affitto arretrato da pagare, la storia viene diluita nell'ennesimo canovaccio dove i protagonisti si picchiano in una confusa battaglia finale. </div>
<div style="text-align: justify;">
Nonostante non vi sia nessuna ricerca psicologica, i protagonisti di Dan Abnett possiedono tuttavia una <b>vivacità</b> e un realismo assente negli altri lavori della Black Library. La polifonia di voci degli Spettri di Tanith, comandata dal direttore d'orchestra quale è Gaunt, oppure il carattere caparbio e <i>badass</i> dell'inquisitore Eisenhorn... hanno un'umanità, una voce a cui è facile affezionarsi. Dopo un paio di libri di Dan Abnett si ha la piacevole sensazione di rincontrare alcuni vecchi amici e questo può succedere sia dopo anni di conoscenza dell'autore, ma anche se lo si è appena scoperto da qualche settimana. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8AmYx-ktZkbUMn1je3jTvswacshvQSzL9TD2yR-DbY5sjsm0FGwwQ2d4kPQ6XN4x-PjMgKcjY5HosvOrmmYtuEeLeSgYM-4xu07ddUF4svlRox_nKUC3KY_tovTjFuFN6YJDdYwwd8KUE/s1600/the+magos+dan+abnett+miniature.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="657" data-original-width="999" height="262" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8AmYx-ktZkbUMn1je3jTvswacshvQSzL9TD2yR-DbY5sjsm0FGwwQ2d4kPQ6XN4x-PjMgKcjY5HosvOrmmYtuEeLeSgYM-4xu07ddUF4svlRox_nKUC3KY_tovTjFuFN6YJDdYwwd8KUE/s400/the+magos+dan+abnett+miniature.jpg" width="400" /></a></div>
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E' interessante come la trilogia originaria di Eisenhorn, in Italia tradotta dalla <b>Hobby&Work</b> e ritradotta nel primo volume dalla Mondadori, nasca come <b>fan fiction</b> di un gioco di ruolo con miniature di 54mm dell'epoca, <b>Inquisitor</b>. Malignato lungamente, Inquisitor è in realtà valido se lo si considera come un rpg a tutti gli effetti e se lo si concepisce per com'è nato, ovvero una <b>narrazione condivisa</b> tra più giocatori e master, non una gara a chi trova la combinazione di armi e abilità più potente possibile. Ad ogni modo, nell'occasione di Inquisitor, i lavori di background sulle diverse fazioni dell'Inquisizione in Warhammer 40000 spinsero Dan Abnett alla redazione della trilogia di Eisenhorn, la cui nascita è pertanto <b>casuale</b>, come una qualsiasi fan fiction. Questo fa bene comprendere il clima perdurato fino alla prima metà degli anni '2000, quando gli scrittori della Black Library avevano ancora una relativa <b>libertà di scrittura</b> e dove i personaggi iconici delle diverse serie nascevano praticamente nella fervida mente dell'autore. Un confronto con le attuali serie, progettate a tavolino negli incontri tra più scrittori, editori e dirigenti della Games Workshop è ovviamente impietoso e dovrebbe far riflettere come le migliori invenzioni narrative dell'universo di Warhammer siano state partorite a caso, non progettate allo scopo di vendere quel soldatino, quel veicolo, quel set di regole. </div>
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Tornando al discorso iniziale, Dan Abnett è un bravo scrittore, ma non sembra così irraggiungibile come tanti altri. Bravo, certamente. Imitabile, però. Si consideri solamente come la serie degli Spettri di Tanith plagi lo stile di <b>Sven Hassel</b>, le tattiche della Seconda Guerra Mondiale e sopratutto ripercorra la trama e le azioni del Battaglione di <b>Sharpe</b> nell'era napoleonica di <b>Bernard Cornwell</b> (più la <b>serie tv</b> con Sean Bean che la serie cartacea). </div>
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Lo scheletro, depurato dai suoi elementi di base, è letteralmente identico. </div>
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Quarantamila anni nel futuro. La razza umana governa un impero in decadenza, assediato da molteplici razze aliene e dalla minaccia del Caos. Il Dio-Imperatore, un cadavere marcescente sul trono, stringe con pugno di ferro i suoi domini. Mentre le sue armate incendiano la frontiera della Galassia, sul fronte interno spetta all'<b>Inquisizione</b> vigilare su ogni segno di dissenso. </div>
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La trilogia di <b>Xenos, Malleus, Hereticus</b> segue le avventure dell'inquisitore <b>Eisenhorn</b> attraverso le tre fasi della vita di un inquisitore, dalla lotta all'alieno come inquisitore puritano (ordo Xenos), al passaggio alla lotta contro i demoni (ordo Malleus) alla conversione al radicalismo e all'usare le armi degli alieni e del Caos contro loro stessi, salvo essere dichiarato eretico dalla stessa Inquisizione di cui continua a fare parte (ordo Hereticus). </div>
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Dan Abnett tratteggia con abilità comprimari indimenticabili, dall'erudito <b>Aemos</b>, all'intoccabile <b>Bequin</b>, al <strike>Giudice Dredd</strike> arbitres <b>Fischig</b>. Eisenhorn si muove in una galassia credibile, popolata di diverse culture con una propria storia, un proprio linguaggio, un diverso modo di adorare il Dio-Imperatore. La rappresentazione offerta da Abnett deve più a Star Wars che a Warhammer 40000, nel senso che viene totalmente a mancare quell'influenza gotica, quel tecno-feudalesimo proprio dell'ambientazione. Eisenhorn visita un pianeta quale Gudrun allo stesso modo come Obi-Wan Kenobi investiga un'apparizione sith su un pianeta qualsiasi. Non a caso Dan Abnett scriveva nello stesso periodo dei primi due film della nuova trilogia di Star Wars a inizio '2000. Se certamente questo è un aspetto criticabile, dall'altro rende facile immedesimarsi in Eisenhorn e contribuisce a quel realismo avventuroso, a quell'atmosfera propria di un <b>fantasy nello spazio</b> che rende la lettura così soddisfacente.</div>
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Eisenhorn è un protagonista peculiare: combattivo, astuto, intelligente, viene tuttavia sottoposto a prove sempre più ardue, che culminano nel terzo libro nell'accusa definitiva di eresia. Pur essendo dei “buoni”, Eisenhorn mantiene sempre una <i>harshness</i>, una <b>brutalità di fondo</b> assente negli altri inquisitori della Black Library. Un Mary Sue, nel senso che è invincibile, indistruttibile, dalla risposta sempre pronta. Dall'altro, un carattere spigoloso, piuttosto arrogante. La trilogia successiva di <b>Ravenor</b>, al confronto, è meno interessante, in quanto l'allievo di Eisenhorn è fin troppo comprensivo e gentile nei confronti di quanti lo seguono e combattono. </div>
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Alla fin fine, Eisenhorn è una testa calda. </div>
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Qualche anno fa Dan Abnett ha provato a rimettere mano alla saga con “<b>Pariah</b>”, che doveva essere il primo libro di una nuova trilogia che avrebbe contrapposto, diversi secoli dopo gli eventi di “Hereticus”, un ormai ultracentenario e radicale Eisenhorn e il suo pupillo, Ravenor. Nel mezzo, una Bequin clone dell'intoccabile conosciuta da Eisenhorn, senza identità su un pianeta abbandonato. Il romanzo in sé non era un capolavoro e si concludeva con un cliff hanger tale da far arrabbiare il lettore. In seguito non ci sono state voci su un possibile sequel e il successo ormai dirompente della <b>Horus Heresy</b> negli ultimi dieci anni ha eclissato questa seconda trilogia. La ragione del ritardo del seguito, “<b>Penitent</b>”, non ritengo sia attribuibile a Dan Abnett, quanto a una decisione degli alti vertici della Games Workshop, costretti tra la necessità di nuovi romanzi in vista delle nuove uscite e dall'altro dallo sforzo di <i>worldbuilding</i> di Age of Sigmar. </div>
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Il romanzo in questione, “<b>The Magos</b>”, si colloca a metà tra gli eventi narrati nel terzo volume, “Hereticus” e il primo romanzo, “Pariah”, della nuova trilogia. La sua natura <b>trasversale</b> tuttavia non gli impedisce di essere una storia completa, che esordisce con i precedenti racconti collezionati negli anni e si riconnette all'incipit di Pariah. Un altro aggancio viene fornito dall'<b>omnibus</b> di <b>Ravenor</b>.<br />
Il libro pertanto segue in ordine cronologico i diversi racconti con protagonista Eisenhorn o Ravenor e culmina con The Magos. Come ammette Dan Abnett, si tratta di un romanzo nato dal nulla, progettato inizialmente come un racconto, al più una novella. Come l'originario volume, Xenos, era nato casualmente come fan fiction di Inquisitor, allo stesso modo The Magos esordisce come una storiella di contorno e si trasforma in una narrazione appassionante e bene costruita. </div>
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“<b>Pestilence</b>”, il primo racconto, pone come protagonista un ricercatore dell'Imperium, incaricato di scoprire una cura a una pestilenza che sta flagellando i reparti della Guardia Imperiale impegnati nel conflitto. Più Samuel Sark investiga la pestilenza, più scopre come non sia affatto “naturale”, ma al contrario un prodotto <i>in vitro</i> del Caos... </div>
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Una storia <b>pre Xenos</b> molto bene costruita, con alcune scene verso la fine degne di un horror. Si osservi particolarmente l'uso degli esclamativi, lo stampatello maiuscolo e il tono biografico che nell'insieme evocano una <b>testimonianza lovecraftiana</b>, sperduta nella follia. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiaPjVIuhj22_uJBE3mUhTJvujgowww31IzP2p-DkmsJ1fNk4qGFdR0_gvrNK3kuRqAAAD8gOaKfRL7XFrS9ZhJajTGtvzJGMmXwAQjiQQ64oU81Lo_ZLEWeUpUamfSpZVeurtFe08jxRS8/s1600/master+imus+dan+abnett.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="315" data-original-width="318" height="197" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiaPjVIuhj22_uJBE3mUhTJvujgowww31IzP2p-DkmsJ1fNk4qGFdR0_gvrNK3kuRqAAAD8gOaKfRL7XFrS9ZhJajTGtvzJGMmXwAQjiQQ64oU81Lo_ZLEWeUpUamfSpZVeurtFe08jxRS8/s200/master+imus+dan+abnett.jpg" width="200" /></a></div>
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Il secondo racconto, “<b>Master Imus' Transgression</b>”, segue un anziano contabile che scopre un sospetto di eresia e nel suo caso viene soccorso da un giovanissimo Eisenhorn, nella compagnia di quel cazzone di <b>Titus Endor</b>, entrambi ancora a servizio come confessori del Gran Maestro Hapshant.<br />
La storia ruota attorno alla possibile esistenza dei poteri del Caos nei semplici numeri - “numbers of ruin” - un inganno insospettabile nelle quotidiane attività del Ministorum. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_1hW0g0y9aMSOvSesL-nTeSIDQQZFY4qyce3Nr9PhLF2JjHKAV1uNjE-0tdcAaRRgykyRIxcrnFzyVg9CLj08vDRBknzr3Jhyphenhyphen5_gjG-OaMT32QhFD48zl1wlIL9xyyTG8Tq3Yq-Oo3D2v/s1600/regia+occulta+dan+abnett.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="475" data-original-width="297" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_1hW0g0y9aMSOvSesL-nTeSIDQQZFY4qyce3Nr9PhLF2JjHKAV1uNjE-0tdcAaRRgykyRIxcrnFzyVg9CLj08vDRBknzr3Jhyphenhyphen5_gjG-OaMT32QhFD48zl1wlIL9xyyTG8Tq3Yq-Oo3D2v/s320/regia+occulta+dan+abnett.jpg" width="200" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
“<b>Regia Occulta</b>” è un altro mystery/giallo ambientato su un pianeta flagellato da tempeste warp, dove un annoiato Eisenhorn investiga su alcuni delitti a firma di un apparente serial killer. </div>
<div style="text-align: justify;">
Una storia piuttosto sanguinosa, con alcune buone descrizioni geografiche e caratteriali.</div>
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<br /></div>
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“<b>Missing in Action</b>” mette Eisenhorn nella difficile situazione di dover risolvere il caso di un plotone di ex veterani della Guardia che si rifiutano di smettere il servizio attivo. </div>
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In altre parole, il dramma del <b>Vietnam</b> negli occhi dei fucilieri della Astra Militarum. </div>
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<br /></div>
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“<b>Backcloth for a Crown Additional</b>” è la mela bacata della raccolta: un'investigazione di Eisenhorn con Aemos e Bequin alle prese con fotografie infestate di demoni. </div>
<div style="text-align: justify;">
Inclusa una scena tragicomica dove l'inquisitore combatte con la spada Barbarica contro delle malvagie fotografie svolazzanti.</div>
<div style="text-align: justify;">
La descrizione di un circo nel mondo di Warhammer 40000 presenta alcuni paragoni spassosi: </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
For a penny, you could ride the shoulders of a Battle Titan – actually an agricultural servitor armoured with painted sections of rusty silage hopper. For another penny, you could shoot greenskins in the las-gallery, or touch the Real and Completely Genuine shin bone of Macharius, or dunk for ploins.</blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Come a controbilanciare l'assurdo del racconto precedente, “<b>The Strange Demise of Titus Endor</b>” è una storia straniante e triste, dove il protagonista, un ormai anziano Endor, è intrappolato in un misterioso complotto su un pianeta ghiacciato. Dan Abnett dimostra di saper descrivere qualcosa di più del colore dei vestiti del protagonista, quando propone ad esempio il seguente paragone: </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
The auditorium was painted crimson, with scarlet upholstery and gold woodwork. When the house lights came down, it was like being seated in the ventricle of a heart, a red cavity pumping with sound. He sat in the stalls, never in the same seat. His folded programme and his rented opera glasses lay in his lap.</blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Alcolista, affetto probabilmente da una forma di Alzheimer, è un racconto narrato da una terza persona densa di nostalgia per un tempo irrimediabilmente passato per sempre.</div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhquLFq_OkfjMR-T6WTRaqVnjhDWPes1jTVSOSctGafokoV3JvW1D-mcxLLEcwp5cGwgLn7luZoivQW8iTfqMkCN1oTJWscCtywuFn1eRK3oq6h5yGcqe1EeHm-fgqjAr_WveXJjiAaC5Va/s1600/playing+patience+dan+abnett.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="475" data-original-width="309" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhquLFq_OkfjMR-T6WTRaqVnjhDWPes1jTVSOSctGafokoV3JvW1D-mcxLLEcwp5cGwgLn7luZoivQW8iTfqMkCN1oTJWscCtywuFn1eRK3oq6h5yGcqe1EeHm-fgqjAr_WveXJjiAaC5Va/s320/playing+patience+dan+abnett.jpg" width="208" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Valentine Drusher</b> è un <b>Magos Biologis</b>, uno zoologo nel mondo di Warhammer 40000. </div>
<div style="text-align: justify;">
In seguito a decenni impegnati nello studio e nella catalogazione di ogni singola specie, animale e insetto del suo pianeta, viene convocato di urgenza alla notizia di un <b>predatore</b> che nessuno riesce a catturare, un mangiauomini che sta seminando il terrore nelle province. Nessun testimone oculare sopravvive ai suoi attacchi dalla precisione di un chirurgo impazzito. </div>
<div style="text-align: justify;">
Uno spaventato Drusher deve così improvvisarsi cacciatore in quella che a tutti gli effetti è una <b>rilettura di Predator</b>: l'animale, infatti, è un alieno. </div>
<div style="text-align: justify;">
Storia dal prevedibile colpo di scena, ravvivata dal personaggio di Drusher, un accademico facile allo spavento, ma dotato della mente analitica e precisa di un investigatore esperto fino all'autismo nella sua materia. </div>
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<br /></div>
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Dopo “<b>The Curiosity</b>” si torna in ambienti inquisitoriali con “<b>Playing Patience</b>”, dove Dan Abnett narra il reclutamento di una delle seguaci di Ravenor, una psionica con poteri di telecinesi. </div>
<div style="text-align: justify;">
Un racconto piuttosto corposo, con prestiti da “<b>The Running Man</b>” e diverse storie precedenti. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
“<b>Thorn Wishes Talon</b>” è un riferimento al linguaggio Glossia inventato da Eisenhorn e conosciuto anche da Ravenor: la storia infatti segue un incontro tra i due ormai anziani inquisitori. Eisenhorn vuole avvertire il suo ex allievo di un possibile pericolo nella sua lotta contro i <b>Cognitae</b>, una setta eretica che mira a provocare disastri naturali e bellici per facilitare l'ascesa dei poteri oscuri. Mimetizzati nella popolazione di centinaia di mondi dell'Imperium, esperti nella dissimulazione e nel machiavellismo, i Cognitae sono una minaccia formidabile, lontani dall'essere cultisti sempliciotti da snidare col lanciafiamme.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmzlKarEIdI46c6mIruEEubFLkulVgYYjcJWpRxkVJYQnyfzpzeX0sv1fSczrPUO436hHApP7DiNJ6G_e9ZC5iq9EBT2itq7Fyn6EdWgAhfy4kAvZorOruz-H5LFvdHSR57UcFL3zFNaPO/s1600/gardens+of+tycho+dan+abnett.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="475" data-original-width="317" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmzlKarEIdI46c6mIruEEubFLkulVgYYjcJWpRxkVJYQnyfzpzeX0sv1fSczrPUO436hHApP7DiNJ6G_e9ZC5iq9EBT2itq7Fyn6EdWgAhfy4kAvZorOruz-H5LFvdHSR57UcFL3zFNaPO/s200/gardens+of+tycho+dan+abnett.jpg" width="133" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Secondo racconto migliore della raccolta, dopo Titus Endor, “<b>Gardens of Tycho</b>” è una storia con tutti i crismi di un <i>action</i> come si deve, con un incipit che vede il Drusher di “Curiosity” povero e senza lavoro, uno svolgimento nuovamente alle prese con quanto sembra un animale, ma è qualcosa di gran lunga più letale (e artificiale) e addirittura un <b>happy ending</b> con tanto di <b>storia d'amore</b>.<br />
Drusher si riconferma come un buon personaggio, con le sue debolezze e i suoi scatti di arroganza intellettuale, mentre stavolta viene affiancato da <b>Macks</b>, una capa di polizia degli <b>Adeptus Arbitres</b> con un pesante manganello (non equivocate). </div>
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<br /></div>
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<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHuaMHSf0oTfGEdIuP5TI0yml5W0x0ER_w1a_sWzM68eTFQ-g-1t9gP0hHletmdflO0qzHPMRa1mjzj0_BAqC-FAqBXvGg0hExwxa1aM0QHM2AqQPqYLjBKNudnG2lnUXkfJyfER6XabuS/s1600/the+keeler+image.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="822" data-original-width="650" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHuaMHSf0oTfGEdIuP5TI0yml5W0x0ER_w1a_sWzM68eTFQ-g-1t9gP0hHletmdflO0qzHPMRa1mjzj0_BAqC-FAqBXvGg0hExwxa1aM0QHM2AqQPqYLjBKNudnG2lnUXkfJyfER6XabuS/s320/the+keeler+image.jpg" width="252" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
“<b>The Keeler Image</b>” incrocia l'eredità di <b>Horus Heresy</b> e la saga di <b>Eisenhorn</b> post <b>Hereticus</b>, quando ormai è stato dichiarato fuorilegge dall'Imperium.<br />
Eisenhorn è infatti interessato a una sospetta asta d'arte, dove tra gli oggetti esposti c'è un pittogramma di Horus prima della caduta. </div>
<div style="text-align: justify;">
La storia chiaramente è stata scritta da Dan Abnett per i suoi <b>fan</b>, anche se ciò non la rende meno entusiasmante. Ma come già detto, sono a mia volta un fan di Abnett, il mio giudizio è offuscato...</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
“<b>Perihelion</b>”, infine, trasmette la stessa sensazione di un teaser di un trailer: troppo corto, troppo breve, insoddisfacente. </div>
<div style="text-align: justify;">
Incomprensibile come lo si vendesse come un racconto separato.<br />
Come introduzione a “Magos” può andare. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il principale protagonista di “The Magos” è ancora una volta <b>Drusher</b>, che viene strappato dalla sua auto commiserazione come Magos Biologis fallito da Macks, a sua volta in contatto con Eisenhorn, approdato sul pianeta per investigare una possibile cellula dei Cognitae, gli eretici che avevano dato tanto filo da torcere allo stesso Ravenor. </div>
<div style="text-align: justify;">
Tra le catene montuose di <b>Gershom</b>, luogo prediletto dalla nobiltà locale e dagli escursionisti, il confessore <b>Ishabel</b>, figlia di quell'Ishabel immolato al servizio di Eisenhorn nella trilogia originaria, aveva scoperto un possibile accesso a uno dei quartieri generali dei Cognitae, prima di venire misteriosamente uccisa. Il seguito ridotto di Eisenhorn, ormai un potente psionico duocentenario, conta <b>Medea Betancore</b>, la pilota di Hereticus e <b>Harlon Nayl</b>, ex cacciatore di taglie, un vero “pezzo duro”. Valentine Drusher, ancora una volta, viene convocato per un'autopsia di quanto sembrano morsi di orso, ma sono in realtà qualcos'altro – ancora una volta un sospetto alieno e/o caotico. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
“The Magos” si svolge con l'andamento di un <b>mystery</b>, dove i primi due terzi della storia consistono nell'investigazione nella natura incontaminata di Gershom. Indizi, autopsie, ricerche d'archivio, eventi soprannaturali: Dan Abnett trasmette bene un'atmosfera carica di <b>secoli di storia</b>, dove una sbavatura, un appunto al margine, un elemento ignorato nella fretta può fare la differenza tra la soluzione e il fallimento più completo. Il lettore si sente come quel bambino che solleva una pietra e vi scopre sotto un ribollire di vermi e insetti disgustosi, nascosti sotto quello che sembrava un prato tanto verde e piacevole. Egualmente Eisenhorn ha la capacità di percepire, nelle minime sbavature, un indizio di qualcosa di <b>marcio</b>, nella società locale, nelle famiglie dei nobili e degli industriali al potere. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Un secondo elemento che distingue “Magos” dall'omnibus di Ravenor e dalla trilogia precedente è la <b>scarsezza di risorse</b> di un inquisitore dannato quale Eisenhorn. Senza truppe a disposizione e con un seguito sparuto, si deve lavorare con quel poco a disposizione, anche in termini di veicoli e potenza di fuoco. Eisenhorn si deve accontentare degli <b>avanzi della società</b> come Drusher e Macks.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Accanto all'obbligatoria citazione weird/lovecraftiana – i Cognitae si riferiscono spesso allo <b>Yellow King</b> di Chamber – non mancano le battute sardoniche e l'<b>umorismo</b> dei comprimari:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
‘What is it?’ Drusher asked, dabbing at his split lip.<br />
‘Caffeine,’ she said.<br />
‘I don’t have any caffeine,’ he replied. The woman frowned and gestured towards the kitchen.<br />
‘Brown powder. Silver tin. Second shelf. Marked “Caffeine”.’<br />
'It was a sample of desiccated treefox droppings, for analysis,’ said Drusher.<br />
She nodded thoughtfully, then shrugged. ‘Probably better not drink it, then,’ she advised. </blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Oppure, l'opinione di Nayl sui poteri psionici: </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
‘Well, I’ll take your word for that, Master Nayl. It sounds a lot like hocus-pocus nonsense to me.’<br />
‘Me too,’ said Nayl. ‘But if hocus-pocus nonsense works, you go with it.’</blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Verso la fine della storia, il <b>punto di vista</b> passa ad Eisenhorn, ma la stragrande maggioranza dei paragrafi segue la prospettiva di Drusher, che può presentare delle difficoltà, con il suo linguaggio erudito: </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
‘<i>Ursa minora gershomi</i>?’ said Drusher. ‘Or <i>majora</i>, I suppose? Or even a cave ursid, though those are rare these days?’<br />
‘Sir?’<br />
‘A banded ursid, or a big grey?’<br />
‘Yeah, we get both kinds up here. The king greys once in a while. So, we thought, some poor idiot left the wood path, got taken. Never got an identification on the victim, though. No papers. We ran genetic samples through the system, and even shared them with other networks. Then in the spring, there were two more. Same deal.’</blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La costruzione immaginaria del luogo dove si muove Eisenhorn, della storia delle montagne e delle foresta dove si svolge l'investigazione, lascia impressionati. Dan Abnett stende strato dopo strato di storia, con tanto di<b> topografia</b>, nomi e <b>località immaginarie</b>. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
They towered in their own right: younger mountains, sharp-edged, clothed in evergreen forests below their shoulders, sweeping up into spires of naked dark granite. They were called the Unkaran Hills, known too as the Karanines, and they formed the northern and eastern limits of the province. Their older, glowering cousins, the Tartreds, could be seen, from high ground on a clear day, as a blue shadow two hundred kilometres away, like the front wave of a great deluge, frozen solid and forever about to roll in and sweep the province away.<br />
The history of the territory had been fraught. It had evaded Gershom’s recent conflicts, including the long and complex civil war that had ravaged the Peninsula, spared by its outlying state and lack of significance. But the fortresses that clung to the long spur of the hills spoke of older disputes. Outer Udar lay to the east of the Tartreds’ flanks, and in the early days of settlement, its territories had bred fierce nomadic peoples with an expansionist mindset. Long, ungainly wars of invasion and repulsion had haunted the Karanine belt.<br />
No one studied them any more. The deeds and efforts of those wars were remembered only by the pages of history texts that slept on the library shelves of Unkara Town, and were never opened. The sites of skirmishes and battles were lost in the woodland slopes and valleys, so overgrown and misplaced that even their particular significances and causes had vanished.<br />
Occasionally, a farmer, grazing high pasture, or a woodsman in the deeper forest, would stumble on a rusted buckle or spear tip, or a piece of bone that was not an animal’s, and realise that something had once happened in that empty place. </blockquote>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Quando infine si passa dal mystery all'<i>action</i> e allo scontro con i Cognitae c'è più carne al fuoco di quanto sarebbe lecito aspettarsi. Combattimenti, certo, ma nella loro ricerca occulta, i Cognitae hanno scoperto diverse <b>verità lovecraftiane</b>; si va dall'Eununcia, un linguaggio capace di modificare la realtà, a forme di spazio-tempo teoricamente impossibili, a un piano caotico che farebbe arrossire il più inveterato Primarca delle Legioni traditrici. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ovviamente, al fondo di tutto, <b>Eisenhorn</b> in persona. </div>
<div style="text-align: justify;">
Dan Abnett lo descrive in alcune scene come l'inquisitore che siamo arrivati a conoscere nelle opere precedenti e in altre come un estraneo, un vecchio pieno di dubbi e paure, sorretto solo dalla propria volontà ferrea. C'è uno <b>sfasamento</b> tra l'Eisenhorn che pensiamo di conoscere e l'Eisenhorn reale, descritto da Abnett. Se vogliamo, è come riconoscere un amico dopo tanto tempo: ci sembra di conoscerlo, ma è radicalmente diverso. Ma resta un amico, nel bene e nel male. </div>
<br />Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-22736459547951996452018-04-02T09:30:00.000+02:002018-04-03T22:34:47.603+02:00Quando Snowpiercer incontra La bussola d'oro: “Above The Timberline”, di Gregory Manchess<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span>
<span style="font-family: inherit;">Quando iniziò a nevicare, continuò per </span><b style="font-family: inherit;">millecinquecento anni</b><span style="font-family: inherit;">. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Lo spostamento dei Poli
profetizzato dagli antichi climatologi finalmente avvenne e la
topografia della Terra fu rivoltata come un guanto, il clima mutato
per sempre. La Terra è ora ridotta a una palla di vetro con la neve
dentro, un mondo dove la <b>neve</b> ricopre con il suo uniforme manto ogni
cosa, raggiungendo in alcuni casi profondità sconosciute.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Le vecchie nazioni
scomparse per sempre, la tecnologia perduta: l'uomo è sopravvissuto
a stento, lentamente ricostruendo una <b>civiltà</b> ferma al <b>1920/30</b>.
Aerovascelli sorvolano distese di conifere e barriere di ghiaccio,
tribù di inuit predano su carovane di automezzi blindati, aeroplani
ad elica esplorano le nuove frontiere. Un nuovo mondo di scafandri
per l'alta pressione, di piloti dai giubbotti di pelle, di
tecno-nomadi amici con gli orsi polari.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhX4Ser70f852mZ6aQyDRoUQs0bAF_NieSx7lLW3IrESXy4DnzcOPNEa31iW_fawjtpEv3D5PmR6IYVgiT2hiAdcg7dTo5uqMSmCM2Wln3cR1OJgcjv2i7au0o6bBgfPoheD1mX97yHn0oZ/s1600/above+the+timberline+romanzo+illustrato.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="363" data-original-width="740" height="313" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhX4Ser70f852mZ6aQyDRoUQs0bAF_NieSx7lLW3IrESXy4DnzcOPNEa31iW_fawjtpEv3D5PmR6IYVgiT2hiAdcg7dTo5uqMSmCM2Wln3cR1OJgcjv2i7au0o6bBgfPoheD1mX97yHn0oZ/s640/above+the+timberline+romanzo+illustrato.jpg" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<a name='more'></a><span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Faro della civiltà umana
è la </span><b style="font-family: inherit;">Società Geografica Polare</b><span style="font-family: inherit;">, una potente confraternita di
esploratori e scienziati, principali responsabili di ogni avanzamento
tecnologico dopo la caduta. La Società esplora questo mondo immerso
nel bianco, alla continua ricerca di artefatti del ventunesimo
secolo.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Possono essere armi,
libri, veicoli... fino a interi edifici sepolti sotto secoli di neve
perenne. Miraggio della Società è scovare la “<b>lost city</b>”, Graal
di ogni aspirante esploratore: un intera città perfettamente
conservatasi nel ghiaccio.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questo era l'obiettivo del
padre del protagonista, <b>Galen Singleton</b>, scopritore rinomato,
convinto di aver trovato la chiave alla “lost city”, salvo
perdere ogni contatto e venire dichiarato disperso dopo anni di
ricerche. Il figlio, un giovane scapestrato, <b>Wes Singleton</b>, molla
l'Accademia Militare e decide di cercarlo, convinto che sia ancora
vivo nella fascia dove per altitudine e clima nemmeno il più
cocciuto cespuglio riesce a crescere. Dove domina solo neve e freddo:
<b>above the timberline</b>, per l'appunto.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il formato elettronico in
un mondo ideale dovrebbe permettere una <b>liberazione</b> non solo <b>dalla
carta</b>, ma anche e sopratutto, dalla carta di bassa qualità. Basare
un'intera industria sulla sola produzione di tascabili e volumi
rilegati forma un collo di bottiglia, dove l'impaginazione, i
caratteri, le copertine sono forzatamente costretti nei parametri
concessi dal mercato. Libri dalla copertina rigida per il debutto in
libreria e se gli incassi sono buoni, se lo scrittore è rinomato,
allora una seconda, una terza tiratura nel <i>paperback</i> accessibile alla
massa. Negli ultimi
anni i tempi e i modi per questo genere di pubblicazioni si sono
dilatati e in alcuni casi talmente ridotti da scomparire: ci sono più
possibilità ad aspettare Godot, che a implorare un'edizione
economica delle ultime uscite.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I margini – di guadagno,
non di pagina – si sono ulteriormente ristretti.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se l'ebook come formato
avesse avuto il successo che non ha avuto, avremmo potuto godere non
solo di pubblicazioni alla tasca di tutti, ma nel contempo di una
<b>rivincita del cartaceo</b> come espressione artistica e non solo
necessità di produzione. Libri costruiti e confezionati come puri
prodotti d'arte, come testimonianze dell'abilità di grafici e
illustratori. Copertine tali da rivaleggiare con le Bibbie medievali,
illustrazioni reminescenti del <i>best of</i> dei <b>classici
vittoriani</b>, caratteri e titolazioni sottoposti ad accurato <i>proofreading</i>. Al momento nella mia libreria personale ho diversi
romanzi acquistati nell'adolescenza, ora vecchi di soli dieci anni,
che stanno sbiadendo e scolorendo. Letteralmente alcune pagine stanno
ingiallendo fino a inghiottire la stampa.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Meno male che un libro è
per sempre! Forse lo è se non lo si legge, caso applicabile a tanti
<b>libri </b>“<b>ornamentali</b>” in Italia...</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqy1Y9Gtd5SwWJQT5WCsCGCGbg62c-zq79WX_DtcInxdKFWgvhyrt6zhSlNR9NrfEAs0so8VEGCdITSa_ZKELAyt3ePCqr7izEBywsystKxtHg19njvExqGtMoPgoe1qu4BNK0NOmuRDHN/s1600/above+the+timberline+romanzo+illustrato+biplano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="655" data-original-width="1600" height="261" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqy1Y9Gtd5SwWJQT5WCsCGCGbg62c-zq79WX_DtcInxdKFWgvhyrt6zhSlNR9NrfEAs0so8VEGCdITSa_ZKELAyt3ePCqr7izEBywsystKxtHg19njvExqGtMoPgoe1qu4BNK0NOmuRDHN/s640/above+the+timberline+romanzo+illustrato+biplano.jpg" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">“</span><b style="font-family: inherit;">Above The Timberline</b><span style="font-family: inherit;">”
è un perfetto esempio di cosa si potrebbe realizzare in un futuro
libero dal dominio della carta. </span><b style="font-family: inherit;">Gregory Manchess</b><span style="font-family: inherit;">, illustratore attivo
da decenni su decine di riviste, dal National Geographic allo
Smithsonian, ha scritto e disegnato di suo pugno questo monumentale
romanzo illustrato. La definizione non è peregrina, non è un
inganno: questo a tutti gli effetti è un </span><b style="font-family: inherit;">romanzo</b><span style="font-family: inherit;"> </span><b style="font-family: inherit;">illustrato</b><span style="font-family: inherit;"> nella
tradizione del genere, un perfetto connubio di prosa e arte, dove
poche linee di dialogo e di descrizione si sovrappongono a oltre </span><b style="font-family: inherit;">150
pitture ad olio</b><span style="font-family: inherit;">.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Ho scoperto il testo
cercando alcuni fumetti francesi e ho pertanto letto il lavoro di
Manchess da una copia digitale. Tuttavia, <a href="http://gurneyjourney.blogspot.it/2017/09/interview-two-new-illustrated-novels.html">dalle video presentazioni e dalle recensioni</a>, “Above The Timberline” si presenta come
un'edizione perfetta da sfogliare e gustare <b>su carta</b>, con l'occhio
preda di un orgasmo visivo nella successione senza fine di <b>paesaggi e
tecnologie retro futuristiche</b>. Manchess adotta nella maggior parte
delle 125 pagine una “<i>splash page</i>” che si presenta aperto il
volume, dove la rilegatura non occlude l'impatto visivo e
immaginativo delle illustrazioni.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">… e quale potenza
immaginifica, quale sublime delizia!
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Gregory Manchess piglia il
<b>meglio</b> dei romanzi di <b>Jules Verne, di Salgari, di H. G. Wells, di
Robert Louis Stevenson</b> che abbiamo tutti letto dalla biblioteca e
dall'eredità dei genitori: storie dove allo svoltare della pagina si
scopriva un'incisione, una pittura, un disegno a colori della scena
appena descritta, che fosse un attacco di selvaggi con le zagaglie in
Africa, un Nautilus avviluppato da una piovra, un Sandokan intento a
spaccare la testa di un malvagio thug. La narrazione asciutta e
impersonale di questi <b>ultimi vittoriani</b> si ravvivava
nell'immaginazione del disegnatore, che infondeva una più che
benvenuta vitalità nei protagonisti macchiette di queste storie
avventurose. Impossibile ricordare nome e carattere dei protagonisti
del “Viaggio al centro della Terra”; facile invece ricordare
alcune descrizioni, alcune scoperte; facilissimo infine ricordare le
illustrazioni di contorno. <a href="https://zenosaracino.blogspot.it/2016/09/la-narnia-maschile-di-c-s-lewis-e-la.html">Avevo già scritto in precedenza</a> come vada
riconosciuto a “Le Cronache di Narnia” maggior merito per le
splendide illustrazioni di <b>Pauline Baynes</b> che per la prosa di Lewis,
legnosa e artefatta.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Francamente non ricordo
quale fosse la trama e i personaggi del </span>“<span style="font-family: inherit;">Corsaro Nero</span>”<span style="font-family: inherit;"> di Salgari, ma
sicuramente ho una vivida immagine di tanti disegni del volume, dal
pirata divorato dalle sabbie mobili ai duelli in punta di fioretto
nella giungla.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nel caso di “Above The
Timberline” ogni pagina si compone di un'immagine e un frammento di
testo; si tratta più di un'<b>illustrazione romanzata</b> che di un romanzo
illustrato. La forza della pittura di Manchess sopravanza una prosa
debole, sebbene tutt'altro che disprezzabile.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdt6UX1M-XRvlxdpF_USmJsxHmXA_tZSva8RUOJDl1NYvsz3H65QSdXy2H4QfoWbauu1MgSQ8dVtdUmFvRRs0lrez0TCEwH8IHoVxewvXhDs4pS4skpzXAM8xcc6PyyOyn_YN5uTe5WrEF/s1600/above+the+timberline+rhino.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="655" data-original-width="1600" height="261" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdt6UX1M-XRvlxdpF_USmJsxHmXA_tZSva8RUOJDl1NYvsz3H65QSdXy2H4QfoWbauu1MgSQ8dVtdUmFvRRs0lrez0TCEwH8IHoVxewvXhDs4pS4skpzXAM8xcc6PyyOyn_YN5uTe5WrEF/s640/above+the+timberline+rhino.jpg" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Con una parafrasi del
Frusciante, la </span><b style="font-family: inherit;">storia è semplice</b><span style="font-family: inherit;">.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il figlio di un famoso
esploratore deve provare alla società e a sé stesso di essere
“qualcuno” andando alla ricerca del padre che non ha mai avuto:
Wes è il classico ragazzo di buona volontà, con un'inclinazione ai
motori e alle macchine, ma capace all'occorrenza di avere buon cuore.
Quel genere di cavaliere senza macchia e senza intelligenza che si
pensava sepolto sotto il cinismo alla George RR Martin. Nella sua
avventura Wes ha modo ovviamente di riallacciare i rapporti spezzati,
di crescere e stringere nuove amicizie e interessi romantici.
Affiancato nelle sue avventure dalla classica figura del <b>nativo del
luogo</b>, legato alla natura, pellerossa o africano che sia, in questo
caso, una ragazza di una delle tribù locali e ovviamente da una
vasta gamma di automezzi, veicoli e animali umanizzati, tra cui
spicca la compagnia di <b>cinque</b> intelligentissimi <b>orsi polari</b>. Il
riferimento alla <b>Bussola d'oro</b>, ad eccezione per il fatto che non
parlano, è qui inevitabile. La sagoma dell'orso come spirito guida e
silente figura “paterna” domina tanto il testo quanto le
immagini. Nel contempo, il rapporto di Wes con questo ambiente ostile
e con la ragazza inuit è rivisitato alla luce del ventunesimo
secolo: <b>Linnea</b> a sua volta è abile a destreggiarsi per suo conto e i
due si sostengono a vicenda nelle difficoltà, senza lo stereotipo
della fanciulla da salvare. Wes dipende strettamente dalla <b>tecnologia
pulp</b> della Società Geografica Polare, sebbene nel corso
dell'avventura apra le porte della sua percezione ad altre forme di
esplorazione – non solo fisiche, quanto mentali e filosofiche.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tutto ciò non detrae da
un'intrinseca debolezza della storia e dei personaggi, letteralmente
inghiottiti ancora una volta dalla bellezza lancinante delle
illustrazioni. Si tratta, alla fin fine, del <b>viaggio dell'eroe</b> tante
volte narrato dalla <b>Disney</b>, con lieto fine, violenza senza
sangue e personaggi dalle buone intenzioni. Il paragone con la Disney
si estende anche alle atmosfere <b>naif</b>, un po' ingenue: per essere un
romanzo così bello e vivido, i personaggi e la prosa sono
stranamente <b>incolori</b>.
</span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Unica eccezione, i
<b>tecnicismi</b> e un accorto uso di <b>lettere e diari</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La prima metà del
romanzo è una miscela indovinata di più diari tra loro sovrapposti
per ricostruire antefatto e vicende precedenti. Il diario di Wes,
ovviamente, narra il suo viaggio nell'ignoto, mentre le sue chiamate
via radio alla madre permettono di conoscere il suo rapporto con il
padre assente. Un terzo livello di approfondimento viene invece
offerto dal diario di Galen, che segue le sue avventure per scoprire
la città perduta. Sono questi frammenti che ci permettono di
conoscere la natura del mondo post apocalittico di Manchess, dove
intere metropoli si sono scontrate per il movimento delle placche
tettoniche e dove la Società di proposito commercia armi antiquate
agli indiani per tenerli sotto controllo. I dirigibili sono
ovviamente i re di questo genere di setting e fino a un terzo della
storia ero convinto fossimo nel 1930, in Tibet o in Mongolia. Una
forma di <b>post apocalisse</b> molto leggera, dove il fremito e il piacere
dell'esplorazione sono depurati da ogni pessimismo esistenziale.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCtlL1SHTBH9LhCvxtgx2fLkj9wry-XSiYR3pCyDrh9ldqWzs7MEjGga4eRRu9WiRz0aiSIfLtlY5Z_NmeuDOFJvl4OqiSfk_JMdoO34pIUP2reNRxc1Z_rUnxOvoP7KYsm-5ehjpZ3p6o/s1600/Above-the-Timberline-snowpiercer.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="646" data-original-width="1584" height="261" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCtlL1SHTBH9LhCvxtgx2fLkj9wry-XSiYR3pCyDrh9ldqWzs7MEjGga4eRRu9WiRz0aiSIfLtlY5Z_NmeuDOFJvl4OqiSfk_JMdoO34pIUP2reNRxc1Z_rUnxOvoP7KYsm-5ehjpZ3p6o/s640/Above-the-Timberline-snowpiercer.jpg" width="640" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Gli </span><b style="font-family: inherit;">animali</b><span style="font-family: inherit;"> e le </span><b style="font-family: inherit;">macchine</b><span style="font-family: inherit;">
giocano ovviamente un ruolo fondamentale dentro un libro di questo
genere. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Wes è una testa calda,
che parte con una sorta di </span><b style="font-family: inherit;">gatto delle nevi</b><span style="font-family: inherit;"> dalla forma di una
carlinga slanciata nello stile dell'art déco; in seguito a un
incidente, smonta il veicolo per ricavare un veloce hovercraft. I
suoi nemici viaggiano su barche a vela attrezzate con scii nel caso
dei nativi, mentre la sua nemesi adopera un classico dirigibile
armato di siluri. Uno scontro tra queste balene del cielo costituisce
la fenomenale cifra di apertura di “Above The Timberline”. Il
</span><b style="font-family: inherit;">feticismo</b><span style="font-family: inherit;">, più che benvenuto, verso </span><b style="font-family: inherit;">armi </b><span style="font-family: inherit;">e </span><b style="font-family: inherit;">marchingegni meccanici</b><span style="font-family: inherit;"> si
riflette tanto nella prosa quanto nei disegni, evocativi nel
delineare il (retro)futurismo di automobili e velivoli.
In tal senso il romanzo è certamente </span><b style="font-family: inherit;">dieselpunk</b><span style="font-family: inherit;">, nel senso che
tecnologia e mentalità sono indistinguibili dagli anni '20 e '30,
con particolare riferimento agli </span><b style="font-family: inherit;">Stati Uniti</b><span style="font-family: inherit;"> dell'eterna frontiera da
esplorare (e colonizzare).</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questi rumorosi giocattoli
non sarebbero tuttavia altrettanto efficaci se Manchess non li avesse
inseriti e messi alla prova in un incubo di montagne e pianure
ghiacciate, fracassati da tempeste e attacchi di animali selvaggi. La
<b>fauna</b> di “Above The Timberline” è aggressiva e gigantesca: si
parte con le mandrie di <b>rinoceronti</b> delle nevi, “rhino”, capaci
di distruggere un treno in corsa, ai branchi affamati di lupi e
sopratutto <b>leopardi</b>, predatori per eccellenza. Oltre alla
radio, Wes adopera un falco per mandare messaggi alla madre. Gli <b>orsi
polari</b> sono invece gli animali sacri dei nativi e del mondo di
Gregory Manchess: intelligenti, leali, alla pari con gli eroi umani. </span><span style="font-family: inherit;">Mentre l'idea alla base di
“Above The Timberline” chiaramente deriva da Snowpiercer, gli
animali sono tratti di peso da un romanzo fantasy di Philip Pullman,
quale La bussola d'oro.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Tecnologia e animali
infine interagiscono sullo sfondo di <b>vedute mozzafiato</b>. Barriere di
ghiaccio, vedute d'alta quota, fortezze e villaggi abbarbicati sulle
pendici di picchi solitari. Non a caso quando più il romanzo annoia è
nel disegno degli interni o quando rinuncia a descrivere il luogo
dove i protagonisti dialogano.</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Dalla copertina fino
all'ultima pagina, all'ultimo disegno, “<b>Above the Timberline</b>” è
un romanzo illustrato più che da leggere, da contemplare e invidiare:
Manchess ha raggiunto un picco di abilità impossibile da scalare. Il
<b>K2</b> dell'<b>illustrazione</b>.
</span></div>
<br />Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5524287633627978714.post-61230042539488743742018-03-26T07:00:00.000+02:002018-04-02T09:41:53.113+02:00The Great White Space, di Basil Copper: il meglio dell'omaggio lovecraftiano<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br /></span></div>
<br />
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9VvG9WLriKfgLqYc-HsuqcwvuaRDm0vu1hJAFNsqqAJksrcaMc7cNqi-9EfML91EzeFei0Wo8O0Qc2mqWSfMFE5dThDlvy3FSvCjspjUN9N6ePcG_359O_jNp3mtRK72nUkH8ehrA7wPM/s1600/The-Great-White-Space+basil+copper.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1392" data-original-width="839" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9VvG9WLriKfgLqYc-HsuqcwvuaRDm0vu1hJAFNsqqAJksrcaMc7cNqi-9EfML91EzeFei0Wo8O0Qc2mqWSfMFE5dThDlvy3FSvCjspjUN9N6ePcG_359O_jNp3mtRK72nUkH8ehrA7wPM/s400/The-Great-White-Space+basil+copper.jpg" width="240" /></a><span style="font-family: inherit;">Inghilterra, <b>1930</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In
seguito all'ubriacatura dei <i>Roaring Twenties</i>, nuvole di guerra
si addensano nell'Europa continentale, mentre l'<b>Impero Britannico</b>
consolida inquieto il suo dominio coloniale, dall'Africa, all'India,
ai più remoti avamposti dell'Asia.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>Frederick Plowright</b> è un
<b>fotografo</b> professionista, che si è fatto un nome partecipando a
diverse missioni esplorative di scienziati e antropologi in tutto il
mondo. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un uomo rigoroso, preciso, totalmente devoto alla sua arte;
eppure incline, suo malgrado, a fantasticherie e visioni febbrili. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Giovane, ma insoddisfatto, Frederick accetta un'offerta di lavoro
peculiare: una missione di ricerca di un anziano professore, <b>Clark
Ashton Scarsdale</b>, che dichiara di voler esplorare il grande nord. </span><span style="font-family: inherit;">Forse l'</span><b style="font-family: inherit;">Antartide</b><span style="font-family: inherit;">, dove nello stesso periodo, </span><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Alle_montagne_della_follia" style="font-family: inherit;">un'altra spedizione</a><span style="font-family: inherit;">
della </span><b style="font-family: inherit;">Miskatonic University</b><span style="font-family: inherit;"> è andata perduta...</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Introdotto nella villa di
Scarsdale, Frederick scopre come la destinazione sia tutt'altra,
occlusa per segretezza: una sconosciuta contrada nel <b>profondo
oriente</b>, tra la Mongolia, Burma e la Cina al confine occidentale,
oltre il deserto dei Gobi.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Scarsdale, dopo decenni di
ricerca nei più svariati campi scientifici e pseudoscientifici,
ritiene di aver scoperto quanto definisce “<b>The Great White Space</b>”.
Si tratta di un <b>portale extra dimensionale</b>, descritto nel testo di
occultismo “The Ethics of Ygor”, come “Un Grande Spazio
Bianco”.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un varco di accesso, dove
le leggi scientifiche vengono distorte e sovvertite, attraverso il
quale aliene e superiori entità chiamate gli “<b>Old Ones</b>” entrano
in contatto con la Terra. Scarsdale desidera trovare il Portale,
studiarne la composizione ed eventualmente essere il primo
ambasciatore della razza umana a entrare in contatto con gli Antichi.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La spedizione è bene
equipaggiata, con cinque semicingolati dell'esercito, ampie provviste
e contatti sul posto: tuttavia Frederick rimane turbato quando scopre
tra le provvigioni una mitragliatrice, bombe a mano e addirittura
fucili per la caccia agli elefanti.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il riserbo di Scarsdale
sull'effettiva natura del viaggio non può mascherare quanto sembra
essere più un <b>mostruoso safari</b> che una spedizione scientifica...</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<a name='more'></a><span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhk0bODSgR4j7gwRDnRyW9xo1BK4WeQ6eZlbaWnhWM_plNGZirdz0ir63HlnAk2ZnsT65COX3hnaOgF21Zd-aFLOz1zpdT3O2KJrOppPQ6YteRe-X-DSTKywXtL8O1evJPmd6Jar9ecSOF1/s1600/The-Great-White-Space-Basil-Cooper.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="297" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhk0bODSgR4j7gwRDnRyW9xo1BK4WeQ6eZlbaWnhWM_plNGZirdz0ir63HlnAk2ZnsT65COX3hnaOgF21Zd-aFLOz1zpdT3O2KJrOppPQ6YteRe-X-DSTKywXtL8O1evJPmd6Jar9ecSOF1/s320/The-Great-White-Space-Basil-Cooper.jpg" width="190" /></a></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Dopo un lungo viaggio
nella desolazione degli altipiani asiatici, il gruppo arriva alle
“<b>Black Mountains”</b>, una catena montuosa impervia e disabitata. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un
monumentale ingresso, centinaia di metri di altezza, fa da preludio a
una <b>discesa nel sottosuolo</b>. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un labirinto artificiale scavato da
un'antica civiltà, al cui centro, secondo Scarsdale, si trova il
Portale, “The Great White Space”.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un viaggio al centro della
Terra, tra le rovine e le tombe di un'incomprensibile civiltà.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Mentre i semicingolati si
fanno strada nella necropoli sotterranea, Frederick s'interroga sulla
precedente spedizione di Scarsdale: un viaggio, per sua stessa
ammissione, dove solo lui era tornato vivo... ma perchè? Chi aveva
ucciso i compagni del professore? Cos'era successo all'antica civiltà
di costruttori del Portale? </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sempre più in profondità nella terra,
Frederick si rende conto che non sono soli in quei tunnel: qualcuno,
o meglio, <i>qualcosa</i>, sta dando loro la <b>caccia</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La profonda ammirazione
verso uno scrittore inevitabilmente trascina, specie se si è
giovani, a imitarlo nello stile e negli argomenti. Cogli anni si
cresce, si matura, ci si rende conto che il miglior omaggio è
comprendere l'<b>originalità</b> di quell'autore e cercare di replicarlo
nei propri lavori: imitare la <b>struttura</b>, il <i>modus operandi</i>,
non l'effettivo contenuto.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Nel campo dei <i>pastiche</i>
e degli <b>omaggi</b>, Sherlock Holmes è un perfetto esempio di un classico
facilmente imitato: lo stile di scrittura di <b>Arthur Conan Doyle</b> è
stato replicato da diversi scrittori con tale esattezza da rendere
impossibile distinguere quale sia l'opera originale.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In altre parole, una
perfetta contraffazione. Fan fiction? Filologia? Omaggio? Se lo scopo
è il divertimento, nulla da obiettare: il problema è quando uno
scrittore costruisce la sua intera carriera sull'omaggio gratuito,
senza mai rinnovare il genere.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><a href="http://heroicfantasyitalia.altervista.org/gli-articoli-di-black-gate-per-crom-alcuni-conan-gli-somigliano-pi-di-altri-2/">Un interessante articolo</a>
del <b>Black Gate</b>, tradotto su <b>Heroic Fantasy Italia</b>, si domandava a
questo riguardo quali altri autori del periodo <b>pulp</b>, anni '20/'30,
fossero stati imitati con successo. Sono d'accordo che la scrittura
di Howard, tanto criticata, non è affatto così facile. Si perde il
conto delle opere con Conan protagonista, ma nessuna di queste si
avvicina anche lontanamente al genere di atmosfera creata da Howard.
C'è quell'<b>indefinibile qualcosa</b>, che dagli anni '70 a oggi, continua
a sfuggire. Inimitabile Howard, è il caso di scriverlo.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><b>HP Lovecraft</b> si pone a
metà tra Arthur Conan Doyle e Robert E. Howard: inoculare una
sfumatura lovecraftiana nelle proprie storie è certo facile, ma
scrivere come Lovecraft è sorprendentemente difficile. Sembra quasi
inevitabile sfociare nella <b>satira</b>.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQGtvU_95QAD-0UZmwWWG7iOLT_NgZkcUR-8QDQm2ljuFxyW7XyEb_rFepAtfKtEXBnmw2ekGNLDGbk9XObRsgSrdzFVGKY6F8qBRBpOf4JrXHyJfrdhoG793ZQ6Jh6QgakeaI2UKqHPfi/s1600/The-Great-White-Space+Basil+Cooper+Lovecraft.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1360" data-original-width="880" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQGtvU_95QAD-0UZmwWWG7iOLT_NgZkcUR-8QDQm2ljuFxyW7XyEb_rFepAtfKtEXBnmw2ekGNLDGbk9XObRsgSrdzFVGKY6F8qBRBpOf4JrXHyJfrdhoG793ZQ6Jh6QgakeaI2UKqHPfi/s320/The-Great-White-Space+Basil+Cooper+Lovecraft.jpg" width="207" /></a><span style="font-family: inherit;"><a href="http://www.valancourtbooks.com/the-great-white-space-1974.html">Nel caso del romanzo di oggi</a>, “<b>The Great White Space</b>”, del <b>1974</b>, ci si avvicina
all'omaggio a Lovecraft senza parodiarlo o senza sfruttarne il
setting per discutere altre tematiche.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un romanzo lovecraftiano
nella sua interezza, dove la mano dello scrittore, il prolifico <b>Basil
Copper</b>, è ancora distinguibile dalle citazioni e dagli omaggi sparsi
nel testo.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Sono dell'idea che nei
confronti di Lovecraft vada attuato un <b>superamento</b> “<b>immobile</b>”,
nel senso che bisognerebbe mantenerne le tematiche e la filosofia di
fondo, nel contempo superandone i limiti legati agli anni '30. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un
fulgido esempio degli ultimi anni è la saga di <b>Providence</b> di <b>Alan
Moore</b>, dove il cosmicismo dell'autore viene decostruito e
riassemblato. La filosofia è lovecraftiana fino al midollo, ma i
materiali di costruzione sono completamente diversi.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Basil Copper dipinge
un'<b>avventura a tinte forti</b>, dove la tela è una solida costruzione
pulp, i colori derivano dalla fantascienza vittoriana di Jules Verne
e infine la cornice che tiene assieme il tutto è il tardo Lovecraft
delle “Montagne della Follia”.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I protagonisti, a partire
dalla voce in prima persona di Frederick, sono infatti <b>accademici</b>:
scienziati, geologi, storici, antropologi posseduti dalla passione
per la <b>ricerca</b> e la <b>scoperta</b>. Il romanzo non annovera personaggi
femminili e in effetti i protagonisti stessi non hanno fidanzate,
mogli o qualsivoglia interesse al di fuori della scienza. Prevale
quell'atmosfera di amicizia intellettuale e reciproco rispetto
proprio di tanto romanzi verniani, dove i protagonisti, fiduciosi
delle proprie capacità, affrontano il pericolo con la razionalità e
il positivismo propri dell'età vittoriana.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il romanzo è in tal senso
<i>british</i>, se non fosse che i protagonisti vengono messi di
fronte a ostacoli e pericoli che non hanno modo di risolvere con la
scienza e l'intelletto: alla <b>bidimensionalità</b> propria di Verne, qui
si affiancano le psicosi, le manie, i tic propri dei protagonisti di
Lovecraft.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Questi non sono
personaggi, quanto <b>fasci di nervi</b> in eterna tensione.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Si consideri il
bell'<b>incipit</b>, nella tradizione di Lovecraft, immediatamente ricco di
annotazioni bibliografiche e accademiche:
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">But where to begin? This
is indeed the first of my problems, lest my sanity be mocked at the
outset. I was born then, Frederick Seddon Plowright; such life as I
enjoyed until attaining my majority is no concern of this narrative,
still less of interest to the general reader. After graduation I
studied various outre subjects on the fringe of my scientific
knowledge and eventually drifted into photography. I became an
excellent portrayer of scientific and geographic subjects and
accompanied a number of important expeditions earlier in the century,
notably von Hagenbeck’s penetration of the Quartz Mountains of
Outer Mongolia; and of Francis Luttrell’s major earth-boring
investigations in the Nevada Desert of 1929, an adventure which
almost cost me my life.</span></blockquote>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Basil Copper, nel primo
terzo del romanzo, abilmente descrive la villa di Scarsdale e i
preparativi alla spedizione con un tono idilliaco: un <b>rifugio</b> ideale,
un <b>club</b> per ragazzi troppo cresciuti, dove si può discutere di
amabili argomenti con il giornale sotto mano e un maggiordomo sempre
pronto a versarti una tazza di caffè, di tè, di brandy. Le
esercitazioni con i semicingolati – una sorta di vagoni corazzati
con cambusa e brandine – sono trattate come se fossero costosi
giocattoli.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Scarsdale, un brizzolato
veterano, professore e esploratore, svolge il ruolo del vegliardo,
che guida i giovani allievi scelti per la missione. In sottofondo, si
respira una paurosa tensione: ancora la meta del viaggio non è
chiara e non si comprende perchè servano così tante armi, così
tante precauzioni. Il sardonico narratore, ricordando quei momenti,
conclude uno dei capitoli con un tono cupo, uno stridulo contrasto
dopo pagine di conversazioni e amichevoli battute:
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Thus casually did I commit
myself to the most appalling experience of my life.</span></blockquote>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il maggiordomo, a sua
volta silenzioso, e il cane di guardia della Villa sono gli unici
altri protagonisti: Basil Copper non sfrutta mai più di cinque, sei
personaggi in scena, trasmettendo un senso di <b>isolamento</b> piuttosto
straniante.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Una straordinaria
<b>solitudine</b> permea tutto il romanzo: dalla villa come bozzolo, rifugio
embrionale nella campagna inglese, al deserto e alle montagne
mongoliche, popolate solo di stranieri dall'incomprensibile
linguaggio, ai labirinti e alle rovine nel profondo delle Black Mountains. </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">La traversata coi tank nel
deserto e nelle montagne tra Cina e Mongolia elimina fin dalle prime
battute ogni allegria precedente: Copper abilmente sottolinea
un'<b>atmosfera soffusa</b>, propria di un'avventura <b>onirica</b> in bilico tra
sogno e incubo. Le strane usanze dei popoli locali, che vivono nella
prossimità del portale, sono delineati con indovinati accenni,
<b>orientalismi</b> come il seguente:
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">The Palace itself was
built of some sort of white volcanic rock or ash, compressed into
bricklets, so that it looked like nothing more than a giant wedding
cake; at certain times of day it was dangerous to the eyes to look
directly at it, so blinding was the light it reflected from the sun,
and our party had to wear smoked goggles when we were within the
Palace grounds.</span></blockquote>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come annota Frederick,
sembra di essere nella mente di un mangiatore di hashish. Un
riferimento onirico che sembra riprendere <b>Clark Ashton Smith</b>, senza
dubbio citato con il nome del professore, Clark Ashton Scarsdale.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuiq_8OCGkNa31vqxuSM-fA6WZAzLrzWoJJfpFikA4B6PzOIPP0FXw2-WX0wFt7mudMGyebDqVOMJG-0HUJxyGA6WqVk8fkWE4_LapKyauFgbzquRZS8RpCk_GiAxsxBnb3CR-XvvgmF-P/s1600/Fan+ArtAt+the+Mountains+of+Madness+by+H.+P.+Lovecraft.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="595" data-original-width="1280" height="297" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuiq_8OCGkNa31vqxuSM-fA6WZAzLrzWoJJfpFikA4B6PzOIPP0FXw2-WX0wFt7mudMGyebDqVOMJG-0HUJxyGA6WqVk8fkWE4_LapKyauFgbzquRZS8RpCk_GiAxsxBnb3CR-XvvgmF-P/s640/Fan+ArtAt+the+Mountains+of+Madness+by+H.+P.+Lovecraft.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;">Fan Art: "At the Mountains of Madness" by H. P. Lovecraft, di <span style="background-color: white; text-align: left;"><span style="font-family: inherit;">Ivan Laliashvili</span></span></span></td></tr>
</tbody></table>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il nucleo horror del
romanzo è ovviamente il “Grande Spazio Bianco”, la cui migliore
descrizione viene offerta dallo stesso Scarsdale:</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">They concerned, Scarsdale
believed, a portion of the universe which he called ‘the great
white space’; it was an area which the Old Ones particularly
regarded with awe and which they had always formally referred to, in
their primeval writings as The Great White Space. This was a sacred
belt of the cosmos through which beings could come and go, as through
an astral door, and which was the means of conquering dizzying
billions of miles of distance which would have taken even the Old
Ones thousands of years to traverse.</span></blockquote>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il passaggio degli “Old
Ones” attraverso il portale viene messo in correlazione con la
comparsa di strane luci nel cielo e il ritrovamento di geroglifici di
fattura aliena, decifrati dopo decenni di lavoro dalla mente del
professore, con l'ausilio del testo di Ygor, un antico trattato di
occultismo.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Scarsdale si riferisce
spesso alla venuta degli Antichi come “<b>The Coming</b>”; un'occasione
a suo giudizio di progresso per l'umanità.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Se i mostri di Copper
difficilmente sorprenderanno gli appassionati di Lovecraft, il
romanzo eccelle nella descrizione asciutta e asettica degli <b>ambienti
sotterranei</b>: tunnel e cunicoli scavati artificialmente da razze
aliene cieche e col solo senso del tatto, dolmen e costruzioni
megalitiche d'incomprensibile gigantezza, chilometri su chilometri di
anfore contenenti alieni mummificati, gradini dalle dimensioni di una
casa e così via.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Una delle migliori scene
nel romanzo vede due scienziati armeggiare con quello che sembra un
incrocio tra un vaso, un'anfora egizia e un <b>uovo alieno</b>. Battono sul
coperchio con un martelletto, cercando di forzare l'apertura, provano
con un cacciavite, avvicinano la faccia all'apertura... </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Non può non
ricordare la saga di Alien di Ridley Scott. Ero fermamente convinto
che Basil Copper avesse infatti copiato dal film, perchè c'è una
sorprendente somiglianza nelle atmosfere e nel setting. Tuttavia il
romanzo è del <b>1974/75</b>, quindi tanto di cappello a Copper, Alien
prima di essere Alien (<b>1979</b>).
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un altro elemento
irrinunciabile per un pastiche lovecraftiano sono gli <b>angoli non
euclidei</b>, una geometria (in questo caso urbana) percepita dall'occhio
come impossibile:
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">The square, hewn of what
appeared to be enormous blocks of stone, also seemed to run away at
disturbing angles, with none of the blocks ever quite seeming to join
at the proper juncture; instead of the paving thus formed being
square or triangular it seemed to obey no observable law or
mathematical formulae so that the eye was always being shocked by
strange breaks in the formation or ugly or jarring groupings of
lines. This was one of the most difficult aspects of the place and
one which we were never able to overcome.</span></blockquote>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Basil Copper adopera con
una certa maestria gli elementi della <b>luce</b> e delle <b>tenebre</b>, associati
normalmente a bene e male. Il cavernoso soffitto dei tunnel e dei
cunicoli emana una debole luminescenza, che diventa sempre più
intensa man mano che ci si avvicina a “The Great White Space”. Il
portale emana una luce tale d'accecare l'essere umano, un <b>calore
bianco</b>, appunto.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Come le falene, i mostri
tendono uscire dal portale, dunque dalla luce e a essere attratti da
fonti di illuminazione. Gli esploratori e il lettore di conseguenza
associano la luce al pericolo e il buio al conforto di chi è lontano
dal portale. Un <b>rovesciamento</b> di significati piuttosto originale,
anche se non impedisce ai mostri di vedere e cacciare perfettamente
anche nelle tenebre più assolute!</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un discorso simile viene
condotto da Basil Copper a proposito dei suoni e dei rumori: il
portale emana un ronzio, una sorta di rumore di sottofondo, che
diventa quanto più intenso quanto più ci si avvicina. Ancora una
volta, il riferimento è al mondo degli insetti.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Il <b>sublime</b> ha sempre
giocato un ruolo fondamentale nel genere weird e nella narrativa di
Lovecraft; sebbene il lavoro di Copper rimanga quello di un
mestierante, alcuni passaggi descrivono in maniera eloquente la
bellezza di questo mondo così alieno e terrificante.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">Un terrore che affascina,
uno spettacolo di tale immensità da lasciare attoniti e
disorientati. Il sublime non deriva solo dall'aspetto visivo, o dai
calcoli scientifici che sfuggono alle logiche umane (il luogo spesso
è troppo grande, troppo gigantesco per essere possibile...), ma
anche dalla storia: si tratta di ere e civiltà talmente antiche da
far sembrare giovani i dinosauri.
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">I do not think I shall
ever forget the spectacle that was spread before us that afternoon,
in a place which had no dawn, day, night or sunset and in which all
sense of time was lost; a region of other-worldly beauty which we
were forced to subordinate to our man-made notions of time, order and
routine.</span><span style="font-family: inherit;"><br /></span><span style="font-family: inherit;">The first thing we noticed
was that the sluggish tide which rose and fell a foot or two on the
shallow shelving shore, was itself as phosphorescent as the light
which came from the sky. In between was a sort of vaporous mist which
hung in thin sheets over the surface of the water, so that we were
able only to see about two hundred yards out from the beach, when all
was lost amid the indistinct haze. But the faint luminosity of the
water, the brief lacunae caused by the mist and the recurrence of the
vibrating brightness from the vast roof of the cave, hidden from us,
made the whole atmosphere nothing more reminiscent than some great
painting of Turner, gigantically enlarged.</span></blockquote>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;">In conclusione un ottimo
<b>romanzo pulp</b>, divertente e citazionista, senza sfociare nella
trappola dell'auto compiacimento post modernista. Sono consapevole di
quanto sia superfluo recensire un romanzo del 1974 (anche se con una
<b>ristampa</b> del <b>2013</b>), ma quando ci si diverte nella lettura una piccola
menzione come questa è d'obbligo.
</span></div>
<br />Coscienzahttp://www.blogger.com/profile/15012413060616144694noreply@blogger.com0