Come
ho già sostenuto più volte, non sono d'accordo con chi definisce la
Grande Guerra un'inutile strage. Quell'aggettivo “inutile”
vanifica di colpo il coraggio e l'eroismo di migliaia su migliaia di
soldati, coprendo ogni discussione col rumore del piagnisteo ipocrita
dell'ennesimo ignorante.
L'anniversario
1914 – 2014 aveva tutte le potenzialità per essere un'occasione di
riscoperta e rivalutazione di un conflitto troppo spesso relegato a
stereotipi&cliché: ma con la notevole eccezione della Gran
Bretagna, le “vecchie” potenze sono rimaste indifferenti.
Ad
esempio, invece d'infognarsi nel cliché della trincea piena di fango
e inabitabile, sarebbe risultato interessante analizzare e spiegare
altri luoghi del conflitto, di solito bistrattati dai libri di
storia: l'oriente, l'Africa, le battaglie navali. O nel caso di
quest'articolo, Gallipoli.
Nel
1915 l'Intesa decise di aprire un nuovo fronte, cercando di spezzare
la guerra di posizione sul continente, che già si mostrava ferma su
posizioni stabili, specie sul fronte occidentale.
Come
la guerra di trincea con mitragliatrici e artiglieria costituiva
un'esperienza radicalmente diversa dalle guerre ottocentesche,
ugualmente l'invasione anfibia di Gallipoli fu una mossa tattica
nuova e avventata. Come succederà nel corso di tutta la Grande
Guerra, l'attaccante sottovalutò sia il nemico che il suo livello
tecnologico, compiendo errori tattici sulla pelle di migliaia di
soldati. Il senso d'impellenza dal governo inglese sommato al
disprezzo verso i turchi spinsero gli ufficiali a mosse insensate,
con errori che sì, possiamo una buona volta giudicare “un'inutile
strage”.
Gallipoli
è la guerra che i pacifisti adorano: sporca e crudele, con soldati
giovani e inesperti spediti al macello da una gerarchia militare del
tutto incompetente.
La
spedizione alleata comprendeva per lo più reggimenti di leva
dall'Australia e dalla Nuova Zelanda, nuovi alle armi. Il massiccio
rinforzo dell'artiglieria navale lasciava sperare che la penisola di
Gallipoli cadesse dopo pochi giorni, liberando i Dardanelli e l'accesso al Mar Nero. Sarebbe così stato possibile conquistare
Costantinopoli in breve tempo e portare velocemente rifornimenti alla
Russia zarista.
Otto
mesi dopo, gli australiani continuavano a morire a dozzine sulla
spiaggia, Gallipoli era saldamente nelle mani di Mustafa Kemal
(Ataturk, per gli amici) e le “deboli” difese turche venivano
rinforzate da esperti ufficiali tedeschi... La battaglia di Gallipoli
era persa, e con lei le vite di 8709 australiani e 2721 neozelandesi.
La
notizia dello sbarco il 25 aprile, i vuoti in famiglie che finora non
erano state toccate dalla guerra perché in continenti lontani: tutto
questo colpì profondamente la mente di australiani e neozelandesi,
che dichiararono dal 1915 il 25 aprile giorno di commemorazione
nazionale. Nel corso della storia, l'Anzac Day (com'era stato
soprannominato) è diventato un simbolo di orgoglio nazionale, e si
sono moltiplicate le iniziative al riguardo.
In
occasione dell'anniversario, il direttore del museo “Te Papa”
della Nuova Zelanda, si è accordato col regista Peter Jackson e con
l'azienda Weta degli effetti speciali del Signore degli Anelli per
offrire una mostra sulle trincee della Grande Guerra. Sir Peter Jackson – ricordiamolo, è stato nominato cavaliere! – è un
appassionato di modellismo da quand'era bambino, e vanta una
formidabile collezione di aerei della grande guerra. Sir Richard
Taylor, a capo della Weta, è un autentico veterano di plastici e di
cari, vecchi effetti speciali fatti in casa.
Raramente
nominati nelle news internazionali ma altrettanto importanti, hanno
collaborato a progetto i gemelli Perry, che chi mastica Warhammer
sicuramente conoscerà. Sono abili scultori che nel duemila
scolpirono l'intera vecchia gamma del gioco di miniature del Signore
degli Anelli, mentre ancor prima misero mano a bretoniani e
mercenari. Attualmente si dilettano nel campo del modellismo storico,
con eccellenti risultati.
La
mostra include ogni genere di diorama, sia in scala reale che 1/32.
Consiglio vivamente di spulciarsi al riguardo la pagina Facebook del Museo. Per chi ha intenzione di visitare la Nuova Zelanda,
l'esposizione resterà disponibile al pubblico fino al 2018.
Il
piatto forte del museo, tuttavia, è il diorama della battaglia del Çunukbahir.
Gli
organizzatori hanno scelto l'area di Chunuk
Bair nella zona di Gallipoli, riproducendola in scala con tecnologia
al laser, identica fino all'ultimo dettaglio. Nello specifico le
trincee scelte – The Quinn's Post – furono tra le più combattute
e mortifere dell'intera campagna.
Questa
non è una vetrina polverosa di un modellista borioso: è il lavoro
di un'intera equipe, impegnata per mesi in una costruzione
gargantuesca, con oltre dieci metri di lunghezza!
Un
rozzo riparo/centro di comando del generale di brigata Johnston. E'
la miniatura seduta al tavolo, con la testa fra le mani. Stando
infatti alle fonti storiche, la mattina della battaglia aveva un
forte mal di testa post sbornia...
Rifornimenti
in arrivo alle trincee del contestatissimo crinale... (The Apex)
Una
delle dodici mitragliatrici sul crinale. La posizione non era
trincerata, e pertanto le vittime si contavano a decine. Possiamo
notare il rivolo di sangue dal cadavere a sinistra. Come la quantità
di feriti e morti sul campo, questo non è un diorama "pulito"
e giocoso, com'è invece abitudine di molti modellisti tradizionali.
I
turchi all'attacco dei neozelandesi.
Falciati dalle mitragliatrici
qualche minuto dopo, a un soffio dal nemico.
Il
caporale Cyril Bassett, decorato con la Vittoria Cross per il valore
in azione. Unico neozelandese a guadagnare l'ambita medaglia della
Regina. Srotolò il cavo delle comunicazioni in pieno giorno, nella
wasteland tra le due trincee, sotto la continua mira dei turchi.
Molto coraggioso... o molto fortunato.
Il
colonnello William G. Malone, comandante del battaglione Wellington,
in un centro di comando improvvisato poco sotto le trincee sul
crinale. Aspetta il collegamento via cavo del telefono del caporale
Cyril Bassett. Morirà più tardi, ucciso per errore da un tiro
dell'artiglieria.
Un
(riuscito) assalto dei turchi alle trincee contese sul crinale.
Particolare
del disperato corpo a corpo nelle trincee.
Rinforzi
turchi in arrivo... Il Chunuk Bair resterà in mano ottomana per il
resto della campagna.
Il
diorama mostra centinaia di cadaveri e feriti. Una vignetta tra le
tante, due soldati turchi feriti:
Quei
cadaveri che magicamente “scompaiono” (sic) nei diorami di
guerra...
E
per non dimenticare il perché del titolo, non può mancare un cameo
di Peter Jackson, in formato 54 mm! E' la miniatura nell'angolo a destra, il ciccione barbuto colla macchina fotografica.
Fonti:
Mustering the Troops: The Great War Exhibition Miniature Painting Project
(nel frattempo che scrivevo l'articolo, hanno aggiunto nuove foto)
Te Papa's Blog: Bringing Gallipoli to life for a new generation.
4 commenti:
Io abito mezz'ora di distanza da Monte Cassino, dove ci furono i bombardamenti dell'Abazia. Anche da noi abbiamo molti musei del genere, per non parlare poi dei cimiteri di guerra. Sono luoghi unici!
Non sapevo nel dettagli della battaglia di Gallipoli e tanto meno del museo. Certo che è fatto benissimo il diorama.
@MarcoGrandeArbitro
Abiti presso Monte Cassino?
T'invidio :)
Tu mi vuoi modellisticamente male, a postare 'ste modellistiche cose.
P.s. che ne dici del film sull'argomento, con un giovinissssssimo Mel Gibson (non ricordo titolo preciso e regista ahimé, ma erano protagonisti gli Anzak australiani...) che ogni tanto trasmettono su Rai Movie?
Ma questo non è modellismo, è pura arte! (l'escapismo per eccellenza dei soldatini-dipendenti...)
Il film di Peter Weir? Beh, a parer mio un capolavoro. Un'eccessiva sviolinata sentimentale in alcuni punti, ma tutto sommato corretto, anche nell'insensato assalto finale.
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