giovedì 30 aprile 2015

Annientamento, di Jeff VanderMeer


Non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere.
Capita pertanto spesso che i siti di fantasy, horror&scifi lamentino (giustamente) l'assenza di traduzioni, iniziative editoriali, pubblicazioni coraggiose sul mercato italiano. Tutto vero, tutto sacrosanto. È un mercato disperatamente sonnacchioso. D'altro canto, però, quando le pubblicazioni richieste arrivano sugli scaffali e quando lo sforzo viene premiato... ecco che con spinta masochista, gli stessi siti che piangevano sulla situazione italiana ignorano le nuove uscite, o addirittura le insultano. Ancillary Justice non va comprato “perché sicuramente la traduzione sarà scadente”, Sapkowski è solo “un mediocre scribacchino pulp”, e così via...
Non sono certo un'eccezione di questo circolo vizioso. Quand'ero infatti in libreria cercando Annientamento di Jeff VanderMeer, il mio primo impulso è stato di scartabellare nella sezione fantasy e in seguito nei più polverosi meandri della libreria. Ero fermamente convinto che la pubblicazione avrebbe seguito le solite modalità: una, due copie incuneate tra cloni tolkeniani e vampiri d'accatto. Un'edizione di nicchia. Gentilmente, il commesso mi ha invece additato il settore delle novità, e lì in grandiose pile in bella vista c'era il libro che cercavo.
E' dopotutto un bel segno, che ci spinge a un cauto ottimismo: cinque anni fa nell'identica posizione di VanderMeer avevamo quell'orrore delle Cronache del Mondo Emerso!


L'area X è una zona off limits, ufficialmente fuori dalle carte, fuori dal mondo. La Chernobyll del soprannaturale. A presiedere questa circoscritta zona dove realtà&natura sembrano mutare secondo schemi sconosciuti all'intelligenza umana, c'è la Southern Reach, machiavellica agenzia governativa. Da oltre trent'anni, la Southern Reach manda spedizioni su spedizioni per mappare l'area e carpirne i segreti. Tuttavia, ogni spedizione puntualmente scompare, trasmettendo poco o nulla d''informazioni. Dopo la prima, disastrosa spedizione, ora gli esploratori vengono mandati senza equipaggiamento, senza identità e con il minimo della tecnologia: ogni aspetto è mirato a rimuovere sentimenti e identità dai membri della spedizione, dalle direttive segrete dei capi, ai diari dei singoli membri. La protagonista è una biologa, e poco altro sappiamo. E' uno dei cinque membri dell'undicesima spedizione, interamente al femminile. La topografa, ex militare; la psicologa, la leader; l'antropologa, fragile e insicura. Già la glottologa, ultima componente, è scomparsa. Stando alle ambigue parole della psicologa, ha mollato prima di entrare nell'area X.

Sulla protagonista VanderMeer ha svolto un buon lavoro. Senza nomi, una trama tutto sommato semplice, con il solo aiuto del flashback. Eppure, nonostante l'incipit zoppicante, l'io narrante della biologa resta impressa. Certamente la ricettività del personaggio, dai nervi sempre tesi alla ricerca della più minuta sensazione, aiuta la narrazione. E ugualmente il lavoro di approfondimento psicologico nei successivi flashback (in crescendo di capitolo in capitolo...). E' tanto più notevole quanto più la biologa è un'asociale, ai limiti dell'autismo. I suoi monologhi interiori soverchiano di gran lunga le righe di dialogo coi membri della spedizione.

E' difficile seguire nei primi passi l'avventura nell'area X, perchè il cervello deve ancora acclimatarsi alla totale, assoluta assenza di nomi. Distinguere tra le quattro professioniste nelle prime pagine è difficile e non aiutano certo le parziali spiegazioni nel mezzo dell'azione dalla biologa. 
Il romanzo fatica a ingranare nei primi due capitoli, ma quando decolla, parte con la velocità di un jet letterario supersonico. Certo, pur con questa premessa rimane un romanzo sconsigliabile a chi soffre di deficit d'attenzione, che farebbe bene ad allenarsi con letture più leggere. Per molti versi l'aggettivo “sperimentale” si adatta bene a questo romanzo.


A ben vedere, la Lovecraft-mania attuale ho molto poco di lovecraftiano. Si riprendono i nomi, le ambientazioni, si spiattellano sulla faccia di sventurate protagoniste i soliti tentacoli fallici. Lo scopo di Lovecraft non era riciclare idee e mostri all'esaurimento, condendole con lessico rococò. Piuttosto, mirava con i mezzi che poteva disporre uno scrittore dell'epoca a terrorizzare l'interlocutore, a ficcargli sotto pelle un ago di sottile inquietudine. Il meglio della produzione lovecraftiana ti lascia inquieto, con la sensazione d'aver avuto a che fare con qualcosa di talmente alieno da travalicare il cervello. Da non poter essere descritto, appunto. Con modalità e tecniche differenti, VanderMeer tenta un eguale assalto ai limiti della ragione umana in Annientamento. La sua è una critica della ragion pura, ma condotta da un Kant uscito dalla natura selvaggia, il corpo mutato in pianta. Una critica vegetale.
Senza far spoiler, nelle ultime pagine chiaramente VanderMeer tocca il limite della descrizione di qualcosa che per forza di cose non è né descrivibile, né intelligibile. L'olandese sceglie allora la via già battuta del ricordo, preferendo mescolare all'inesprimibile i sentimenti della protagonista. L'inconscio non ha la profondità dell'abisso lovecraftiano, ma rimane pur sempre una fossa delle marianne, capace di regalare più di un turbamento. In VanderMeer, inconscio e orrore cosmico sono avvinti per scuotere il lettore, che non potrà stavolta rifugiarsi nel bozzolo dell'infanzia, perché proprio quel bozzolo è infestato da una presenza maligna, Freud docet...

Per gli amanti delle somiglianze (in)consapevoli, si confronti inoltre questo famosissimo passaggio di H.P.
Non è morto ciò che può vivere in eterno, E in strani eoni anche la morte può morire. (da La Città senza Nome)
Con quest'altro, dal quinto capitolo di Annientamento:
Ciò che non muore conoscerà ugualmente la vita nella morte perchè tutto ciò che decade non cade nell'oblio e rianimato percorrerà il mondo con ignara felicità...
C'è una vaga somiglianza che mi ha subito ricorso il Solitario di Providence, senza ovviamente pretese di scientificità, sia chiaro.

Dal secondo volume, in arrivo a inizio giugno.
Il difetto maggiore della prosa dell'olandese è nel contempo il suo maggior pregio: richiede attenzione dal lettore. Mentre compravo il libro, mugugnavo mentalmente che 186 pagine per 16 euro non sono un grande affare; ma sorprendentemente il romanzo è assai denso e complesso. Non abbiamo riepiloghi, non abbiamo infodump, non abbiamo nomi cui subito relazionare. Pertanto l'attenzione del lettore è continuamente sollecitata, anzi spinta all'estremo. È quel genere di testo da leggere dall'inizio alla fine in pochi giorni, che si presta difficilmente a venir preso e ripreso a periodi. Ovviamente non si può che apprezzare tanta serietà da VanderMeer, che centellinando parola per parola non offre mai nulla di facile e comprensibile al lettore, ingenerando così un'atmosfera sottile e rarefatta. Non è questo il romanzo da leggersi nelle pause caffè, perchè riallacciare con le protagoniste diventa difficile. Come nella natura insidiosa dell'Area X, Annientamento lascia il lettore sempre a mollo nell'acqua, alla strenua ricerca di un punto fermo che semplicemente non esiste.
Nella mia personale esperienza ho iniziato il romanzo un mese orsono, per metterlo poi da parte per alcuni studi universitari. Nemmeno quattro giorni di pausa, e già ero in difficoltà a ricordare la situazione cui avevo abbandonato il libro. L'amnesia della biologa protagonista si trasmette al lettore, lasciandolo attonito con ricordi di un mondo alieno e sognante. Al secondo tentativo, non ho permesso nessuna interruzione: e sono uscito incolume (e soddisfatto) dall'area X.

Fonti:
La pubblicazione dell'Einaudi è avvenuta in grande stile. Speriamo sia d'esempio per future pubblicazioni. La traduzione di Cristiana Mennella non presenta particolari anomalie lessicali, scorrendo senza intoppi. Nella cura grafica la copertina di Lorenzo Ceccotti è un efficace ritorno al disegno tradizionale, rispetto al dogma del minimalismo paesaggistico o del ritocco digitale.

I prossimi volumi della trilogia sono già nella pipeline di pubblicazione, rispettivamente a inizio giugno e metà settembre. Sarebbe interessante una traduzione delle precedenti opere di VanderMeer, a cominciare da City of Saints and Madmen, la cui particolare veste grafica lo rende adatto a quell'edizioni cartacee cui i lettori sono tanto fanaticamente affezionati...  

2 commenti:

LorenzoD ha detto...

Interessante, lo avevo visto in libreria e mi chiedevo come potesse essere... d'altra parte VanderMeer è una garanzia.

Mi chiedo se regge il confronto con quello che per me è IL romanzo sulla zona X, Picnic sul ciglio della strada.

Coscienza ha detto...


Ahimè, ho letto Picnic sul ciglio della strada talmente tanto tempo fa che ne ricordo solo alcuni frammenti :P

Se dobbiamo fare un confronto, VanderMeer è molto più scientifico (quasi virante sull'horror) rispetto a Strugackij. C'è un elemento legato al ricordo, in VanderMeer, ma manca la piega "metafisica" del romanzo russo.

Ma nel caso dovessi leggerlo, nulla ti vieta di fare da te un confronto, sarebbe interessante :)