martedì 28 aprile 2015

The Great Zoo of China, di Matthew Reilly


Mi mancava, Matthew Reilly
Tre, quattro anni fa lessi praticamente tutto quello che trovavo su di lui: romanzi, novelle, racconti. Divoravo ogni sua opera tradotta in italiano.
Scrittore australiano, nerd ma con classe, Reilly divenne famoso agli inizi del duemila per romanzi dalle scene d'azione indiavolate, dove i protagonisti lottano e combattono dentro trame al cardiopalmo. Da molti paragonato ai vecchi pulp – paragone più che azzeccato – Reilly è il cantastorie popolare dei tempi moderni: ogni sua storia prevede un eroe senza macchia e senza paura che pistolone alla mano combatte i nemici della sua nazione, dentro esotici scenari che spaziano dalle stazioni orbitali, alla giungla sudamericana, a Istanbul, a Parigi, all'Antartide... Le nemesi degli eroi “reillyiani” sono biechi nemici dei buoni angloamericani: francesi sadici, tedeschi neo nazi, russi alcolizzati e nel caso di China Zoo crudeli musi gialli anti-americani.
Sono stereotipi su gambe, calati dentro storie ricche di cliché. Eppure funzionano benissimo: sicuramente parte del merito è nell'utilizzo dei moduli classici dell'avventura. I romanzi di Reilly non sono come il mondo E', sono come il mondo Dovrebbe Essere. Pertanto gli eroi non perdono mai contro il cattivo, e nell'ultimo secondo disponibile dell'ultimo capitolo della storia l'esplosivo verrà sempre disinnescato, la bella nelle braccia del protagonista e la nazione salva. Per questo motivo Reilly riscuote tanto successo in Australia: perchè i lettori occasionali accolgono volentieri una storia dove ogni elemento è al suo posto, dove l'eroe si comporta come dovrebbe comportarsi un eroe ricevendo le ricompense che gli spettano. Chi legge poco o nulla difficilmente riesce a seguire un romanzo “moderno”, dove il lagrimevole scrittore cerca di mostrargli quanto è vuota e caotica l'esistenza dell'uomo. Reilly, contrariamente, vuole intrattenerlo con la massima semplicità: e come dargli biasimo se i lettori preferiscono un buon thriller all'esistenzialismo erudito? 
Una chiara soluzione sarebbe scegliere una via di mezzo tra le due: intrattenere, ma con intelligenza.
Per altro senza negare i difetti di Reilly, l'odio che puntualmente segue all'uscita di ogni suo romanzo è impressionante: sembra davvero che la critica statunitense adori distruggerlo pezzo per pezzo. Non va dimenticato che il suo primo libro lo autopubblicò cartaceo a sue spese, prima di disseminarlo su ogni scaffale di ogni libreria che trovava a Sidney. Fino a quando un editore popolare lo notò, scegliendo di pubblicarlo. Un percorso duro fin dall'inizio, dove Reilly ammette senza problemi d'aver vissuto sulla soglia della povertà. D'altronde la nomina ai Nebula e agli Hugo lo scorso anno del Trono della Luna Crescente fu l'unica cosa che salvò Saladin Ahmed dal morire (letteralmente) di fame. Lo scrittore aveva persino dovuto fare un appello ai suoi lettori, perché non aveva soldi a sufficienza per comprarsi un nuovo paio d'occhiali (!). Prima di far successo, anche Reilly passò periodi difficili. 
Draghi! ^___^
Cassandra Jane “CJ” Cameron è un'esperta di coccodrilli, con un dottorato alle spalle, una lunga esperienza lavorativa e metà faccia deturpata da un incontro ravvicinato con le fauci di uno di questi mostracci verdi. “CJ” assieme a diversi giornalisti di prestigiose riviste americane viene lautamente pagata dal governo cinese per vedere e verificare un parco di divertimenti, nello specifico uno zoo finora tenuto in gran segreto: The Great Zoo of China.
L'ascesa economica cinese maschera a stento la mancanza d'idee: per assurgere a leader mondiali, il partito ha compreso la necessità di fare quanto Hollywood ha fatto al resto del mondo, proporre ovvero idee, film e merchandising che catturino la mente della gente. 
Disneyland, l'arma segreta nella guerra culturale degli Stati Uniti. 
The Great Zoo of China, l'arma segreta nella guerra culturale della Cina.
All'arrivo, CJ scopre una verità stupefacente: grazie alla genetica, a incroci coi coccodrilli e a una scoperta fortunata, i cinesi allevano draghi. Non sputano fuoco, ma sono i draghi della tradizione. Rettili giganti, intelligenti, capaci di comunicare e volare per brevi tratti. Sarebbero l'attrazione perfetta per un parco a tema, ma si sa, gli animali più sono intelligenti, più sono pericolosi...


I draghi. Un bell'azzardo, pur da un autore sfrontato come Matthew Reilly. Eppure funzionano. Sono animali credibili, che Reilly immagina capaci di entrare in lunghissimi letarghi. I draghi di China Zoo vivono dentro ambienti caldi, e nei periodi di glaciazioni si ritirano sul fondo delle montagne. Accidentalmente negli anni ottanta in Cina viene scoperto uno di questi luoghi di letargo, compresi di numerosi draghi sopravvissuti nei secoli. Il partito sceglie di mantenere segreta la notizia e piuttosto di sigillare il luogo per sorvegliare i draghi congelati nel sonno. Nel duemila, l'innalzarsi delle temperature dovute all'inquinamento rende la Terra abitabile dai draghi, che si risvegliano dal lungo letargo. Il parco a tema è intanto già in costruzione.
Senza entrare nei dettagli della fisiologia draconica, Reilly diluisce bene le informazioni scientifiche rendendole contemporaneamente credibili senza risultare difficili. Sono misericordiosamente assenti le decine di pagine sulla meccanica quantistica che anticipavano ad esempio il viaggio nel tempo di Timeline, o le dissertazioni politiche di Tom Clancy.

Dal punto di vista stilistico, probabilmente è il romanzo di Matthew Reilly più levigato, riscritto e accessibile. Si sente una netta differenza dai suoi primi, pur ottimi lavori come Tempio o Ice Station: è qui chiaro un labor limae che per di più letto in versione originale risulta perfetto. 
Ogni sentenza è breve, fulminea. Non passa mezza pagina senza un dialogo, o un'esclamazione che spezzi ogni minimo blocco di testo. Letteralmente, non abbiamo wall of text! Il romanzo è davvero, davvero accessibile. Il controcanto è l'assenza di vere descrizioni, che sarebbero risultate invece fondamentali per dare quel senso d'immersione che richiedono invenzioni del genere. Inoltre ho trovato fastidioso l'uso degli esclamativi, inseriti a pacchi nelle scene d'azione. E' una lamentela ricorrente anche nelle recensioni inglesi, quindi non è solo una mia mania...


C'è un fantasma che insegue China Zoo e quel fantasma è Jurassic Park. Il romanzo di Crichton, pur con tutti i difetti d'infodump di Crichton, era una ricostruzione realistica, ipertecnologica, affascinante del mondo dei dinosauri e del potere dei parchi a tema americani. A leggerlo, suonava incredibilmente realistico. La cura nella ricostruzione, l'accurata mappatura del parco, l'insieme della genetica e dei dinosauri... Uau. Era tanto credibile.
In China Zoo persino una delle guide cinesi getta una battuta al riguardo:
‘If a dragon hits that dome,’ Hu said, ‘it will black out instantly and drop from the sky. The dragons learned very quickly not to touch the inner dome.’ He rounded on Hamish. ‘And, as a matter of fact, Mr Cameron, we did see Jurassic Park. From a very early stage in the development of this facility, we were cognisant of the dragons’ dangerous potential.
‘Make no mistake, my dear guests, these are dangerous animals and we know it. But then this is why people go to zoos in the first place: to see the dangerous animals. The tigers, the bears, the alligators. But we must also recognise that these are important animals, the likes of which the modern world has never seen. As such, we have endeavoured to develop systems that contain our dragons without unnecessarily damaging them. Wire fences, steel walls, even visible lasers were all no good. We want to alter our animals’ behaviour without harming them and we want our visitors to see our animals without the crude intervention of bars. The electromagnetic domes have worked perfectly in containing them.’

Reilly purtroppo non replica il successo di Jurassic Park. Come il partito cinese del romanzo imita l'America, Reilly imita Crichton, ma con risultati terribilmente diversi. Lo scrittore australiano non ha la pazienza di descrivere il parco, o d'introdurre a poco poco le diverse novità fantascientifiche. Sebbene i primi capitoli siano dedicati alla visita dei giornalisti americani al parco segreto, il lettore non ha il tempo d'acclimatarsi. Quando i draghi colpiscono è ancora spaesato dalla novità “draconica”, pertanto seguire le avventure di CJ diventa qualcosa di “forzato”. Non si riconoscono i luoghi che si presentano, perché li s'introduce troppo velocemente. Lunghe descrizioni avrebbero effettivamente frenato l'azione, dando tuttavia al romanzo quella solidità che gli manca, gli manca terribilmente. Così com'è, non resta che seguire China Zoo attraverso le diverse mappe disperse nel testo. Forse questo spaesamento che ho sperimentato nella lettura verrebbe eliminato nella traduzione in italiano, impossibile dirlo.


In generale Reilly ha svolto i compiti per casa: la descrizione del perchè i cinesi vorrebbero un parco giochi a base di draghi è svolta efficacemente, alcuni meccanismi alla base della società cinese contemporanea sono descritti con efficacia. Nei primi capitoli, si descrive bene l'imitazione cinese del mondo occidentale. Imitazione cui manca tuttavia sempre qualcosa, un dettaglio fuori posto, una riproduzione perfetta, ma anacronistica. Ad esempio nei pacchetti regalo dei membri della spedizione turistica al parco, si regalano sigari, come – osserva CJ – se vivessero negli anni Ottanta. E sempre la povera dottoressa si ritrova in omaggio una borsa rosa shocking e creme di bellezza – e preferendo Reilly le maschiacce, ne è ovviamente indignata.

I cinesi di China Zoo restano comunque cattivi da pulp: piccoli, gialli e indistinguibili, pronti a eseguire ogni ordine senza esitare. I capi del partito sono ometti sadici e crudeli, i militari automi senza sentimenti. Assomigliano a quelle caricature di fine 800', col pizzetto e il naso deforme. La vera funzione dei cinesi è morire sotto le zanne dei draghi, in mille fantasiosi modi.  

The Great Zoo of China non è un romanzo da dieci stelle&lode; piuttosto un'opera progettata innanzitutto per divertire chi la scrive e chi la legge. Sebbene sfiori il pericolo d'essere una fanfiction di Jurassic Park, la competenza documentaristica e l'azione sfrenata lo pongono un gradino più su, rendendolo una lettura sgangherata e frenetica

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2 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Mi hai illuminato.
Cercherò di recuperarlo!

Coscienza ha detto...

Eh lo so, io e gli Illuminati, vecchi amici... :-D