Mi mancava, Matthew Reilly.
Tre,
quattro anni fa lessi praticamente tutto quello che trovavo su di
lui: romanzi, novelle, racconti. Divoravo ogni sua opera tradotta in
italiano.
Scrittore australiano, nerd ma
con classe, Reilly divenne famoso agli inizi del duemila per romanzi
dalle scene d'azione indiavolate, dove i protagonisti lottano e
combattono dentro trame al cardiopalmo. Da molti paragonato ai vecchi
pulp – paragone più che azzeccato – Reilly è il cantastorie
popolare dei tempi moderni: ogni sua storia prevede un eroe senza
macchia e senza paura che pistolone alla mano combatte i nemici della
sua nazione, dentro esotici scenari che spaziano dalle stazioni
orbitali, alla giungla sudamericana, a Istanbul, a Parigi,
all'Antartide... Le nemesi degli eroi “reillyiani” sono biechi
nemici dei buoni angloamericani: francesi sadici, tedeschi neo nazi,
russi alcolizzati e nel caso di China Zoo crudeli musi gialli
anti-americani.
Sono stereotipi su gambe, calati dentro
storie ricche di cliché. Eppure funzionano benissimo: sicuramente
parte del merito è nell'utilizzo dei moduli classici
dell'avventura. I romanzi di Reilly non sono come il mondo E', sono
come il mondo Dovrebbe Essere. Pertanto gli eroi non perdono mai
contro il cattivo, e nell'ultimo secondo disponibile dell'ultimo
capitolo della storia l'esplosivo verrà sempre disinnescato, la
bella nelle braccia del protagonista e la nazione salva. Per questo
motivo Reilly riscuote tanto successo in Australia: perchè i lettori
occasionali accolgono volentieri una storia dove ogni elemento è al
suo posto, dove l'eroe si comporta come dovrebbe comportarsi un eroe
ricevendo le ricompense che gli spettano. Chi legge poco o nulla
difficilmente riesce a seguire un romanzo “moderno”, dove il
lagrimevole scrittore cerca di mostrargli quanto è vuota e caotica
l'esistenza dell'uomo. Reilly, contrariamente, vuole intrattenerlo
con la massima semplicità: e come dargli biasimo se i lettori
preferiscono un buon thriller all'esistenzialismo erudito?
Una chiara
soluzione sarebbe scegliere una via di mezzo tra le due:
intrattenere, ma con intelligenza.
Per altro senza negare i difetti di
Reilly, l'odio che puntualmente segue all'uscita di ogni suo romanzo
è impressionante: sembra davvero che la critica statunitense adori
distruggerlo pezzo per pezzo. Non va dimenticato che il suo primo
libro lo autopubblicò cartaceo a sue spese, prima di disseminarlo su
ogni scaffale di ogni libreria che trovava a Sidney. Fino a quando un
editore popolare lo notò, scegliendo di pubblicarlo. Un percorso
duro fin dall'inizio, dove Reilly ammette senza problemi d'aver
vissuto sulla soglia della povertà. D'altronde la nomina ai Nebula e
agli Hugo lo scorso anno del Trono della Luna Crescente fu l'unica
cosa che salvò Saladin Ahmed dal morire (letteralmente) di fame. Lo
scrittore aveva persino dovuto fare un appello ai suoi lettori,
perché non aveva soldi a sufficienza per comprarsi un nuovo paio
d'occhiali (!). Prima di far successo, anche Reilly passò periodi
difficili.
Draghi! ^___^ |
Cassandra Jane “CJ” Cameron è
un'esperta di coccodrilli, con un dottorato alle spalle, una lunga
esperienza lavorativa e metà faccia deturpata da un incontro
ravvicinato con le fauci di uno di questi mostracci verdi. “CJ”
assieme a diversi giornalisti di prestigiose riviste americane viene
lautamente pagata dal governo cinese per vedere e verificare un parco
di divertimenti, nello specifico uno zoo finora tenuto in gran
segreto: The Great Zoo of China.
L'ascesa economica cinese maschera a
stento la mancanza d'idee: per assurgere a leader mondiali, il
partito ha compreso la necessità di fare quanto Hollywood ha fatto
al resto del mondo, proporre ovvero idee, film e merchandising che
catturino la mente della gente.
Disneyland, l'arma segreta nella
guerra culturale degli Stati Uniti.
The Great Zoo of China, l'arma
segreta nella guerra culturale della Cina.
All'arrivo, CJ scopre una verità
stupefacente: grazie alla genetica, a incroci coi coccodrilli e a una
scoperta fortunata, i cinesi allevano draghi. Non sputano fuoco, ma
sono i draghi della tradizione. Rettili giganti, intelligenti, capaci
di comunicare e volare per brevi tratti. Sarebbero l'attrazione
perfetta per un parco a tema, ma si sa, gli animali più sono
intelligenti, più sono pericolosi...
I draghi. Un bell'azzardo, pur da un
autore sfrontato come Matthew Reilly. Eppure funzionano. Sono animali
credibili, che Reilly immagina capaci di entrare in lunghissimi
letarghi. I draghi di China Zoo vivono dentro ambienti caldi, e nei
periodi di glaciazioni si ritirano sul fondo delle montagne.
Accidentalmente negli anni ottanta in Cina viene scoperto uno di
questi luoghi di letargo, compresi di numerosi draghi sopravvissuti
nei secoli. Il partito sceglie di mantenere segreta la notizia e
piuttosto di sigillare il luogo per sorvegliare i draghi congelati
nel sonno. Nel duemila, l'innalzarsi delle temperature dovute
all'inquinamento rende la Terra abitabile dai draghi, che si
risvegliano dal lungo letargo. Il parco a tema è intanto già in
costruzione.
Senza entrare nei dettagli della
fisiologia draconica, Reilly diluisce bene le informazioni
scientifiche rendendole contemporaneamente credibili senza risultare
difficili. Sono misericordiosamente assenti le decine di pagine sulla
meccanica quantistica che anticipavano ad esempio il viaggio nel
tempo di Timeline, o le dissertazioni politiche di
Tom Clancy.
Dal punto di vista stilistico,
probabilmente è il romanzo di Matthew Reilly più levigato,
riscritto e accessibile. Si sente una netta differenza dai suoi
primi, pur ottimi lavori come Tempio o Ice Station: è qui chiaro un labor
limae che per di più letto in versione originale risulta
perfetto.
Ogni sentenza è breve, fulminea. Non passa mezza pagina
senza un dialogo, o un'esclamazione che spezzi ogni minimo blocco di
testo. Letteralmente, non abbiamo wall of text! Il romanzo è
davvero, davvero accessibile. Il controcanto è l'assenza di vere
descrizioni, che sarebbero risultate invece fondamentali per dare
quel senso d'immersione che richiedono invenzioni del genere. Inoltre
ho trovato fastidioso l'uso degli esclamativi, inseriti a pacchi nelle scene d'azione. E' una lamentela ricorrente anche nelle recensioni inglesi, quindi non è solo una mia mania...
C'è un fantasma che insegue China Zoo
e quel fantasma è Jurassic Park. Il romanzo di Crichton, pur con
tutti i difetti d'infodump di Crichton, era una ricostruzione
realistica, ipertecnologica, affascinante del mondo dei dinosauri e
del potere dei parchi a tema americani. A leggerlo, suonava
incredibilmente realistico. La cura nella ricostruzione, l'accurata
mappatura del parco, l'insieme della genetica e dei dinosauri... Uau.
Era tanto credibile.
In China Zoo persino una delle guide cinesi getta una battuta al riguardo:
‘If a dragon hits that dome,’ Hu said, ‘it will black out instantly and drop from the sky. The dragons learned very quickly not to touch the inner dome.’ He rounded on Hamish. ‘And, as a matter of fact, Mr Cameron, we did see Jurassic Park. From a very early stage in the development of this facility, we were cognisant of the dragons’ dangerous potential.
‘Make no mistake, my dear guests, these are dangerous animals and we know it. But then this is why people go to zoos in the first place: to see the dangerous animals. The tigers, the bears, the alligators. But we must also recognise that these are important animals, the likes of which the modern world has never seen. As such, we have endeavoured to develop systems that contain our dragons without unnecessarily damaging them. Wire fences, steel walls, even visible lasers were all no good. We want to alter our animals’ behaviour without harming them and we want our visitors to see our animals without the crude intervention of bars. The electromagnetic domes have worked perfectly in containing them.’
Reilly purtroppo non replica il
successo di Jurassic Park. Come il partito cinese del romanzo imita
l'America, Reilly imita Crichton, ma con risultati terribilmente
diversi. Lo scrittore australiano non ha la pazienza di descrivere il
parco, o d'introdurre a poco poco le diverse novità
fantascientifiche. Sebbene i primi capitoli siano dedicati alla
visita dei giornalisti americani al parco segreto, il lettore non ha
il tempo d'acclimatarsi. Quando i draghi colpiscono è ancora
spaesato dalla novità “draconica”, pertanto seguire le avventure
di CJ diventa qualcosa di “forzato”. Non si riconoscono i luoghi
che si presentano, perché li s'introduce troppo velocemente. Lunghe
descrizioni avrebbero effettivamente frenato l'azione, dando tuttavia
al romanzo quella solidità che gli manca, gli manca terribilmente.
Così com'è, non resta che seguire China Zoo attraverso le diverse
mappe disperse nel testo. Forse questo spaesamento che ho
sperimentato nella lettura verrebbe eliminato nella traduzione in
italiano, impossibile dirlo.
In generale Reilly ha svolto i compiti
per casa: la descrizione del perchè i cinesi vorrebbero un parco
giochi a base di draghi è svolta efficacemente, alcuni meccanismi
alla base della società cinese contemporanea sono descritti con
efficacia. Nei primi capitoli, si descrive bene l'imitazione cinese
del mondo occidentale. Imitazione cui manca tuttavia sempre qualcosa,
un dettaglio fuori posto, una riproduzione perfetta, ma
anacronistica. Ad esempio nei pacchetti regalo dei membri della
spedizione turistica al parco, si regalano sigari, come – osserva
CJ – se vivessero negli anni Ottanta. E sempre la povera dottoressa
si ritrova in omaggio una borsa rosa shocking e creme di bellezza –
e preferendo Reilly le maschiacce, ne è ovviamente indignata.
I cinesi di China Zoo restano comunque
cattivi da pulp: piccoli, gialli e indistinguibili, pronti a eseguire
ogni ordine senza esitare. I capi del partito sono ometti sadici e
crudeli, i militari automi senza sentimenti. Assomigliano a quelle
caricature di fine 800', col pizzetto e il naso deforme. La vera
funzione dei cinesi è morire sotto le zanne dei draghi, in mille
fantasiosi modi.
The Great Zoo of China non è un romanzo da dieci stelle&lode; piuttosto un'opera progettata innanzitutto per divertire chi la scrive e chi la legge. Sebbene sfiori il pericolo d'essere una fanfiction di Jurassic Park, la competenza documentaristica e l'azione sfrenata lo pongono un gradino più su, rendendolo una lettura sgangherata e frenetica.
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2 commenti:
Mi hai illuminato.
Cercherò di recuperarlo!
Eh lo so, io e gli Illuminati, vecchi amici... :-D
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