venerdì 11 agosto 2017

Providence 12. The Book, di Alan Moore. Annotazioni, analisi e traduzioni


“Non è morto ciò che può attendere in eterno, e col volgere di strani eoni anche la morte può morire.”
…e davvero a lungo avete atteso, cari lettori, but all good things come to those who wait e quest'ultimo, apocalittico finale di Providence è finalmente qui, sulla vostra doorstep, in attesa che spalanchiate il vostro volume di Providence e annotazioni alla mano di Cronache Bizantine analizziate pannello per pannello l'esoterico, magico lavoro del Bardo di Northampton. 
Qualche giorno fa, una sera torrida di questo agosto infernale, guardavo un bel documentario chiamato “Room 237”. Una raccolta di analisi, decostruzioni e raffinate analisi testuali-visive del capolavoro di Kubrik, Shining: una vasta, inesausta raccolta delle quante più diverse interpretazioni, dall'ipotesi complottista, all'interpretazione storica, all'ipotesi spiritualista, cartografica, psicogeografica, psicologica, freudiana, bettehelmiana, fino alla semplice speculazione sperimentale (proviamo a guardare Shining contemporaneamente dall'inizio alla fine e dalla fine all'inizio!). 
Shining nel documentario si presentava come una scatola di attrezzi, un incredibile assortimento di strumenti visivi con cui giocare e interpretare, oscillando da ipotesi più o meno convincenti, a ricostruzioni ai limiti del maniacale. Mi aveva in particolare colpito come molti di questi appassionati sezionassero Shining frame per frame, esattamente come io e Poropat e gli annotatori inglesi abbiamo sezionato Providence vignetta per vignetta
Mentre scoprivo coincidenze troppo frequenti per essere “solo” coincidenze, riflettevo su quanto la saga di Providence di Moore sia ancora aperta, persino dopo questo lavoro di annotazioni, ai più diversi studi. Sì, se mettessi assieme in un ebook i dodici capitoli di annotazioni tranquillamente mi verrebbe un volume di duecento pagine, ma costruirebbe, oltre che un'operazione immorale, considerando che il materiale inglese da cui ho attinto è gratis e open source, ancora la punta dell'iceberg, a malapena una scalfittura negli strati infiniti dell'opera di Moore. 
Questa non è una conclusione, ma come la storia stessa di Providence, un nuovo inizio. Abbiamo appena scritto quanto bastava per orientarci tra le citazioni Mooriane, abbiamo appena vergato una mappa orientativa di Providence. 
Come studente squattrinato di storia, non posso fare a meno di osservare come ancora manchi un'analisi del sottotesto storico della saga di Providence: come se non ancor di più che in Shining, c'è un chiaro, continuo sottotesto riferito all'Olocausto, evidente dalle camere a gas e dalle stesse origini ebraiche di Black: che sia tutto traslato negli Stati Uniti sembra trasportare il nazismo direttamente negli States, un'operazione oggigiorno alquanto attuale, considerando la resurgence di 4chan/pol, gruppi neonazisti su tumblr e una generale operazione storica che è nel contempo una riscrittura e un'invenzione. Non ci sono studi su Providence da una prospettiva psicanalitica, altro elemento con cui pure Moore gioca parecchio, non ci sono studi bibliografici – sui libri all'interno del fumetto –, non ci sono studi letterari, sull'uso delle diverse lingue di Moore, che tanto ha fatto ammattire il nostro pur infaticabile traduttore italiano, Leonardo Rizzi
Diamine, perchè limitarsi ai soli studi accademici? 
Per gioco e non per profitto, non c'è nulla che vi vieti di continuare a espandere il mondo del Neonomicon e di Providence: cos'è successo nel XX secolo, dalla morte di Black? E' davvero morto? Cos'hanno fatto e cosa è successo a tante creature e personaggi di Providence, nella Seconda Guerra Mondiale? Barlow, si è davvero suicidato? Bierce, si è davvero perso fino a morire nel Messico? Oppure... e cosa possiamo scrivere sulla bomba. La Bomba, quella atomica. Il parallelo con il gigantismo degli dei lovecraftiani mi sembra talmente ovvio, talmente lapalissiano. 
Com'è possibile che nessuno di questi racconti “lovecraftiani” abbia approfondito questo parallelismo? Quindi, avanti, appassionati. La strada è aperta e Moore ci ha appena tracciato non tanto un sentiero, quanto un'autostrada ultra deluxe con i migliori pit-stop che potevamo immaginare. 

Come sempre, le annotazioni provengono dal sito di appassionati Facts in The Case of Alan Moore's ProvidenceLe prime sedici pagine sono state tradotte da Matteo Poropat della Tana dello Sciamano, veterano di vecchia scuola lovecraftiana, che è riuscito a completare la translation a ridosso delle vacanze agostiniane. Le altre 16 pagine sono invece mie, come al solito. Come con Providence 11, può essere che ritorni sull'argomento e corregga le note: com'è tradizione di questo blog, siamo in un eterno work in progress



mercoledì 2 agosto 2017

Providence 11. The Unnamable, di Alan Moore. Annotazioni, analisi e traduzioni


Il penultimo capitolo della serie a fumetti di Providence, The Unnamable, compie ancora una volta il miracolo: posto dinanzi alla banalità di tante conclusioni insoddisfacenti e/o insolute di tante saghe, Moore preferisce piuttosto fornire risposte al lettore, anzi dargli di nascosto la chiave (d'argento?) per comprendere non solo Providence stessa, ma anche il Neonomicon. Gli accenni comparsi nei capitoli precedenti ritrovano in The Unnamabale il loro pieno completamento: ogni singola storia dei numeri precedenti trova in questo caso un finale che è nel contempo il finale dei racconti di Lovecraft corrispondenti e allo stesso tempo è un finale Mooriano, sovvertito nella sua stessa essenza. 

All'elemento fittizio della narrativa del Solitario di Providence, si affiancano due altri filoni: la ricostruzione - ancora una volta fittizia e nel contempo reale - degli eventi storici che conducono al 2006 del Neonomicon, e la ricostruzione stavolta storica e ineccepibile della vite e delle tragiche conclusioni di tanti amici del circolo di Lovecraft e del Weird Tales: dal cervello esploso per un colpo di rivoltella di Howard, al suicidio per barbiturici di Barlow, alla lenta caduta nell'oblio di tanti scrittori dell'epoca, un dimenticare tanto più visibile quanto più lo scomparso Lovecraft s'ingigantisce fino a diventare l'attuale juggernaut della cultura pop. 

Il cerchio, o meglio la forma circolare domina The Unnamable: dall'occhio di Black, che ha visto cose che la retina umana non potrebbe a ragione vedere, al disco a 45 giri che sceglie di ascoltare, alle ruote del bus che lo riconducono alla New York dove tutto era iniziato. Un cerchio che non è solo un motivo geometrico per tenere assieme il bric-a-brac di citazioni di Alan Moore, ma costituisce anche un simbolo di continuità e di rinascita, quell'eterno ritorno che banalizzato da Kundera trova qui una piena espressione fumettistica, un'incarnazione nietzschiana riverberata dal cavallo frustrato dal vetturino a Pagina 6, che ricorda l'abbraccio folle a Torino del filosofo dell'oltreuomo. 

La carrellata di scrittori e letterati raffigurati dalla sempre abile mano di Burrows mi ha fatto riflettere su quanto Lovecraft mi sia stato utile in questi anni non solo come singolo scrittore e filosofo, ma come consigliere di letture e scrittori da scoprire e fare propri: troviamo qui ad esempio il Robert E. Howard di Conan, così come Frank Belknap Long, Derleth, Burroughs, Borges...
Vi sono scrittori auto conclusivi, il cui corpus letterario si chiude in sè stesso; nel caso tuttavia di Lovecraft, caso tanto più pregevole se consideriamo che è un autore di genere, il lettore è motivato a cercare altri testi, altri romanzi, altri racconti. E a rifletterci attentamente, sono davvero tanti gli scrittori a cui mi sono avvicinato perchè avevano collaborato con Lovecraft, o perchè avevano una sfumatura che mi pareva lovecraftiana. Spesso si critica Lovecraft perchè spendeva troppo tempo a scrivere lettere anziché dedicarsi ai suoi racconti e romanzi: tuttavia senza quegli scambi di pagine e pagine di consigli letterari, di riflessioni, di sincere amicizie non avremmo avuto quella base forte di scrittori dell'horror e weird che è poi compiutamente sbocciata tra gli anni '50 e '60. 
Qual'è infatti una delle domande più frequenti nei gruppi e nei forum lovecraftiani? 
Ragazzi, mi consigliate uno scrittore come Lovecraft?
Ragazzi, mi consigliate un bel romanzo lovecraftiano?
Il lettore, dopo aver letto Lovecraft, è naturalmente spinto a scoprire nuovi autori, nuove opere. 
Non è un passaggio così ovvio, così naturale. Tanti lettori con la puzza sotto il naso, che leggono letteratura alta, rimangono legati a quei due autori in croce e raramente se ne distaccano. 
E cosa dire degli altri autori fantasy? Non conosco un singolo appassionato della Rowling che chieda di leggere un romanzo rowlinghiano. Nessuno, nei gruppi di fan di Enrico il Vasaio, domanda altri romanzi di quel genere, altre saghe su scuole di magia e urban fantasy (e ce ne sono, eh? Anche migliori...). No, a differenza dei fan di Lovecraft con questi autori l'appassionato si adagia a rileggere ossessivamente i sette romanzi, a imparare a memoria nomi e luoghi, a masturbarsi reciprocamente con nostalgiche rievocazioni dei film e dei libri. 
C'è un unico autore che mi sovviene avere una popolarità paragonabile a quella di Lovecraft... 
J. R. R. Tolkien, naturalmente. Autori entrambi di mitologie, autori entrambi di opere che affamano chi le scopre di nuove letture, nuovi autori, all'interno di un percorso di crescita, di maturazione, non di rincoglionimento infantile...

Come sempre, le annotazioni sono tradotte dal sito inglese Facts in The Case of Alan Moore's Providence; scomparso il diario di Black, abbiamo 32 pagine, 16 tradotte dal velocissimo Matteo Poropat della Tana dello Sciamano e altre 16 dal sottoscritto. 
As usual, commenti e osservazioni sono i benvenuti.