venerdì 27 settembre 2013

Luxury Blend

Pipe of the week (9)

le solite descrizioni "pompatissime"
Spesso, mentre s'è in fila alle Poste, a sfogliare volumetti consunti dall'antiquario, a scalpitare in quei templi della Noia chiamati Supermarket, senti certi discorsi che un po' t'agghiacciano.
Tutto ruota sempre all'eterna diatriba bene/male.
Il gioco d'azzardo fa male. Cattivo stato biscazziere, cattivo!
Le armi da fuoco fanno male. Cattiva America, cattiva!
Il tabacco fa male. Cattive lobby del tabacco, cattivo stato!

Ma in tutto questo, la responsabilità del singolo è sempre nulla. Assente.
E' un incapace, il cittadino italiano. 
Un povero ometto che evidentemente non è mai arrivato alla maturità; che non è in grado di rischiare, di scegliere, di agire di sua spontanea volontà. Egli deve succhiare il latte (malato) dello Stato, e come sua massima ambizione lavorare come funzionario pubblico; dateci dieci anni e a quell'inestetico, individualista cavaliere delle fiabe sostituiremo un grigio burocrate.
Sarebbe interessante osservare, che nei paesi protestanti, anglicani, lontani dal confessionale assolvi tutto, dallo zucchero cariato della compagnia di Gesù, l'uomo è solo di fronte ai suoi peccati. C'è solo lui e Dio, nessun altro terzo incomodo. E l'uomo sceglie di salvarsi con la sola forza della grazia; viene considerato entità autonoma, che grazie a un minimo di giudizio sceglie lui con cura, come orchestrare la sua vita. Ma in Italia, il protestantesimo non è (purtroppo) mai filtrato. Il calvinismo neppure. E non abbiamo avuto monarchi amanti di mogli decapitate e brusche scissioni ^__^
Così non occorre meravigliarsi, che il prezzo della Luxury Blend, dai nove euro spiccioli oltreconfine salga precipitosamente alla bellezza di diciotto euro, virgola qualcosa.
Lussuriosi! Viziosi! Perseguire una (dubbia) moralità a suon di tasse non è certo una novità, ma diversi innumerevoli secoli di bancarotte economiche e provincialismo spinto dovrebbe insegnare quant'è masochista anche sul piano economico. Ma d'altra parte, vallo a spiegare che la molla che spinge l'economia è proprio l'avidità... Di per se teoricamente, già un vizio.

La Luxury Blend è una miscela particolarmente interessante. 
Leggera, ma non al punto da essere mescolata con tanta facilità si presenta bene, con la composizione classica ripartita in Virginia- Burley-Cavendish.
Si sentono Vaniglia, Miele (molto) e appena un filo- impercettibile a meno d'avere buon naso- d' Arancio.
E' quindi chiaro il genere; un aromatico. Ma un aromatico in senso buono, dove i differenti aromi non lasciano in bocca la sensazione di gustare un prodotto troppo zuccheroso, dolciastro. 

In effetti, è uno dei pochi tabacchi che se lasciato aperto in una stanza sprigiona un tale profumo che ricorda più un deodorante che qualcosa da fumare. Accesso con cura, va fumato con attenzione, per distillare i diversi sapori che si presentano bene quando assaporati se possibile ancor più lentamente del solito, ma che altrimenti possono confondersi e diventare pesantini.

La combustione tende ad accelerare piuttosto bruscamente, insomma a volte è davvero troppo veloce. Questo-ovviamente! - immagino dipenda molto dall'abilità del singolo, ma la combustione in questo caso mi è davvero sembrata peggiore del solito.

La latta ha inoltre più del solito la tendenza irritante a "sollevarsi". Pressato in modo meccanico, il tabacco andrebbe preso con leggero movimento dell'indice, quasi di strofinio, per non scomporre troppo la miscela. Altrimenti il tabacco tende ad "alzarsi". Chiudete il coperchio, e poi Bang! Quando lo riaprite la miscela è tutta scomposta e magari ne perdete una parte nel "caricare" la pipa.
Che d'accordo, sono magari fissazioni tutte mie.  ^^

martedì 24 settembre 2013

Tu dici "origliare", io dico "scrivere"

In effetti, trovo piuttosto buffo che fra tutte le fonti, i possibili siti, sia giunto a tradurre consigli di scrittura addirittura dalla terra delle foreste innevate, un tempo gloriose colonie francesi.
Che poi, c'è poco da ridere sul Canada; hanno risorse naturali tanto vaste che io non starei tanto a prenderli costantemente in giro.
Ma si prestano parecchio.

Ad ogni modo, nuovo consiglio, nuovo girone.
In questo caso, un consiglio se possibile ancora più diretto, concreto del precedente.
Non sprecate il vostro tempo. Fate i guardoni, e annotate tutto e tutti. 
Scrivere è un'arte. E come ogni abilità, ha bisogno di essere costantemente affilata- sempre, se possibile. Scrivi nei piccoli spazi di tempo. Quando stai aspettando il caffè al bar, all'ufficio del dentista, mentre fate hockey (piuttosto improbabile, ndT) tirate fuori carta e penna e scrivete un veloce ritratto della persona nella stanza. Dal parrucchiere, in un bar, in un ristorante, trascrivete i frammenti di conversazione che sentite attorno a voi. Vi serviranno per darvi buoni esempi di dialoghi realistici. Salvate tutti questi pezzetti di descrizioni e dialogo, e scavateci per oro e ispirazione. Sarete sorpresi da quanto finirete per sfruttarli.  
Non sono molto convinto, a dire il vero.

Devo dire, tuttavia, che applicando questo metodo spesso ho finito per osservare che almeno in Itaglia la gente parla un linguaggio sgrammaticato, sempre frammentato e inconcludente. Alla domanda risponde la domanda, frasi vengono smozzicate, terminano nel nulla. A volte ancora, il personaggio borbotta con sè stesso. Ma credo che con un minimo di abilità e buon senso se ne possano tirar fuori buoni dialoghi, che forse non suoneranno come uno scambio di battute al cardiopalmo, ma piuttosto avranno il sapore ecco.. Dell'autenticità. Suona orribilmente zuccheroso, vero? >.<

In tal senso, ho un buon ricordo dei dialoghi di Ira Levi, i più fluidi e naturali che abbia mai letto.
E anche gli sperimentalismi in senso dialettico di Altieri, per quanto forzati e criticati non erano niente male.

C'è da lavorarci su.

venerdì 20 settembre 2013

I libri noccioline della collana Newton Compton Live

Passando in libreria, spesso si colgono strani cambiamenti.

La collana "LIVE" a un euro della Newton Compton editori, ad esempio.
Allora, vediamo.
Classici dell'umanità.
Edizioni ultraeconomiche.
Totale assenza d'introduzione, di prefazione, di un'analisi che in testi del genere sono la vera differenza che spinge a leggere e comprendere o a leggere e vantarsi.
Quindi, a chi sono mirati, questi volumetti?



Adolescenti, suppongo.

martedì 17 settembre 2013

Consigli di scrittura dalla terra degli orsi

Per la precisione, cento consigli di scrittura canadesi.
Di tutto e di più: poesia, romanzi horror, consigli troll, literary fiction al suo peggio.
Rovistando, si trova qualche spunto interessante.

Il passo in questione tradotto si caratterizza per la massima semplicità, e risponde alla domanda che mi poneva un amico; perchè non giocavo al genio solitario come tanti aspiranti (sic) scrittori italiani, e pubblicavo invece su blog e forum. D'altra parte è noto, il romanzo va tenuto nel cassetto (perché altrimenti ti rubano le idee!!!1) per poi venire mandato al macero in assurdi concorsi sul tubo catodico.

Stuart McLean. Autore di Bestseller, giornalista vincitore di numerosi premi e umorista, ospite del programma della Radio CBC The Vynil Cafè.

 << Penso che la domanda che gli scrittori più spesso sentono chiedersi dalle persone che non sono scrittori, ma pensano che gli piacerebbe esserlo, è "Dove prendi le tue idee" – che non mi faccio problemi a dire che può essere frustrante, dopo un po'. Penso che la maggior parte delle volte sia perché dietro questa domanda striscia la nozione che trovare idee sia la parte più difficile della scrittura.

Le idee, si scopre, sono un tanto al chilo. La parte più dura della scrittura... beh, ci sono molte parti dure nella scrittura... ma senza provare a sembrare saccente, penso che la parte più dura della scrittura sia, per l'appunto, scrivere. E' questo, è il fatto di scrivere. Penso che la più grande differenza che sussista fra me e te, se sei qualcuno che non è uno scrittore e vorrebbe esserlo, è una questione di credere. Io credo di essere uno scrittore, e tu no. E questo vuol dire essere disposto a fare tutte quelle cose che devi fare per venir fuori con qualcosa che qualcuno sarà disposto a pubblicare. E per la maggior parte, questo vuol dire attenervisi.

Dovresti sapere che le mie prime bozze sono probabilmente poco migliori rispetto alle tue, di bozze, e che le mie idee non sono certamente migliori delle tue. La differenza è che non mi aspetto che la mia prima bozza sia buona. In effetti, il più delle volte mi aspetto che faccia schifo.
Che cosa mi aspetto è, che se mi attengo ad essa e scrivo una seconda stesura, e poi una terza e mostro la quarta alla mia editor Meg e includo i suoi suggerimenti nella quinta stesura, beh allora forse arrivato alla sesta o alla settima stesura quando suonerà giusta a Jeff Milton, produttore del Vnyl Cafè, allora ne siamo usciti con qualcosa... Potrebbe voler dire che è buono abbastanza.
L'idea con cui siamo partiti non è lontanamente tanto importante quanto il fatto che siamo partiti- e fattore ancora più importante, che abbiamo continuato.

La cosa più importante, allora, se vuoi essere uno scrittore, è trovare qualcuno che ti faccia andare avanti. Per me di solito funziona una scadenza precisa. Iscriviti a una lezione di scrittura, unisciti a un gruppo di scrittori, guarda nel Gruppo di Giovani Scrittori online, proponiti come volontario per il giornale locale... fai tutto quello che devi fare affinché qualcuno si aspetti che tu dia loro qualcosa. Questo ti farà continuare. Cerca di farlo al tuo meglio, poi mostralo a qualcuno, ascolta cos'ha da dire e quindi ricomincia.

Se questo ti sembra divertente, forse sei uno scrittore. Se ti sembra pazzia... se ti sembra tortura, hai ugualmente ragione. >>

venerdì 13 settembre 2013

Finanziare la rivoluzione- Alan Moore

Quanto sto per proporvi è una mia veloce traduzione di un'intervista ad Alan Moore pubblicata su Saloon in luglio, in occasione del suo primo autentico Kickstarter, volto a finanziare una serie di cortometraggi che va da diversi anni filmando in totale economia.

In origine "Jimmy's End" era il titolo di un piccolo film che Moore aveva scritto nel 2012, 
diretto da Mitch Jenkins. L'idea si è poi evoluta in diversi cortometraggi. 
E no, non scelgo io, l'immagine d'anteprima -.-"

"Jimmy's End" può venire definito una serie di corti noir, con una solida ossatura narrativa che pone un efficace basamento per diversi sperimentalismi. Non l'ho personalmente vista- in effetti è la prima volta che ne sento parlare- ma sembra un'opera interessante, per quanto da prendere "con le pinze". Il Kickstarter, che ha raggiunto rapidamente la meta prefissa, ha permesso la creazione del quinto e ultimo cortometraggio, fornendo inoltre le basi a un primo film vero e proprio, The Show, che completerà in un certo senso la saga.
I contorni di trame e personaggi sono piuttosto vaghi, ma l'ambientazione è la città dove Moore vive, Northampton, i toni sono piuttosto cupi e i diversi bizzarri personaggi scandagliati psicologicamente a fondo.
Se masticate l'inglese, consiglio ovviamente di leggere l'intervista in originale- nella traduzione ho l'impressione d'aver infiorettato un po' troppo i toni diretti, ma barocchi di Moore. 
Nel caso, scorrete la pagina e saltate alle riflessioni. Moore infatti parla un po' di tutto, nella sua intervista, e proprio per questo, più che per i suoi esperimenti cinematografici, è maledettamente avvincente.

Alan Moore Il vostro amichevole barbone di provincia!

martedì 10 settembre 2013

Convergenze (1)

Passo estrapolato dallo Zibaldone (1606, 2 settembre 1821).
L'anima de' partiti è l'odio. Religione, partiti politici, scolastici, letterarii, patriotismo, ordini, tutto cade, tutto langue, manca di attività, e di amore e cura di se stesso, tutto alla fine si scioglie e si distrugge, o non sopravvive se non di nome, quando non è animato dall'odio, o quando questo per qualunque ragione l'abbandona. La mancanza di nemici distrugge i partiti, e per partiti intendo pur le nazioni ec. ec.
Lo so, lo so: vi sto già annoiando. 
E' interessante osservare cosa succede se applichiamo il passo in questione ai blog e per così dire costringiamo l'analisi di Leopardi alla materia pulsante della bloggosfera. 
Di getto, credo se ne possano trarre tre considerazioni, l'una connessa all'altra. 
  1. L'anima del blog scoperta nell'odio spiega con una certa facilità il successo, specie nostrano, delle recensioni completamente negative, che mirano a squartare arto dopo arto il corpo del soggetto, che sia un videogioco, un libro, un film, un album musicale. 
    Contrariamente a quanto si potrebbe inizialmente pensare, non mi sto riferendo ai soliti triti oggetti di polemica, ma vorrei porre l'attenzione alle psicosi di gruppo che spesso investono giornalisti, pagine facebook, microgalassie di blog settoriali.  
    Il prodotto viene attaccato, spesso in maniera piuttosto velleitaria da un primo soggetto per poi venire imitato, mentre un utente dopo l'altro scopre difetti su difetti. 
    Un pestaggio di gruppo è il trattamento che sta ricevendo Lost Planet 3, che per quanto videogioco banale non meritava certo una simile accoglienza. Il soggetto preso in questione spesso non è ne indie ne ultrafamoso, di conseguenza si presta a venire attaccato.
    Mi viene da paragonarlo ai pogrom russi di fine ottocento, dove il linciaggio contro gli ebrei nascondeva la volontà degli zar di celare un sistema ormai al collasso. 
    Distogliere l'attenzione. Deviare l'incompetenza. 
    Nel caso dei Youtubers, il fenomeno appare evidentissimo, lapalissiano. 
    Osservatori obiettivi? Onda critica? Ma per favore. 
    Uno Youtuber famoso riceve i giochi in anteprima, scarta le edizioni ultralimitate, insomma è un bravo consumatore che non esita a mostrare trionfante quanto ha speso, quant' è contento d'aver speso.  Dov'è l'attenzione, in ciò? Dov'è la critica?
  1. Mi sento un po' stupido a scriverlo, ma l'ovvio passo successivo è la distruzione, la scomparsa dell'oggetto di tanto odio. Nel momento in cui si smarrisce l'argomento (per consunzione, per esaurimento, per aver grattato troppo a fondo il barile) occorre cambiare bersaglio. Il recensore, che sia un blogger, un giornalista, uno youtuber, passa dal micro al macro: allarga il reticolo, comincia a bombardare i nemici più vicini. Non ci si può più accanire su un unico bersaglio, la soluzione è guerra su larga scala. La critica si diluisce ulteriormente in un mare di banalità, mentre quanto importa è fissare dei paletti, dei punti fermi che diventeranno dogmi inamovibili. Tuttavia, questo è il fuoco di paglia che spesso prepara un brusco ridimensionamento, se non l'abbandono totale.
  1. Per riflesso, essendo mosso dall'odio, il lettore non può sopportare le recensioni positive. 
    E' un normale riflesso umano. 
    Ho ricevuto sincere parole d'odio per aver osato scrivere una recensione tanto entusiasta di Pacific Rim. Eppure, che altro potevo fare? A me quel film piace. L'ho rivisto a distanza di settimane, l'adoro. Ha un valore artistico altissimo, nella scelta dei colori, degli accostamenti, degli scenari. 
    Acido in movimento. Masturbazione visiva. E in un tale contesto, le menate nolaniane, i sensi di colpa, le psicologie arzigogolate. Per favore. Teneteli lontano. 
    Ma questo non serve! La recensione è positiva, quindi in un bizzarro boomerang l'odio proviene dai lettori. 
Uno simpatico hater in età.
Ti hanno pagato per scriverla!! Gomblotto, gomblotto!!1 Altro che blog liberi!
Quindi per esulare dalla parentesi cinematografica, un blog che tenti di essere completamente positivo soccomberà facilmente, dovrà sopportare la condanna di pochi commenti e poche condivisioni. Ma questo non vuol dire che si debba seguire l'altra strada. 
Semplicemente, mischiare entrambe le cose. 
Senza arrendersi a chi urla e condanna senza fonti, senza ricerca, senza stile. 

giovedì 5 settembre 2013

Perplessità sul nuovo Grand Theft Auto V


Come ai tempi dell'uscita di Diablo 3, come ai tempi della psicosi di massa che precedette Mass Effect 3, sono piuttosto perplesso di fronte all' hype mostruoso che sembra avvolgere i videogiocatori di tutto il mondo. 
Attendo anch'io con grande ansia il nuovo capolavoro Rockstar?
Non particolarmente. In effetti, sorvolando sull'ironia del termine capolavoro, perplessità grosse come condomini abusivi s'affacciano all'orizzonte.

Cominciamo dalla scelta dei tre personaggi per il gioco. 
Innovazione già discutibile in se stessa, un ampio carnet di scelte sembrava carina come cosa.
Differenti psicologie, differenti stili di gioco, diverse storyline... Promettente.
Poi uscì il maledetto trailer, e mentre i fanboy di tutto il mondo fissavano masturbandosi l'ennesimo show, io battevo i pugni sul tavolo.
Perché Rockstar? Perché?
Era tanto, davvero tanto difficile per una volta scegliere tre personaggi che fossero un minimo- non dico completamente- ma un minimo diversi?
Allora, abbiamo:
  • Tony Soprano, borghesia-alta, bianco ricco e annoiato, con un passato sporco alle spalle e una famiglia disastrata. Ohh, quanta empatia. E' proprio il mio sogno, impersonare un quarantenne che ha tutto, ma soffre una crisi esistenziale. Che "casualmente" ha un figlio ciccione e viziato, una figlia baldracca e una moglie presa di peso da una delle tante, merdose sit com che affollano la televisione. Mi ricorda uno dei tanti film commedia italiani.
    E sfortunatamente no, non è un complimento.
  • Secondo membro della banda, un generico negro di cui francamente non ricordo nemmeno il nome. Forse Will Smith con una mascella più pronunciata del solito? Immagino che nella (scarsa) mente degli sceneggiatori, il signor nero X rappresenterà il ceto basso, i rapper, i gangsta che come lerciume all'angolo dell'orecchio infestano le strade. You know, quel genere di cose: catene d'oro, spinelli, Ak-47 in oro massiccio, suono di bonghi Rap a tutto volume (...) Non c'è personalità, in quell'andatura fiacca. Più che un personaggio, è un gigantesco cartello ambulante.


  • Ahh, come poteva mancare Steve Buscemi? O dovrei dire Jack Nicholson Joker senza il costumino da Joker? Mah. Il personaggio forse più sincero nelle intenzioni della Rockstar: uno psicopatico, un idiota, un redneck senza controllo (o meglio, sotto il controllo del joypad di un giocatore, che è come dire in effetti senza controllo in tutto per tutto) che impazza nei sobborghi di periferia mutilando e uccidendo.
    Insomma, l'essenza dell'americano. ^___^
Trevor? Steve Buscemi invecchiato? Un fanboy?
Posso immaginare il plot fatiscente che verrà messo in piedi, che la Rockstar frustrando un paio di scrittori di mezza tacca avrà elaborato: uomini bianchi che urlano ad altri uomini bianchi mentre derubano banche e visitano strip club. 
Percorrere il tragitto dal posto X al posto Y. Giocare a golf. Picchiare i passanti. Quanta originalità.

Quintalate di violenza insensata, che se posta in Saints Row viene definita "Infantile, immatura, oltraggiosa" ma che se presentata dalla Rockstar diventa all'improvviso per volontà dei leccapiedi giornalisti "Lunapark postmoderno, capolavoro di sadismo consumista e bla bla bla ".

Ovviamente, mi colpisce come con addirittura tre personaggi a disposizione, la Rockstar non sia riuscita a infilarci dentro una protagonista femminile. C'erano tanti agganci, di ogni tipo. Non stiamo discorrendo di una città asiatica, di una città italiana, ma dell'America, dopotutto. 
Non sono forse all'avanguardia nella difesa della libertà? Poteva starci, un comprimario femminile.