venerdì 13 settembre 2013

Finanziare la rivoluzione- Alan Moore

Quanto sto per proporvi è una mia veloce traduzione di un'intervista ad Alan Moore pubblicata su Saloon in luglio, in occasione del suo primo autentico Kickstarter, volto a finanziare una serie di cortometraggi che va da diversi anni filmando in totale economia.

In origine "Jimmy's End" era il titolo di un piccolo film che Moore aveva scritto nel 2012, 
diretto da Mitch Jenkins. L'idea si è poi evoluta in diversi cortometraggi. 
E no, non scelgo io, l'immagine d'anteprima -.-"

"Jimmy's End" può venire definito una serie di corti noir, con una solida ossatura narrativa che pone un efficace basamento per diversi sperimentalismi. Non l'ho personalmente vista- in effetti è la prima volta che ne sento parlare- ma sembra un'opera interessante, per quanto da prendere "con le pinze". Il Kickstarter, che ha raggiunto rapidamente la meta prefissa, ha permesso la creazione del quinto e ultimo cortometraggio, fornendo inoltre le basi a un primo film vero e proprio, The Show, che completerà in un certo senso la saga.
I contorni di trame e personaggi sono piuttosto vaghi, ma l'ambientazione è la città dove Moore vive, Northampton, i toni sono piuttosto cupi e i diversi bizzarri personaggi scandagliati psicologicamente a fondo.
Se masticate l'inglese, consiglio ovviamente di leggere l'intervista in originale- nella traduzione ho l'impressione d'aver infiorettato un po' troppo i toni diretti, ma barocchi di Moore. 
Nel caso, scorrete la pagina e saltate alle riflessioni. Moore infatti parla un po' di tutto, nella sua intervista, e proprio per questo, più che per i suoi esperimenti cinematografici, è maledettamente avvincente.

Alan Moore Il vostro amichevole barbone di provincia!



- Congratulazioni, sei l'uomo del popolo (della gente? Del cittadino comune? Ndt) incluse le persone che stanno ora finanziando "Jimmy's End." -

- Beh, sono per la gran parte poco pratico con Internet, e quanto vi è correlato. Ma Kickstarter era un suggerimento che veniva da Mitch e Lex Record, quindi ho deciso di mettere un dito nell'acqua e vedere com'era. Siamo andati fuori, in un'abbazia medievale del luogo per usare parte di quelle strane, cavernose camere per filmare la bobina d'inizio. Abbiamo praticamente inventato sul momento e filmato direttamente sul luogo, e ho sentito che è ormai su Internet, in questo momento. -

- In effetti per te ha senso, come un modo per restare indipendenti -

fumetti di occupy
- Certamente, i miei molti anni che ho lavorato nell'industria dei fumetti, creando prodotti che non possedevo, mi hanno reso piuttosto duro sull'argomento di cedere i diritti. Preferirei molto più che questo film non avvenisse, piuttosto che avvenga attraverso qualche compromesso. Sì, ovviamente quest'approccio ha eliminato dall'equazione molte delle strade tradizionali con cui vengono finanziati i film. In questo senso, Kickstarter è una rappresentazione molto attuale della maniera con cui progetti di questo tipo possono venire realizzati senza la necessità d'avere dietro società ansiose solo di far cassa (all devouring company, ndT). -

- Hai scritto di recente sulla storia dei fumetti per Occupy Comics, che è a sua volta partito come un progetto Kickstarter. - 

- Mentre la rivoluzione sarà certamente televisizzata (rif. a The revolution will not be televised ndT) mi colpisce come possibilità che la rivoluzione possa anche venire finanziata dal basso, per così dire "Kickstartata". Se Kickstarter e altre compagnie stanno dando a progetti come Occupy Comics una chance, allora questo suggerisce che ci sono altre idee ugualmente fantasiose lì fuori, con chance incredibili, con possibilità di finanziamento uguali per tutti. Non solo nelle arti, ma anche nelle scienze. E' un'idea esaltante, e sto guardando avanti per vedere cosa ne verrà fuori.

- Parlando di rivoluzione, come ti senti che sta prendendo forma, specialmente considerando il recente smascheramento dello stato di estrema segretezza dell'NSA, il cui stato di controllo e sorveglianza è l'opposto dell'open sourcing e del finanziamento dal basso?

- Sembra che ci sia qualcosa che sta andando avanti, persino dalla più breve comparsa sulle news, con l'insieme delle notizie che comincia a trapelare. Questo è un mondo talmente connesso, che è inutile isolare una singola parte di questa come un fenomeno a . Non puoi davvero parlare dei problemi in Siria perché i suoi problemi sono in realtà globali. Le onde di rabbia e malcontento- che siano negli Stati Arabi, o in Brasile, o in America e in Europa sui diversi livelli con cui lo Stato controlla i cittadini - non sono fenomeni separati. Sono fenomeni di un mondo emergente, e l'esistenza d'Internet è uno dei suoi maggiori motori. Non abbiamo idea di come s'evolverà, poiché la caratteristica principale della nostra società implica che se qualcosa può essere inventato, allora lo inventeremo. 
Prima o tardi, ma se è possibile lo s'inventa.

Quindi Internet sta lentamente cambiando tutto, ma non saprei dire se in meglio o in peggio. Sospetto, come sempre, che sarà una mescolanza d'entrambe le cose. Ma siamo tutti sullo stesso treno, persino persone che come il sottoscritto non possiedono connessioni internet, cellulari o perfino televisori funzionanti. Mi sto lentamente disconnettendo. Praticamente, è quella sensazione che se stiamo per andare a sottoporre tutta la nostra cultura a quanto sembra un esperimento del tutto imprevedibile, allora preferirei cercare di restar fuori dal piattino con i campioni. (Ride). E' solo sensato (in un esperimento ndT) avere qualcuno come soggetto di controllo.

- Lo stato di sorveglianza non è nulla di nuovo: dal Panopticon di Betham al Villaggio di McGoohan alle telecamere di V per Vendetta al Prism di NSA -

- Per me, una delle più grandi sorprese di queste recenti rivelazioni sui sistemi di sorveglianza è stato quanto fossero sorprese le persone. Il livello di sorveglianza che abbiamo avuto qui nei passati vent'anni è ora ridicolo- e inutile, aggiungerei. Abbastanza inquietante, le telecamere di sicurezza all'angolo di ogni strada della Gran Bretagna furono favorite dal governo Blair, che allora entrava in carica nel 1997, che è lo stesso anno in cui decisi, indietro al 1982, di collocare il primo episodio di V per Vendetta, che aveva telecamere a ogni angolo di strada. Quindi sì, le abbiamo avute per un bel po'; si sono riprodotte e moltiplicate per decenni. Più recentemente, dipartimenti della polizia hanno detto quanto queste cose siano utili per alienare le simpatie dei cittadini. (Ride). Quindi non sono nemmeno utili nella prevenzione dei crimini, o per lo meno per arrestare i sospetti.

E qui sta il punto del discorso: se stai controllando ogni singola componente di una determinata cultura, se hai tutte le informazioni che dovresti avere, ebbene, questo è l'equivalente del non averne nessuna. (Ride). Come potrai elaborare tutto questo ammontare d'informazioni? E' giunti a questo punto che emergono tutti questi squisiti paradossi. Recentemente, dalle mie parti, c'era un caso dove si sospettava che gli addetti che guardavano gli schermi della sicurezza stessero prendendo troppe ingiustificate soste al bagno a chiacchierare  quando invece avrebbero dovuto guardarci. Di conseguenza, si è deciso che l'unica cosa ragionevole che si potesse fare fosse mettere una telecamera di sicurezza nell'atrio (Ride) Questo risponde alla domanda che Giovenale pose in modo così conciso tutti quegli anni addietro: Chi custodisce i custodi? (Who watches the watchmen? NdT) La risposta è più custodi! E quindi ancora più custodi li guardano, e ovviamente occorre chiedersi: Possono tutte queste persone che stanno sorvegliando altre persone che già fanno il loro lavoro di sorveglianti, essere davvero considerati degni di fiducia? Molto meglio se vengono sorvegliati a loro volta. Questo è il livello d'assurdità che queste soluzioni Orwelliane portano a questo nostro mondo, che già di per se tende a diventare sempre più complesso.
La visione di George Orwell era il 1947. Certo, il mondo era già molto più complesso di quanto non fosse mai stato, ma non era nemmeno lontanamente vicino alla complessità che sta per arrivare ad avere. Attualmente abbiamo a Northampton e penso che siamo forse i primi ad averle- telecamere di sicurezza che in alcuni luoghi ti parlano a tutti gli effetti. "Prendi da terra quel mozzicone di sigaretta! Sì, tu!" (Ride) Che è talmente vicino alla visione di Patrick McGoohan per il Villaggio, in "The Prisoner" tutti quegli anni addietro. -

Il prigioniero. Lo trovate facilmente sull'Internet.
Non ne avevo mai sentito parlare prima (Shame on me), ma è affascinante.
- Penso ancora che la caratteristica più sopravvalutata di "The Prisoner" fosse che siamo tutti tiranni. -

- Ricordo che guardando "Fall Out", l'episodio finale di "The Prisoner", quando penso fosse la notte di un mercoledì, attorno ai tredici anni. E posso ricordare quella scena dove l'intera serie sembra cadere a pezzi in un assurdo collage. Dove il Numero 6 di McGoohan finalmente confronta il misterioso Numero 1, che era rimasto inosservato per tutta la serie, che era diventata ora una figura incappucciata. McGoonah tira giù il suo cappuccio, e c'è sotto questa rozza, scimmiesca maschera di gomma. McGoohan tira via la maschera da scimmia, e c'è sotto Patrick McGoohan, che ride isterico. Perfino all'età di tredici anni, ricordo brutalmente cosa significava, questo momento, quando rivela che siamo tutti uguali. Stava rispondendo alla domanda, "Chi è che ci limita, che ci rende tutti prigionieri?" E penso che la risposta di McGoohan fosse incredibilmente catartica. Siamo noi, non è così? -

- Parlando di visionari, discuterai "Jimmy's End" in Luglio con Adam Curtis, i cui documentari visivamente trascinanti come "The Century of the Self" e "The Power of Nightmares" espongono perfettamente il potere psicosociale e i tranelli del nostro consumismo e della nostra tecnocrazia.

- E' un uomo meraviglioso, e uno dei miei registi preferiti. Penso che "The Power of Nightmares" sia il miglior documentario televisivo che abbia mai visto. Era qui a Northampton, e io e Mitch siamo usciti per pranziare con lui, e abbiamo discusso con grande comunanza d'idee. (and we got along like a house on fire ndT). E' un gentiluomo stupendo. Stavamo discorrendo sulla prevalenza degli zombie nella cultura popolare e come siano comunemente interpretati come il proletariato o consumatori schiavizzati.

- Ma tendo a pensare che gli zombie siano una perfetta metafora per la cultura in se stessa. Quanto è morto, e tuttavia ancora si trascina cercando cervelli, e ripete senza fine le cose che faceva in vita. Intendo, sono sicuro che basteranno un paio d'anni, prima che il pubblico cinematografico vada a imparare l'eccitante storia di come uno studente della scuola superiore chiamato Peter Parker ha subito un incidente straordinario che l'ha trasformato nel meraviglioso uomo ragno... di nuovo. Lo sai? Sono sempre le stesse storie, e le stesse idee ripetute ancora e ancora. E se lo facciamo in 3D, se usiamo abbastanza di quella spettacolare fotografia digitale, allora forse le persone non noteranno che non abbiamo avuto una buona idea per decenni. La cultura è solo uno zombie che si trascina e ripete quanto ha fatto in vita; perde pezzi, e non sembra notarlo (Sospira sorridendo) Tendo a pensare che un buon, sano colpo in testa sia l'unica via per risolvere il problema (Ride).

- Però! Aspetta, quindi a cosa miriamo a, se guardiamo a eliminare la nostra zombificata cultura pop con un buon, sano colpo alla testa? -

- Ooh, questa è infatti la questione, non è vero? Probabilmente i limiti nel nostro pensiero, la nostra paura di guardare al futuro e prenderci responsabilità al riguardo. Ok, quindi, mi piacerebbe dire qualcosa come " Mira a Simon Cowell". E nonostante questo verrebbe considerato un notevole miglioramento, non risolverebbe i nostri problemi di fondo. Siamo noi stessi, come sempre. E' il nostro modo di pensare. Sì, decisamente: quel colpo dovremmo mirarlo alla nostra, di testa. -
- Senza trascurare che c'è un'inquietante desensibilizzazione dello sterminio dell'altro, in questa cultura da zombie- con una certa confusione su chi realmente "siano" questi altri. -
E' certamente un fenomeno preoccupante. Se arruoli un gruppo di normali uomini o donne, li metti in uniforme e li porti in un paese straniero e gli dici: " Voglio che andiate lì e facciate del vostro meglio per uccidere un gruppo di persone in uniformi diverse " la maggioranza che non sono psicopatici non vorranno farlo. Lo troviamo una cosa disumana da fare. Ma se gli chiedi di uccidere un nemico virtuale... Bene, non c'è problema. A nessuno importa di cosa succede in tutti quegli zombie degli sparatutto virtuali, perchè non sono veri. Se prendi delle persone per uccidere mille o diecimila nemici virtuali, e li metti poi in una situazione di combattimento reale, sarà molto probabile che diventeranno insensibili all'idea di uccidere, specialmente dopo infiniti apprendistati virtuali.
La tecnologia è sempre una spada a doppio taglio. Può portare molti benefici, ma anche molti disastri. A causa della complessità della situazione, non possiamo prevedere quali cose avverranno, fino al momento in cui avvengono. E' solo parte della nostra responsabilità come persone in un mondo moderno di fare del nostro meglio per gestirli, e rifletterci sopra, mentre accadono. Mentre sono lontano da gran parte della tecnologia al punto che sono una sorta di Amish, ho giocato un paio di videogiochi- fino a quando ho realizzato che ero inondato di adrenalina per qualcosa che non era reale. Alla fine d'un paio d'ore di gioco appassionato, mi sarò pure procurato la necessaria quantità di funghetti per salvare la principessa, ma ho anche perso ore della mia vita che non avrò mai indietro. Questa è la ragione per cui non sono su Internet. Sono consapevole del suo potere come distrazione, e non ho tempo per questo.
Nonostante la continua richiesta di attenzione dal mondo moderno, penso che necessitiamo di procurarci un nostro spazio psicologico tutto per noi. Apparentemente conosco diverse persone che tentano di ottenere ciò sloggandosi, o abbandonando il loro profilo twitter o facebook per un limitato periodo di tempo. Cosa che suppongo sia incoraggiante, nonostante non sia poi così straordinario, dal mio punto di vista. Penso che le persone abbiano piuttosto bisogno di stabilire un proprio spazio psicologico, di fonte a questo mondo così invasivo. -

- Zombie, ti sei spiegato. Parlando dei quali, avete tu e Adam discusso se lavorare insieme, in futuro?

- Beh, chi sa cosa avverrà in futuro? Eccezion fatta per il Latitude Festival a Suffolk in Luglio, dove io e Mitch mostreremo i primi quattro film completi del ciclo di Jimmy's End, e li discuterò sul palco con Adam. Speriamo di mostrare anche il quinto film, per il quale stiamo infatti raccogliendo soldi su Kickstarter. Ma quasi sicuramente questo non succederà, anche se il Kickstarter aiutasse quanto speriamo che aiuti. Ma parlerò con Adam di tutti i film, e delle tematiche che possiamo tirarci fuori. Ma tutte le cose sono possibili, inclusi futuri progetti con Adam. Non lo so, avremo da guardare e vedere cosa succede. Siamo entrambi uomini molto occupati, ma abbiamo una reciproca ammirazione l'uno dei lavori dell'altro, e mi sono divertito parecchio a uscire con lui.

- Ho chiesto a Mitch se "Northampton Noir" funzioni come descrizione di Jimmy's End, e ne era piuttosto entusiasta.

- Sì, la nostra piccola cittadina è nera in ogni senso. L'ho perfino descritta come un "buco nero" alcune volte, nel senso che è molto difficile fuggirci. Non riesci a prendere sufficiente velocità per uscire dalla città che vieni tirato indietro. Conosco persone qui, che se gli chiedi come sono finite a vivere a Northampton scrollano semplicemente le spalle. (Ride) Ci finisci dentro. Abbiamo diversi lati oscuri nella nostra storia, e trovo qualcosa di nuovo ed enorme ogni giorno, alcuni dei quali sto salvando per il mio romanzo "Jerusalem" che ormai è ai suoi stadi finali. Quando Adam era da me, abbiamo parlato di alcuni degli aspetti sorprendenti di Northampton. Ho indicato fuori le arrugginite tubature del gas Vittoriane sui bordi della casa del mio vecchio vicino, il luogo dove è partita la Rivoluzione industriale, dove è iniziato il capitalismo. Possono suonare come affermazioni sfrontate, ma credo che Jerusalem fornirà una spiegazione piuttosto esauriente. Ma sì, è una cittadina che spinge a una visione noir.

- E' Jimmy's End una psico-geografia visiva di Northampton nel modo in cui il tuo "Unearthing" era una psico-geografia della città natale di Steve Moore, Shooter's Hill?

- No, è differente in questo senso, per quanto possa sembrare strano "Unearthing" era tutto vero. Mentre fedele alla sua città d'origine e condividendo gran parte della sua storia e bizzarre peculiarità, la Northampton che speriamo di rivelare in "The Show"- il film che stiamo cercando di fare, basato sui cortometraggi di Jimmy's End- mostra diversi personaggi, eventi, prodotti, gruppi di giovani e altre cose. Ci sono alcuni personaggi reali in Northampton- alcuni ora morti, ma possiamo resuscitarli- che verranno inseriti in "Jimmy's End" in piccole dosi.
La più grande differenza fra i due è che "Jimmy's End" è fiction ma "Unearthing" era una versione fantastica della realtà. Stavo guardando alla vita del mio più vecchio e caro amico Steve Moore, interpretando la sua vita come una fiaba moderna. C'è un processo differente in "Jimmy's End", che spero sia uno strano, ma impressionante specchio della nostra cultura. Una delle nostre agende scritte su uno dei nostri blocchi d'appunti da quando avevamo inziato "Jimmy's End" dice "Rubiamo cultura! " (Let's steal culture ndT). Ci sono tutti questi elementi culturali che possiamo parodiare, o venirne fuori con una nostra versione. Da qualche parte perso nei miei appunti per "Jimmy's End" ci sono siti per il social network, giochi per computer, modelli d'auto, bevande energetiche, margarine a basso tenore di grassi, una vasta gamma di bevande alcoliche... -

- Ho visto una bottiglia di Tunguska, in "Act of Faith".

- Abbiamo una gamma di sigarette chiamata "Social Leeper" (Leeper: strano, maniaco). Abbiamo praticamente tentato di replicare l'intera cultura necessaria alle esigenze della nostra storia. E' forse psico-geografia, ma con enfasi maggiore sulla psiche, che sulla geografia.

- Hai ugualmente già sceneggiato tutto lo Show, allo stesso modo?

- Meglio di questo, abbiamo svolto un trattamento completo. Sappiamo cos'avverrà di scena in scena nello "Show"- e nella sua serie televisiva, se c'è ne sarà una. In effetti sto esternando il mio disprezzo per serie televisive di lunga durata, che non sono scritte o pensate sulla base di un episodio dopo l'altro. Per me, non esiste al mondo cosa più importante della narrativa (Concordo in pieno ndT). Deploro come stiano lentamente scomparendo i valori della narrativa in molta della cultura contemporanea, dove non sembra importare che la trama abbia un senso, o che si risolva in se stessa, o che tutti gli elementi introdotti abbiano un loro scopo e termine. In alcune delle serie televisive mostrate oggigiorno, è ovvio che gli sceneggiatori non si preoccupano di tener conto di tutti quei selvaggi colpi di scena per tenere alta l'interesse dell'audience. Sono non-storie. -

---------
L'intervista tocca diversi punti d'interesse, oscillando da banalità a riflessioni piuttosto pungenti.
Tre punti sparsi:
- Nell'esaminare la questione dell'Nsa Moore coglie dannatamente bene la duplicità del sistema di sorveglianza, spia e spiato al contempo. L'atteggiamento non è quello vecchio, semplicista di Orwell, quanto piuttosto la patologia del voyeur, di chi gode nell'osservare di nascosto, nell'accumulo d'informazioni segrete, di spiare per il solo gusto di spiare.
Occorre liberarsi, scrollarsi di dosso questa idea che il sistema di sorveglianza sia solamente una telecamera che nascosta ti osserva, ti spia, ti fa proprio. Magari fosse così semplice, l'indagine. Il sistema è più sottile, è per così dire interno, metafisico. Non è la semplice macchina, ma l'idea dietro la macchina. Spiare è ingrediente fondamentale non solo di polizia e agenzie segrete, è connaturato direttamente a economia e società. Molti descrivono Facebook come un abominio, un brutto colpo alla privacy. Ma io dico: è solo naturale evoluzione. Il Panopticon, l'idea di un controllo totale e assoluto nasce già verso fine Settecento, nella teorizzazione di Betham. L'epidemica diffusione delle carceri che caratterizza il primo ottocento è una diretta conseguenza di questo processo, di un'autorità che passa dalla repressione casuale di condanne ed esecuzioni, a un sistema più inquisitivo, sottile, dove non ci sono spazi bianchi, margini nell'esercizio dello Stato.
In "Sorvegliare e punire" attraverso estenuanti, ripetitive, ossessive citazioni, testa pelata Foucault colpisce a fondo quest'idea, che controllare e spiare non siano altro che la base del tessuto sociale che nasce dall'industrializzazione, telaio fondamentale della famiglia borghese. 
Il carcere non è un mondo a   E' il mondo ideale. E' l'utopia statale fatta carne e catene, il mostro che ti mostra l'artiglio dietro la maschera della Sicurezza. Famiglia  Scuola, Ospedale, Carcere. Identica struttura, identico ossessivo bisogno di controllo. In un contesto del genere, Facebook è solo l'ultimo prodotto, per così dire la "ludicizzazione", la presa in giro di una ragnatela già bella forte. 

Lui ti guarda!
" La prigione: una caserma un po' stretta, una scuola senza indulgenza, una fabbrica buia, ma al limite, niente di qualitativamente differente. "







- Non mi ha particolarmente sorpreso la (mezza) condanna dei videogiochi, specie considerando il background hyppie pacifista dell'Alan Moore più giovane. Ci dev'essere qualcosa nel mezzo videoludico, che ripugna la casta degli scrittori: Sapkowski ha certo ricevuto più vendite dal videogioco che dalle (brutte) serie Tv ispirate alla sua produzione fantasy, ma nonostante ciò mantiene un altezzoso disprezzo. Fortunatamente, esistono eccezioni: per restare in suolo italico, Valerio Evangelisti dichiarava più d'una volta il suo amore per le avventure grafiche, spingendosi a scrivere una suggestiva introduzione al manuale di gioco di ruolo a lui ispirato, "Eymerich". 



- La cultura pop zombieficata, che si nutre delle sue stesse interiora. 
Molti esultano, alla prospettiva della caterva di sequel e controsequel che investirà Hollywood nel 2015. Ma io rabbrividisco: il numero di sequel e controsequel ha raggiunto il suo apice, e come ogni bravo zombie il consumatore ha imparato bene a preferire la telenovela all'originalità, la vecchia serie ai (pochi) tentativi d'innovazione. 
Basti guardare la fissazione per gli anni Ottanta, che a occhio disincantato celano più trash che capolavori. O la mania del retrogaming, palla al piede dell'industria videoludica. O ancora, i fautori del fantasy, che perseguono maniacali lo stesso, identico fantasy medievale in ogni romanzo, ogni serie, ogni film. 
Virus che prolificano, divorano. 
Speriamo che davvero l'apocalisse masochista del 2015 fallisca, bonificando almeno per un po' il cinema dalla perfezione mediocre, dalla correttezza umoristica di questa marea di film Disney oriented.

Nessun commento: