mercoledì 4 marzo 2020

"Queho", l'uomo nero dell'Ovest. Christian Sartirana svela l'orrido volto del West


La pulp(osa) cover
I primi anni del Novecento segnano la fine dell'eterna frontiera del West, di quel mondo popolato di cowboy e ranch, sceriffi e saloon, pellerossa e giubbe blu. Quello spazio un tempo così gigantesco rimpicciolisce nei recinti di filo spinato dei mandriani, viene divorato dalle traversine dei treni, di un progresso urbano e tecnologico che non conosce sosta.
Il sogno allora imputridisce, svela un orrido volto nascosto di violenze e massacri, truffe e sfruttamento. In questo mondo al calare della notte si svolge il romanzo breve di “Queho”, autoprodotto dallo scrittore Christian Sartirana, già recensito per quel gioiello horror di “Ipnagogica”.

La piccola cittadina di White Crow, sulle sponde del Colorado, è solo in apparenza tranquilla.
In realtà, al di sotto di una patina di normalità, si agitano diverse minacce.
Un gigante indiano - “Queho” - terrorizza i vicini paesi con uccisioni e violenze; secondo i racconti, è un gigante di due metri con una doppia fila di denti e una pellaccia inghiotti-piombo.
Ma queste storie, raccontate dalla prosperosa proprietaria del saloon, Janet Purcell, interessano poco all'allevatore Leonard Cunningham. L'uomo infatti da tempo vede i propri amati cavalli morire uno dietro l'altro per una misteriosa pestilenza: una muffa verdastra che li corrode fino a lasciarne un cadavere putrescente. Una malattia che reputa inquietante, ma della quale non immagina le (fantascientifiche) conseguenze...