giovedì 30 aprile 2015

Annientamento, di Jeff VanderMeer


Non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere.
Capita pertanto spesso che i siti di fantasy, horror&scifi lamentino (giustamente) l'assenza di traduzioni, iniziative editoriali, pubblicazioni coraggiose sul mercato italiano. Tutto vero, tutto sacrosanto. È un mercato disperatamente sonnacchioso. D'altro canto, però, quando le pubblicazioni richieste arrivano sugli scaffali e quando lo sforzo viene premiato... ecco che con spinta masochista, gli stessi siti che piangevano sulla situazione italiana ignorano le nuove uscite, o addirittura le insultano. Ancillary Justice non va comprato “perché sicuramente la traduzione sarà scadente”, Sapkowski è solo “un mediocre scribacchino pulp”, e così via...
Non sono certo un'eccezione di questo circolo vizioso. Quand'ero infatti in libreria cercando Annientamento di Jeff VanderMeer, il mio primo impulso è stato di scartabellare nella sezione fantasy e in seguito nei più polverosi meandri della libreria. Ero fermamente convinto che la pubblicazione avrebbe seguito le solite modalità: una, due copie incuneate tra cloni tolkeniani e vampiri d'accatto. Un'edizione di nicchia. Gentilmente, il commesso mi ha invece additato il settore delle novità, e lì in grandiose pile in bella vista c'era il libro che cercavo.
E' dopotutto un bel segno, che ci spinge a un cauto ottimismo: cinque anni fa nell'identica posizione di VanderMeer avevamo quell'orrore delle Cronache del Mondo Emerso!

martedì 28 aprile 2015

The Great Zoo of China, di Matthew Reilly


Mi mancava, Matthew Reilly
Tre, quattro anni fa lessi praticamente tutto quello che trovavo su di lui: romanzi, novelle, racconti. Divoravo ogni sua opera tradotta in italiano.
Scrittore australiano, nerd ma con classe, Reilly divenne famoso agli inizi del duemila per romanzi dalle scene d'azione indiavolate, dove i protagonisti lottano e combattono dentro trame al cardiopalmo. Da molti paragonato ai vecchi pulp – paragone più che azzeccato – Reilly è il cantastorie popolare dei tempi moderni: ogni sua storia prevede un eroe senza macchia e senza paura che pistolone alla mano combatte i nemici della sua nazione, dentro esotici scenari che spaziano dalle stazioni orbitali, alla giungla sudamericana, a Istanbul, a Parigi, all'Antartide... Le nemesi degli eroi “reillyiani” sono biechi nemici dei buoni angloamericani: francesi sadici, tedeschi neo nazi, russi alcolizzati e nel caso di China Zoo crudeli musi gialli anti-americani.
Sono stereotipi su gambe, calati dentro storie ricche di cliché. Eppure funzionano benissimo: sicuramente parte del merito è nell'utilizzo dei moduli classici dell'avventura. I romanzi di Reilly non sono come il mondo E', sono come il mondo Dovrebbe Essere. Pertanto gli eroi non perdono mai contro il cattivo, e nell'ultimo secondo disponibile dell'ultimo capitolo della storia l'esplosivo verrà sempre disinnescato, la bella nelle braccia del protagonista e la nazione salva. Per questo motivo Reilly riscuote tanto successo in Australia: perchè i lettori occasionali accolgono volentieri una storia dove ogni elemento è al suo posto, dove l'eroe si comporta come dovrebbe comportarsi un eroe ricevendo le ricompense che gli spettano. Chi legge poco o nulla difficilmente riesce a seguire un romanzo “moderno”, dove il lagrimevole scrittore cerca di mostrargli quanto è vuota e caotica l'esistenza dell'uomo. Reilly, contrariamente, vuole intrattenerlo con la massima semplicità: e come dargli biasimo se i lettori preferiscono un buon thriller all'esistenzialismo erudito? 
Una chiara soluzione sarebbe scegliere una via di mezzo tra le due: intrattenere, ma con intelligenza.
Per altro senza negare i difetti di Reilly, l'odio che puntualmente segue all'uscita di ogni suo romanzo è impressionante: sembra davvero che la critica statunitense adori distruggerlo pezzo per pezzo. Non va dimenticato che il suo primo libro lo autopubblicò cartaceo a sue spese, prima di disseminarlo su ogni scaffale di ogni libreria che trovava a Sidney. Fino a quando un editore popolare lo notò, scegliendo di pubblicarlo. Un percorso duro fin dall'inizio, dove Reilly ammette senza problemi d'aver vissuto sulla soglia della povertà. D'altronde la nomina ai Nebula e agli Hugo lo scorso anno del Trono della Luna Crescente fu l'unica cosa che salvò Saladin Ahmed dal morire (letteralmente) di fame. Lo scrittore aveva persino dovuto fare un appello ai suoi lettori, perché non aveva soldi a sufficienza per comprarsi un nuovo paio d'occhiali (!). Prima di far successo, anche Reilly passò periodi difficili. 
Draghi! ^___^
Cassandra Jane “CJ” Cameron è un'esperta di coccodrilli, con un dottorato alle spalle, una lunga esperienza lavorativa e metà faccia deturpata da un incontro ravvicinato con le fauci di uno di questi mostracci verdi. “CJ” assieme a diversi giornalisti di prestigiose riviste americane viene lautamente pagata dal governo cinese per vedere e verificare un parco di divertimenti, nello specifico uno zoo finora tenuto in gran segreto: The Great Zoo of China.
L'ascesa economica cinese maschera a stento la mancanza d'idee: per assurgere a leader mondiali, il partito ha compreso la necessità di fare quanto Hollywood ha fatto al resto del mondo, proporre ovvero idee, film e merchandising che catturino la mente della gente. 
Disneyland, l'arma segreta nella guerra culturale degli Stati Uniti. 
The Great Zoo of China, l'arma segreta nella guerra culturale della Cina.
All'arrivo, CJ scopre una verità stupefacente: grazie alla genetica, a incroci coi coccodrilli e a una scoperta fortunata, i cinesi allevano draghi. Non sputano fuoco, ma sono i draghi della tradizione. Rettili giganti, intelligenti, capaci di comunicare e volare per brevi tratti. Sarebbero l'attrazione perfetta per un parco a tema, ma si sa, gli animali più sono intelligenti, più sono pericolosi...


lunedì 27 aprile 2015

Irradiazioni. Diario 1941-45, di Ernst Junger


Mi viene da pensare che spesso il giudizio che ci affrettiamo a dare sui siti e sui social sia viziato senza speranza dal contesto e dall'ambiente in cui viviamo.
E' chiaro che un conto è leggere un libro sul bus verso lavoro, un altro è gustarlo nella comodità della propria poltrona, un altro leggerlo accoccolato sotto le lenzuola in attesa di morfeo, un altro ancora leggerlo per lavoro allo scopo di dedurne punti di forza e difetti...

Non ho dubbi che sul libro di oggi, questo “Irradiazioni. Diario 1941 – 45”, il peso del luogo e delle circostanze abbia influenzato a fondo il giudizio finale. Nella (unica) versione cartacea, sono oltre seicentotrenta pagine di diario scritte negli anni più sanguinosi di un secolo già eccezionalmente sanguinoso, intervallate d'aforismi, riflessioni erudite, filosofismi molto lontani dal nostro pensiero.
E' una lettura insomma difficile, molto difficile: adatta a una lettura “lenta”, che soppesi parola per parola, disposta a concedere a uno Junger ormai adulto e pienamente filosofo qualche “libertà” in termini di quanto consideriamo dati&verità assodate.
Non posso non osservare che se non fossi andato a Praga e se non ci fossi andato in pullman, non sarei mai riuscito a leggere questo “Irradiazioni”. Mai più a casa o in bus sarei riuscito a digerire un diario così ricco, l'occhio come una mina vagante verso altre forme di distrazione.
Il pullman invece si è rivelato una perfetta alcova per la lettura del diario: tante ore di viaggio, l'unica compagnia del lettore ebook, il cullare del motore a scoppio all'assalto della strada. Senza voler offendere chi soffre di mal d'auto, leggere in pullman offre un ottimo allenamento visivo; dopo infatti aver letto per mezz'ora, un'ora, basta levare lo sguardo verso il finestrino per distendere gli occhi verso paesaggi lontani. In biblioteca l'unica distensione sarebbe quella di un muro crepato, o dell'ennesima tuta da ginnastica dell'ennesima studentessa col naso giù a studiare. Al contrario, per tutto il viaggio di ritorno, dove divorai oltre trecento pagine del diario, potevo riflettere su quanto appena letto guardando il paesaggio austriaco: paesini ordinati, trenini e montagne, boschi e cime innevate. E' un po' naif sottolinearlo, ma la differenza si sente, eccome!

Nelle tempeste d'acciaio era uno splendido spaccato della prima guerra mondiale, scritta da un giovane il cui culo fortuna l'aveva portato a prendere la Pour le Mérite, al termine d'un percorso degno di un eroe dell'antichità classica.
Irradiazioni, al contrario, ribalta totalmente il diario della prima guerra: Junger ormai ha quarant'anni, è sposato, ha figli nell'esercito. Ha terminato da nemmeno un anno il romanzo Sulle scogliere di marmo, che circola negli ambienti dell'esercito: per quanto lo permetta un partito nazista sempre più burocratico e insofferente del “vecchio” eroe di guerra, Junger è uno scrittore con il suo pubblico, con i suoi lettori. Il valore nelle precedenti battaglie assieme al fascino contorto di Hitler per Le tempeste d'acciaio salveranno Junger dalle grinfie dai cani rabbiosi delle SS e della Gestapo. In cambio, il suo atteggiamento ambivalente verso il nazismo gli causerà problemi col governo alleato. Sorvolerò sul perchè Junger non abbia tradito il regime nel 1945, quando l'esito del conflitto era ormai chiaro. Il problema non m'interessa. La fedeltà – fedeltà a denti stretti, fedeltà indifferente – è un concetto che non entra nel cervello italiano, talmente abituato a saltare sul carro del vincitore da considerare scemo o fanatico chi preferisce mantenere l'obbedienza che deve in quanto membro dell'esercito. “Fare i furbi” è un modo di dire italiano, intraducibile nella lingua (ma anche nell'etica...) tedesca. Per Junger, specie nel biennio 1944-45, continuare a vestire l'uniforme di ufficiale è una scelta di puro pragmatismo. Col potere che gliene deriva potrà se non altro attenuare le durezze dei soldati al suo comando, limitare gli abusi di una polizia ormai fuori controllo e salvare quel poco che si può salvare. Scelta discutibile, come molte altre del libro: ma più che comprensibile, venendo da un uomo che perde in questo quinquennio sia il padre che il figlio, ammazzato in Italia.


lunedì 20 aprile 2015

Hugo del 2015 e fantascienza militare: Big Boys Don't Cry, di Tom Kratman


Sono rimasto sgradevolmente sorpreso che nella blogosfera italiana nessuno si sia occupato a fondo dell'ultima polemica in terra d'America sugli Hugos.
Probabilmente mi sono perso articoli importanti da siti che non seguo, ma ho l'impressione che al di fuori di un articolo “forte” pubblicato da Fantascienza.com e un altro da Players, nessuno abbia trattato a fondo l'argomento. Non si può negare che sia un argomento complesso, con più opinioni da menti illustri come John Scalzi e George rr Martin; e tuttavia un dibattito italico sarebbe risultato interessante.
Il problema in pillole per chi se lo sia perso: gli Hugo, premio di fantascienza popolare attivo dal 1953, quest'anno sono stati vigliaccamente sabotati da due gruppi di fantascienza destrorsa americana, i Sad Puppies e i Rabid Puppies. Entrambi i movimenti rivendicano maggior spazio alle opere di fantascienza a loro giudizio lette “dal popolo” contro quelle che ritengono premiazioni “viziate” da un eccessivo favoritismo verso minoranze e radical-chic. In altre parole, Larry Correia tra i portavoce dei Sad Puppies ritiene che nell'ultimo decennio il politically correct abbia sabotato il giudizio degli Hugos, che sono andati a solo beneficio dei “favoriti” del momento, senza considerare il reale valore dell'opera.
I Rabid Puppies invece, il cui leader Vox Dei (!) è finlandese, contestano gli Hugos con maggiore violenza, esprimendo le uguali proteste di Correia, ma corredandole con diverse accuse, tutte più o meno retard, dalla misoginia internettiana di reminiscenze del Gamergate ai solit rant complottisti.
Si può riconoscere la validità di alcune proteste di Correia e dei Sad Puppies, ma in ambedue i casi alla base c'è quel cultural marxism, che ipotizza un improbabile complotto di sinistra a danni del bistrattato “uomo bianco medio”. 
I Sad Puppies non sembrano accorgersi che da quando gli Hugos vennero introdotti nel 1953, sono stati premiati autori di ogni estrazione politica senza reali preferenze. Al di fuori della decisione sgradevole di rovinare la fantascienza con esplicite posizioni politiche, i Sad Puppies peccano d'ignoranza storica, lodando autori come Heinlein che dopo aver scritto fantascienza militare come Starship Troopers, iniziava quel romanzo hippie che è Straniero in terra straniera.


Convinti dunque che gli Hugos fossero irrimediabilmente corrotti dall'interno, i Sad Puppies hanno compilato una lista di opere – all'insaputa degli autori dei suddetti romanzi, s'intende – e hanno deciso che li avrebbero promossi con ogni mezzo possibile. Fin qua, tutto regolare: si vuole promuovere fantascienza che si ritiene di qualità, tramite un'organizzazione di appassionati. Più che giusto. Tuttavia, per votare le opere che si desiderano, occorre comprare una quota d'iscrizione di 40 dollari. La quota include le opere vincitrici e la possibilità di accedere al voto. E' una scelta ragionata per scremare i vecchi appassionati dai lettori occasionali cui piace premere a ripetizione sui bottoni delle liste. La cattiveria dei Sad Puppies è stata acquistare più biglietti possibili per accaparrarsi quanti più voti disponibili. E' una mossa sleale, ai limiti della legalità. Affonda nell'idea di una leva di massa generale, dove si vuole sommergere il nemico con il proprio numero. Non c'è alcun tentativo di argomentazione, o di giustificazione: sono le stesse tecniche di spam e harrassing tipiche del Gamergate. Quanti, di questi lettori “comprati” dai Sad Puppies, hanno letto effettivamente le opere in gara? Quanti sono effettivamente appassionati di fantascienza, come il vecchio zoccolo duro che vota ogni anno? Credo pochi, se non nessuno.
Larry Correia, in uno scambio telematico con George rr Martin, è un buon rappresentante della categoria dei Sad Puppies. Mescola rivendicazioni prive di fondamento a inesistenti discriminazioni. Afferma di esser stato maltrattato agli Hugos solo perché mormone e libertario, ma risulta incapace di citare situazioni dove effettivamente questo fantomatico bullismo si sia verificato. Molto pacatamente, Martin gli fa notare che neppure lui fu trattato bene agli Hugos negli anni 70' e che nessuna delle circostanze che cita sono straordinarie. Sfugge a Correia la semplice idea che, se non ha raggiunto i premi che voleva, è solo perché non scrive ancora sufficientemente bene. D'altronde, Grimnoir Chronicles, nonostante sia un buon romanzo (ehi, lo consigliava Giobblin!) mostra una caratterizzazione psicologica e una cura nella ricostruzione storica del tutto assente
Ma eh, no! Se Correia e altri valenti autori non sono stati premiati, la colpa è sicuramente di malvagie femministe-ebree-socialiste... >__< 

L'atteggiamento generale in Italia sembra quella del boicottaggio: gli Hugo – almeno nelle categorie della narrativa breve – sono stati sabotati, dunque non li pubblicheremo, né daremo loro visibilità. Non sono molto d'accordo. In primo luogo, i Sad Puppies hanno sempre piagnucolato d'esser vittima di un sistematico boicottaggio che proibiva loro alcun premio. Di conseguenza semplicemente allinearsi ai loro pregiudizi boicottandoli a loro volta non mi sembra una mossa geniale, quanto piuttosto una conferma ai loro rant complottisti. Ugualmente, la proposta di votare NO AWARD in ogni categoria come protesta verso il sabotaggio rischia di eliminare quelle opere in gara “fuori” dalle liste dei Sad Puppies, che a fatica erano riuscite a qualificarsi.
Pertanto, la scelta migliore per quanto mi riguarda è leggere senza pregiudizi ogni opera premiata, cercando di estrapolare quanto c'è di valido senza boicottare indiscriminatamente tutto. In questo modo, si potrà premiare quanto c'è di buono nell'establishment, dimostrando ai Sad Puppies che sì, possono venire premiate opere di ogni estrazione a patto che siano ben scritte.
E' con questa disposizione di spirito, che ho letto Big Boys Don't Cry.

In un lontano e oscuro futuro (cit.) la guerra è affare di pertinenza di giganteschi carri corazzati. Questi monumentali tank, della grandezza di interi edifici, comprendono un vasto arsenale di cannoni, lanciarazzi, armi a energia e decine di torrette. Sono un esercito in una sola macchina, un mostruoso conglomerato di forza bruta inviata per sedare ribellioni e conquistare pianeti. 
Mentre la fanteria umana e i droni d'appoggio vivono nel ventre della macchina e svolgono funzioni di supporto, il tank è comandato da una sofisticata intelligenza artificiale, capace di compiere decisioni autonome e coordinare con perfetta precisione le diverse torrette. A tutti gli effetti, questi carri armati sono esseri pensanti, dotati di un loro carattere e umore.
Seguiamo perciò le avventure di Maggie, un'intelligenza artificiale femminile che ha vissuto centinaia di conflitti e la cui unica debolezza è un amore per i fiori nel database delle informazioni sulla Terra...

Il romanzo breve parte con un'imboscata di una razza aliena, gli Slugs. Questi molluschi antropomorfi combattono una guerra di schermaglie e agguati. Maggie, colta in un'imboscata, sceglie di sacrificarsi fino all'ultimo bullone per permettere la ritirata al grosso delle truppe: il primo quarto del romanzo è infatti la descrizione di una battaglia campale disperata, dove gli Slugs/persiani muoiono a migliaia contro Maggie/Sparta. Il carro sopravvive, ma è talmente malmesso che viene recuperato da una squadra di manutenzione umana per venire dismesso... e demolito.
Da lì in poi, Maggie rivive le sue memorie di guerra nella galassia, mentre gli operai le staccano gli occhi/visori, i polmoni/tubi d'energia e lentamente la spengono.


venerdì 17 aprile 2015

Di ritorno da Praga


Scusate se negli ultimi giorni sono stato piuttosto assente sul fronte internettiano, ma ho avuto l'opportunità più unica che rara di lavorare a Praga per cinque giorni. Ero parte di un gruppo di scambio culturale Trieste-Praga, imperniato sul mio precedente volontariato alla Centrale Idrodinamica e a diversi concerti di musica classica tra il conservatorio triestino e la scena musicale praghese. Nella pratica, il sottoscritto era tra gli aiutanti/facchini/cammelli porta-roba (cit. Domani) incaricati di spostare pannelli, allestire la mostra e dare una mano quando serviva.
Com'è andata? Piuttosto bene, tutto sommato. 
Non ero mai andato fuori dall'Italia (1) dal viaggetto a Londra post-maturità e visitare luoghi nuovi rappresenta sempre una boccata d'aria per cervelli pantofolai come il mio. Ovviamente nei preparativi dei giorni prima avevo immediatamente preventivato una lunga lista di disastri, dal pullman dirottato, alla mafia russa, a truffe e agguati di ogni genere. E' lo svantaggio di avere un cervello fantasioso: l'immaginazione si fonde con l'ansia della partenza, generando improbabili scenari di distruzione.
Mi scuso qui se non ho risposto a eventuali email/messaggi e se ho messo i commenti in moderazione; ma non potendo accedere a reti internet al di là della cortina di ferro non avrei avuto modo di controllare i commenti, e l'ultima cosa che volevo ritrovare al ritorno era una lunga discussione incontrollata. Solo il povero Madeddu è finito in moderazione, quindi non devo aver fatto troppi danni! ;-) Adesso potete di nuovo commentare come vi pare, non che solitamente vi affolliate per farlo...

by Matty17art, Deviant Art
Un paio di annotazioni su Praga e sul viaggio di lavoro: mi perdonerete se vi suoneranno banali, ma viaggio poco, specie fuori dall'Italia.
  • La campagna austriaca ricorda quella inglese: nei primi dieci minuti la trovi ordinata e “carina”, dopo mezz'ora “troppo” ordinata, dopo quattro ore inizi a implorare di vedere un graffito, un mucchio di letame, il rottame di un'auto... Qualunque cosa, purché infranga quello specchio di perfezione tedesca. Il passaggio dall'Austria alla Repubblica Ceca è infatti dapprima tattile: senti sotto i tuoi piedi le ruote del pullman sussultare sotto un asfalto malmesso e pieno di buche. Seguono villaggi abitati da greggi di pecore e casette raccogliticce, mentre lo sguardo inorridisce sull'invasione di pubblicità capitaliste ai bordi delle strade.
  • Sembra “far fine” sottolineare quanto sia brutta l'architettura sovietica. Va di moda in particolare prendersela con i casermoni operai ai margini delle città, giganteschi parallelepipedi con finestre piccole e strette. E, per carità, tutto vero: il marchio distintivo degli edifici popolari è sempre stata la bruttezza funzionale. Perdi più nel servizio di un vecchio National Geographic dell'85' questi appartamenti sono neri di carbone, risultando se possibile ancor più opprimenti. Quindi, nessuna nostalgia. Tuttavia, dobbiamo notare che identici edifici costellano la periferia parigina, come i quartieri operai inglesi e irlandesi o le aree di boom “urbano” del giappone degli anni sessanta. Sono, in altre parole, abbondantemente presenti nei quartieri in espansione industriale, e non sono certo prerogativa dell'ex blocco sovietico.
  • L'alloggio era una divertente via di mezzo tra un ospedale psichiatrico e un albergo degli anni sessanta. Pareti gialle attorniavano un materasso più rigido di una lastra di legno, col solo accompagnamento di una coperta dallo spessore del piombo isolante. Tubature scorticate dalla ruggine seguivano a una sgangherata maniglia pronta a cadere solo a guardarla. Io ho apprezzato cotanto realismo socialista, la mia schiena un po' meno... In cambio la colazione era eccellente.
  • Per gli addicted alle miniature, Praga offre qualche chance. Nel viale di S. Venceslao, sotto l'insegna “Rococo” troverete una galleria nello stile art nouveau, con un negozietto di giochi da tavolo. I prezzi sono convertiti dalla sterlina prima all'euro e infine alla corona ceca. Pertanto non farete grandi affari, ma il personale è molto gentile. Vi trovate anche un paio di giochi usciti via kickstarter negli ultimi due anni, in particolare sotto la supervisione del colosso Cool Mini or Not. Un'estenuante ricerca nei quartieri a sud del National Museum, tra le viuzze dei quartieri popolari dovrebbe farvi scoprire un club/ negozio di wargaming interessante. Lo trovate in via Moravska, vicino a una scuola media. Purtroppo era chiuso, e sono rimasto agonizzate a fissare le miniature in vetrina. C'era accanto alla “solita” Games Workshop, le miniature del gioco steampunk Dystopian Wars. Con una considerevole dose di culo abilità, sono anche inciampato nel negozio di modellismo statico/da collezione Pecka-Modelar. Lo trovate nella via laterale Karoliny Svetle 3 del centro storico. Il negoziante se la cava coll'inglese, ma le scale sono quelle dei collezionisti, 1/35 e 1/72. Si risparmiano dai venti ai trenta euro, rispetto all'acquisto in terra italica.
  • Spiace dirlo, ma di rado ho incontrato compagni di viaggio più snob, arroganti e insensibili degli studenti del Conservatorio. Posso comprendere che in effetti per dei diplomati che suonano, l'idea di dover viaggiare assieme a feccia come il sottoscritto, che è lì per svolgere un'attività manuale, debba disgustare. Tuttavia fare un segno con la mano, salutare o intrattenere semplicemente una conversazione di cortesia non costano nulla. E' triste dover constatare nel ventunesimo secolo, tra “giovani” fratture di classe così profonde.
  • Il sacrificio di Jan Palach contro il regime comunista fu un gesto ammirevole e coraggioso. Tuttavia sarebbe stato altrettanto ammirevole lasciare almeno quella parte della piazza che circonda il suo rogo immune dalle pubblicità e dalle multinazionali che affollano il viale.
  • A proposito delle multinazionali, è desolante osservare come intere porzioni della città siano virtualmente indistinguibili dalle città americane, o europee. L'architettura viene coperta dai cartelloni pubblicitari, il germe di Starbucks, MacDonald e delle solite marche cancella un'identità altrimenti forte. Persino la folla parla più in inglese che ceco. Si avverte chiaramente che l'anima locale viene “biancheggiata”, svuotata di significato.
  • Il museo Nazionale della Tecnica di Praga è una fermata obbligatoria per qualunque steampunk che sia tale. La ricchissima esposizione comprende all'ultimo piano un'esposizione di motocicli e velocipedi che comprendono alcuni prototipi alquanto bizzarri. Le rassegne di motociclette dai primi modelli di fine ottocento agli ultimi degli anni cinquanta possono anche interessare, ma vera gemma del museo sono le due bellissime locomotive del 1850. Ho preso un po' di appunti tecnici, osservando inoltre come la tecnologia ottocentesca sia molto più grande, chiassosa e ingombrante di come venga raffigurata negli attuali romanzi steampunk. E' un dato che occorre tener presente. La miniaturizzazione della tecnologia è un fenomeno recentissimo, che dobbiamo stare attenti a non trasporre troppo nella fantascienza ottocentesca.
  • Sempre nel museo della Tecnica è possibile ammirare la Mercedes in cui il gerarca nazista Heydrich venne assassinato nel 1941, grazie a due paracadutisti cechi addestrati a spese dell'Inghilterra. E' un bestione di metallo verniciato di nero, che dopo l'attentato venne ricostruito coi vetri antiproiettile. Guardandola dal vivo, si comprende subito perché sorgano tante leggende metropolitane sulle macchine “assassine” o demoniache, sull'esempio della novella Imperial, di Alessandro Girola.
  • E per concludere, ho scoperto che nella piazza di Mala Strana v'era nell'ottocento un monumento dedicato al conte Josef Radetzky, il generale (di nazionalità ceca!) passato alla storia per aver inflitto le due batoste di Custoza e Novara, cui deriva la ben nota Marcia.
    Davanti alla statua, sorgeva nella belle epoque il magnifico Radetzky Cafè.
    Ma erano tempi più civili: ora c'è solo uno Starbucks e con questo ho detto tutto.   
(1) Coll'eccezione della Slovenia, ovviamente... 

martedì 7 aprile 2015

Boomstick Award 2015!



Le cerimonie di premiazioni tra blogger mi sono sempre sembrate qualcosa d'esotico, un po' come guardare due tribù indigene che si scambiano doni. Probabilmente perché non sono mai stato premiato guardavo questo genere di cose con cauto scetticismo.
Nulla di male nel farsi regali, dopotutto l'economia del dono è una bella cosa, propria in effetti di quel genere di tribù polinesiane per cui gli antropologi vanno matti...


E' quindi con grande sorpresa che ringrazio Marco Grande Arbitro del blog GiocoMagazzino! La Lega del Ludo e Hendioke del blog Hendioke's Lair- In the deep of the dragon per avermi entrambi attribuito il premio “Boomstick Award” in origine inventato dal luciferino Germano Hell Greco del blog Book and Negative
Marco non è una presenza nuova sul blog, lo vedete spesso comparire nei commenti, mentre Hendioke è un fedele twitteriano di cui ho sempre apprezzato la verve nei commenti dei “grandi blog”. Le motivazioni sono:
Zeno Saracino (Cronache Bizantine), perché parla di tutto e lo fa sempre con l’immutata capacità di andare a fondo, con determinazione, precisione ed estro, che si tratti di un libro, un documentario o la colazione. Inoltre scrive bei racconti brevi. (Hendioke)

4) Cronache Bizantine: Coscienza è un blogger che ci piace tanto. Abbiamo molti punti in comune, ci piace il suo occhio critico nel trattare gli argomenti. Il blog parla di libri, fantasy, steampunk e anche di mondo ludico. Meritato al 100%! (Marco) 

Aggiornamento 10/04/2015, da Il Pozzo e lo Straniero.
(3) Coscienza di Cronache Bizantine, perché rilegge Conan per chi non l’ha letto e per mille altri motivi (basta leggere le sue recensioni). (Stabile) 
Vi riporto come previsto dal regolamento il perché del mitico premio, estrapolando dalle faq:

- Cos’è il Boomstick?
È il bastone di tuono di Ash ne L’Armata delle Tenebre. Una doppietta Remington, canne d’acciaio blu cobalto, grilletto sensibilissimo. Magazzini S-Mart, i migliori d’America.
- Perché un Boomstick?
Perché il blog è il nostro Bastone di Tuono!
- Come si assegna il Boomstick?
Niente di più facile: dal momento che in giro è un florilegio di premi zuccherosi per finti buoni (o buonisti) & diplomatici, il Boomstick Award viene assegnato non per meriti, ma per pretesti.
O scuse, se preferite. Nessuna ipocrisia, dunque.
E ricordate, il Boomstick non ha alcun valore, eccetto quello che voi attribuite a esso.

E le rigidissime regole...

Per conferirlo, è assolutamente necessario seguire queste semplici e inviolabili regole:
1 – i premiati sono 7. Non uno di più, non uno di meno. Non sono previste menzioni d’onore.
2 – i post con cui viene presentato il premio non devono contenere giustificazioni di sorta da parte del premiante riservate agli esclusi a mo’ di consolazione.
3 – i premi vanno motivati. Non occorre una tesi di laurea. È sufficiente addurre un pretesto.
4 – è vietato riscrivere le regole. Dovete limitarvi a copiarle, così come io le ho concepite.

Dopo averci pensato un po' ho deciso di escludere per forza di cose sia i blog più famosi, sia i blog di chi l'ha già ricevuto il Boomstick Award, sia i blog che per forza di schieramenti opposti o appartenendo a diverse tribù ignorerebbero la premiazione.
C'ho anche un po' pensato di premiare qualche pagina facebook, come “Non si sevizia un cinefilo”, che in qualità di contenuti non ha nulla d'invidiare a molti blog. E si potrebbe fare un identico discorso per certe fanzine, o per molti siti “fissi”... L'attuale dispersione degli articoli tra siti “autoriali”, blog, tweet e note su Facebook ha reso molto più semplice seguire la singola persona tramite un account social, piuttosto che mettersi a cercare uno a uno gli articoli che scrive sui diversi siti. Viviamo in una fase di Internet – anzi pardon! Google, Internet è morto da un pezzo – dove si segue più la persona che il suo sito, e dove pertanto non c'è più un unico “blog contenitore” dove puoi trovare tutte le ultime novità. Io ad esempio seguo su Facebook Cara Ellison, che è una brava scrittrice di articoli videoludici: tuttavia tra Rock Paper Shotgun, Polygon, note sui social&affini seguirla senza un aggregatore sarebbe impossibile.
Scrive tanto, tantissimo. Ma non sul suo blog. Non unicamente, almeno.

Ad ogni modo, vi sento brontolare! Avanti con le prevedibili premiazioni...

1 - Il Grande Avvilente, di Alessandro Forlani. (Pagina Facebook
Seguo la scrittura di Forlani dai tempi di Forum Gw Tilea, quando quel forum era ancora un luogo vagamente civile. Il Grande Avvilente è una miniera di racconti, work in progress e disegni da far contento il Bosh che è in noi. Dopo un po' che lo leggerete, il vostro vocabolario personale s'allargherà di almeno una cinquantina di nuovi e meravigliosamente desueti vocaboli...

2 - La spelonca del libro, di Paolo Nardi (Account Twitter
L'affollato e invero disordinato blog di Paolo Nardi è un unico, gigantesco archivio di saggi tolkeniani, dalle mappe, alle analisi junghiane, alle ultime novità negli studi saggistici su Tolkien.
Gli devo quantomeno una pinta al Puledro Impennato per avermi fatto scoprire perle quali Santi Pagani nella Terra di Mezzo. Ultimamente ha iniziato la lettura del polacco Sapkowski, presenza di casa dalle nostre parti...

3 - La tana dello sciamano, di Matteo Poropat 
Non un blog, ma IL blog per gli appassionati di librogames. Leggevo la Tana da quand'era (un paio d'anni fa?) impostata con tante immagini e brevi articoli e d'allora il sito ha attraversato tante di quelle trasformazioni da perdere il conto. Un giro obbligato per gli appassionati di fantasy, videogiochi e... buone ricette. Merita un salto il forum di LibroGameCreator e la pagina facebook del saggio I giochi di Cthulhu.

4 - Atari, magari, di Andrea P
In un mondo normale, blog come Atari magari sarebbero la norma: articoli bene documentati, tradotti e accurati con l'attenzione e la professionalità d'un giornalista. Ma siamo in Italia, e nella blogosfera italiana Atari magari spicca come un faro di ricerca e professionalità. I temi trattati, che sono di carattere nerd-storico potrebbero sembrarvi noiosi, ma è il genere di lavoro di archivio di cui abbiamo un disperato bisogno. Nonostante anime e fumetti giochino un ruolo rilevante, vorrei in particolare evidenziare lo splendido articolo Il Lovecraft dimenticato della Rai, tra radio e televisione.
Da seguire e diffondere.

5 - Amnell; Guerre antiche e vecchi libri, sarcasmo e gusto dell'orrido
Amnell era tra le mie prime commentatrici qui sul blog. Il suo sito è un'ottima raccolta di articoli polemici, storicità greco-romana e un bel po' di recensioni cattive di classici che se le meritano, come l'orrido La chimera, di Vassalli. Non viene aggiornato da secoli, ma lo volevo premiare ugualmente. Come incoraggiamento per i tempi futuri (e avendo io problemi di tempo pur in una facoltà “facile” come quella umanistica, non oso immaginare l'impegno richiesto dall'ingegneria...)

6 - Il Pozzo e lo Straniero, di Marco Stabile (Pagina Facebook
Marco Stabile, alias Argonauta Xeno, regge con mano ferma il suo nuovo sito, un blog di riflessioni e recensioni letterarie di prim'ordine. E' ancora un po' scarno, perché l'ha lanciato da poco, ma vi trovate già numerosi articoli gustosi, spaziando dai fumetti, agli ebook, alla saggistica, ai film.
Potete anche scaricare la vecchia raccolta di racconti, 3Narratori. Good stuff!

7 - frottole/ la verità è merce rara e qui l'abbiamo finita (Pagina Facebook
Il blog di Alessandro Madeddu è un ottimo locale dove andare a farsi un paio di risate ironiche, tra amare riflessioni sulla burocrazia italiana, sacrosante prese in giro di complottisti e occasionali recensioni letterarie. Madeddu sta scrivendo un saggio sull'epopea spaziale sovietica da un po', tanto per ricordare che sì, sulla Luna ci siamo andati e che sì nello spazio ci sono andati anche i malvagi comunisti (cit). Merita anche un'occhiata il collettivo Il paese degli Sputnik.

E questo è tutto.
Sette blogger, sette fucili remington.
Occhio a quell'armata di scheletri e buona caccia al Necronomicon!  

lunedì 6 aprile 2015

Conan di Cimmeria (Fantacollana 24)


No, non ho dimenticato la promessa di leggere i volumetti della Fantacollana dedicati al buon Conan. Tuttavia, volendo seguire il corretto ordine cronologico di Sprague de Camp, ho subito incontrato l'ostacolo di un volume mancante: Conan di Cimmeria. Ero appena alla seconda tappa dei muscoli guizzanti del barbaro preferito di sempre e già mi mancava un volume. Una veloce ricerca in biblioteca mi ha svelato l'orrida realtà, che il terzo volume – Conan il pirata – era già disponibile mentre Conan di Cimmeria non era proprio in rete.
Potevo immediatamente leggere il terzo volume e recensirlo senza perder tempo, o affannarmi a rintracciare il secondo volume. Visto che sono un masochista filologo, ho scelto la seconda opzione.
E così, a parecchie settimane di distanza, possiamo finalmente riprendere la lettura.
La buona notizia è che non ci vorrà molto prima di leggere Conan il pirata, mentre il quarto volume, Conan lo zingaro (!), è allegramente disponibile in biblioteca, sebbene a Gorizia. Il che non mi sorprende, dopotutto per delle avventure girovaghe, è giusto che girovaghi anch'io. Certo pur considerando la distanza di anni dalla pubblicazione (1980) mi sfugge perché non tradurre quel Wanderer col ben più accattivante “viandante”, o addirittura “pellegrino”. Si ricercava forse una sfumatura esotica...
Gustando le avventure di questa seconda Fantacollana ho constatato una spaccatura decisa tra le opere originali di Howard, pubblicate quando in vita e le diverse imitazioni e rimaneggiamenti di Lin Carter e Sprague de Camp. Nessuno di questi racconti è brutto per davvero, e tuttavia la differenza di qualità si sente sia nel contenuto che nello stile.
Howard non perde tempo, incalza sempre. Non si sprecano dettagli superflui nella narrazione, è tutto scintille e sforzi muscolari. Se vi sono descritti pensieri, questi non interrompono mai il flusso di azioni del barbaro. Al contrario, i pastiche di Sprague de Camp sembrano volersi spesso soffermare nel dettaglio su quella o quell'altra azione, a volte descrivendo il flusso di pensieri di Conan. Il puntiglio con cui Lin Carter riepiloga dov'è il barbaro, cosa sta facendo, in quale punto della mappa si trova può far piacere ai giocatori di ruolo o ai cartografi, ma stona nell'ambientazione hyboriana. Inoltre, nelle tematiche narrate è sorprendente come siano le opere “posteriori” a risultare fiabesche e ingenue, mentre i racconti originali di Howard spesso tentano l'uso di mostri più fantascientifici che fantasy. Conan, specie se calato nelle giungle del sud, alle prese con città e necropoli abbandonate, fronteggia una mostrologia di sub-umanoidi, primati e creature alate che hanno davvero molto a che fare con Lovecraft. Trapela uno sforzo ammirevole di dare verosimiglianza a nemesi&mostri partorite dall'evoluzione naturale e da linee di sangue corrotte, lontane dal mostro “perchè fantasy”.