venerdì 17 luglio 2015

Nemo: Fiume di Spettri - Annotazioni di Jess Nevins e traduzioni dal tedesco


Se in maggio vi stavate chiedendo dove fosse la traduzione delle note di Jess Nevins relative a Nemo: Fiume di Spettri, sappiate che non le stavo scrivendo per una semplicissima ragione: non sapevo fosse già uscito nella traduzione italiana! I due precedenti volumetti erano entrambi scivolati a luglio inoltrato, e davo dunque per scontato che anche questo Nemo: Fiume di Spettri avesse incontrato uguale fine. Tanto di cappello (a tuba) alla Bao Publishing per esser riuscita a mantenersi nelle scadenze. Certo, qualche pubblicità in più sull'uscita del volume non avrebbe guastato: di rado ho visto un'opera di Alan Moore maggiormente bistrattata dalle librerie e dai forum di fumetti.

Qui su Cronache Bizantine da sempre abbiamo un debole per le opere più incomprese e bistrattate del Bardo di Northampton, da Promethea alla Ballata di Halo Jones, e dunque non potevamo certo fare un'eccezione per questo magnifico Nemo: Fiume di Spettri.

Nemo: Cuore di Ghiaccio resta senza dubbio il capitolo migliore della trilogia. L'avventura tra i ghiacci di Janni e della sua ciurma regala pagina dopo pagina visioni tanto orrifiche quanto magnifiche. La mescolanza di Verne, Poe e H.P. Lovecraft fa accapponare la pelle (e non solo per il freddo...) Se confrontiamo Nemo: Cuore di Ghiaccio con Le Rose di Berlino e con Fiume di Spettri, la netta sensazione è che Cuore di Ghiaccio possedesse sostanza narrativa, oltre che visuale. C'erano romanzi, documentazione, idee che nei due volumetti che sono seguiti mancano (quasi) totalmente.

Nemo: Le Rose di Berlino proseguiva la tradizione Mooriana, inoculando in un sostrato di citazioni e idee molto ricco ulteriori livelli di complessità, sia meta-narrativi, che strutturali, che storici. Non si può dire che Nemo: Le Rose di Berlino fosse inferiore al primo volume. Le annotazioni di Jess Nevins a tratti strabordano, azzardano ipotesi, battono vie finora inesplorate. Vi ho apprezzato personaggi carismatici, come Hynkel e Maria, di Metropolis, così come alcune soluzioni visive notevoli (l'attacco aereo al cuore della Berlino “tomaniana”, nelle ultime pagine).
Tuttavia, Le Rose di Berlino prometteva d'affrontare l'argomento nazista. E non lo fa. E' questa la sua grave pecca. Hynkel e i Tomaniani agiscono nelle vignette come automi a orologeria – o a ipnosi, nel nostro caso – senza tuttavia dare mai profondità al fumetto. Un'occasione del genere nel mondo della Lega avrebbe permesso una riflessione di grande respiro sugli orrori nazifascisti, sul fascino perverso della svastica (via, della doppia x...). Al contrario, Moore sceglie uno stile che è un po' comico, un po' action, perdendo così preziose opportunità.

Nella ricezione critica, Nemo: Fiume di Spettri doveva uscire col botto, e invece è uscito col freno a mano tirato. Perchè? Non hanno certo aiutato alcune recensioni negative, che per quanto mi ritrovino d'accordo su alcune questioni, mancano sia di acume critico che di necessaria documentazione. Mi pare che l'esempio più lampante sia la critica mossa da “Evil Monkey” su Fumettologica.
Non è vero che Nemo: Fiume di Spettri è un lavoro marginale, perchè Moore cercava il fantomatico milione di parole del suo romanzo Jerusalem.” La Bibbia Mooriana è stata conclusa da un pezzo; lo confermano alcune letture, così come numerose dichiarazioni. E non è nemmeno vero che Nemo: Fiume di Spettri è stato accantonato a favore di Providence: la nuova serie lovecraftiana – di cui a proposito dovrò fare di mio pugno un sistema di annotazioni – è in lavorazione da moltissimo tempo, e non potrebbe essere altrimenti visto l'insano livello di verosimiglianza che Moore ci sta gettando dentro.
E' falso, e basterebbe leggere mezza paginetta di annotazioni di Nevins per rendersene conto, che in Nemo: Fiume di Spettri Moore lavori “di evidenziatore”. Al contrario, Nemo: Fiume di Spettri dell'intera trilogia è l'opera più chiusa e misteriosa: Nevins per la prima volta individua riferimenti a cui non sa dare spiegazione! Molte delle strizzate d'occhio Mooriane vedono addirittura spiegazioni multiple da più commentatori diversi, senza che nessuna di queste risulti determinante.
A pagina 24, nella vignetta grande, nascosto nell'angolo in alto a destra, c'è un dinosauro cavalcato da un essere umano stilizzato.
A pagina 21, nella prima vignetta c'è il Tranqilax nascosto nell'angolo in basso a destra.
A Pagina 19, quinta vignetta, l'Ecco Fatto è una citazione da Desperate Dan, fumetto inglese del 1937.
Se questo per voi è “lavorare d'evidenziatore”, allora siete o dei genii, o dei lettori superficiali. Purtroppo, considerando anche la brevità della recensione, la seconda ipotesi è quella giusta.


I nazisti/tomaniani di Nemo: Fiume di Spettri non sono gli stessi di Nemo: Le Rose di Berlino. Questo punto a molti è sfuggito. Nella Berlino di tenebra del secondo capitolo, si teme per la vita di Janni. E' un luogo pericoloso, ricco d'enigmi e passaggi segreti. I soldati di Adenoid Hynkel sono nemici reali. In Nemo: Fiume di Spettri i nazisti sono pure caricature. Sono tritacarne, bambole (termine che non sto usando a caso) da distruggere. Se gli elementi fantastici del mondo della Lega appaiono sempre inseriti in un mondo vivo e “realistico”, i nazisti sudamericani sono la prima invenzione Mooriana a sembrare “fuori posto”. Quest'effetto non è una conseguenza di una narrazione mediocre, come vorrebbero i suoi detrattori. Al contrario, rappresenta l'esplicita volontà di mostrare un'ideologia reazionaria e grottesca, che rivive solo per un artificio della tecnica: la clonazione e la robotica. Himmler e Goldfoot rappresentano un Male già vecchio in partenza, un tumore calcificato che solo attraverso una blasfema fusione d'interessi americani&tecnologia poteva sopravvivere.
Si capisce pertanto il fanatismo di riflesso di Janni Dakkar, esacerbato dall'età della protagonista:
Questo luogo rappresenta una dottrina ritenuta estinta per trent'anni. Dev'essere sterilizzato.

Janni Nemo è ormai anziana. Dai recensori, questo punto non è nemmeno stato argomentato. Abbiamo qui, circostanza a dir poco rara, una protagonista femminile che è contemporaneamente un'ottuagenaria, una guerriera, e una leader. Se mi sapete citare un altro fumetto dove la protagonista è un'anziana combattente, sarei lieto di leggerlo. Ma è piuttosto difficile da trovare. 
L'età di Janni comporta alcune conseguenze piuttosto ovvie: un cancro in divenire, smemoratezza e rigidità mentale. Ma comporta anche la saggezza di saper evitare lo scontro quando necessario, o d'evitare, grazie all'esperienza, la trappola del duello d'onore. È interessante on passant, che Ayesha (la donna bianca per eccellenza) non possa invecchiare. Il suo potere è legato al corpo, e all'aspetto giovanile. Superato l'involucro, tuttavia, non c'è più nulla: come nelle donne-robot che i tomaniani stanno costruendo.


Si potrebbe discutere se il cuore di Nemo: Fiume di Spettri siano le scene d'azione verso il termine, o le vignette grandi che mostrano i panorami fantastici del Sud America.
Sarebbero entrambe assunzioni sbagliate: il vero nocciolo del Fiume degli Spettri sono i discorsi tra Coghlan e Janni Dakkar, alla sera, tra nostalgie e contemplazioni della natura. Sono gli ultimi, significativi, addii di una guerriera che sente la Morte vicina, ma non la teme.

Le note che seguono sono tradotte dalla pagina di Jess Nevins. Se masticate l'inglese, la versione originale è ovviamente da preferire. Ho aggiunto qua e là mie considerazioni, e quando possibile, ho linkato la versione italiana del film/romanzo/personaggio storico in questione. Se vi è stata utile, considerate l'idea di linkarla a chi interessato, in modo che tutti ne possano usufruire.


lunedì 13 luglio 2015

Teocrazia e Surveillance Systems: un nesso?


A questo titolo sono necessarie due premesse particolari.

La prima premessa invita, nell'ambito dei discorsi della privacy e dei sistemi di sorveglianza, a limitare il nostro “protagonismo”. Tranne che per rari casi di grave depressione, ci consideriamo al centro dell'universo, perchè nella nostra vita d'ogni giorno vediamo quanto ci circonda dalla “nostra” prospettiva, che essendo la nostra ci appare più importante di tante altre. Ci consideriamo importanti, perchè attribuirci tanta importanza è necessaria in primis per la nostra sopravvivenza, in secondo luogo per il nostro successo nella vita. Considerarsi “importanti” spinge con forza a risolvere i nostri desideri basilari, a inseguire una vita soddisfacente e per assolvere a questa soddisfazione ci spinge a riprodurci – da cui la spinta biologica che scusa questo protagonismo. Tuttavia, se riusciamo a uscire da questa limitata prospettiva, i comuni cittadini di uno stato occidentale non hanno questa grande importanza come singoli. Possiamo magari considerare importante che i nostri messaggi su Facebook, le nostre email, le nostre foto di quand'eravamo bambini o i nostri diari segreti vengano rispettati e non vengano esposti all'occhio “pubblico” o ancor peggio all'inquisitorio sguardo delle autorità. Pur tuttavia, queste informazioni sono per noi importanti solo in virtù di un nostro protagonismo: oggettivamente, allo stato o multinazionale non interessa minimamente conoscere il nostro numero di cellulare o il nostro colore preferito.

Internet, questo luogo così sicuro <3 <3 
Queste informazioni possono risultare utili per le ricerche di mercato delle multinazionali, modulando ad hoc le pubblicità a seconda dell'utente e dei suoi possibili desideri come consumatore. Questo pericolo – questa realtà, anzi – rientra nel generale trend di vendere qualunque prodotto a qualunque consumatore, inseguendo il massimo profitto a discapito della morale dello stesso. E' così che ad esempio che chi frequenta pagine Facebook dedite alla religione cattolica, a studi pastorali e alla Bibbia - lo confermo, ahimé! dalla cronologia di molti parenti - vedrà le pubblicità modularsi su corsi di studio dei vangeli, medagliette papali e pregiate bibbie in offerta su Amazon. Ugualmente, come, procedendo in campi molto simili, chi frequenta pagine nazifasciste, xenofobe e omofobe vedrà consigliati libri, prodotti e gadget di esponenti dell'estrema destra americana. Il sistema pubblicitario s'automodella sui desideri dell'utente, ignorando dati che sarebbero teoricamente di sua privacy. Per di più, il sistema cerca di arricchirsi a discapito che una sua convinzione possa danneggiare gli altri: l'importante è sempre fare affari. 
Non c'è qui alcuna differenza dai venditori di armi da fuoco ai paesi del terzo mondo. 
Lo Zuckerberg di Facebook E' il Nicolas Cage di Lord of War.

Tuttavia, nonostante questo pericolo, la nostra importanza come singoli nel sistema statale ed economico è molto relativa. A meno che non siate star del cinema, o politici, i vostri piccoli segreti, le vostre piccole informazioni anagrafiche non interessano a nessuno. Nonostante il titolo, vorrei dunque purgare quest'articolo dai complottari di turno, dalla feccia che crede d'avere chip nel cervello e che le telecamere tallonino ogni suo passo. Non siete importanti. Non abbiamo sufficiente potere per esserlo.

La seconda premessa vuole scusarsi se alcune delle argomentazioni qui esposte feriscono le vostre convinzioni religiose. Non posso fare nulla per evitarlo, perchè sono convinto che la privacy non sia una virtù religiosa, e senza dubbio non una virtù per le religioni monoteiste. Se questo vi offende, mi scuso. Dopotutto, la Chiesa Cattolica dell'ultimo decennio adora scusarsi per colpe passate ignorando le presenti, e anch'io riconosco quanto sia una tattica efficace: nel momento in cui ti sei scusato, nessuno può più accusarti di nulla. Ehi, mi sono scusato! Come osi tirar fuori quel brutto, vecchio argomento? E' tutto magicamente cancellato! E non costa nulla, poi. Un discorsetto, un momento pubblico, una (finta) umiltà.

Sono sempre rimasto colpito con quanta virulenta velocità i social network si siano diffusi nel Bel Paese. E' vero forum e blog dominavano già la scena precedentemente, e in gran numero. Ma non li si può paragonare minimamente alla creazione massiccia di social account in ogni dove. Anche smarriti quei due anni di febbre “da Facebook” il numero di persone che si registrano, o tornano a registrarsi dopo essersi cancellate è decisamente alto. Antropologi stranieri che studiano l'italiano medio (inesistente creatura mitologica) osservano come nello scarpone mediterraneo alcune tecnologie vengano assorbite molto lentamente, mentre altre conoscono una diffusione epidemica. I blog non hanno mai qui raggiunto lo status o la diffusione che hanno in Nord America. Stiamo ancora crescendo, lentissimamente. Dall'altro, pensiamo a Facebook. La sua diffusione ha un che' di stupefacente. Una libreria, un'edicola, un negozio di vestiti non penserebbe mai e poi mai di aprire un blog per pubblicizzarsi, nonostante questa sarebbe una mossa ragionevole. Al contrario, (quasi) sicuramente creeranno una pagina Facebook. Non è strano? Un blog potrebbe collegarsi a un online store e vendere ulteriormente a più clienti, anche lontani. Fornirebbe un guadagno maggiore. Una pagina Facebook invece fornisce avvisi, e nient'altro. 
O ancora: perché la diffusione dei cellulari ha preceduto la diffusione dei computer fissi? 
Molto prima che il cellulare diventasse un apparecchio fondamentale, la diffusione qui in Italia era in crescita rapidissima. Stiamo citando cellulari grandi quanti telefoni, ben poco “portatili”. Eppure diffusissimi, molto più dei loro contemporanei computer fissi. Perchè? Il computer fisso, paragonato a un cellulare forniva a inizio 2000' un range di opzioni molto più grande, un'insieme di possibilità incredibili per l'epoca. Il cellulare... Certo, forniva funzioni “diverse”. Ma non lo si poteva definire altrettanto utile. E non è sicuramente il caso dell'Inghilterra, o dell'America, dove la funzione del computer fisso veniva considerata di maggior importanza rispetto ai primi triviali prototipi di cellulare.
Financial considerations, though, do not help to explain other aspects of Italian technophobia. Italians were, for example, among the Europeans slowest to equip themselves with personal computers and to take advantage of the Internet. The most common reason given was that computers were “useless” or “uninteresting.” (...) 
Da John's Hooper's The Italians (2015), dalle note del Bittanti.

mercoledì 1 luglio 2015

Nel cuore di tenebra di Dubai: Spec Ops The Line


In questi (caldi) giorni, stavo valutando se compilare o meno l'usuale listone di giochi presentati all'E3 losangelino. Non credo lo farò, alla fine, per il semplice motivo che mi è sembrata la fiera più fiacca e stanca da tantissimo tempo da questa parte: Fallout 4 è una copia carbone di Fallout 3, osannato dall'esatta folla che si lamenta poi dell'(inesistente) downgrade grafico di The Witcher 3; Dishonored 2, Tomb Raider 2, Deus Ex 2... Giochi interessanti, per carità, ma è quel “2” che mi dispiace, quando dalla maggior fiera mondiale ci si aspetta giochi nuovi, nuove Ip, nuovi azzardi...
Non mi sono dispiaciuti Horizon Zero Dawn e Unravel, scoppiettanti entrambi, a loro modo, di ambientazioni fresche e idee nuove. Certo, il primo ha dovuto lottare per avere una protagonista femminile, mentre il secondo viene dalla ghiacciata Svezia, a conferma che idee e creatività sono ormai ostacolate e ben lontane dall'ombelico videoludico delle grandi case di produzione.
E c'è poi la faccenda delle presentazioni stesse, che nel 2015 inoltrato mostrano ancora linguaggi, costumi e modi di fare degni di dieci, vent'anni anni fa. Presentatori in t-shirt, che incespicano sulle parole, che usano linguaggi d'adolescente, che sembrano più che sviluppatori o designer, imbonitori di mezza tacca. Piccoli passi in avanti per la presenza femminile in alcune delle convention – EA e Ubisoft – timidi tentativi che ho debitamente apprezzato. Ma il tono generale ancora non riesce a raggiungere la serietà di un festival del cinema; con buona pace di chi continua a sostenere la pari eguaglianza dei due (diversissimi) medium. La situazione cambierà solo quando cambieranno giornalisti e videogiocatori. E no, non commento nemmeno le “marionette” della presentazione Nintendo: i trip da psicoacidi sono cose che si dovrebbero mantenere tra le mura domestiche, non dovrebbero diventare strumenti aziendali.
Si è spesso detto che i giochi diventeranno maturi quando i giocatori, crescendo, richiederanno giochi sempre più maturi: ma il nerd medio, con il suo sperticato elogio dell'infanzia, del retrogaming, della violenza “ludica” svuotata d'ogni minima riflessione contraddice continuamente ques'assunto. E' difficile sperare che il videogioco scelga strade più complesse, quando i suoi fruitori stessi odiano la complessità...

E parlando invece di giochi maturi che gli appassionati sembrano aver dimenticato, ho (ri)giocato di recente Spec Ops The Line, sparatutto in terza persona uscito nel 2012.