Quando si scrive una
frase, è la maiuscola dell'iniziale a conferire forza, vigore,
carattere.
L'inizio influenza
l'intero periodo, lo determina, lo plasma: tutte le altre parole gli
rimangono subordinate. Questo vale all'identico modo per la storia
dei popoli o per le relazioni tra gli individui. Come annota il
filosofo Alain de Benoist, “Dopo, ci si accontenta di sfruttare,
con sempre minor forza, quel che costituiva questo cominciamento”.
Un ragionamento che funziona particolarmente bene quando applicato
alla storia delle rivoluzioni: basti pensare alla Francia con il
1789; agli Stati Uniti con il 1776; e così via. Voler rivivere
l'evento storico, l'emozione di questo primo momento porta a esiti
tragici, grotteschi: all'arroganza degli ex sessantottini, alle
milizie libertarie negli States, al culto di un passato ormai
passato. Al contrario, nella storia, così come nella vita,
bisognerebbe re-iniziare senza voler recuperare a ogni costo il
sentimento della prima volta.
L'inizio conta;
nient'altro.
E da quale pulpito la
predica, considerando come proprio io ci sia cascato qualche
settimana fa, quando mi sono recato in Europa centro-orientale. Io e
la mia fiancee volevamo da tanto fare un viaggio visitando tre
città della Mitteleuropa con i biglietti dell'Interflix.
E non
appena il pensiero è volato alle lande del centro-est Europa, un
nome mi è balzato alle labbra. Praga! Volevo assolutamente tornare a
Praga. Oramai erano passati cinque anni da quando mi ero recato nella
bella capitale della Repubblica Ceca; e nonostante fossero stati
pochi giorni, mi era rimasta indelebilmente impressa nel cuore.
Eppure qui ho commesso l'errore che lamentavo: voler cercare di
rivivere la sensazione dell'inizio, invece che ricercare qualcosa di
nuovo. Così nella realtà – mentre camminavo mano nella mano con
la mia dolce metà tra le strade acciottolate di Praga – continuavo
a cercare i segni di quella città vissuta ormai cinque anni orsono.
Senza trovarli. Volevo respirare l'atmosfera del primo viaggio, ma
presto mi ritrovai cianotico.
Un'altra città sul tracciato mi destò
simili sentimenti: Vienna. Non l'avevo mai visitata, ma dopo quasi
due anni a studiare un archivio di un italiano residente a Vienna –
Filippo Zamboni – tra il 1875 e il 1914, avevo una chiara immagine
della città. Sapevo dei suoi caffè, dei suoi ristoranti, dei suoi
tram, dei suoi giardini: solo però dalla peculiare prospettiva di un
secolo prima. Pure qui volevo rivivere un'atmosfera che percepivo
aver già vissuto... Ma stavolta nelle carte dell'archivio del Civico
Museo di Storia Patria. Non è la prima volta che rifletto come
studiare un archivio sia un'esperienza simile a quella del viaggio,
con l'eccezione che attraversi il tempo invece dello spazio. La mia
Vienna mentale in ogni caso non corrispondeva alla Vienna reale e per
quanto me lo aspettassi... Well, that was a disappointment.
E in tutto questo, io e la
mia compagna avevamo scelto una stazione intermedia, che ci lasciava
incerti: Bratislava, in Slovacchia. Come sempre, non avendo
aspettative su questa piccola capitale dell'orgoglioso popolo
slovacco, siamo rimasti piacevolmente sorpresi.
Che sia Trieste o Bratislava, non si sfugge a Maria Teresa d'Austria (giardini presidenziali) |