Non c'è peggior cieco di
chi non vuol vedere.
Capita pertanto spesso che
i siti di fantasy, horror&scifi lamentino (giustamente) l'assenza
di traduzioni, iniziative editoriali, pubblicazioni coraggiose sul
mercato italiano. Tutto vero, tutto sacrosanto. È un mercato
disperatamente sonnacchioso. D'altro canto, però, quando le
pubblicazioni richieste arrivano sugli scaffali e quando lo sforzo
viene premiato... ecco che con spinta masochista, gli stessi siti che
piangevano sulla situazione italiana ignorano le nuove uscite, o
addirittura le insultano. Ancillary Justice non va comprato “perché
sicuramente la traduzione sarà scadente”, Sapkowski è solo “un
mediocre scribacchino pulp”, e così via...
Non sono certo
un'eccezione di questo circolo vizioso. Quand'ero infatti in libreria
cercando Annientamento di Jeff VanderMeer, il mio primo impulso è
stato di scartabellare nella sezione fantasy e in seguito nei più
polverosi meandri della libreria. Ero fermamente convinto che la
pubblicazione avrebbe seguito le solite modalità: una, due copie
incuneate tra cloni tolkeniani e vampiri d'accatto. Un'edizione di
nicchia. Gentilmente, il commesso mi ha invece additato il settore
delle novità, e lì in grandiose pile in bella vista c'era il libro
che cercavo.
E' dopotutto un bel segno,
che ci spinge a un cauto ottimismo: cinque anni fa nell'identica
posizione di VanderMeer avevamo quell'orrore delle Cronache del Mondo
Emerso!
L'area X è una zona off
limits, ufficialmente fuori dalle carte, fuori dal mondo. La
Chernobyll del soprannaturale. A presiedere questa circoscritta zona
dove realtà&natura sembrano mutare secondo schemi sconosciuti
all'intelligenza umana, c'è la Southern Reach, machiavellica agenzia
governativa. Da oltre trent'anni, la Southern Reach manda spedizioni
su spedizioni per mappare l'area e carpirne i segreti. Tuttavia, ogni
spedizione puntualmente scompare, trasmettendo poco o nulla
d''informazioni. Dopo la prima, disastrosa spedizione, ora gli
esploratori vengono mandati senza equipaggiamento, senza identità e
con il minimo della tecnologia: ogni aspetto è mirato a rimuovere
sentimenti e identità dai membri della spedizione, dalle direttive
segrete dei capi, ai diari dei singoli membri. La protagonista è una
biologa, e poco altro sappiamo. E' uno dei cinque membri
dell'undicesima spedizione, interamente al femminile. La topografa,
ex militare; la psicologa, la leader; l'antropologa, fragile e
insicura. Già la glottologa, ultima componente, è scomparsa. Stando
alle ambigue parole della psicologa, ha mollato prima di entrare
nell'area X.
Sulla protagonista
VanderMeer ha svolto un buon lavoro. Senza nomi, una trama tutto
sommato semplice, con il solo aiuto del flashback. Eppure, nonostante
l'incipit zoppicante, l'io narrante della biologa resta impressa.
Certamente la ricettività del personaggio, dai nervi sempre tesi
alla ricerca della più minuta sensazione, aiuta la narrazione. E
ugualmente il lavoro di approfondimento psicologico nei successivi
flashback (in crescendo di capitolo in capitolo...). E' tanto più notevole
quanto più la biologa è un'asociale, ai limiti dell'autismo. I suoi
monologhi interiori soverchiano di gran lunga le righe di dialogo coi
membri della spedizione.
E' difficile seguire nei
primi passi l'avventura nell'area X, perchè il cervello deve ancora
acclimatarsi alla totale, assoluta assenza di nomi. Distinguere tra
le quattro professioniste nelle prime pagine è difficile e non
aiutano certo le parziali spiegazioni nel mezzo dell'azione dalla
biologa.
Il romanzo fatica a ingranare nei primi due capitoli, ma
quando decolla, parte con la velocità di un jet letterario
supersonico. Certo, pur con questa premessa rimane un romanzo
sconsigliabile a chi soffre di deficit d'attenzione, che farebbe bene
ad allenarsi con letture più leggere. Per molti versi l'aggettivo
“sperimentale” si adatta bene a questo romanzo.
A ben vedere, la
Lovecraft-mania attuale ho molto poco di lovecraftiano. Si riprendono
i nomi, le ambientazioni, si spiattellano sulla faccia di sventurate
protagoniste i soliti tentacoli fallici. Lo scopo di Lovecraft non
era riciclare idee e mostri all'esaurimento, condendole con lessico
rococò. Piuttosto, mirava con i mezzi che poteva disporre uno
scrittore dell'epoca a terrorizzare l'interlocutore, a
ficcargli sotto pelle un ago di sottile inquietudine. Il meglio della
produzione lovecraftiana ti lascia inquieto, con la sensazione d'aver
avuto a che fare con qualcosa di talmente alieno da travalicare il
cervello. Da non poter essere descritto, appunto. Con modalità e
tecniche differenti, VanderMeer tenta un eguale assalto ai limiti
della ragione umana in Annientamento. La sua è una critica della
ragion pura, ma condotta da un Kant uscito dalla natura selvaggia, il
corpo mutato in pianta. Una critica vegetale.
Senza far spoiler, nelle
ultime pagine chiaramente VanderMeer tocca il limite della
descrizione di qualcosa che per forza di cose non è né
descrivibile, né intelligibile. L'olandese sceglie allora la via
già battuta del ricordo, preferendo mescolare all'inesprimibile i
sentimenti della protagonista. L'inconscio non ha la profondità
dell'abisso lovecraftiano, ma rimane pur sempre una fossa delle
marianne, capace di regalare più di un turbamento. In VanderMeer,
inconscio e orrore cosmico sono avvinti per scuotere il lettore, che
non potrà stavolta rifugiarsi nel bozzolo dell'infanzia, perché
proprio quel bozzolo è infestato da una presenza maligna, Freud
docet...
Per gli amanti delle
somiglianze (in)consapevoli, si confronti inoltre questo famosissimo
passaggio di H.P.
Non è morto ciò che può vivere in eterno, E in strani eoni anche la morte può morire. (da La Città senza Nome)
Con
quest'altro, dal quinto capitolo di Annientamento:
Ciò che non muore conoscerà ugualmente la vita nella morte perchè tutto ciò che decade non cade nell'oblio e rianimato percorrerà il mondo con ignara felicità...
C'è
una vaga somiglianza che mi ha subito ricorso il Solitario di
Providence, senza ovviamente pretese di scientificità, sia chiaro.
Dal secondo volume, in arrivo a inizio giugno. |
Il difetto maggiore della
prosa dell'olandese è nel contempo il suo maggior pregio: richiede
attenzione dal lettore. Mentre compravo il libro, mugugnavo
mentalmente che 186 pagine per 16 euro non sono un grande affare; ma
sorprendentemente il romanzo è assai denso e complesso. Non abbiamo
riepiloghi, non abbiamo infodump, non abbiamo nomi cui subito
relazionare. Pertanto l'attenzione del lettore è continuamente
sollecitata, anzi spinta all'estremo. È quel genere di testo da
leggere dall'inizio alla fine in pochi giorni, che si presta
difficilmente a venir preso e ripreso a periodi. Ovviamente non si
può che apprezzare tanta serietà da VanderMeer, che centellinando
parola per parola non offre mai nulla di facile e comprensibile al
lettore, ingenerando così un'atmosfera sottile e rarefatta. Non è
questo il romanzo da leggersi nelle pause caffè, perchè
riallacciare con le protagoniste diventa difficile. Come nella natura
insidiosa dell'Area X, Annientamento lascia il lettore sempre a mollo
nell'acqua, alla strenua ricerca di un punto fermo che semplicemente
non esiste.
Nella mia personale
esperienza ho iniziato il romanzo un mese orsono, per metterlo poi da
parte per alcuni studi universitari. Nemmeno quattro giorni di pausa,
e già ero in difficoltà a ricordare la situazione cui avevo
abbandonato il libro. L'amnesia della biologa protagonista si
trasmette al lettore, lasciandolo attonito con ricordi di un mondo
alieno e sognante. Al secondo tentativo, non ho permesso nessuna
interruzione: e sono uscito incolume (e soddisfatto) dall'area X.
Fonti:
La pubblicazione
dell'Einaudi è avvenuta in grande stile. Speriamo sia d'esempio per
future pubblicazioni. La traduzione di Cristiana Mennella non
presenta particolari anomalie lessicali, scorrendo senza intoppi.
Nella cura grafica la copertina di Lorenzo Ceccotti è un efficace
ritorno al disegno tradizionale, rispetto al dogma del minimalismo
paesaggistico o del ritocco digitale.
I prossimi volumi della
trilogia sono già nella pipeline di pubblicazione,
rispettivamente a inizio giugno e metà settembre. Sarebbe interessante una
traduzione delle precedenti opere di VanderMeer, a cominciare da City of Saints and Madmen, la cui particolare veste grafica lo rende
adatto a quell'edizioni cartacee cui i lettori sono tanto
fanaticamente affezionati...
2 commenti:
Interessante, lo avevo visto in libreria e mi chiedevo come potesse essere... d'altra parte VanderMeer è una garanzia.
Mi chiedo se regge il confronto con quello che per me è IL romanzo sulla zona X, Picnic sul ciglio della strada.
Ahimè, ho letto Picnic sul ciglio della strada talmente tanto tempo fa che ne ricordo solo alcuni frammenti :P
Se dobbiamo fare un confronto, VanderMeer è molto più scientifico (quasi virante sull'horror) rispetto a Strugackij. C'è un elemento legato al ricordo, in VanderMeer, ma manca la piega "metafisica" del romanzo russo.
Ma nel caso dovessi leggerlo, nulla ti vieta di fare da te un confronto, sarebbe interessante :)
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