lunedì 11 maggio 2015

La Gallipoli di Peter Jackson



Come ho già sostenuto più volte, non sono d'accordo con chi definisce la Grande Guerra un'inutile strage. Quell'aggettivo “inutile” vanifica di colpo il coraggio e l'eroismo di migliaia su migliaia di soldati, coprendo ogni discussione col rumore del piagnisteo ipocrita dell'ennesimo ignorante.
L'anniversario 1914 – 2014 aveva tutte le potenzialità per essere un'occasione di riscoperta e rivalutazione di un conflitto troppo spesso relegato a stereotipi&cliché: ma con la notevole eccezione della Gran Bretagna, le “vecchie” potenze sono rimaste indifferenti.
Ad esempio, invece d'infognarsi nel cliché della trincea piena di fango e inabitabile, sarebbe risultato interessante analizzare e spiegare altri luoghi del conflitto, di solito bistrattati dai libri di storia: l'oriente, l'Africa, le battaglie navali. O nel caso di quest'articolo, Gallipoli.

Nel 1915 l'Intesa decise di aprire un nuovo fronte, cercando di spezzare la guerra di posizione sul continente, che già si mostrava ferma su posizioni stabili, specie sul fronte occidentale.
Come la guerra di trincea con mitragliatrici e artiglieria costituiva un'esperienza radicalmente diversa dalle guerre ottocentesche, ugualmente l'invasione anfibia di Gallipoli fu una mossa tattica nuova e avventata. Come succederà nel corso di tutta la Grande Guerra, l'attaccante sottovalutò sia il nemico che il suo livello tecnologico, compiendo errori tattici sulla pelle di migliaia di soldati. Il senso d'impellenza dal governo inglese sommato al disprezzo verso i turchi spinsero gli ufficiali a mosse insensate, con errori che sì, possiamo una buona volta giudicare “un'inutile strage”.
Gallipoli è la guerra che i pacifisti adorano: sporca e crudele, con soldati giovani e inesperti spediti al macello da una gerarchia militare del tutto incompetente.

La spedizione alleata comprendeva per lo più reggimenti di leva dall'Australia e dalla Nuova Zelanda, nuovi alle armi. Il massiccio rinforzo dell'artiglieria navale lasciava sperare che la penisola di Gallipoli cadesse dopo pochi giorni, liberando i Dardanelli e l'accesso al Mar Nero. Sarebbe così stato possibile conquistare Costantinopoli in breve tempo e portare velocemente rifornimenti alla Russia zarista.
Otto mesi dopo, gli australiani continuavano a morire a dozzine sulla spiaggia, Gallipoli era saldamente nelle mani di Mustafa Kemal (Ataturk, per gli amici) e le “deboli” difese turche venivano rinforzate da esperti ufficiali tedeschi... La battaglia di Gallipoli era persa, e con lei le vite di 8709 australiani e 2721 neozelandesi.

La notizia dello sbarco il 25 aprile, i vuoti in famiglie che finora non erano state toccate dalla guerra perché in continenti lontani: tutto questo colpì profondamente la mente di australiani e neozelandesi, che dichiararono dal 1915 il 25 aprile giorno di commemorazione nazionale. Nel corso della storia, l'Anzac Day (com'era stato soprannominato) è diventato un simbolo di orgoglio nazionale, e si sono moltiplicate le iniziative al riguardo.
In occasione dell'anniversario, il direttore del museo “Te Papa” della Nuova Zelanda, si è accordato col regista Peter Jackson e con l'azienda Weta degli effetti speciali del Signore degli Anelli per offrire una mostra sulle trincee della Grande Guerra. Sir Peter Jackson – ricordiamolo, è stato nominato cavaliere! – è un appassionato di modellismo da quand'era bambino, e vanta una formidabile collezione di aerei della grande guerra. Sir Richard Taylor, a capo della Weta, è un autentico veterano di plastici e di cari, vecchi effetti speciali fatti in casa.
Raramente nominati nelle news internazionali ma altrettanto importanti, hanno collaborato a progetto i gemelli Perry, che chi mastica Warhammer sicuramente conoscerà. Sono abili scultori che nel duemila scolpirono l'intera vecchia gamma del gioco di miniature del Signore degli Anelli, mentre ancor prima misero mano a bretoniani e mercenari. Attualmente si dilettano nel campo del modellismo storico, con eccellenti risultati.

La mostra include ogni genere di diorama, sia in scala reale che 1/32. Consiglio vivamente di spulciarsi al riguardo la pagina Facebook del Museo. Per chi ha intenzione di visitare la Nuova Zelanda, l'esposizione resterà disponibile al pubblico fino al 2018.

Il piatto forte del museo, tuttavia, è il diorama della battaglia del Çunukbahir.
Gli organizzatori hanno scelto l'area di Chunuk Bair nella zona di Gallipoli, riproducendola in scala con tecnologia al laser, identica fino all'ultimo dettaglio. Nello specifico le trincee scelte – The Quinn's Post – furono tra le più combattute e mortifere dell'intera campagna.
Questa non è una vetrina polverosa di un modellista borioso: è il lavoro di un'intera equipe, impegnata per mesi in una costruzione gargantuesca, con oltre dieci metri di lunghezza!

Un rozzo riparo/centro di comando del generale di brigata Johnston. E' la miniatura seduta al tavolo, con la testa fra le mani. Stando infatti alle fonti storiche, la mattina della battaglia aveva un forte mal di testa post sbornia...


Rifornimenti in arrivo alle trincee del contestatissimo crinale... (The Apex)

Una delle dodici mitragliatrici sul crinale. La posizione non era trincerata, e pertanto le vittime si contavano a decine. Possiamo notare il rivolo di sangue dal cadavere a sinistra. Come la quantità di feriti e morti sul campo, questo non è un diorama "pulito" e giocoso, com'è invece abitudine di molti modellisti tradizionali.

I turchi all'attacco dei neozelandesi. 
Falciati dalle mitragliatrici qualche minuto dopo, a un soffio dal nemico.

Il caporale Cyril Bassett, decorato con la Vittoria Cross per il valore in azione. Unico neozelandese a guadagnare l'ambita medaglia della Regina. Srotolò il cavo delle comunicazioni in pieno giorno, nella wasteland tra le due trincee, sotto la continua mira dei turchi. Molto coraggioso... o molto fortunato.

Il colonnello William G. Malone, comandante del battaglione Wellington, in un centro di comando improvvisato poco sotto le trincee sul crinale. Aspetta il collegamento via cavo del telefono del caporale Cyril Bassett. Morirà più tardi, ucciso per errore da un tiro dell'artiglieria.

Un (riuscito) assalto dei turchi alle trincee contese sul crinale.

Particolare del disperato corpo a corpo nelle trincee.

Rinforzi turchi in arrivo... Il Chunuk Bair resterà in mano ottomana per il resto della campagna.

Il diorama mostra centinaia di cadaveri e feriti. Una vignetta tra le tante, due soldati turchi feriti:

Quei cadaveri che magicamente “scompaiono” (sic) nei diorami di guerra...

E per non dimenticare il perché del titolo, non può mancare un cameo di Peter Jackson, in formato 54 mm! E' la miniatura nell'angolo a destra, il ciccione barbuto colla macchina fotografica. 

Fonti: 
Mustering the Troops: The Great War Exhibition Miniature Painting Project
(nel frattempo che scrivevo l'articolo, hanno aggiunto nuove foto)
Te Papa's Blog: Bringing Gallipoli to life for a new generation. 

4 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Io abito mezz'ora di distanza da Monte Cassino, dove ci furono i bombardamenti dell'Abazia. Anche da noi abbiamo molti musei del genere, per non parlare poi dei cimiteri di guerra. Sono luoghi unici!
Non sapevo nel dettagli della battaglia di Gallipoli e tanto meno del museo. Certo che è fatto benissimo il diorama.

Coscienza ha detto...


@MarcoGrandeArbitro
Abiti presso Monte Cassino?
T'invidio :)

Alessandro Forlani ha detto...

Tu mi vuoi modellisticamente male, a postare 'ste modellistiche cose.

P.s. che ne dici del film sull'argomento, con un giovinissssssimo Mel Gibson (non ricordo titolo preciso e regista ahimé, ma erano protagonisti gli Anzak australiani...) che ogni tanto trasmettono su Rai Movie?

Coscienza ha detto...

Ma questo non è modellismo, è pura arte! (l'escapismo per eccellenza dei soldatini-dipendenti...)

Il film di Peter Weir? Beh, a parer mio un capolavoro. Un'eccessiva sviolinata sentimentale in alcuni punti, ma tutto sommato corretto, anche nell'insensato assalto finale.