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martedì 12 giugno 2018

"Mediterranea", di Francesco La Manno: alla scoperta del Med-Fantasy


Il Fantasy Mediterraneo viene definito come un sotto genere fantastico dove le mitologie e gli ambienti riprendono esplicitamente l'Europa meridionale e i suoi popoli, dalla Spagna, alla Provenza, all'Italia, fino ai Balcani e alla Grecia. 
Solitamente il genere si propone come esplicitamente italiano, con una predilezione per la Grecia classica e l'Impero romano. 
In alcune rare occasioni il genere si allarga a considerare l'Africa settentrionale e il Medio Oriente, con evidenti lasciti dalle Mille e una Notte. 
Il riferimento esplicito a un luogo, ovvero il Mediterraneo, rappresenta bene il paradosso di questo genere: si tratta di un fantasy geograficamente vincolato a un determinato luogo e pertanto a una determinata storia. 
Il tono generale rimane improntato all'heroic fantasy, ma l'aggettivo “mediterraneo” necessariamente obbliga a un'ambientazione storica. Il genere high fantasy specifica una determinata tipologia di fantastico e allo stesso modo, all'esatto opposto, il low fantasy sottolinea una tendenza opposta. 
Si tratta di modi di scrivere un fantasy, ma non ne predicano i contenuti. Il grimdark contiene già alcune indicazioni di natura estetica, ma generalmente la violenza insita nella sua definizione può essere applicata al contesto che si preferisce, purché brutale e terra-terra. 
Il cosiddetto Fantasy Mediterraneo pertanto diventa spesso una forma di romanzo storico con elementi fantasy, laddove invece ci si potrebbe aspettare un romanzo fantasy con una base storica. Quando non si menziona una chiara ambientazione storica o si tratta di un mondo alternativo al nostro, i riferimenti rimangono evidenti: un impero dove i suoi abitanti parlano latino, si riferiscono agli altri paesi come “barbari” e hanno arene con giochi gladiatori difficilmente è fantasy. Si tratta, in questo esempio, di un gioco di riferimenti tra scrittore e lettore, dove il divertimento non deriva dalla scoperta di un mondo nuovo, ma dal comprendere a quale personaggio o evento storico corrisponda quell'invenzione, quel colpo di scena dell'autore.
Si tratta ovviamente di giochi speculativi, che non tolgono o aggiungono nulla al prodotto finale: non conta se un'opera è fantasy o bizarro fiction o horror, conta se è scritta bene, con una trama intelligente. Classificare in generi e sottogeneri solitamente determina una tassonomia senza vita, similare a quei collezionisti senz'anima che punzonano con lo spillo splendide farfalle nelle loro tristi bacheche. In alternativa il recente rilancio del Fantasy Mediterraneo con Heroic Fantasy e Hyperborea propone, per così dire, un sottogenere dentro un altro: all'interno del fantasy, l'heroic fantasy howardiano e all'interno di quest'ultimo, il Fantasy Mediterraneo.
Tattica ingegnosa, perchè impedisce ogni ambiguità storica.

venerdì 15 dicembre 2017

Arabrab di Anubi: nell'Egitto decadente e brutale di Alessandro Forlani


Arabrab era solo un'adolescente quando fu prescelta per diventare un'assassina al servizio del Dio dei Morti, Anubi: una macchina da guerra immortale fanaticamente devota alla causa dell'Egitto dei Faraoni.
Lo scenario è un Mediterraneo temprato nella tarda Età del Bronzo: un mondo tanto esotico quanto decadente, popolato da civiltà sanguinarie e mostri lovecraftiani. 
«Ci affidiamo alla politica, ma affondiamo nelle tenebre: viviamo un'epoca di arti magiche e abominevole stregoneria. Nessuno si oppone al male. Dovrai combattere l'oscurità. Non ti dissi che le mie trame non guardano a questa terra, ma che servo il mio paese? Sarai la spada dei nostri dei, la mia nera giustizia»
L'immaginazione del mainstream è così povera di vedute, così mentalmente ristretta.
Si consideri il nuovo Assassin's Creed Origins, ambientato in Egitto. Dalle recensioni dei videogiocatori, il nuovo capitolo della saga è una valida aggiunta, che ha tratto proficuo insegnamento dagli errori passati. 
Non l'ho giocato, non posso giudicare: sembra tuttavia interessante.
Eppure... quante occasioni sprecate.
Il protagonista è l'ennesimo banale assassino e la mappa, così come la vasta gamma di quest e sub quest si limita a una rilettura superficiale: contemporaneamente si evita di approfondire il contenuto storico dell'ambientazione e si evita di sfruttare l'immenso pantheon religioso egizio.
Nessun elemento fantasy in senso stretto, ma nel contempo neppure un approfondimento storico degno di questo nome. L'effetto complessivo, caratteristico della serie, è di quel genere di ricostruzione storica propria di un documentario del National Geographic, di un canale di Rai Storia, di Focus e delle riviste patinate dal dentista.
Ovviamente, si sa: è quello che desidera un pubblico mainstream. Divulgazione di bassa lega, spazzatura diluita fino a renderla insapore. I videogiochi, in tal senso, mantengono un livello di approfondimento migliore di tanta produzione televisiva. Meglio giocare a Total War che sottoporsi a lobotomia frontale con l'ennesimo catalogo di banalità e filmati stilizzati.
E tuttavia... quale spreco, quale perdita.
Quante opportunità di storie e gameplay accantonate nel rifiuto di studiare a fondo la storia o dall'altro, di studiare a fondo la mitologia e la letteratura classica. I Youtuber e gli auto-definiti storici che si definiscono “esperti” perchè hanno giocato a Total War e letto qualche voce di Wikipedia non si rendono ad esempio conto di quanto siano “prigionieri” dell'impostazione videoludica di battaglie e conquiste. Ad esempio, sono convinto che fino all'età moderna (1500) o addirittura fino alle soglie della Rivoluzione Industriale, il controllo delle vie fluviali risultasse di gran lunga più importante di qualsiasi possedimento terriero. Se consideriamo fino all'avvento delle strade ferrate e delle ferrovie i fiumi come la più veloce via di comunicazione, ci si rende conto di quanto fossero snodi strategici fondamentali. In nessun videogioco e se per questo in nessuna trasmissione, documentario o testo divulgativo questo genere di osservazioni gioca alcun ruolo.