Visualizzazione post con etichetta Stephen King. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Stephen King. Mostra tutti i post

mercoledì 17 gennaio 2018

Il fantasy muto e senza nome di Peter Newman: "The Vagrant"


Un viandante, un neonato e una capra attraversano un mondo post apocalittico infestato dai demoni alla ricerca dell'ultima oasi di salvezza e civiltà: la “Shining City”, nel profondo nord.

Il mondo di Peter Newman è un deprimente pianeta grigio e sterile, formato da nudi ammassi di roccia chiamati “montagne”, distese cenerognole un tempo chiamate “pianure” e giungle urbane di edifici abbandonati un tempo chiamate “città”. Scheletri tecnologici di automobili, ferrovie e strutture di cui da tempo si è smarrita la funzione fanno intuire al lettore una precedente civiltà evoluta e sofisticata, caduta da tempo nel dimenticatoio della storia.
La menzione di un sole spezzato a metà, i nomi e le denominazioni astruse e la geografia fantasy allontanano il pericolo dell'ennesimo post apocalittico ambientato sulla Terra, a favore invece di un fantasy vero e proprio, grimdark all'ennesima potenza.

Le ultime vestigia di civiltà umana in “The Vagrant” risalgono all'impero dei “Seven”: sette divinità simboleggianti l'Ordine contro il Caos, alla guida di una civiltà feudale la cui élite sono i “Seraph Knights”. Un ordine cavalleresco, a metà tra feudatari e paladini, dalle spade magiche (tecnologiche?) che sanno “cantare” come la Durlindana di Orlando. Il cavaliere Seraph è addestrato a intonare la propria anima alla spada, con effetti devastanti sul nemico. Dal romanzo non appare mai completamente chiaro se l'accordo “musicale” tra spada e possessore sia il risultato di un'antica tecnologia o sia un elemento propriamente fantastico. I “Seraph Knights” costituivano la punta di diamante dell'esercito dei Sette, ma nel romanzo sono ormai scomparsi da tempo, tranne che per il “vagabondo”, the vagrant, che continua il suo pellegrinaggio in un mondo devastato.

lunedì 6 novembre 2017

Stephen King secondo S. T. Joshi: uno scrittore mediocre e parolaio


Stephen King. Il Re dell'Orrore. In vertice alle classifiche. In vendita, ovunque.
Nelle librerie da discount, così come nelle bibliotechine per intenditori.
Sugli scaffali dei supermercati, così come accatastato sulle bancarelle della domenica.
Gettato nei reparti libri dei grandi centri commerciali; in agguato sulle scansie della libreria dei parenti; presente persino in campagna, in oratorio, a scuola. 
Le biblioteche popolari? 
Strapiene, scaffale dopo scaffale.

Negli ultimi anni, specie dall'uscita del nuovo “IT”, Stephen King è tornato alla ribalta.
Difficile immaginare un periodo di assenza, per il Re dell'Orrore: ogni anno, ogni mese è una presenza fissa in libreria. 
Difficile immaginare di passare più di due anni in un negozio di libri senza dover riempire lo scaffale della nuova uscita, la nuova ristampa, la nuova antologia di racconti. 
It's everywhere, come una piaga. A partire dagli anni '2000 Stephen King ha diminuito il gettito di libri, così come la devastazione cartacea della foresta amazzonica causata dalla sua grafomania – ma anche così i libri si sono succeduti implacabili, l'uno dopo l'altro.
Bombardamento di un'artiglieria borghese e parolaia.

sabato 19 novembre 2011

Come NON scrivere: scrittura, fisiognomica e politica


Vagabondavo come mio solito in città, stretto nel mio impermeabile da barbone, quando vengo fermato da una ragazza con un grande block notes in mano e un sorriso del tipo -fermati-bastardo-ti-devo-parlare-.

- Ciao! Leggi molto?-
- Qualcosina...-
- Qual'è stato l'ultimo libro che hai letto?-
Mi sventola sotto il naso il cartellino per l'iscrizione alla libreria con abile gioco di prestigio.
Presagendo future rotture di coglioni tento la mia carta segreta.
- Senti, sono minorenne... - sorriso mefistofelico, alzo le mani, palmi rivolti in segno di pace
-Mi dispiace-
-Ahhhh, scusa è che...- balbetta qualche scusa e corre ad azzannare qualche altro cliente.

Ovviamente non sono minorenne, ma dubito che avrebbe creduto al titolo del mio ultimo libro letto, "Lombroso, L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia, alla giurisprudenza e alla psichiatria, edizione del 1897".
barba, occhiali e baffi. ecco un uomo virile

Lombroso muoveva dall'idea che basandosi sullo studio del volto e della corporatura di una persona fosse possibile giudicare le sue future azioni e comportamento.
A noi evoluti (sic!) cittadini del 21 secolo può sembrare un'idea ai limiti del demente,
ma all'epoca non mancò di una certa risonanza. Certo, si era predestinati a un dato comportamento, che fosse rivoluzionario, intellettuale, pluriomicida. Tuttavia la fisiognomica indirettamente tutelava il condannato, in quanto ogni atto che compiva non era sua colpa esclusiva, ma indiretta conseguenza dei suoi geni.

Dunque se parlamentari e politici continuano a derubarci gorno dopo giorno, non è colpa loro, sono fatti così! Basta guardarli in faccia, per capire quale categoria appartengono.
Lombroso avrebbe sezionato con gioia il cervello di uomini del genere:

comportamento sorprendentemente simile a quello di molti animali ^^

La fisiognomica con il tempo è diventata una pseudoscienza, ma ha conosciuto singolare fortuna come tecnica letteraria. Un pò come lo stesso Svevo ammetteva riguardo la psicanalisi, la fisiognomica rappresenta una tentazione irresistibile per tutti i romanzieri.
Il tentativo di vincolare determinati sentimenti o qualità d'animo a parti del corpo rappresenta una tentazione troppo ghiotta per poter essere ignorata.
A differenza ahimè della fruttuosa applicazione della psicanalisi in capolavori quali "La coscienza di Zeno" tuttavia, la fisiognomica funziona parecchio male anche come aiuto in descrizioni e stile di scrittura. Questo difetto in realtà non è così sconosciuto, tant'è che lo cita anche Stephen King nel suo manuale di scrittura "On Writing":
Io penso che per dare al lettore la sensazione di trovarsi effettivamente dentro la storia, ambientazione e atmosfera siano molto più importanti della descrizione fisica dei protagonisti. Nè credo che quest'ultima debba essere una scorciatoia per definire il carattere. Risparmiatemi dunque, per favore, "gli acuti e intelligenti occhi blu" dell'eroe e il suo " mento volitivo e risoluto"; altrettanto valga per gli "zigomi arroganti" dell'eroina. Questi sono esempi di cattiva tecnica e scrittura pigra (...)
Rileggendo Eragon di Cristopher Paolini è stato facile imbattersi nella fisiognomica letteraria: ecco ad esempio un breve accenno di descrizione dello sfigato protagonista:
Eragon aveva quindici anni; un anno soltanto lo separava dall'ingresso nella vita adulta. I suoi penetranti occhi nocciola erano sormontati da sopracciglia scure. I suoi abiti erano logori...
Altre evidenti perle del maestro fentesì:
Dietro al bancone c'era il macellaio Sloan {...} Sul volto giallastro e butterato spiccavano occhietti neri e sospettosi
Non credo li si possa classificare come veri e propri difetti letterari, nonostante comunque dimostrino una certa pigrizia mentale. Ad esempio il lettore poteva capire la malvagità di Sloan in modi più avvincenti di una pedissequa descrizione fisica: avrebbe potuto mostrare il macellaio mentre maltrattava un garzone o rifutava di vendere la carne a uno straniero di cui non si fidava.
Quindi prima di scrivere che il vampiro di turno "mostrava occhi sottili e affascinanti, conditi da un pizzico di malvagità" pensateci bene.

Fonti:

Esperienza personale
"Lombroso, L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia, alla giurisprudenza e alla psichiatria, edizione del 1897"
Immagini provenienti da wikipedia
Ovviamente questa è solo puro divertissement. Prendetelo cum grano salis.