lunedì 10 febbraio 2014

Miliardi di tappeti di capelli, di Andreas Eschbach


Andreas Eschbach - Miliardi di tappeti di capelli
 Fanucci, Solaria 13, pp 288  
Giorno dopo giorno, il tessitore intreccia nodi su nodi dei sottilissimi capelli della moglie, delle figlie: sceglie di volta in volta quali filamenti applicare, quali colori scegliere. E anno dopo anno tesse un tappeto di capelli, un arazzo di sostanza vivente, un tappeto morbidissimo e preziosissimo, che terminerà solo nella vecchiaia, gli occhi consumati dalla lente e dal pettine. Insomma: una vita fatta tappeto.
Questi tappeti di capelli verranno venduti a ricchi mercanti, che a loro volta li venderanno ai Cargo dell'Immortale Imperatore, che li userà per tappezzare il marmo del palazzo delle Stelle, sua regale dimora. Una società arcaica, quella dei tessitori. Una civiltà desolata e sabbiosa, guidata dal Dio-Imperatore-Padre. Generazione di tessitore dopo generazione; e nient'altro scopo che servire l'Imperatore. Fino a quando giunge uno straniero, che porta una terribile verità: l'Imperatore è morto, ucciso dai Ribelli! Un dio è stato ucciso. Un ancient regime millenario inizia inesorabilmente a disgregarsi...

Stranissimo romanzo d'esordio, Miliardi di tappeti di capelli.
Nato dapprima nella forma di un breve racconto, parte in sordina, con un capitolo d'esordio impressionante, ma contenuto, che verrebbe da definire “naturalistico”. Il piccolo villaggio di tessitori, l'economia di baratto, il contesto postapocalittico/ medievale, dominato dal passare lento delle stagioni. Non esiste un vero filo conduttore nelle vicende che non siano i tappeti di capelli; i protagonisti cambiano di capitolo in capitolo e fino a metà romanzo la netta impressione è di leggere una raccolta di fatti scollegati se non per brevi cenni.


Questo scoraggia il lettore, che sarà tentato di abbandonare la lettura per qualcosa di più “leggero”, di più “veloce”. Azione e violenza mancano (nonostante la seconda venga lasciata intuire con grande maestria) e questi due fattori, sommati all'intreccio debole, sono una scusa valida per accantonare la lettura. Di solito cerco di non commentare un libro dalla prospettiva “biografica” e “nazionale” ma c'è un granello di stoicismo tedesco, nella freddezza dell'esposizione, nell'analisi dettagliata di personaggi assolutamente immobili, che accettano con coraggiosa passività quanto decide il fato. Morte, strane rivelazioni, disgrazie: tutto passa.

Esempio di Dio-Imperatore-Vegetale ^__^
“ Aprì la porta del piccolo vano per gli attrezzi ai piedi delle scale. Ottantamila anni. Lo pronunciavano in modo tanto spensierato, gli inconsapevoli, come se non fosse nulla. Lo pronunciavano senza profondo rispetto, senza che li cogliesse l'orrore alla vista dell'abisso del tempo. Ottantamila anni. Era un lasso di tempo in cui potevano nascere imperi enormi, essere distrutti e cadere nell'oblio. Quante generazioni vennero e scomparvero in quel tempo, vissero, sperarono, soffrirono, portarono cose che tramontarono nel flusso spietato dei secoli! Ottantamila anni. Lo pronunciavano con lo stesso tono in cui parlavano di ottanta minuti.
Eppure, quel tempo era solo una parte della storia smisurata dell'Impero. Emparak fece un cenno pensieroso con il capo, mentre si tirava dietro il proiettore sulle scale. “

Tuttavia, consiglierei di persistere, perché dal Capitolo “La venditrice ambulante” la trama prende un'escalation sempre più veloce, allargandosi dal minuscolo pianeta all'intero sistema solare, per poi arrivare alla galassia stessa. 
Chi è l'Imperatore, quest'Oltreuomo che si è incoronato divinità, che da millenni domina la galassia? 
Chi sono i ribelli? Com'è morto? 
E sopratutto, a cosa davvero servono, dei tappeti di capelli? 
Da lontane stazioni di ricerca, a mondi abbandonati, al cuore stesso della galassia dove vive l'Imperatore.
I balzi che compie Andreas Eschbach sono giganteschi, tali da far impallidire trilogie molto più lunghe, molto più roboanti. Eppure, alla base, lo stesso tono dimesso che caratterizzava i primi capitoli viene mantenuto, unito a una semplicità nella descrizione ammirevole. Nessun'arguzia tecnologica, nessuna invenzione volta a “stupire”, nessun tronfio ragionamento matematico-tecnico: molta più “fanta” che “scienza”.

Proprio per questo motivo, dubito che Miliardi di tappeti di capelli avrebbe ottenuto un maggior successo, se pubblicato nella collana Urania, anziché nella defunta Solaria. Troppo amore per la storia, in Andreas Eschbach. Troppo amore per l'umano, per i fatti, per il piacere del narrare. Niente robot, niente prosa all'Asimov, niente astronavi che sparano raggi laser e lunghe equazioni per massaggiare il membro scientifico.
C'è perfino qualche passaggio che ammicca all'horror:
“ Gli allacciamenti erano pronti. (…) Le soluzioni nutritive affluivano regolarmente in un intreccio di condotti trasparenti. Il medico controllava gli strumenti, non indicavano nulla di anormale. Era routine. I condotti argentati e flessibili si immergevano nella bocca mezza aperta del paziente; cavi di colore grigio chiaro erano collegati alle narici e alle incisioni che gli avevano fatto nella zona occipitale rasata per l'occasione. Gli occhi e le orecchie erano già state rimosse e sostituite da un modulo elettrico. Lo sguardo del medico scivolò passando sul corpo sottile e nervoso del ragazzo. Si trovava dinanzi a lui, sulla tavola, e un rammarico fugace lo invase. Scacciò questi pensieri, collegò la sega e iniziò a separare la testa dal tronco.
L'autentico difetto? La scarsa reperibilità. Dall'edizione Solaria del 2001, nessuno si è dato la pena di ristamparlo, e trovarlo in giro non è proprio affare di un attimo. 
Dal Rigattiere di fiducia a Ebay, tocca improvvisarsi ancora una volta Archeologi della Fantascienza... 

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