venerdì 5 giugno 2015

Conan il pirata (Fantacollana 26)


Conan il pirata nell'ordine cronologico della vita di Conan è il terzo volume della Fantacollana, dopo il grugnito adolescenziale di Conan! e le avventure tra i ghiacci di Conan il cimmero.
Dopo la nobile professione del ladro, del guerriero, del mercenario prezzolato, del sicario, del capitano delle guardie di palazzo di re/regine/imperatori che prontamente gli muoiono tra le braccia, Conan intraprende una ruspante carriera piratesca. A dire il vero l'attività di pirata compariva già in Conan di Cimmeria, nel bel racconto La Regina della Costa Nera, ma in questa terza raccolta i temi pirateschi sono più frequenti. 

Leggendo Howard sto cercando di non esagerare; non voglio “stancarmi” del mondo hyboriano tanto presto, sciaguratamente abbuffandomi su quanti più racconti possibili. Cerco quando possibile di alternare con altre letture – e non è facile, considerando che sono anche sotto esami, e sono anche intento a scrivere di mio racconti, e sono anche sotto commissione di un paio di recensioni – tuttavia davvero non voglio dover aprire il prossimo volume della Fantacollana con basso entusiasmo, col pensiero “boh leggiamolo dai, così facciamo in fretta la recensione e aggiorniamo sto' blog!”. Pianificare gli articoli del blog e portarsi avanti con la scrittura è sempre un'idea saggia, ma non bisogna mai costringersi alla lettura di alcuni romanzi, di alcuni saggi con l'unica motivazione di recensirli altrove. Leggete perché vi piace quello che state leggendo, e lasciate l'obbligo della lettura ad altri ambiti; lavoro, studio, editing ecc ecc
Tutto ciò per rimarcare ancora che ho tutta l'intenzione di continuare la lettura dei volumetti hyboriani, ma con tempi e modalità lente, senza volersi affrettare.

Di questi racconti, pur coi loro innegabili difetti, apprezzo molto una certa innata semplicità.
Non è corretto scrivere, come fanno molti, che Conan agisce prima di pensare. Prendendo le dovute distanze dal Conan di Milius, Howard descrive spesso il flusso di pensieri di Conan, che per quanto limitato dal suo essere barbaro, è lontano dall'essere una scimmia con una spada in mano (1). Conan pensa e agisce. Compie ragionamenti, compie scelte, la sua non è solo astuzia barbarica, ma apprendimento dall'esperienza più dura: quella del campo di battaglia. Si può dire che Conan agisce nel momento stesso in cui pensa. Non c'è alcun intervallo di tempo che segue al ragionamento compiuto, nessuna barriera a frenare l'azione. Nel momento stesso in cui pensi, agisci subito per attuare quel pensiero. E' parte di un tutt'uno, di un unico movimento che dal cervello si propaga al corpo senza intermediari quali la cultura, la civiltà, la vergogna, nozioni e idee troppo astratte, troppo svincolate dal reale. Gli uomini civili del mondo hyboriano sono al contrario orribilmente oberati di vincoli, di leggi, filosofie, droghe sia culturali che reali. Non riescono ad afferrare la realtà, per dirla alla Zarathustra a “mordere” la testa del serpente. Al contrario il barbaro non ha “barriere” mentali.
Che è un gran giro di paroloni per dire che Conan non è intralciato dalla civiltà, ma si muove e agisce come un vero barbaro del nord.

Howard gioca la carta "barbaro" (senza grande successo)
Ho anche riscontrato con piacere che leggere Conan velocizza la propria scrittura. Forse perchè scrittore pulp, che mandava i propri racconti, li pubblicava e ci ricavava quanto di che vivere, Howard aiuta davvero molto nella redazione di un racconto. Leggendo Howard ho sbrogliato la trama di un racconto che sto scrivendo: ero bloccato, stuck, in un punto dove non riuscivo a capire come proseguire. Avevo deviato dalla scaletta iniziale molte pagine prima, comprendevo a stento le motivazioni della protagonista e avevo perso il filo mentale dei miei personaggi principali. Eppure dopo aver letto un paio di racconti della Fantacollana ho ripreso a scrivere, e la soluzione si è profilata chiara e semplice; nessun evento drammatico, nessuna necessità di allungare il brodo. Semplicemente un'evoluzione della trama che non avevo considerato, ma che risultava perfettamente naturale. Certo, questo probabilmente ha comportato che ora ho inserito nel racconto “muscoli guizzanti” e valanghe d'infodump... ma voglio comunque sottolineare quanto leggere Conan mi ha spinto a battere la tastiera con più foga, a tagliare quei nodi gordiani di trama&personaggi in cui troppe volte finiamo orribilmente aggrovigliati. E' sempre meglio tenere il tutto sul semplice, limitando il carico di dettagli e ipercomplicazioni al minimo necessario.

Forse dovrei procurarmi un'edizione cartacea che sia mia di Conan, da tenere sulla scrivania nei momenti d'improvviso blocco creativo. Potrei brevettarlo come una soluzione efficace al blocco dello scrittore, chiamarlo “Metodo Conan” e alternarlo a piccoli rituali come tagliuzzare la carta con asce giocattolo e flettere anemici bicipiti geek ripetendo “Roarr! Per Crommm!”
Umh, meglio proseguire...

Falchi su Shem

Nonostante venga accreditato come produzione originale di Howard, Falchi su Shem è una riscrittura campiana. L'opera originale prevedeva un'ambientazione medievale, nell'Egitto nell'anno domini 1021. Sprague de Camp, per motivi a me ignoti, scelse di riscrivere e riadattare l'intero racconto per farlo rientrare nell'avventura standard di Conan. L'ambientazione resta desertica e assolata, ma viene spostata nel continente hyboriano.
Francamente, è un racconto molto povero. L'ho trovato un po' pesante, un po' ripetitivo. Dall'ambientazione ai personaggi, sa spaventosamente di già visto. L'idea del re folle poteva risultare interessante, ma è gestita così così senza davvero sorprendere il lettore. E' comunque un racconto solido, ma come dicono agli alunni un po' pigri, “può impegnarsi di più”.

Colosso Nero
Come spesso succede, l'interesse di Rufia di Falchi su Shem per Conan non dura a lungo, e presto la coppia si separa, ciascuno per la propria strada. Conan si arruola al servizio di Almaric di Nemedia, un generale mercenario che ha messo le proprie lame al servizio del piccolo regno di Khoraja. La contrada confina con il deserto dello Shem ed è governata dalla sorella del re, Yasmela. Il monarca è infatti in ostaggio del vicino regno di Ophir.
Yasmela è tormentata ogni notte da uno spirito spaventoso, che minaccia di conquistare Khoraja, e da lì il mondo intero. Si tratta del mago Thugra Khotan, un uomo vecchio di tre millenni, che aveva scelto d'entrare in uno stato di animazione sospesa quando la civiltà che governava era sprofondata nel caos. Dopo che il ladro Shevatas accidentalmente lo “sveglia” dal suo sonno immortale, Thugra assume il nome di Nathok il Velato, e inizia a radunare le tribù di nomadi dello Shem in una temibile orda. Di notte il suo spirito tormenta lascivo Yasmela, non solo per insidiare il suo trono ma per conquistarla come sua concubina.
Yasmela, disperata, si rivolge al vecchio dio Mitra, che le ingiunge di affidare il destino del regno alla prima persona che incontrerà uscendo in strada. Ovviamente, quella persona si rivela Conan, cui viene perciò affidato il comando dell'intero esercito Khorajano.

Assieme a Nascerà una strega, probabilmente questo è il racconto migliore del terzo numero della Fantacollana. L'incipit cattura fin da subito, mostrando con meticolosità i preparativi dell'abilissimo Shevatas per penetrare nel sepolcro di Thugra Khotan. La morte del ladro è fulminea, congelata nell'orrore della scoperta: così come altrettanto efficace è la descrizione della coltre di polvere sui tesori sterminati del vecchio mago.
Howard rende chiara come la scelta di Yasmela di nominare Conan generale sia tutt'altro che saggia. Coll'eccezione di Almaric, che conosce bene il valore del barbaro amico, gli esperti di corte inorridiscono all'idea d'affidare a un cimmero ignorante il comando di un intero contingente di soldati ben addestrati. In effetti nella realtà, la decisione di Yasmela sarebbe stata davvero disastrosa, perché il valore in combattimento è una dote completamente diversa dal saper usare strategie e tattiche in battaglia. Sono esistiti generali abilissimi, ma profondamente codardi, o menomati. Così come valorosi cavalieri hanno imparato a proprie spese che saper comandare non vuol dire saper combattere bene. Ma siamo sul continente hyboriano, dove ciò che conta è la forza bruta, e ciò che conta è chi riesce a darle per primo e con maggior forza. Conan, in tal senso, è un generale adatto a comandare mercenari induriti dalla guerra, è per così dire, uno di loro:
Sono nato in mezzo a una battaglia – rispose il barbaro, dilaniando un pezzo di carne con i denti fortissimi. – I primi suoni che udii furono il clangore delle spade e le grida della strage. Ho combattuto in faide di sangue, guerre tribali e campagne imperiali.Ma sai comandare gli uomini e disporre gli schieramenti in battaglia?Beh, posso provare – ribatté lui, imperturbabile. – Non è altro che una scherma su scala più vasta. Devi sbilanciare la guardia dell'avversario, poi… affondo, fendente! E lui ci rimette la testa, o ce la rimetti tu.

La battaglia campale tra Khoraja e Nathok il Velato è il fulcro del racconto. I numeri dei soldati sono da Howard inventati largamente a caso, senza cognizione di reali battaglie, ma lo svolgimento della stessa è realistico ed efficace. Conan adotta un atteggiamento prudente, mantenendo una linea di battaglia ristretta e in difesa: ma la boriosa cavalleria di corte non può sopportarlo, e carica senza aspettare i suoi ordini. La conseguenza è l'immediata distruzione dell'intera nobiltà Khorajana, quando Nathok svela il primo dei suoi terribili incantesimi. La violenza di Conan raggiunge livelli davvero grotteschi, quando nel pieno della battaglia alcuni soldati si danno alla fuga. Conan prende l'osso di bue che stava sgranocchiando (!) e …
Sulle creste, i guerrieri delle colline esitarono. Uno di loro corse verso il pianoro, con la bava alla bocca.Fuggite, fuggite! – balbettò. – Chi può opporsi alla magia di Natohk?Con un ringhio, Conan balzò dal macigno e lo colpì con l'osso di bue. L'uomo cadde, perdendo sangue dal naso e dalla bocca. Conan sfoderò la spada; i suoi occhi erano due minacciose fiamme azzurre.Ai vostri posti! – urlò. – Se un altro si azzarda ad arretrare d'un passo, gli staccherò la testa! Combattete, maledetti!La fuga cessò bruscamente com'era cominciata. La personalità ardente di Conan fu come un getto d'acqua diaccia sul fuoco turbinante del loro terrore. Ai vostri posti – ordinò concitato il barbaro. – E restateci! Né uomini né diavoli saliranno dal Passo di Shamla, oggi!

Capito? Altro che commissari sovietici...
Non sarebbe normalmente possibile superare il climax di una battaglia, ma Howard ci riesce rapendo Yasmela con Nathock, e spingendo Conan a un forsennato inseguimento nel deserto, che culmina in un duello tra mago e barbaro. Il racconto così si conclude dov'era cominciato: nel sepolcro di Thugra nel quale era entrato Shevatas nell'incipit. 

Ombre al chiaro di Luna

In questo punto della storia Conan si è unito ai kozaki, un'orda nomade con cui aveva già avuto a che fare. Insieme con una sua vecchia banda, i Liberi Compagni, saccheggiano e devastano i confini dell'Impero Turaniano, fino a quando una spedizione punitiva coglie i kozaki in trappola e li massacra fino all'ultimo. Ferito e in fuga, Conan si rifugia in una palude, dove per caso difende una fanciulla – Olivia – dal suo schiavista, Shah Amurath. Dopo aver spaccato il cranio dell'hyrikano che aveva massacrato i suoi compagni kozaki, Conan fugge con Olivia su un isola disabitata, dove scoprono un tempio con misteriose statue di metallo. Nel frattempo una ciurma di pirati è sbarcata sull'isola in cerca di provviste...

Rispetto al Colosso Nero, Ombre al chiaro di Luna è un racconto dal setting molto più ridotto, molto più piccolo. Conan gioca al gatto e al topo con i pirati, cercando d'impossessarsi della nave per fuggire dall'isola e dai turaniani che hanno annientato i kozaki. Al contempo, deve proteggere Olivia, che fidandosi del suo istinto lo avverte che su quelle statue vige uno spaventoso maleficio.

A questo proposito, è divertente come il primo istinto di Conan, non appena vede le statue, sia di vandalizzarle (!), cercando di spaccarne braccia e nasi:
Conan batté l'elsa della spada contro una delle statue.Ferro – sentenziò. – Ma, Crom! In quali stampi sono state fuse?Scosse il capo e scrollò le spalle massicce in un gesto di perplessità.Olivia volse timidamente lo sguardo nella grande sala silenziosa. Vide soltanto le pietre coperte d'edera, le colonne avvolte dai tralci e le statue scure, minacciose. Si mosse, turbata, presa dall'impulso di fuggire, ma le statue esercitavano uno strano fascino sul suo compagno. Le studiò attentamente e, secondo l'abitudine dei barbari, cercò di spezzarne le membra. Ma il materiale resistette ai suoi sforzi. Non riuscì a sfigurare una sola immagine, né a smuoverla dalla sua nicchia. Alla fine desistette, imprecando per lo stupore.

Il motivo dell'isola disabitata, che ritornerà di continuo in Howard, viene qui svolto senza troppo entusiasmo. Ci si diverte e sembra di leggere una bozza malfatta di quanto diventerà Lo stagno dei negri.
Howard butta dentro un po' troppi elementi alla rifusa: dal mostro lanciatore di pietre nella foresta, alla scalata sul pinnacolo, al mistero delle statue, ai pirati... Miracolosamente, tutto funziona non appena lo leggi, ma se affidato ad altri quest'intreccio di pericoli diventerebbe una barzelletta.

La strada delle aquile

Ancora una volta, La strada delle aquile è una completa riscrittura spranghiana. L'opera in origine prevedeva un setting nell'impero ottomano e dunque un'ambientazione decisamente storica. Quest'aspetto rimane sia nell'assenza di elementi soprannaturali, sia in una trama più complicata del solito, con diversi gruppi di avventurieri – uno dei quali sono i marinai con Conan come loro guida - che competono per rapire un principe che può servire o come ostaggio o come guida di un nuovo regno.
Per forza di cose, usando il racconto originale l'intero background ottomano, Sprague de Camp viene costretto a inserire gargantueschi infodump, gradevolmente simili a quell'interminabile lagna del Silmarillion:
Anche con questo vantaggio, il debole Yildiz non sarebbe riuscito a sconfiggere l'aggressivo fratello Teyaspa, se non fosse stato per sua madre, una kothiana che si chiamava Kushia. La formidabile vecchia, che era la vera dominatrice di Turan, preferiva Yildiz perché era più docile, e Teyaspa era stato cacciato in esilio. Aveva cercato rifugio in Iranistan, ma aveva scoperto che il re di quella terra era d'accordo con Yildiz per avvelenarlo. Nel tentativo di raggiungere Vendhya, era stato catturato da una tribù di nomadi hyrcani, che l'avevano riconosciuto e venduto ai turaniani. Teyaspa aveva creduto che la sua sorte fosse segnata; ma sua madre era intervenuta e aveva impedito a Yildiz di far strangolare il fratello.

Tespaya, Yildiz, hyrcani e turaniani... Voi ci capite qualcosa? Io faccio fatica a distinguere tra personaggio e personaggio, quando mi si rovesciano addosso valanghe di nomi, etnie e geografie in questo modo. Del tutto senza reale necessità per altro, perchè il racconto originale non necessitava di queste spiegazioni – essendo ambientato nel nostro mondo, nel 1500!
Detto ciò, La strada delle aquile scorre bene, accelerando verso la fine in una sorta di caccia al tesoro, dove tuttavia il “gioiello” prezioso è l'ostaggio principesco. Notevole il colpo di scena delle creature cannibali nelle grotte, che oltre a dimostrare l'abilità di Camp nell'inserire elementi nuovi al racconto, permette alcune visuali interessanti: in particolare l'idea del guerriero in lotta su una piattaforma sospesa nel vuoto, che combatte contro creature ragnesche (goblin, scarabei egizi, scheletri ecc ecc) che provengono da ogni lato risalendo lungo le pareti... E' da fantasy, è da dungeon, è da videogioco... E questo già nel 1955!

Nascerà una strega

Dopo aver perso i suoi marinai ne La strada delle aquile, Conan si appropria di un cavallo hyrkano e cavalca verso le steppe dei kozaki. I nomadi sono ancora dispersi dalle rappresaglie descritte nell'antefatto di Ombre al chiaro di luna, pertanto Conan raggiunge l'ennesimo, piccolo regno di confine, Khauran. Lì, seguendo un copione prefissato, ottiene il comando della guardia reale della regina Taramis.

Il racconto inizia con un colpo di scena: Taramis, una regina che ha a cuore i suoi sudditi e cerca di governare con saggezza, scopre d'avere una sorella gemella, Salomè (chiaro riferimento biblico). Separata dalla nascita, Salomè è una strega che è stata cresciuta nell'esotico Khitai, contrada cino-giapponese da sempre presente in Howard, ma mai esplorata a fondo. La gemella è l'esatto opposto di Taramis: è malvagia, lussuriosa, adora idoli pagani lontani dal pseudo monoteismo di Mitra, evoca demoni e si associa a un'armata di mercenari. Grazie alla perfetta somiglianza con Taramis, può scambiarsi con la sorella e prontamente governare il regno. Mentre il popolo bue non comprende l'improvviso mutare di sentimenti della sovrana, la “vera” Taramis giace in cella, periodicamente seviziata da Salomè. Conan, nel frattempo, intuendo la vera natura della sovrana viene sanguinosamente catturato e inchiodato a una croce: abbandonato presso il deserto è destinato a venire mangiato vivo dagli avvoltoi. Ma ovviamente Conan crocifisso è pur sempre Conan e nemmeno questa terribile ordalia riesce a uccidere il cimmero...

Ingiustamente ritenuto un racconto mediocre, Nascerà una strega al contrario è ricco d'innovazioni e sperimentazioni rispetto al “solito” racconto howardiano.
In primo luogo, la crocifissione. Una scena visivamente, emotivamente potentissima, che rovescia i tropos di solito associati a questo genere di torture. Conan, un barbaro pagano, viene torturato con il martirio cristiano per eccellenza da un rappresentante della cosiddetta “civiltà”. Ma grazie alla pura forza di volontà, al suo essere “incivile” e selvaggio riesce a sopravvivere. Il morso dell'avvoltoio, e la volontà di vivere spinta al suo estremo caratterizzano questa scena, e la mettono in netta contrapposizione con la rassegnazione “passiva” che invece caratterizza il “santo” cristiano. Conan non si arrende mai, neppure nella più terribile della situazione. Preferisce combattere fino all'ultimo, senza accettare il martirio come un volere dall'alto. Immobilizzato, sanguinante, assetato, trova però la forza di staccare coi nudi denti la testa all'avvoltoio. Considerando che sia Lovecraft che Howard leggevano e studiavano i filosofi di fine ottocento, Nietzsche compreso, considerare questa scena come una ripresa del morso del serpente nel Zarathustra non è così “forzata” come potrebbe sembrare. Mordendo, Conan sceglie di voler vivere, di non voler diventare l'ennesimo martire nichilista: sceglie la vitalità, con la sua connessa e inestricabile violenza (l'uccisione dell'altro che ti vuole divorare, in questo caso l'uccello da carogna). Non deve così sorprendere che dopo questa terribile ordalia, Conan virtualmente scompare dal racconto. In un certo senso, è “asceso”, ha superato una prova fondamentale. Da quel momento in poi, per tutto il Nascerà una strega, Conan diventa un fantasma di sfondo, una potenza della natura temuta e odiata dai suoi nemici. Diventa in effetti invincibile, come se la tortura l'avesse ammantato di un'aura soprannaturale. Conan ha vinto in quell'istante in cui viene liberato dai chiodi, da lì in poi la malvagia Salomè non può che perdere.

Avendo letto questo racconto verso credo i dodici, tredici anni, sono rimasto sorpreso da quanto bene lo ricordassi. Innanzitutto il tema del doppio, connesso con descrizioni pruriginose delle frustate di Salomè verso Taramis; poi il trucco dell'assedio e delle macchine da guerra “finte” che denotano le abilità strategiche del nostro cimmero. Senza dubbio ingegnoso da parte di Howard l'infodump mascherato della lettera del sapiente Astreas, che descrive in poche pagine i cambiamenti apportati dalla falsa Taramis sui suoi poveri abitanti, tra sacrifici umani e continue tasse. A contraltare, il mostro finale è talmente abbozzato, talmente irrealistico che nemmeno riusciamo ad immaginarlo: probabilmente Howard fu costretto a inserirlo per obbligo del suo editore, perché non svolge alcun ruolo rilevante, tranne che morire subito sotto la spada di Conan!

Salomè inoltre utilizza nella battaglia finale una sorta di "teletrasmissione" data da due sfere, di cui una viene trasportata dal minion di turno. Forti di anni di D&d, l'idea ci sembra abusata, ma considerando che il racconto veniva scritot negli anni trenta, si tratta ancora una volta di un'idea notevole: 
La strega entrò nella camera dove aveva parlato con Constantius e si avvicinò al piedestallo: notò che la sfera di cristallo era offuscata, venata di sanguigne striature cremisi. Si chinò sul globo, imprecando sottovoce.
- Zang! - chiamò. - Zang!
Una nebbia turbinò nella sfera e si risolse in nubi vorticanti di polvere in cui si muovevano figure nere, irriconoscibili; l'acciaio balenava come folgore nell'oscurità. Poi il volto di Zang apparve nitidissimo: sembrava che i suoi grandi occhi fissassero Salome.

Senza spoilerare troppo il finale, la rincorsa di Valerius per salvare Taramis e l'arrivo provvidenziale di Conan ricordano molto l'ultima scena dell'altrimenti dimenticabile Conan il distruttore, di Laurentiis.

(1) Non a caso grossi esseri scimmieschi abbondano nei racconti che ho finora letto e spesso Conan sembra volersi rispecchiare, salvo poi ribadire la propria umanità – un essere “umano” che mostra ancora d'avere un nesso col mondo primordiale, animalesco che spesso lo assale. 

2 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Questa parte di Conan pirati mi manca...
Ma del resto mi manca ancora molto

Coscienza ha detto...


I racconti "originali" di Howard li trovi facilmente in molte delle ultime raccolte, se vuoi recuperare :)