Bioshock Infinite è il
tipico gioco sottovalutato perché tutti lo reputano sopravvalutato.
Tra giocatori che
rifiutano di giocarlo per conservare il “bel ricordo di Bioshock”
(sic!), giocatori che accusano il gameplay old style di essere
troppo semplicistico, ma lodano senza remore giochi indie altrettanto
ripetitivi e semplicemente recensori che smerdano ogni gioco nuovo
per far vedere quanto sono duri&severi, il titolo di Ken Levine
non se l'è passata affatto bene. Ed è un peccato. Perché specie
con gli ultimi due Dlc, il lavoro di ricamo e raccordo dell'imponente
background del mondo di Ken Levine ha raggiunto ottimi risultati.
Rapture, del primo
Bioshock, è un'utopia Randiana dove l'egoismo di uomini troppo
intelligenti per essere umani è degenerata in una società senza né
legge né morale, dove uomini deformati dall'abuso di sostanze
psicotrope vivono sul fondo di una magnifica città sottomarina art
deco.
Columbia, di Bioshock
Infinite, è un'utopia ottocentesca dove una gigantesca cittadella
volante che simboleggia l'orgoglio degli stati Uniti d'America s'è
resa indipendente, fluttuando di cielo in cielo preda di una violenta
guerra civile tra l'ultracapitalismo dei Padri Fondatori, cocktail di
religione, industria e razzismo anglomane e l'anarchia comunitaria della Vox Populi, operai e schiavi guidati da Daisy Fitzroy, figura ricalcata sui
molti, troppi rivoluzionari che a fine 800 vengono consumati dalle
loro stesse lotte intestine.
Se Ken Levine nel primo
Bioshock svergognava i Libertari per cui lo Stato non esiste e solo
il più forte deve sopravvivere, in Bioshock Infinite la satira
inarrestabile è diretta contro un capitalismo selvaggio che sfrutta
la religione cristiana per giustificare un classismo asfissiante e
una Xenofobia più mostruosa dei suoi stessi mostri che accusa. Nel
primo (ma ancor di più nel secondo) c'è davvero tanto, di quel
materiale da mettere sotto esame. Se c'è un gioco da tesi di laurea,
è questo.
Incidentalmente, Bioshock
Infinite è anche la perfetta satira dello steampunk: laddove la moda
attuale è di dipingere con toni nostalgici il passato della
Bell'Epoque, come un “bel mondo” dove “vigeva l'ordine” qui
il velo (di Maya?) viene strappato e gli Stati Uniti svelano un volto
selvaggio, dove la scienza serve i padroni dell'Industria e la più
totale assenza di legge domina rapporti di tipo schiavistico tra
classi borghesi e operai-macchine.
Ahh il salutismo di Rapture! ^^ |
Ovviamente questo poco
importa al recensore: la sceneggiatura è sbrigativamente chiusa con
un “è pieno di mindfuck!” e se va bene, esce un 8, un 7, un 5.
Gameplay scarso, scarso, scarso! Mah. Datemene altri, di giochi con
gameplay così scarso ma trame, ambientazioni, originalità, tette
del genere. Il mercato ormai obbedisce sempre più agli input degli
utenti, e (purtroppo) con input del genere difficilmente faremo molta
strada.
Quindi non sorprende che
quest'ultimo Dlc di Levine, autentico testamento d'addio, sia passato
tanto in silenzio. L'Elizabeth di Columbia (o almeno una delle sue
tante incarnazioni) finisce su Rapture e viene progressivamente
trascinata in un'avventura sanguinosissima e sibillina, che cerca a
furia di manifesti e varchi nel tempo di intrecciare le due distopie,
la Città del Cielo (Columbia) e la Città del Mare (Rapture). Il
lavoro di Levine abbonda di contraddizioni e errori logici e ciò non
di meno lo sforzo è d'ammirare. Il momento in cui si mescolano i
ricordi della prima giocata di Bioshock e quelli d'Infinite fanno
sentire davvero straniti, un po' come se un chirurgo da strapazzo ti
rovistasse nel cervello. Non a caso una delle scene di quest'ultimo
Dlc ti getta a confrontarti con l'aguzzo ago di un torturatore che
vorrebbe operarti una lobotomia transorbitale. E' una scena di gioco che vista dalla
prospettiva della vittima risulta davvero disturbante, fin troppo ben
fatta.
Tutta l'avventura, in
effetti, nello sforzo d'immergere il giocatore nella mente di
Elizabeth risulta profondamente disturbante. In parte sopratutto per
la misoginia di Ken Levine che non sembra comprendere il concetto che
una protagonista femminile possa cavarsela da sé. Ragazze guerriere?
Nahhh! Di scenario in scenario, il fantasma registrato di Booker
ri-compare, a volte contestualizzato nella svolta narrativa, ma nel
90% dei casi buttato lì come deus ex machina a salvare la
protagonista. Elizabeth è un personaggio dalla psicologia di gran
lunga più sfaccettata di Booker, ritrovarsi tra le tette la vocina
di Booker che ti commenta in sottofondo è piuttosto irritante. Avete
presente quegli amici che continuano a tormentarvi convinti che
potrete trovare felicità e sicurezza solo con loro, o certi
appiccicosissimi parenti? Ecco, la sensazione è simile.
Al di fuori di tante
sbavature, la maniera con cui Levine trasmette l'ideologia delle sue
Distopie è sempre efficace. Secondo una definizione che ne dava il
buon Zizek nella Pervert's guide to ideology...
According to our common sense, we think that ideology is something blurring, confusing our straight view. Ideology should be glasses, which distort our view, and the critique of ideology should be the opposite, like, you take off the glasses so you can finally see the way thigs really are. This precisely, and here the pessimism of the film, of They Live, is well justified, this precisely is the ultimate illusion: Ideology is not simple imposed on ourselves. Ideology is our spontaneous relationship to our social world – how we perceive each meaning and so on and so on. We in a way enjoy our ideology. To step out of ideology – It hurts. It's a painful experience...
Bambina disegnata con lo stampino. Frangetta, giubbotto, espressione "m'hanno rotto lo smartphone buaahh" |
Un esempio calzante e al
passo coi tempi è senza dubbio dato dall'ultimo trailer del gioco Homefront 2: The Revolution. Se sorvoliamo sul fatto che l'idea della
Corea del Nord che invada gli Stati Uniti sia una palese cazzata,
troviamo qui condensate in poche scene il classico immaginario
totalitario: marce militari, brutalità gratuita e squallore a tutto
spiano. Nelle prime scene al posto di blocco i soldati coreani
picchiano a sangue diversi civili inermi. L'intento è chiaro:
mostrare direttamente al giocatore chi siano i cattivi, e quanto
malvagio e fuori di testa sia Kim Jong-un.
L'avventura poi continua,
il bravo civile imbraccia le armi e falcia i cattivi musi gialli e
uccide a sangue freddo in un attentato soldati che facevano solo il
proprio dovere. Solite cose. Non c'è nessuna sottigliezza in questa
rappresentazione: c'è l'idea di un potere oppressivo che si mostra
senza nascondersi, che urla continuamente “Sono cattivo!” e
gonfia i muscoli calpestando gattini pucciosi per evitare che il
giocatore/spettatore si confonda.
Quant'ho invece sempre
apprezzato in Levine è come l'ideologia delle sue distopie non sia
mai mostrata in modo così rozzo. Piuttosto, al di là degli splicer
è sempre allusa nell'ambientazione, nel setting. Sfumata come se
fosse l'unica possibile, quella “normale”. L'ordine giusto delle
cose.
Il grosso del lavoro è
ovviamente affidato ai manifesti. La pubblicità che è invece
propaganda mascherata, i manifestini appesi ovunque, i discorsi dei
nemici.
Quando il Dlc parte,
Elizabeth è a Parigi. Una Parigi d'inizio 900, raffinata e gaudente.
Bambini che ballano, giovani pittori all'opera, musicisti che
suonano, educati gentiluomini che drinkano il caffè della mattina.
Eppure, dopo una tempesta, il cielo diventa nero, partono i lampi, la
gente si chiude in casa. E un grande manifesto stracciato pubblicizza
ora la rivoluzionaria tecnica della Lobotomia, come “grande”
conquista della “scienza”.
E' una trovata ancora
piuttosto rozza, ma efficace. Quanto oggi definiremmo senza dubbio
una bestialità, un abominio, era all'epoca pratica incoraggiata,
anzi “progresso” dell'umanità. Quant'è normale, anzi approvato
e/o ignorato in un contesto, diventa mostruoso in un altro:
ideologia.
Nella decadente Rapture,
due sono invece gli ambienti che colpiscono il giocatore un minimo
attento, per quanto siano mostruosamente carichi d'ideologia.
Il primo è un negozietto
porno di quart'ordine, ininfluente nella storia.
Riviste, fonografi,
manifesti di film: c'è un po' tutto l'assortimento che in quantità
dilagante caratterizzerà l'età contemporanea. Il profondo edonismo,
la ricerca assoluta e personale del singolo è sempre stata
caratteristica propria di Rapture e non poteva non coinvolgere la
sfera sessuale. Non a caso al di là di un rubizzo marinaio, un
poster mette in mostra un essere androgino alla ricerca “del
proprio io e della propria soddisfazione personale”, dove
chiaramente l'accento è posto sull'insindacabile necessità del
singolo di auto-soddisfarsi pienamente. Il secondo poster è invece
del genere sadomaso, che non a caso è l'altra tipologia di sesso che
per eccellenza ricerca un chiudersi in sé stessi, che accumula
barriere su barriere (corde, cavi, catene, bavagli ecc) e che in
ultima analisi cerca sempre una soddisfazione profondamente egoista.
Sempre nello stesso luogo,
Elizabeth rinverrà il plasmide Peeping Tom, che permette oltre
all'invisibilità (temporanea) una visione raggi-x per le pareti.
Utilissimo per il combattimento, incidentalmente è pubblicizzato nel
negozio come l'aggeggio per eccellenza del voyeur. Ancora una volta,
personale soddisfazione. Non andrebbe sottovalutata la carica
ideologica nella pornografia.
Il secondo è una palestra
di una scuola elementare.
Il disegnatore si è dato
da fare per riprodurre il personaggio inventato di Ryan the Lion,
pupazzo dell'ideologia sfrenata di Jack Ryan. Il leone Ryan insegna a
badare a sé stessi; insegna a non fidarsi degli altri; insegna a
essere nella vita il più possibile egoista, selfish e
ambizioso. Il leone Ryan insegna che calpestare gli altri con ogni
mezzo possibile e immaginabile è bene, purché permetta la vittoria.
Insomma, quella piccola, innocua palestra diventa un microcosmo
ancora una volta del brainwashing all'opera in Rapture.
Abbiamo una lavagna,
l'ennesimo poster.
“Angolo della vergogna”
e “Non condividerò i miei giocattoli”.
Abbiamo l'antagonista di
Ryan the Lion, un malvagio topo cattolico papista: occorre infatti
ricordarsi che siamo negli anni 20/30, quando ancora la Chiesa era
considerata un'istituzione teocratica dura&pura, parte integrante
di quello Stato che Ryan aborrisce perché limita quell'ambizione
crudele che tanto mirava a liberare. Bei tempi, quando il pontefice
non era il commesso dello zuccheroso Supermarket dell'Amore
Universale™
Sapete l'ironia? Ryan the
Lion esiste per davvero, è un personaggio di un fumetto per bambini sulla tolleranza >__<
Nel suo viaggio, Elizabeth
finisce per fare un salto da Rapture a Columbia, finendo dritta
dritta nelle ultime fasi della rivoluzione di Daisy Fitzroy.
Molto
discretamente, Levine rivela dettagli sulla vita di questa
rivoluzionaria che la spinge in una luce nuova, decisamente più
umana. La parte meno convincente di Bioshock Infinite era proprio
cercare di far equivalere sullo stesso piatto il capitalismo dei
Padri Fondatori e il movimento anarchico-comunitario della Vox Populi: dalle idee opposte, il secondo conseguenza del primo,
arrivavano tuttavia a identici picchi di violenza.
Daisy si macchia
di un delitto atroce (o meglio ci prova) e le nuove forze dai
cappucci rossi dei rivoluzionari sembrano solo sostituire i quadri
dirigenti, senza davvero mutare la situazione. Come a dire: non è
cambiato nulla, sono tutti uguali e sono tutti cattivi.
L'idea era
interessante, ma la realizzazione falliva su tanti livelli. Il più
ovvio era che la “Rivoluzione” si colloca al termine del gioco, e
lasciava pertanto poco spazio per svilupparsi. Il secondo era che
“l'ideologia” come ho poveramente tentato di analizzare, mancava
totalmente. L'ideologia implica un certo livello d'ipocrisia; una
“normalità” che non è tale, un modus vivendi accettato come il
migliore possibile. La realtà quotidiana si deforma solo per qualche
evento traumatico, come indossare gli occhiali in Essi Vivono. Nel
turbine sanguinario di una rivoluzione non c'è questa normalità e
non c'è quest'ideologia. La giustizia sbrigativa di Daisy Fitzroy è
giustizia diretta, brutale, ma in quanto tale non ha ipocrisia. E'
l'equivalente femminile di Robespierre, figura che ammiro proprio
perché come Kant in filosofia, non si cura di accorgimenti e
piccolezze: tira avanti, applica quanto ritiene sia giusto. Inumano.
Quest'uomo andrà lontano, perché egli crede in tutto ciò che dice. (Mirabeau)
Ci vuole una speciale
stupidità per arrivare a tanto, ma molto eroismo si nutre di
stupidità.
L'ultimo Dlc accentua
quest'aspetto, dando quasi un'aura Shakespiriana a Daisy, che si
scopre decisa a sacrificarsi, pur di spingere Elizabeth a diventare
quello che è diventata, pur insomma di far andare avanti la
rivoluzione e sistemare le cose.
Né Booker DeWitt né
Daisy Fitzroy né Elizabeth riusciranno a cambiare l'asfissiante
ideologia del Capitale di Rapture/Columbia. Ma passo dopo passo
sveglieranno Jack, l'eroe senza nome del primo Bioshock nel lontano
2008. Che finalmente incepperà il dannato meccanismo.
Cerchio completo? Tanto di
cappello (a tuba) a Ken Levine.
La magnifica lady Anna Ormeli. Cosplay nel cosplay. Pura magnificenza. |
Fonti:
Recensione a suo tempo di
Bioshock Infinite di Bittanti, apparsa su Rolling Stones
Sul vecchio, primo
Bioshock c'è un'intervista sul libro "In nome del padre" piuttosto interessante (in particolare
il concetto di “acquario al contrario”).
Un'analisi (fin troppo
superficiale) del ruolo della Religione nei videogiochi è offerto da
un breve saggio americano, Religion in Digital Games. Multiperspective and Interdisciplinary Approaches.
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