Stavo riflettendo sulle
precedenti (ri)letture barkeriane e ho concluso che Barker mescola
tre diverse tecniche, in quello che scrive.
In primo luogo, Barker è
ovviamente uno scrittore ricercato, senza timore di usare a fondo il
dizionario.
Quest'aspetto, penalizzato dalle vecchie traduzioni,
risalta nelle descrizioni e nella generale atmosfera raffinata dei
suoi racconti, quand'anche abbondano budella strappate e morti
violente. “Testacruda Rex” è un ottimo esempio.
In secondo luogo, Barker
è generalmente disinteressato alle metafore spicce, ai simbolismi
insistititi, al racconto come messaggio, che sia morale, politico,
intellettuale e così via. Quanto ricerca e ama è il potere
dell'immaginazione, che gli permette nel contesto delle sue opere un
gusto per lo strano e il bizzarro senza giustificazione alcuna.
Si
può criticare quest'elemento come cattiva scrittura e teoricamente
sono d'accordo nelle critiche di S. T. Joshi.
In terzo luogo, Barker è
un autore romantico e come tale commenta e guarda da dietro le
quinte, nelle vesti del demiurgo onnisciente le vicende dei suoi
meschini protagonisti.
I personaggi delle sue storie inoltre agiscono
a loro volta guidati da un sacro fervore; quando il soprannaturale si
manifesta raramente si scivola nel volgare o nella narrativa per
ragazzi, dove il virile protagonista “accetta” l'orrore con
motosega e fucile a canne mozze. L'incontro con il soprannaturale
genera piuttosto una trasformazione, con punti di contatto
nell'estasi religiosa.
E tuttavia lo stile di
Barker non scivola mai nella volgarità, sebbene concedendo tutte le
scene di sesso e di gore che si potrebbe aspettare dalle sinossi. Pur
con il sacro fervore e il romanticismo innegabile dell'autore, c'è
un certo distacco, un'ironia, un humor asciutto e tagliente.
Una strana combinazione.