Non esistono freni sul
treno di Barker: si sale e non si scende, fino a quando non si arriva
a destinazione, qualsiasi essa sia: può essere l'una di notte, le
nove del mattino, il mezzogiorno di una pausa pranzo.
Quando s'inizia
a leggere, non si riesce a smettere.
Il quarto volume dei “Libri di
Sangue” costruisce sulle fondamenta dei precedenti, con un Barker
ormai a suo agio con la kinghiana cassetta degli attrezzi forgiata
con i primi racconti.
Le storie tendono ormai a
diventare veri e propri racconti lunghi, dilatano scene e
approfondimenti psicologici, mentre si abbandona gradualmente le
rivisitazioni dei classici, così come tutto il vecchio ciarpame di
angeli, demoni, pentacoli, ecc ecc
Al contempo, c'è ancora
un gancio, in quest'antologia del 1985, ai primi lavori e un'idea di
horror classica, con tutti i suoi limiti e vantaggi.
“Apocalisse”
è una ghost story originale, ma che rientra nei canoni del genere;
“Vade Retro, Satana” è una storia ammonitrice dentro una
tradizione gotica di vecchissima data. E nel contempo... la modernità
di “Libertà agli oppressi”, de “La condizione inumana” e
sopratutto del cronenberghiano “L'età del desiderio”: si
avverte, giunti a questa fase, una spaccatura netta nella produzione
barkeriana degli inizi.
Con nostra fortuna e come
dimostreranno i lavori successivi, ha prevalso la linea immaginativa
e non l'horror da un tanto al chilo al supermercato...
Libertà agli oppressi
Come il senso del tatto
non ci sembra tanto importante fino a quando non lo perdiamo, allo
stesso modo non ci accorgiamo di quanto e come utilizziamo le nostre
amate mani fino a quando queste non si ribellano alla nostra volontà.
Charlie George è un
imballatore che con le mani ci sa fare: sono i suoi arnesi di lavoro.
Non si meraviglia pertanto se le sente sempre stanche, consunte,
esauste; tuttavia una sincera inquietudine comincia a insinuarglisi
sotto pelle quando si rende conto di come si stiano ribellando al
loro padrone umano.
Le mani complottano. Nella notte, mentre il
cervello di George dorme, si alzano e discutono animatamente la
ribellione. Sinistra è più prudente, timida all'agire; Destra vuole
invece la rivoluzione, è temeraria e si considera la Messia delle
mani oppresse.
Fino a quando uno
stressato Charlie afferra un coltello e all'improvviso una delle sue
mani si ribella e comincia a “liberare” l'altra...
Ricordavo “Libertà
agli oppressi” da una lettura delle Superiori e la storia non è
affatto invecchiata nel frattempo: rimane un'avventura nella paranoia
e nel surreale rara a leggersi. Barker postula la possibilità
fantastica di una ribellione delle diverse parti del corpo dell'uomo
alla sua autoritaria direzione centrale, ovvero alla sua mente, il
suo cervello: le mani, stanche di essere sfruttate, decidono –
letteralmente! - di tagliare ogni legame. Una volta recise dal corpo,
sanno muoversi e coordinarsi con le altri mani e spostarsi alla pari
di un ragno mostruoso.
Barker esplora a fondo le
conseguenze reali di una simile idea, con le mani mozzate che di
notte si recano dalle consorelle ancora soggiogate ai corpi umani per
incitarle alla ribellione. A loro volta, anche tra loro, le mani
hanno una diversa personalità, rappresentata nel caso di Charlie da
“Destra” e “Sinistra”.
Ancora una volta, si deve
purtroppo sottolineare il ruolo di narratore di Barker, indigesto e
inutile: “Così, notte dopo notte, la scena si ripeteva. Era più o
meno così: I George dormono nel letto coniugale. Lui supino,
russando sommessamente; lei raggomitolata alla sua sinistra. La testa
di Charlie...”
Perchè. Perchè
scegliere una forma così inelegante e rozza come “Era più o meno
così”. Cosa vorrebbe dimostrare? Cosa vuol dire? O è così, o non
lo è. E' sinceramente orrendo a leggersi.
Clive Barker è
particolarmente abile a sottolineare il tormento del protagonista,
quando inizia a sospettare come le sue mani non siano poi così sue,
o così obbedienti. La paranoia si trasmette al lettore, che a sua
volta comincerà a guardarsi le mani, a osservarle con divertita
inquietudine.
C'è un fondo di verità
nell'idea di Barker, perchè in effetti nell'ambito delle operazioni
chirurgiche, l'innesto di nuove mani a una persona che le ha perse
spesso causa diverse turbe mentali o addirittura un rigetto: usare
delle mani che non sono le proprie, per quanto dal punto di vista
medico funzioni, dal punto di vista mentale causa diversi problemi.
Profondo era stato l'imbarazzo quando si era ritrovato a tenere per mano dei perfetti sconosciuti. Era accaduto in tre occasioni diverse. Una volta in coda in attesa di prendere il taxi e due volte nell'ascensore in fabbrica. Con se stesso aveva sostenuto che era stato il bisogno istintivo di aggrapparsi a un'altra persona in un mondo che cambia, e miglior spiegazione non era riuscito a trovare. Quale che fosse la ragione, il fenomeno era davvero sconcertante, specialmente quando si era ritrovato a tenersi nascostamente per mano con il suo caporeparto. Quel che è peggio è che la mano del caporeparto aveva risposto alla stretta con slancio e i due si erano ritrovati ad abbassare gli occhi lungo il braccio come due proprietari di cani che guardano le loro indisciplinate bestiole accoppiarsi all'estremità dei guinzagli.
Tra gli errori, si
segnala accanto all'odio di Barker per le categorie di
psicologi&psichiatri, la convinzione che Freud fosse “un
vecchio mangiatore di oppio”, quando in realtà era un cocainomane.
Se la storia vi cattura,
considerate di leggere anche la raccolta di Francesco Sartirana,
“Ipnagogica”, il cui primo racconto, “Manina”, si può bene
collegare a questo.
La condizione inumana
Karney è un giovane
ragazzo che non sa bene cosa farsene della sua vita e il cui lavoro
consiste nel cazzeggiare con i suoi amici, che hanno la malsana
abitudine di picchiare a sangue i mendicanti nascosti sotto i ponti.
A Karney non piace la violenza, ma d'altronde piace ancora meno
restare da solo, fuori dalla banda. Mentre i suoi amici prendono a
calci il barbone, Karney fruga tre le sue cose, scoprendo un oggetto
all'apparenza innocuo: una corda con alcuni complicati nodi.
Qualcosa, inesplicabilmente, sembra attirarlo a quello spago: senza
neanche pensarci, intasca la corda e si allontana. Nei giorni
seguenti, tra una ruberia e un litigio, Karney scopre di essere
ossessionato dalla corda: tutto il suo tempo libero viene speso a
cercare di allentare e risolvere i diversi nodi. Fino a quando slega
il primo e si rende conto di aver commesso un errore: a ogni nodo
corrisponde un legame magico e ogni legame trattiene, “lega” per
l'appunto, un demone...
Giger (con una Coca Cola, un vero orrore), James Cowan e Clive Barker nel 1997 |
“La condizione inumana”
è una storia straordinaria nella misura in cui crea un intero mondo
a parte, a tutti gli effetti un universo magico dove gli incantesimi
si realizzano non con le parole, i rituali e le bacchette, ma con
speciali forme di annodature e nodi su banali pezzi di spago.
La corda ritrovata da
Karney in tal senso si comporta come l'unico anello di Tolkien,
sfuggendo alla presa di chi intuisce troppo stupido per sciogliere i
suoi nodi o catturando l'attenzione di chi intuisce dotato della
pazienza per liberarlo, come Karney:
Il cuore cominciò a martellargli nelle orecchie. Sentiva che il nodo era a pochi secondi dalla sua soluzione. Le spire intrecciate si andavano decisamente separando e ora erano le sue dita succube della corda e non viceversa. Dilatò gli occhielli per fargli passare attraverso gli altri due nodi, tirò e spinse, tutto sotto la guida della funicella.
Ora i colori riapparvero, ma questa volta le sue dita restarono invisibili e vide invece qualcosa brillare negli ultimi millimetri di nodo. Era una forma che si dibatteva come un pesce preso in una rete e cresceva via via che la corda si sfilava dal cappio. Il ritmo dei colpi nelle orecchie si attenuò e l'aria intorno a lui si addensò, diventando quasi gelatinosa, come se fosse immerso nel fango.
Minore interesse hanno
invece i demoni liberati dalla slegatura di ogni nodo, anche se ne
viene fornita un'originale spiegazione evoluzionistica. C'è anche un
che' dello slasher nella struttura della storia, con i drughi di
Karney che vengono eliminati uno a uno.
Apocalisse
Bisogna pensarci bene
prima di compiere il grande passo e sposarsi: lo sa bene la
protagonista di “Apocalisse”, Virginia, una donna del sud
consorte di un predicatore evangelico, John, intento alla sua
crociata di città in città, a predicare e guarire (falsamente) gli
infermi. John ha un ego delle dimensioni di una cattedrale gotica
francese e sta rendendo a Virginia il viaggio un'autentica via
crucis. Quando la coppia, assieme al tuttofare e organizzatore del
giro, si ferma a dormire in un motel, la situazione esplode. John
scopre infatti che il suo amico e autista, Earl, forniva pillole
contro l'ansia a Virginia, che dal suo canto, per le sue facoltà
paranormali, scopre che non sono soli nel motel: i fantasmi infestano
il linoleum e le tende sbiadite. E' una coppia di amanti un tempo
uccisa in quel luogo, le cui dinamiche, descritte da Barker,
curiosamente imitano le dinamiche di John e Virginia...
“Apocalisse” è una
storia estremamente complicata nel numero di personaggi e fili
narrativi, anche se alla resa dei conti si tratta di una semplice
premessa: coppia in crisi – John e Virginia – entra in contatto
con un fenomeno paranormale, che si rivela essere un'altra coppia in
crisi – un marito e moglie fantasmi. Il gioco sta nel ritrovare
nella coppia dei vivi le riflessioni dei morti.
Una storia di fantasmi?
Certamente, se si considera inoltre come sia il racconto meno
splatter dell'intero volume.
Vade retro, Satana!
Un magnate in crisi di
mezz'età decide di scoprire se Dio esiste. Dopo aver fatto ogni
genere di opera di bene per farlo uscire allo scoperto e aver
constatato il suo fallimento, decide di muoversi nella direzione
opposta e creare un Inferno in terra per attirare Satana. Dove c'è
il diavolo, c'è anche l'angelo, secondo la logica semplicistica dell'uomo. Giorno dopo giorno, il magnate sovrintende alla creazione
del suo “Inferno” e anno dopo anno, aspetta così un segno del
soprannaturale...
Questo non è un
racconto, piuttosto una storiella narrata nello stile orale di una
fiaba, di una leggenda metropolitana. Se non la si compara alle
storie precedenti, “Vade retro, Satana!” è sorprendentemente
efficace, con un finale adeguato all'immoralità del suo
protagonista, che si illude di poter “comprare” i suoi beniamini
celesti.
Una vera chicca è la
nazionalità dell'architetto responsabile dell'inferno del magnate,
ovverosia un italiano, ripescato dal liquame degli anni '30:
Girò in lungo e in largo alla ricerca di un architetto e trovò, a languire in un manicomio nelle vicinanze di Firenze, un uomo di nome Leopardo, i cui progetti per i palazzi mussoliniani avevano la grandiosità maniacale perfettamente adatta ai propositi di Gregorius. Così Leopardo fu tolto alla sua cella, vecchio rimasuglio di fetido essere umano, e gli fu restituito il piacere del sogno.
La genialità della sua forza creativa non lo aveva abbandonato.
L'età del desiderio
L'ispettore Carnegie deve
affrontare uno strano caso: in seguito a un incidente ai Laboratori
Hume, uno dei loro pazienti, Jerome, che volontariamente sperimentava
a pagamento prodotti farmaceutici, è fuggito dopo aver commesso
diversi delitti a sfondo sessuale. Uno dei dottori sopravvissuti,
Welles, sa in realtà cosa stia succedendo: per via clandestina lui e
i suoi colleghi stavano testando su Jerome un nuovo afrodisiaco,
“Bimbo Cieco”, com'è cieco il cherubino simbolo dell'amore.
La
droga causa una violentissima eccitazione, che degenera nella
violenza più cieca: il soggetto si sente talmente euforico che si
sente incendiare il petto e desidera estrarre il cuore – simbolo
dell'amore- di chi incontra.
Tra i critici e i blogger
inglesi “L'età del desiderio” ha uno status di culto difficile
da comprendere: se si tratta, certo, di una storia scritta
magnificamente, dall'altro l'idea dell'afrodisiaco non è così
diversa dal film “Il demone sotto la pelle” (Shivers) del 1975,
di Cronenberg. Nel caso di Barker l'azione è limitata a un singolo
individuo, Jerome, senza l'azione di un parassita mutante. Tuttavia
il genere d'influenze, di suggestioni, di riferimenti appare
identico. Si potrebbe piuttosto argomentare come la narrazione di
Barker privilegi, accanto a un elemento di body horror, il dramma
della vittima, il suo tormento esistenziale di chi è divorato
letteralmente dal fuoco della passione.
Questa partecipazione
dello scrittore al lettore, questa ricerca di un elemento romantico
incanalato tuttavia nei confini di descrizioni e scene piuttosto
crude, distinguono Barker da Cronenberg, sempre freddo e distaccato
nell'occhio gelido della sua macchina da presa.
Indubbiamente Barker
raggiunge livelli inesperiti prima d'ora nella descrizione di
sensazioni e impalpabili mutamenti dell'uomo, a partire ad esempio
dalla metamorfosi di Jerome osservata dal video di registrazione
della polizia:
Il tecnico stava per ubbidire, quando Boyle esclamò: "Aspettate!"
Carnegie gli scoccò uno sguardo irritato, prima di tornare ai monitor. In effetti qualcosa stava avvenendo: una sottile trasformazione si andava sviluppando nell'espressione insipida del soggetto. Aveva cominciato a sorridere fra sé e sprofondava nella sua poltroncina come se stesse immergendo il suo corpo allampanato in un bagno caldo. I suoi occhi, che fino ad allora avevano espresso poco più che affabile indifferenza, cominciarono a chiudersi vibrando e poi, appena chiusi, si riaprirono. E quando si riaprirono, c'era in essi qualcosa che prima non si era visto, un appetito fremente, che sembrò uscire dallo schermo e propagarsi nella quiete dell'ufficio dell'ispettore.
Mentre nei film e nei
romanzi tradizionali i medici parlano come lo scrittore pensa parlino
i medici, cioè nella maniera asettica e auto compiaciuta di un
professionista, con Barker queste remore vengono abbandonate a favore
di lunghi discorsi, di sogni di gloria da parte degli sperimentatori
degni di un classico d'altri tempi. Barker non ha così paura di far
pensare al dottore Welles la seguente, messianica, riflessione:
Il mondo aveva conosciuto molte Età. L'Età dell'Illuminismo; della Riforma; della Restaurazione. Ora finalmente iniziava quella del Desiderio. E poi sarebbe stata la fine di tutte le Età, forse la fine di ogni cosa, perché i fuochi che venivano attizzati ora erano violenti come il mondo innocente non avrebbe mai potuto nemmeno sospettare. Erano fuochi terribili, fuochi senza fine, che avrebbero illuminato il mondo intero in un'ultima, possente vampata.
Se le tante scene horror
contraddicono quest'assunto, al contempo è difficile non leggere un
paragrafo simile senza pensare che quanto Barker stava costruendo più
che una storia era una personale mitologia.
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