lunedì 26 febbraio 2018

Creature, di Clive Barker: un horror alla mano


Non esistono freni sul treno di Barker: si sale e non si scende, fino a quando non si arriva a destinazione, qualsiasi essa sia: può essere l'una di notte, le nove del mattino, il mezzogiorno di una pausa pranzo. 
Quando s'inizia a leggere, non si riesce a smettere. 
Il quarto volume dei “Libri di Sangue” costruisce sulle fondamenta dei precedenti, con un Barker ormai a suo agio con la kinghiana cassetta degli attrezzi forgiata con i primi racconti. 

Le storie tendono ormai a diventare veri e propri racconti lunghi, dilatano scene e approfondimenti psicologici, mentre si abbandona gradualmente le rivisitazioni dei classici, così come tutto il vecchio ciarpame di angeli, demoni, pentacoli, ecc ecc
Al contempo, c'è ancora un gancio, in quest'antologia del 1985, ai primi lavori e un'idea di horror classica, con tutti i suoi limiti e vantaggi. 
“Apocalisse” è una ghost story originale, ma che rientra nei canoni del genere; “Vade Retro, Satana” è una storia ammonitrice dentro una tradizione gotica di vecchissima data. E nel contempo... la modernità di “Libertà agli oppressi”, de “La condizione inumana” e sopratutto del cronenberghiano “L'età del desiderio”: si avverte, giunti a questa fase, una spaccatura netta nella produzione barkeriana degli inizi.
Con nostra fortuna e come dimostreranno i lavori successivi, ha prevalso la linea immaginativa e non l'horror da un tanto al chilo al supermercato...

Libertà agli oppressi

Come il senso del tatto non ci sembra tanto importante fino a quando non lo perdiamo, allo stesso modo non ci accorgiamo di quanto e come utilizziamo le nostre amate mani fino a quando queste non si ribellano alla nostra volontà.
Charlie George è un imballatore che con le mani ci sa fare: sono i suoi arnesi di lavoro. Non si meraviglia pertanto se le sente sempre stanche, consunte, esauste; tuttavia una sincera inquietudine comincia a insinuarglisi sotto pelle quando si rende conto di come si stiano ribellando al loro padrone umano. 
Le mani complottano. Nella notte, mentre il cervello di George dorme, si alzano e discutono animatamente la ribellione. Sinistra è più prudente, timida all'agire; Destra vuole invece la rivoluzione, è temeraria e si considera la Messia delle mani oppresse.
Fino a quando uno stressato Charlie afferra un coltello e all'improvviso una delle sue mani si ribella e comincia a “liberare” l'altra...

Ricordavo “Libertà agli oppressi” da una lettura delle Superiori e la storia non è affatto invecchiata nel frattempo: rimane un'avventura nella paranoia e nel surreale rara a leggersi. Barker postula la possibilità fantastica di una ribellione delle diverse parti del corpo dell'uomo alla sua autoritaria direzione centrale, ovvero alla sua mente, il suo cervello: le mani, stanche di essere sfruttate, decidono – letteralmente! - di tagliare ogni legame. Una volta recise dal corpo, sanno muoversi e coordinarsi con le altri mani e spostarsi alla pari di un ragno mostruoso.
Barker esplora a fondo le conseguenze reali di una simile idea, con le mani mozzate che di notte si recano dalle consorelle ancora soggiogate ai corpi umani per incitarle alla ribellione. A loro volta, anche tra loro, le mani hanno una diversa personalità, rappresentata nel caso di Charlie da “Destra” e “Sinistra”.

Ancora una volta, si deve purtroppo sottolineare il ruolo di narratore di Barker, indigesto e inutile: “Così, notte dopo notte, la scena si ripeteva. Era più o meno così: I George dormono nel letto coniugale. Lui supino, russando sommessamente; lei raggomitolata alla sua sinistra. La testa di Charlie...”

Perchè. Perchè scegliere una forma così inelegante e rozza come “Era più o meno così”. Cosa vorrebbe dimostrare? Cosa vuol dire? O è così, o non lo è. E' sinceramente orrendo a leggersi.

Clive Barker è particolarmente abile a sottolineare il tormento del protagonista, quando inizia a sospettare come le sue mani non siano poi così sue, o così obbedienti. La paranoia si trasmette al lettore, che a sua volta comincerà a guardarsi le mani, a osservarle con divertita inquietudine.
C'è un fondo di verità nell'idea di Barker, perchè in effetti nell'ambito delle operazioni chirurgiche, l'innesto di nuove mani a una persona che le ha perse spesso causa diverse turbe mentali o addirittura un rigetto: usare delle mani che non sono le proprie, per quanto dal punto di vista medico funzioni, dal punto di vista mentale causa diversi problemi.

Profondo era stato l'imbarazzo quando si era ritrovato a tenere per mano dei perfetti sconosciuti. Era accaduto in tre occasioni diverse. Una volta in coda in attesa di prendere il taxi e due volte nell'ascensore in fabbrica. Con se stesso aveva sostenuto che era stato il bisogno istintivo di aggrapparsi a un'altra persona in un mondo che cambia, e miglior spiegazione non era riuscito a trovare. Quale che fosse la ragione, il fenomeno era davvero sconcertante, specialmente quando si era ritrovato a tenersi nascostamente per mano con il suo caporeparto. Quel che è peggio è che la mano del caporeparto aveva risposto alla stretta con slancio e i due si erano ritrovati ad abbassare gli occhi lungo il braccio come due proprietari di cani che guardano le loro indisciplinate bestiole accoppiarsi all'estremità dei guinzagli.

Tra gli errori, si segnala accanto all'odio di Barker per le categorie di psicologi&psichiatri, la convinzione che Freud fosse “un vecchio mangiatore di oppio”, quando in realtà era un cocainomane.

Se la storia vi cattura, considerate di leggere anche la raccolta di Francesco Sartirana, “Ipnagogica”, il cui primo racconto, “Manina”, si può bene collegare a questo.

La condizione inumana

Karney è un giovane ragazzo che non sa bene cosa farsene della sua vita e il cui lavoro consiste nel cazzeggiare con i suoi amici, che hanno la malsana abitudine di picchiare a sangue i mendicanti nascosti sotto i ponti. A Karney non piace la violenza, ma d'altronde piace ancora meno restare da solo, fuori dalla banda. Mentre i suoi amici prendono a calci il barbone, Karney fruga tre le sue cose, scoprendo un oggetto all'apparenza innocuo: una corda con alcuni complicati nodi. Qualcosa, inesplicabilmente, sembra attirarlo a quello spago: senza neanche pensarci, intasca la corda e si allontana. Nei giorni seguenti, tra una ruberia e un litigio, Karney scopre di essere ossessionato dalla corda: tutto il suo tempo libero viene speso a cercare di allentare e risolvere i diversi nodi. Fino a quando slega il primo e si rende conto di aver commesso un errore: a ogni nodo corrisponde un legame magico e ogni legame trattiene, “lega” per l'appunto, un demone...

Giger (con una Coca Cola, un vero orrore), James Cowan e Clive Barker nel 1997
“La condizione inumana” è una storia straordinaria nella misura in cui crea un intero mondo a parte, a tutti gli effetti un universo magico dove gli incantesimi si realizzano non con le parole, i rituali e le bacchette, ma con speciali forme di annodature e nodi su banali pezzi di spago.
La corda ritrovata da Karney in tal senso si comporta come l'unico anello di Tolkien, sfuggendo alla presa di chi intuisce troppo stupido per sciogliere i suoi nodi o catturando l'attenzione di chi intuisce dotato della pazienza per liberarlo, come Karney:

Il cuore cominciò a martellargli nelle orecchie. Sentiva che il nodo era a pochi secondi dalla sua soluzione. Le spire intrecciate si andavano decisamente separando e ora erano le sue dita succube della corda e non viceversa. Dilatò gli occhielli per fargli passare attraverso gli altri due nodi, tirò e spinse, tutto sotto la guida della funicella.
Ora i colori riapparvero, ma questa volta le sue dita restarono invisibili e vide invece qualcosa brillare negli ultimi millimetri di nodo. Era una forma che si dibatteva come un pesce preso in una rete e cresceva via via che la corda si sfilava dal cappio. Il ritmo dei colpi nelle orecchie si attenuò e l'aria intorno a lui si addensò, diventando quasi gelatinosa, come se fosse immerso nel fango.

Minore interesse hanno invece i demoni liberati dalla slegatura di ogni nodo, anche se ne viene fornita un'originale spiegazione evoluzionistica. C'è anche un che' dello slasher nella struttura della storia, con i drughi di Karney che vengono eliminati uno a uno.

Apocalisse

Bisogna pensarci bene prima di compiere il grande passo e sposarsi: lo sa bene la protagonista di “Apocalisse”, Virginia, una donna del sud consorte di un predicatore evangelico, John, intento alla sua crociata di città in città, a predicare e guarire (falsamente) gli infermi. John ha un ego delle dimensioni di una cattedrale gotica francese e sta rendendo a Virginia il viaggio un'autentica via crucis. Quando la coppia, assieme al tuttofare e organizzatore del giro, si ferma a dormire in un motel, la situazione esplode. John scopre infatti che il suo amico e autista, Earl, forniva pillole contro l'ansia a Virginia, che dal suo canto, per le sue facoltà paranormali, scopre che non sono soli nel motel: i fantasmi infestano il linoleum e le tende sbiadite. E' una coppia di amanti un tempo uccisa in quel luogo, le cui dinamiche, descritte da Barker, curiosamente imitano le dinamiche di John e Virginia...

“Apocalisse” è una storia estremamente complicata nel numero di personaggi e fili narrativi, anche se alla resa dei conti si tratta di una semplice premessa: coppia in crisi – John e Virginia – entra in contatto con un fenomeno paranormale, che si rivela essere un'altra coppia in crisi – un marito e moglie fantasmi. Il gioco sta nel ritrovare nella coppia dei vivi le riflessioni dei morti.

Una storia di fantasmi? Certamente, se si considera inoltre come sia il racconto meno splatter dell'intero volume.

Vade retro, Satana!

Un magnate in crisi di mezz'età decide di scoprire se Dio esiste. Dopo aver fatto ogni genere di opera di bene per farlo uscire allo scoperto e aver constatato il suo fallimento, decide di muoversi nella direzione opposta e creare un Inferno in terra per attirare Satana. Dove c'è il diavolo, c'è anche l'angelo, secondo la logica semplicistica dell'uomo. Giorno dopo giorno, il magnate sovrintende alla creazione del suo “Inferno” e anno dopo anno, aspetta così un segno del soprannaturale...

Questo non è un racconto, piuttosto una storiella narrata nello stile orale di una fiaba, di una leggenda metropolitana. Se non la si compara alle storie precedenti, “Vade retro, Satana!” è sorprendentemente efficace, con un finale adeguato all'immoralità del suo protagonista, che si illude di poter “comprare” i suoi beniamini celesti.

Una vera chicca è la nazionalità dell'architetto responsabile dell'inferno del magnate, ovverosia un italiano, ripescato dal liquame degli anni '30:

Girò in lungo e in largo alla ricerca di un architetto e trovò, a languire in un manicomio nelle vicinanze di Firenze, un uomo di nome Leopardo, i cui progetti per i palazzi mussoliniani avevano la grandiosità maniacale perfettamente adatta ai propositi di Gregorius. Così Leopardo fu tolto alla sua cella, vecchio rimasuglio di fetido essere umano, e gli fu restituito il piacere del sogno.
La genialità della sua forza creativa non lo aveva abbandonato.

L'età del desiderio

L'ispettore Carnegie deve affrontare uno strano caso: in seguito a un incidente ai Laboratori Hume, uno dei loro pazienti, Jerome, che volontariamente sperimentava a pagamento prodotti farmaceutici, è fuggito dopo aver commesso diversi delitti a sfondo sessuale. Uno dei dottori sopravvissuti, Welles, sa in realtà cosa stia succedendo: per via clandestina lui e i suoi colleghi stavano testando su Jerome un nuovo afrodisiaco, “Bimbo Cieco”, com'è cieco il cherubino simbolo dell'amore. 
La droga causa una violentissima eccitazione, che degenera nella violenza più cieca: il soggetto si sente talmente euforico che si sente incendiare il petto e desidera estrarre il cuore – simbolo dell'amore- di chi incontra.

Tra i critici e i blogger inglesi “L'età del desiderio” ha uno status di culto difficile da comprendere: se si tratta, certo, di una storia scritta magnificamente, dall'altro l'idea dell'afrodisiaco non è così diversa dal film “Il demone sotto la pelle” (Shivers) del 1975, di Cronenberg. Nel caso di Barker l'azione è limitata a un singolo individuo, Jerome, senza l'azione di un parassita mutante. Tuttavia il genere d'influenze, di suggestioni, di riferimenti appare identico. Si potrebbe piuttosto argomentare come la narrazione di Barker privilegi, accanto a un elemento di body horror, il dramma della vittima, il suo tormento esistenziale di chi è divorato letteralmente dal fuoco della passione.
Questa partecipazione dello scrittore al lettore, questa ricerca di un elemento romantico incanalato tuttavia nei confini di descrizioni e scene piuttosto crude, distinguono Barker da Cronenberg, sempre freddo e distaccato nell'occhio gelido della sua macchina da presa.

Indubbiamente Barker raggiunge livelli inesperiti prima d'ora nella descrizione di sensazioni e impalpabili mutamenti dell'uomo, a partire ad esempio dalla metamorfosi di Jerome osservata dal video di registrazione della polizia:

Il tecnico stava per ubbidire, quando Boyle esclamò: "Aspettate!"
Carnegie gli scoccò uno sguardo irritato, prima di tornare ai monitor. In effetti qualcosa stava avvenendo: una sottile trasformazione si andava sviluppando nell'espressione insipida del soggetto. Aveva cominciato a sorridere fra sé e sprofondava nella sua poltroncina come se stesse immergendo il suo corpo allampanato in un bagno caldo. I suoi occhi, che fino ad allora avevano espresso poco più che affabile indifferenza, cominciarono a chiudersi vibrando e poi, appena chiusi, si riaprirono. E quando si riaprirono, c'era in essi qualcosa che prima non si era visto, un appetito fremente, che sembrò uscire dallo schermo e propagarsi nella quiete dell'ufficio dell'ispettore.

Mentre nei film e nei romanzi tradizionali i medici parlano come lo scrittore pensa parlino i medici, cioè nella maniera asettica e auto compiaciuta di un professionista, con Barker queste remore vengono abbandonate a favore di lunghi discorsi, di sogni di gloria da parte degli sperimentatori degni di un classico d'altri tempi. Barker non ha così paura di far pensare al dottore Welles la seguente, messianica, riflessione:

Il mondo aveva conosciuto molte Età. L'Età dell'Illuminismo; della Riforma; della Restaurazione. Ora finalmente iniziava quella del Desiderio. E poi sarebbe stata la fine di tutte le Età, forse la fine di ogni cosa, perché i fuochi che venivano attizzati ora erano violenti come il mondo innocente non avrebbe mai potuto nemmeno sospettare. Erano fuochi terribili, fuochi senza fine, che avrebbero illuminato il mondo intero in un'ultima, possente vampata.


Se le tante scene horror contraddicono quest'assunto, al contempo è difficile non leggere un paragrafo simile senza pensare che quanto Barker stava costruendo più che una storia era una personale mitologia.
  

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