venerdì 23 febbraio 2018

"Mondo Plastica", della Radium: estetica giapponese, storia occidentale


Ricordo come se fosse ieri la prima campagna crowdfunding della Radium, ovvero “Rim City”.
Ricordo il primo giorno, l'esordio con quella soglia che sembrava irraggiungibile.
Ricordo i backers riluttanti, i fan che non sapevano usare Indiegogo, la frenetica campagna, gli omaggi dei colleghi disegnatori e le condivisioni, i nuovi perk e il rush finale...
Ricordo il meritatissimo, inaspettato, successo. Non era affatto poco che una campagna crowdfunding per un fumetto raggiungesse simili cifre, pur con la mente, il braccio e le migliaia di fedeli seguaci del Doc Manhattan. Era un risultato impressionante. Anzi, è tuttora un risultato impressionante. Come altrettanto impressionanti risultarono le successive campagne, tutte parimenti eccentriche, tutte parimenti testardamente uniche, tutte parimenti completate con successo, da “Quebrada” al lovecraftiano “Shadow Planet” tanto analizzato qui su Cronache Bizantine.

La nuova campagna partita la scorsa settimana meritava una menzione tutta speciale per tante sue caratteristiche: dopo “Shadow Planet” e dall'esordio nel 2015 con “Rim City” raramente leggevo di un fumetto altrettanto interessante.
Non si tratta di originalità, nel caso di “Mondo Plastica”.
E non si tratta nemmeno di qualità grafica, seppure superba nel suo complesso.
Si potrebbe invece scrivere di un perfetto connubio tra diversi fattori, tutti egualmente eccellenti.


Si dia fuoco alle polveri con la prima bordata di artiglieria, rappresentata da quel destabilizzante annuncio di una sceneggiatura scritta niente di meno che da Andrea “Casty” Castellan, mostro sacro del genere. In seguito a un esordio come sceneggiatore nel 2003 Casty è diventato un gigante del settore, con storie e disegni nella migliore tradizione di Scarpa e Gottfredson, attivo principalmente nel mondo di Topolino e a volte in quello dei Paperi: si va dalla raffinata costruzione psicologica di personaggi altrimenti bidimensionali (cartooneschi, quali effettivamente sono) al recupero e alla citazione erudita di personaggi dimenticati del passato, come Atomino Bip Bip e la Spia Poeta.
Scopro per altro ora che Casty è nativo della Principesca Contea di Gorizia e Gradisca, pertanto da triestino un compatriota, elemento riflesso da una delle sue ultime storie, “Topolino e l'impero sottozero”, dove adopera dialettalismi come “strafanic” e descrive la città segreta di Agarthi come una replica in carta carbone della (magica, in effetti) Grotta Gigante.
Libero dalle inevitabili pastoie proprie della Disney, la sceneggiatura di Casty dovrebbe potersi esprimere al suo meglio, sprigionando tutte le potenzialità inespresse nei lavori precedenti.

Ryan Lovelock, il disegnatore, esordisce nel fumetto con “Block 109”: si tratta di una serie di fumetti di storia alternativa, dove Adolf Hitler è morto nel 1941 e il Terzo Reich sotto la guida di un Ordine Teutonico e delle SS, ha nuclearizzato Inghilterra e Stati Uniti. 
Come nel romanzo di Harris, “Fatherland”, Berlino è stata ricostruita da zero come “Germania” e l'Unione Sovietica resiste al confine orientale, un colosso industriale minaccioso all'orizzonte. 
Lovelock nell'occasione dimostra un'abilità singolare di mescolare un tratto preciso e ricco di dettagli nelle ambientazioni, curate con maniacale accuratezza, a un design invece dei personaggi slanciato e dinamico. Come nei lavori che seguiranno, questa linea di pensiero nelle migliori tavole sembra fondere il meglio dei due mondi: la libertà del fumetto con il rigore della ricostruzione storica.
In Italia è noto per aver disegnato la sceneggiatura di Recchioni di “Battaglia: La lunga notte della Repubblica”, dove il vampiro siciliano affronta le Brigate Rosse nel 1978, nel tentativo di liberare Moro. Ancora una volta l'abilità di disegnatore di Lovelock si presta a una fanta-storia, dove il piglio a metà tra foto realismo e fumettoso propende per il primo. Sul sito dell'autore trovate anche due fumetti auto prodotti in italiano, “Bego” (2009) e “Conflitto” (2011). Al di fuori del mondo dei fumetti, è più noto come il disegnatore delle nuove edizioni dei librigame “Free Warrior”, di Joe Dever.
Nel caso di “Mondo Plastica”, Lovelock ha scelto di esacerbare il divario tra i due stili: se i mostri, i robot e le creature sono disegnati con implacabile rigore e ricchezza di dettagli, i giovanissimi protagonisti sono silhouette stilizzate, cartooneschi protagonisti immediatamente simpatici per il lettore. Tuttavia quando scrivo di “realismo” non dovete scambiarlo per un crudo realismo: c'è qualcosa d'involontariamente puccioso nelle macchine e negli scenari di Mondo Plastica. 
Il fascino deriva dall'intrinseca clumsiness di questi veicoli, di questi giganteschi, meccanici apparati.
Sono plasticosi, è proprio il caso di scriverlo.

La storia di Mondo Plastica, come si deduce dalle linee di sfogo e dai canali sul logo, ruota attorno a un evento drammatico: l'incontrollata crescita e diffusione del batterio mondoplastica, con il quale sono costruiti il novanta per cento degli oggetti, dei veicoli e delle case del futuro.
Si tratta di una Terra dove il progresso scientifico ha permesso la diffusione della “faunotecnologia”: una scienza a tal punto evoluta d'aver progettato tecnologie capaci di replicare i meccanismi e le proprietà della natura, tali da rendere indistinguibili gli uni dagli altri. Una fauna, una flora... tecnologica, per l'appunto. Tra questi, il batterio mondoplastica, che permetteva una rapida costruzione di oggetti e infrastrutture, si è corrotto e ha rapidamente divorato l'ambiente naturale. Tra il 2107 e il 2117, infatti, il batterio Mondoplastica ha ricoperto con un uniforme tappeto la crosta terrestre. Il batterio nel 2117, da magma incontrollabile, si è solidificato a persistente crosta di centinaia di metri di spessore. All'improvviso, è l'umile terra ad essere il bene più prezioso, all'interno di una società alla Mad Max in via di rapida disgregazione.
2300: l'incipit di Mondo Plastica. Il mondo si è riassestato su gerarchie feudali fondate sul possesso delle (poche) risorse naturali. Uan (e Two?) e Zefir sono due ragazzi come tutti gli altri che vivono in un piccolo paesino. Un giorno, con grande sorpresa, si ritrovano a dover aiutare una loro coetanea, Sel, una principessa braccata dagli sgherri dei “due Re”, i tiranni di questa Terra in decadenza. La ragazza ha continui flashback su di un segreto nel “remoto passato” su quanto oggi definiremmo “tecnologia”, ma che nel 2300 ormai è noto come “magia”.
Dinanzi ai tre giovani eroi, in fuga dai “due Re”, ogni genere di ostacolo: pirati, spie e avventurieri di ogni risma, senza dimenticare il misterioso Re Nero dell'Oltremondo...


Uno spettro si aggira per il Mondo Plastica ed è ovviamente lo spettro di Miyazaki.
Gli stessi creatori hanno riconosciuto il debito verso il creatore giapponese: Mondo Plastica è una storia post apocalittica “Miyazakiana”. Dall'essere il nome di un regista, Miyazaki è diventato un aggettivo, una qualifica, come “lovecraftiano”, “tolkeniano”, ecc ecc Una riprova della pervasività e del successo dell'autore e nel contempo della sua profonda influenza sull'Italia, se si considera come il Bel Paese sia tra i principali mercati stranieri di cultura giapponese, dopo l'intossicata per eccellenza, ovvero la Francia. La comparazione verso la “Nausicaä della Valle del vento” non deve tuttavia ingannarci sull'originalità dell'ambientazione.
L'ispirazione, se c'è, appare di natura estetica.

I disegni preparatori sulla pagina di raccolta fondi esibiscono nella prima immagine una sorta di hovercraft dalla carrozzeria propria di una locomotiva ferroviaria, con il camino e gli abitacoli pesantemente decorati, si noti tra i tanti la faccia scolpita sul comignolo. La forma è anche reminescente dei veicoli di Jabba the Hutt nel “Ritorno dello Jedi” (1983).

Uan, Zefir e Sel sembrano cavalcare una bestia da soma apparentemente frutto di un incrocio tra un dromedario e un chocobo, dalla quale sembrano emergere componenti meccaniche che lasciano il dubbio sul suo essere davvero un animale o una componente di questa “faunotecnologia”.
La bestia sembra assolvere il ruolo proprio di tanti cartoni dell'animale buffo e fedele.

Il secondo disegno presenta degli elaborati tripodi, presumo dei “due Re”, con sbalzi e incisioni araldiche, oltre a un howdah per i soldati e una bandiera identificativa. Le due postazioni per le gatling e la gran quantità di rivetti, nella tradizione steampunk, lasciano intendere un ruolo militare.


La terza immagine è senza dubbio la più strana ed affascinante: una sorta di gigante mutato, vagamente simile a un elefante, corazzato e munito di una postazione per la guida, nella cupola sulla testa e con due cannoni ai lati.


Al di là dell'influsso giapponese, che non dev'essere esagerato oltre a un generico feeling di fondo, ciò che colpisce è la generale affettuosità dei macchinari e dell'ambientazione.
I diversi mech, i mostri bio-meccanici, il chocobo, l'hovercraft... trasmettono una sensazione di affidabilità, di oggetti meccanici intuitivi all'uso. I tripodi dei soldati sono macchine da guerra, ma nella forma e nella deambulazione rimandano a un giocattolo a molla, ai tank e ai soldati della Regina Kushana. Sono ovviamente macchine di morte, ma contestualizzate all'interno di un'ambientazione fantasy, di un fumetto fiabesco.
La sinossi di Mondo Plastica, ancora immersa nel mistero, avrebbe facilmente permesso un fumetto tetro e distopico: stiamo pur sempre dibattendo di un mondo post apocalittico, dove la natura è stata letteralmente divorata dalla plastica. Un esempio di quest'idea è presente nel classico “Morte dell'erba”, di John Christopher, che dibatte proprio la possibilità della scomparsa di ogni sorta di graminacea a seguito di un virus, erba compresa. Il concetto di un magma semi liquido di plastica senziente che divora ogni cosa sul suo cammino è genuinamente angosciante.
Si è invece scelto di adoperare la premessa alla base, il twist post apocalittico, come occasione di cambiamento, come viatico per un universo neofeudale ricco di meraviglia e avventura. Nella raffigurazione empatica delle macchine e nel generale ottimismo dei disegni e della sceneggiatura, Mondo Plastica si presenta come autenticamente Miyazakiano.
In seguito alla prima tempesta di shrapnel della sceneggiatura di Casty e ai colpi di obice dei disegni di Lovelock, il lettore è definitivamente atomizzato da quest'ultimo bombardamento immaginativo: un setting a lui amico, un'idea di storia e di fantasy finalmente solare e positiva. 
Comfy”, come lo definirebbero nello slang internettiano.

Nella tradizione delle precedenti campagne crowdfunding, Mondo Plastica presenta una serie di perk piuttosto diversi gli uni dagli altri, a cominciare dal primo esclusivamente digitale, “Director's Cut”, a 9 euro, proseguendo con lo standard, “Real Plastic” e “Fan”, con il fumetto cartaceo, cover esclusiva e maglietta, fino alla follia della “Black King” a 800 euro con una scultura originale di Alan D'Amico. Nel mezzo, i consueti perk per i collezionisti, con tavole originali, commissioni per disegnare il proprio mech e pagine originali dei disegni e dello storyboard.
Come nel caso precedente di “Shadow Planet”, non posso permettermi qualcosa di più del perk digitale, ma apprezzo nell'insieme la varietà delle offerte, rigorosamente nelle edizioni limitate ormai passo obbligato in questo genere di campagne. A differenza di altri casi i livelli più bassi non si traducono nell'abbassamento della qualità dell'offerta, ma contengono sempre quel “qualcosa” capace di differenziare un crowdfunding da una semplice prenotazione online.

In ultima analisi, i Kickstarter e gli Indiegogo funzionano quando i diretti interessati partecipano e sostengono la campagna. Questo si traduce nel battiparola su Facebook, Twitter, Instagram: tuttavia quanto davvero conta è il singolo appassionato che sceglie di supportare nel concreto la campagna. Se pertanto il fumetto vi interessa, registratevi e sostenete Mondo Plastica. Evitate l'ignavia di aspettare che arrivi in negozio, anche ammesso che arrivi. Se siete convinti della bontà del progetto, sostenetelo quando il vostro supporto è prezioso, ovvero adesso, in questo momento. Pubblicizzatelo nei gruppi, nelle pagine, nei blog dove sapete che gli utenti sono sinceramente interessati, disposti a dare una mano. La condivisione via Facebook certo è meglio di niente, ma più di tutto conta una pubblicità precisa, mirata ai backers e ai lettori proattivi.

#MakeitSuccedere

2 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Inizialmente era stato presentato come qualcosa più alla Gundam, ma va benissimo lo stesso così com'è!

Coscienza ha detto...

@Marco Grande Arbitro

E' ancora difficile capire l'argomento, può essere che emergano anche influenze da Gundam, chissà...