Ricordo come se fosse ieri
la prima campagna crowdfunding della Radium, ovvero “Rim City”.
Ricordo il primo giorno, l'esordio con quella soglia che sembrava irraggiungibile.
Ricordo il primo giorno, l'esordio con quella soglia che sembrava irraggiungibile.
Ricordo i backers
riluttanti, i fan che non sapevano usare Indiegogo, la frenetica
campagna, gli omaggi dei colleghi disegnatori e le condivisioni, i
nuovi perk e il rush finale...
Ricordo il meritatissimo,
inaspettato, successo. Non era affatto poco che una campagna
crowdfunding per un fumetto raggiungesse simili cifre, pur con la
mente, il braccio e le migliaia di fedeli seguaci del Doc Manhattan.
Era un risultato impressionante. Anzi, è tuttora un risultato
impressionante. Come altrettanto impressionanti risultarono le
successive campagne, tutte parimenti eccentriche, tutte parimenti
testardamente uniche, tutte parimenti completate con successo, da
“Quebrada” al lovecraftiano “Shadow Planet” tanto analizzato
qui su Cronache Bizantine.
La nuova campagna partita
la scorsa settimana meritava una menzione tutta speciale per tante
sue caratteristiche: dopo “Shadow Planet” e dall'esordio nel 2015
con “Rim City” raramente leggevo di un fumetto altrettanto
interessante.
Non si tratta di
originalità, nel caso di “Mondo Plastica”.
E non si tratta nemmeno di
qualità grafica, seppure superba nel suo complesso.
Si potrebbe invece
scrivere di un perfetto connubio tra diversi fattori, tutti
egualmente eccellenti.
Si dia fuoco alle polveri
con la prima bordata di artiglieria, rappresentata da quel
destabilizzante annuncio di una sceneggiatura scritta niente di meno
che da Andrea “Casty” Castellan, mostro sacro del genere. In
seguito a un esordio come sceneggiatore nel 2003 Casty è diventato
un gigante del settore, con storie e disegni nella migliore
tradizione di Scarpa e Gottfredson, attivo principalmente nel mondo di
Topolino e a volte in quello dei Paperi: si va dalla raffinata
costruzione psicologica di personaggi altrimenti bidimensionali
(cartooneschi, quali effettivamente sono) al recupero e alla
citazione erudita di personaggi dimenticati del passato, come Atomino Bip Bip e la Spia Poeta.
Scopro per altro ora che
Casty è nativo della Principesca Contea di Gorizia e Gradisca,
pertanto da triestino un compatriota, elemento riflesso da una delle
sue ultime storie, “Topolino e l'impero sottozero”, dove adopera
dialettalismi come “strafanic” e descrive la città segreta di
Agarthi come una replica in carta carbone della (magica, in effetti)
Grotta Gigante.
Libero dalle inevitabili
pastoie proprie della Disney, la sceneggiatura di Casty dovrebbe
potersi esprimere al suo meglio, sprigionando tutte le potenzialità
inespresse nei lavori precedenti.
Ryan Lovelock, il
disegnatore, esordisce nel fumetto con “Block 109”: si tratta di
una serie di fumetti di storia alternativa, dove Adolf Hitler è
morto nel 1941 e il Terzo Reich sotto la guida di un Ordine Teutonico
e delle SS, ha nuclearizzato Inghilterra e Stati Uniti.
Come nel
romanzo di Harris, “Fatherland”, Berlino è stata ricostruita da
zero come “Germania” e l'Unione Sovietica resiste al confine
orientale, un colosso industriale minaccioso all'orizzonte.
Lovelock
nell'occasione dimostra un'abilità singolare di mescolare un tratto
preciso e ricco di dettagli nelle ambientazioni, curate con maniacale
accuratezza, a un design invece dei personaggi slanciato e dinamico. Come nei lavori che seguiranno, questa linea di
pensiero nelle migliori tavole sembra fondere il meglio dei due
mondi: la libertà del fumetto con il rigore della ricostruzione
storica.
In Italia è noto per aver
disegnato la sceneggiatura di Recchioni di “Battaglia: La lunga
notte della Repubblica”, dove il vampiro siciliano affronta le
Brigate Rosse nel 1978, nel tentativo di liberare Moro. Ancora una
volta l'abilità di disegnatore di Lovelock si presta a una
fanta-storia, dove il piglio a metà tra foto realismo e fumettoso
propende per il primo. Sul sito dell'autore trovate anche due fumetti
auto prodotti in italiano, “Bego” (2009) e “Conflitto”
(2011). Al di fuori del mondo dei fumetti, è più noto come il
disegnatore delle nuove edizioni dei librigame “Free Warrior”, di Joe Dever.
Nel caso di “Mondo
Plastica”, Lovelock ha scelto di esacerbare il divario tra i due
stili: se i mostri, i robot e le creature sono disegnati con
implacabile rigore e ricchezza di dettagli, i giovanissimi
protagonisti sono silhouette stilizzate, cartooneschi protagonisti
immediatamente simpatici per il lettore. Tuttavia quando scrivo di
“realismo” non dovete scambiarlo per un crudo realismo: c'è
qualcosa d'involontariamente puccioso nelle macchine e negli scenari
di Mondo Plastica.
Il fascino deriva dall'intrinseca clumsiness di questi veicoli, di questi giganteschi, meccanici apparati.
Sono plasticosi, è
proprio il caso di scriverlo.
La storia di Mondo
Plastica, come si deduce dalle linee di sfogo e dai canali sul logo,
ruota attorno a un evento drammatico: l'incontrollata crescita e
diffusione del batterio mondoplastica, con il quale sono costruiti il
novanta per cento degli oggetti, dei veicoli e delle case del futuro.
Si tratta di una Terra
dove il progresso scientifico ha permesso la diffusione della
“faunotecnologia”: una scienza a tal punto evoluta d'aver
progettato tecnologie capaci di replicare i meccanismi e le proprietà
della natura, tali da rendere indistinguibili gli uni dagli altri.
Una fauna, una flora... tecnologica, per l'appunto. Tra questi, il
batterio mondoplastica, che permetteva una rapida costruzione di
oggetti e infrastrutture, si è corrotto e ha rapidamente divorato
l'ambiente naturale. Tra il 2107 e il 2117, infatti, il batterio
Mondoplastica ha ricoperto con un uniforme tappeto la crosta
terrestre. Il batterio nel 2117, da magma incontrollabile, si è
solidificato a persistente crosta di centinaia di metri di spessore.
All'improvviso, è l'umile terra ad essere il bene più prezioso,
all'interno di una società alla Mad Max in via di rapida
disgregazione.
2300: l'incipit di Mondo
Plastica. Il mondo si è riassestato su gerarchie feudali fondate sul
possesso delle (poche) risorse naturali. Uan (e Two?) e Zefir sono
due ragazzi come tutti gli altri che vivono in un piccolo paesino. Un
giorno, con grande sorpresa, si ritrovano a dover aiutare una loro
coetanea, Sel, una principessa braccata dagli sgherri dei “due Re”,
i tiranni di questa Terra in decadenza. La ragazza ha continui
flashback su di un segreto nel “remoto passato” su quanto oggi
definiremmo “tecnologia”, ma che nel 2300 ormai è noto come
“magia”.
Dinanzi ai tre giovani
eroi, in fuga dai “due Re”, ogni genere di ostacolo: pirati, spie
e avventurieri di ogni risma, senza dimenticare il misterioso Re Nero
dell'Oltremondo...
Uno spettro si aggira per
il Mondo Plastica ed è ovviamente lo spettro di Miyazaki.
Gli stessi creatori hanno
riconosciuto il debito verso il creatore giapponese: Mondo Plastica è
una storia post apocalittica “Miyazakiana”. Dall'essere il nome
di un regista, Miyazaki è diventato un aggettivo, una qualifica,
come “lovecraftiano”, “tolkeniano”, ecc ecc Una riprova della
pervasività e del successo dell'autore e nel contempo della sua
profonda influenza sull'Italia, se si considera come il Bel Paese sia
tra i principali mercati stranieri di cultura giapponese, dopo
l'intossicata per eccellenza, ovvero la Francia. La comparazione
verso la “Nausicaä della Valle del vento” non deve tuttavia
ingannarci sull'originalità dell'ambientazione.
L'ispirazione, se c'è,
appare di natura estetica.
I disegni preparatori
sulla pagina di raccolta fondi esibiscono nella prima immagine una
sorta di hovercraft dalla carrozzeria propria di una locomotiva
ferroviaria, con il camino e gli abitacoli pesantemente decorati, si
noti tra i tanti la faccia scolpita sul comignolo. La forma è anche
reminescente dei veicoli di Jabba the Hutt nel “Ritorno dello Jedi”
(1983).
Uan, Zefir e Sel sembrano
cavalcare una bestia da soma apparentemente frutto di un incrocio tra
un dromedario e un chocobo, dalla quale sembrano emergere componenti
meccaniche che lasciano il dubbio sul suo essere davvero un animale o
una componente di questa “faunotecnologia”.
La bestia sembra assolvere
il ruolo proprio di tanti cartoni dell'animale buffo e fedele.
Il secondo disegno
presenta degli elaborati tripodi, presumo dei “due Re”, con
sbalzi e incisioni araldiche, oltre a un howdah per i soldati e una
bandiera identificativa. Le due postazioni per le gatling e la gran
quantità di rivetti, nella tradizione steampunk, lasciano intendere
un ruolo militare.
La terza immagine è senza
dubbio la più strana ed affascinante: una sorta di gigante mutato,
vagamente simile a un elefante, corazzato e munito di una postazione
per la guida, nella cupola sulla testa e con due cannoni ai lati.
Al di là dell'influsso
giapponese, che non dev'essere esagerato oltre a un generico feeling
di fondo, ciò che colpisce è la generale affettuosità dei
macchinari e dell'ambientazione.
I diversi mech, i mostri
bio-meccanici, il chocobo, l'hovercraft... trasmettono una sensazione
di affidabilità, di oggetti meccanici intuitivi all'uso. I tripodi
dei soldati sono macchine da guerra, ma nella forma e nella
deambulazione rimandano a un giocattolo a molla, ai tank e ai soldati
della Regina Kushana. Sono ovviamente macchine di morte, ma
contestualizzate all'interno di un'ambientazione fantasy, di un
fumetto fiabesco.
La sinossi di Mondo
Plastica, ancora immersa nel mistero, avrebbe facilmente permesso un
fumetto tetro e distopico: stiamo pur sempre dibattendo di un mondo
post apocalittico, dove la natura è stata letteralmente divorata
dalla plastica. Un esempio di quest'idea è presente nel classico
“Morte dell'erba”, di John Christopher, che dibatte proprio la
possibilità della scomparsa di ogni sorta di graminacea a seguito di
un virus, erba compresa. Il concetto
di un magma semi liquido di plastica senziente che divora ogni
cosa sul suo cammino è genuinamente angosciante.
Si è invece scelto di
adoperare la premessa alla base, il twist post apocalittico, come
occasione di cambiamento, come viatico per un universo neofeudale
ricco di meraviglia e avventura. Nella raffigurazione empatica delle
macchine e nel generale ottimismo dei disegni e della sceneggiatura,
Mondo Plastica si presenta come autenticamente Miyazakiano.
In seguito alla prima
tempesta di shrapnel della sceneggiatura di Casty e ai colpi di obice
dei disegni di Lovelock, il lettore è definitivamente atomizzato da
quest'ultimo bombardamento immaginativo: un setting a lui amico,
un'idea di storia e di fantasy finalmente solare e positiva.
“Comfy”, come lo definirebbero nello slang internettiano.
Nella tradizione delle
precedenti campagne crowdfunding, Mondo Plastica presenta una serie
di perk piuttosto diversi gli uni dagli altri, a cominciare dal primo
esclusivamente digitale, “Director's Cut”, a 9 euro, proseguendo
con lo standard, “Real Plastic” e “Fan”, con il fumetto
cartaceo, cover esclusiva e maglietta, fino alla follia della “Black
King” a 800 euro con una scultura originale di Alan D'Amico. Nel
mezzo, i consueti perk per i collezionisti, con tavole originali,
commissioni per disegnare il proprio mech e pagine originali dei
disegni e dello storyboard.
Come nel caso precedente
di “Shadow Planet”, non posso permettermi qualcosa di più del
perk digitale, ma apprezzo nell'insieme la varietà delle offerte,
rigorosamente nelle edizioni limitate ormai passo obbligato in questo
genere di campagne. A differenza di altri casi i livelli più bassi
non si traducono nell'abbassamento della qualità dell'offerta, ma
contengono sempre quel “qualcosa” capace di differenziare un
crowdfunding da una semplice prenotazione online.
In ultima analisi, i
Kickstarter e gli Indiegogo funzionano quando i diretti interessati
partecipano e sostengono la campagna. Questo si traduce nel
battiparola su Facebook, Twitter, Instagram: tuttavia quanto davvero
conta è il singolo appassionato che sceglie di supportare nel
concreto la campagna. Se pertanto il fumetto vi interessa,
registratevi e sostenete Mondo Plastica. Evitate l'ignavia di
aspettare che arrivi in negozio, anche ammesso che arrivi. Se siete
convinti della bontà del progetto, sostenetelo quando il vostro
supporto è prezioso, ovvero adesso, in questo momento. Pubblicizzatelo nei
gruppi, nelle pagine, nei blog dove sapete che gli utenti sono
sinceramente interessati, disposti a dare una mano. La condivisione
via Facebook certo è meglio di niente, ma più di tutto conta una
pubblicità precisa, mirata ai backers e ai lettori proattivi.
#MakeitSuccedere
2 commenti:
Inizialmente era stato presentato come qualcosa più alla Gundam, ma va benissimo lo stesso così com'è!
@Marco Grande Arbitro
E' ancora difficile capire l'argomento, può essere che emergano anche influenze da Gundam, chissà...
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