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lunedì 29 maggio 2017

Ritorno a Red Hook: La Ballata di Black Tom, di Victor LaValle


Charles Thomas Tester è uno squattrinato abitante di Harlem, il cui padre ex muratore passa il suo tempo a casa, il corpo distrutto dopo decenni di lavoro, mentre il figlio si arrangia con lavoretti più o meno loschi, nascosti dalla sagoma malandata di una vecchia chitarra

Tester si guadagna infatti da vivere con speciali commissioni nel campo dell'occulto, procurando e vendendo libri e oggettistica legati a pratiche settarie; per la sua ultima commissione in un ricco quartiere bianco, Tester strappa l'ultima pagina del grimorio che andava trafugando nel corpo della chitarra. E' una pagina del Nuovo Alfabeto, parole di potere con cui manipolare la realtà. 

Sulla via del ritorno per casa, il giovane afroamericano incontra un ossuto aristocratico di nome Robert Suydam: l'uomo gli domanda di getto se vorrebbe suonare a casa sua, in occasione di una speciale festa tra amici. Ha infatti intravisto, nelle scordate note di “Tommy”, un'affinità per la magia, il marchio dei prescelti. Per il giovane nero si tratta di un'offerta bizzarra, sospetta, ma sapendo che è difficile comprendere le imperscrutabili ragioni dei vecchi bianchi immediatamente accetta. 
Uno sgradevole incontro con due poliziotti, che subito “sequestrano” l'anticipo della paga di Robert Suydam, lo avverte che si sta cacciando dentro un bel guaio: un ispettore di origini irlandesi, un gigante gentile dal nome di Malone, gli raccomanda che Suydam è una persona sospetta, pedinato da tempo. Ma per un povero del ghetto, i soldi sono soldi e un'offerta come quella di Suydam non si può rifiutare...

venerdì 18 novembre 2016

Sull'elezione di Trump e su Obama "santo peccatore"


L'elezione di Trump, per quanto inaspettata, non era impossibile: era successo lo stesso con Al Gore e Bush junior a inizio '2000; aspetto interessante, anche Bush aveva dichiarato all'inizio della sua legislatura, prima dell'attentato dell'11 settembre, di voler fare una politica isolazionista.

A stomaco, non penso che Trump si rivelerà diverso da uno dei tanti, tantissimi repubblicani arrabbiati”: in linea di politica estera è legittimo sperare in una collaborazione con la Russia in Siria, in politica interna riempirà di spazzatura religiosa e anti-evoluzionista i programmi delle scuole, con il rischio d'avere Ministro dell'Istruzione Ben Carson, candidato che all'elezione, è bene ricordarlo, era fermamente convinto che le piramidi fossero “depositi per il grano”.

“The Wall”, di Peter Kuper, dall'Heavy Metal Magazine del Luglio 1990

venerdì 21 ottobre 2016

I miei due cent su Donald J. Trump


L'atteggiamento di Roosevelt nei confronti dell'Unione Sovietica era piuttosto arrendevole, questo lo sappiamo tutti. Stretto tra le due potenze, Churchill si sentiva come la Polonia in un conflitto globale. Come ogni politico abile, Roosevelt considerava l'Unione Sovietica uno stato con cui trattare, concludere accordi e poter ragionare: una potenza bruta, un po' stupida, sgradevole, ma dallo status diplomatico riconosciuto. Dall'opposizione politica all'opposizione ideologica si passa dapprima con Truman e non si tratta necessariamente di un passaggio obbligato. La guerra fredda non era inevitabile fino a quel punto; la tensione post conflitto avrebbe potuto allentarsi, pur con l'ipocrisia della realpolitik. Sono anni di ricostruzione post bellica e di finanziamenti ingenti all'Europa. A retrospezione, è incredibile quanto riuscisse a ottenere la Russia in popolarità con il minimo sforzo, e all'opposto quanto l'America faticasse a imporsi con le più esagerate elargizioni.
Il clima di continuo scontro con il gigante russo, la guerra ideologica per convincere il popolo americano che ci fosse un nemico ineliminabile, inumano e mostruoso al di là della cortina di ferro deve aver lasciato le sue belle cicatrici anche nelle generazioni più recenti. Il crollo del muro risale a neanche trent'anni fa, siamo ancora dentro generazioni su generazioni di menti addestrate a concepire l'est come un'orda mongola pronta a invaderli. Psicologicamente, in Europa, l'abitudine mentale a vedere nell'America la salvezza sempre e comunque rimane molto forte. L'immagine è positiva, magari incrinata dagli ultimi dieci anni di totale incompetenza, ma pur sempre positiva. Non mi sto riferendo a vegliardi, a reduci, a pensionati, ma semplicemente a persone che vivevano negli anni '70 e '80 la loro giovinezza.



martedì 1 marzo 2016

Providence 02: The Hook, di Alan Moore. Annotazioni, analisi e traduzioni.


Sono da tre mesi che leggo Providence nella edizione in volume proposta dalla Panini Comics, che raccoglie le prime quattro storie di una serie di dodici tutt'ora in svolgimento.
E continuo a sorprendermi.
Sono come un minatore con una piccozza e una lanterna, che scoperto un filone continua a scavare, e scavare e scavare... all'infinito. Esagero, ma la quantità di materiale che è possibile trarre anche solo da questo secondo numero di Providence, The Hook, è incredibile.

L'elemento orrorifico, inteso come spavento puro e semplice del lettore, è presente: anche a una lettura sfogliata, disattenta, saltando qui e lì le nuvolette di dialogo, si fanno di certi balzi sulla sedia... Lo spavento non è confinato a un elemento splatter, che pure con Burrows funzionerebbe assai bene, ma attraverso l'uso delle vignette, i contorni (!) delle stesse, i giochi di luce, le inquadrature. 
A differenza di molti suoi colleghi, Moore semplifica (nella sua complessità) la sua composizione della tavola: vignette orizzontali, classiche, quattro per pagina nei momenti di “calma”; vignette verticali, squadrate, tre per pagina nei momenti di “inseguimento del mostro”.
Almeno a livello personale, trovo che ci sia tanto da imparare in una scenografia così attenta sommata però a una simile semplicità di vignette.

Ovviamente, giunto con grande difficoltà a redarre e tradurre dall'inglese questo secondo numero di Providence, The Hook, mi è difficile dire che Providence sia “facile”.
Certo che non lo è.
Richiede tanto dal lettore, sia in attenzione che in cultura.
Richiede, obbligatoriamente, di conoscere Lovecraft e i suoi racconti, per lo meno nella sua ultima versione pop degli ultimi anni.
Richiede, obbligatoriamente, di accettare un fumetto molto “verboso” che alterna paragrafi di pure spiegazioni a passaggi del tutto “visivi” senza nemmeno un'onomatopea.
Richiede, non è fondamentale ma quasi, di aver letto il racconto cui di volta in volta Alan Moore si basa per la sua avventura: nel caso di The Yellow Sign, Aria fredda, in questo The Hook, L'Orrore a Red Hook.
Richiede di fare qualche ricerca via Internet, o per lo meno di leggere le note dei fan inglesi, come per Jess Nevins e la Lega, a costo di avere dettagli della storia che restano insoluti.

Tuttavia, se queste condizioni sembrano restrittive, al contempo non c'è momento migliore per attuarle: la Rete permette di aggiornare le annotazioni e le osservazioni dei critici all'istante, gestendo un lavoro di gruppo da parte dei fan impensabile negli anni '80 e '90.
Inoltre, mai Lovecraft è stato così popolare: che un'occasione del genere si ripresenti è difficile, probabilmente siamo negli anni migliori per lanciare sul mercato un fumetto del genere (e di genere) e sperare venga recepito, compreso e apprezzato dal pubblico.

A proposito di questo secondo numero di Providence, The Hook, valgono le spiegazioni già date in The Yellow Sign, che se non avete letto vi consiglio di fare: le citazioni che traggo da Lovecraft provengono dai Grandi Tascabili Economici Newton, le annotazioni sono tradotte dall'incredibile sito di appassionati inglese, Facts in the case of Alan Moore's Providence
La numerazione delle pagine segue dalla copertina delle rispettive storie, in poi: la copertina di Hook è pagina 0, la pagina che segue pagina 1 e così via.
Se la guida vi è stata utile, condividetela e passatela a chi sta per leggere (o rileggere) Providence...
Se ci sono errori, commentate direttamente sotto, ho perso diversi Punti Follia per scrivere certi nomi “lovecraftiani”...


The Hook