L'elezione
di Trump, per quanto inaspettata, non era impossibile: era successo
lo stesso con Al Gore e Bush junior a inizio '2000; aspetto
interessante, anche Bush aveva dichiarato all'inizio della sua
legislatura, prima dell'attentato dell'11 settembre, di voler fare
una politica isolazionista.
A stomaco,
non penso che Trump si rivelerà diverso da uno dei tanti, tantissimi
repubblicani “arrabbiati”: in linea di politica estera è
legittimo sperare in una collaborazione con la Russia in Siria, in
politica interna riempirà di spazzatura religiosa e
anti-evoluzionista i programmi delle scuole, con il rischio d'avere Ministro dell'Istruzione Ben Carson, candidato che all'elezione, è
bene ricordarlo, era fermamente convinto che le piramidi fossero
“depositi per il grano”.
I danni che causerà l'ufficio “trumpiano” non saranno nemmeno suo merito: saranno i suoi sottoposti, più che il tycoon, a causare i maggior disastri, sia legislativi che economici. Trump è un opportunista che ha colto la sua occasione, un “mago di Oz” che ha truffato la piccola Hillary con un colpo di magia da maestro: non possiede una visione come il citatissimo Hitler. Unità d'intenti, di azione e di ideologia reazionaria sono invece appannaggio dell'estrema destra Alt-right, che si ritrova ora dai meme su 4chan sbalzata al comando di un'intera potenza. Ho la banale sensazione che tra un paio d'anni le politiche di Trump si riveleranno liberali e fallimentari, non appena i suoi votanti si accorgeranno della sua incapacità di fornire una crescita economica. Vorrei davvero credere che stia per partire una guerra tariffaria, ma vedendo il pronto appoggio dell'establishment al nuovo Presidente, senza imbarazzo dopo un anno d'insulti (!), non mi aspetto davvero una politica mercantilista.
A questo proposito, il filosofo francese anti-americano Alain de Benoist è come sempre sul pezzo:
“The Wall”, di Peter Kuper, dall'Heavy Metal Magazine del Luglio 1990 |
I danni che causerà l'ufficio “trumpiano” non saranno nemmeno suo merito: saranno i suoi sottoposti, più che il tycoon, a causare i maggior disastri, sia legislativi che economici. Trump è un opportunista che ha colto la sua occasione, un “mago di Oz” che ha truffato la piccola Hillary con un colpo di magia da maestro: non possiede una visione come il citatissimo Hitler. Unità d'intenti, di azione e di ideologia reazionaria sono invece appannaggio dell'estrema destra Alt-right, che si ritrova ora dai meme su 4chan sbalzata al comando di un'intera potenza. Ho la banale sensazione che tra un paio d'anni le politiche di Trump si riveleranno liberali e fallimentari, non appena i suoi votanti si accorgeranno della sua incapacità di fornire una crescita economica. Vorrei davvero credere che stia per partire una guerra tariffaria, ma vedendo il pronto appoggio dell'establishment al nuovo Presidente, senza imbarazzo dopo un anno d'insulti (!), non mi aspetto davvero una politica mercantilista.
A questo proposito, il filosofo francese anti-americano Alain de Benoist è come sempre sul pezzo:
Penso, peraltro, che i “trumpisti” europeii non avranno necessariamente buone sorprese. Che Donald Trump si preoccupi principalmente degli interessi del suo paese è abbastanza normale, ma non ne consegue che ciò favorisca o si colleghi ai nostri. “Prima l’America” significa anche: “l’Europa a molta distanza”! Dopo decenni di interventismo a tutte le latitudini e di imperialismo neocon, il ritorno a un certo isolazionismo sarebbe una buona cosa, ma che può anche avere i suoi lati negativi. Non dimentichiamo che nessun governo Usa, interventista o isolazionista, è mai stato pro-europeo!
In effetti,
ci si dimentica sempre che il presidente più isolazionista di tutti,
Franklin Delano Roosevelt, odiava l'Europa, da cui voleva sempre
distaccarsi, isolarsi, per l'appunto. La smilitarizzazione della
Germania post 1945 avrebbe dovuto “piegare” il popolo tedesco
de-industrializzandolo e trasformandolo in uno stato sottoposto
all'egemonia statunitense, un letterale ritorno al medioevo. On
passant, andrebbe osservato come gli isolazionisti tendano nella
seconda fase del mandato a diventare iper interventisti (seconda
guerra mondiale, invasione dell'Iraq ecc ecc).
La Silicon
Valley è un buon esempio dell'ipocrisia dei media liberali post
Trump: durante l'intera corsa presidenziale i tecno-guru, con
l'eccezione del disgustoso Peter Thiel,
avevano tifato per la Hillary. E con buone ragioni. Considerando come
gran parte dei loro schiavi lavorino in fabbriche-incubo in Cina, a
costi talmente irrisori da far sembrare “umani” gli sweatshops
in Messico, avevano ogni ragione per spaventarsi di fronte a un
candidato che ribadiva a ogni piè sospinto la sua avversione per
“china, china, china”.
E' in
questo contesto, che dobbiamo inquadrare la fantozziana minaccia di
scissione della California, nel frattempo liberalizzatrice dell'erba:
un uomo contro il libero pensiero privo di un atteggiamento produttivo per il resto del mondo e per la nostra economia.
Che
andrebbe piuttosto tradotto, come
un uomo contro il libero mercato, privo di un atteggiamento che sia solo produttivo per noi, noi e solo noi.
Una politica mercantilista verso
la Cina potrebbe far avanzare i diritti della stessa e degli operai
americani, più di tante proclamazioni di uguaglianza&diritti
umani della Clinton: se non si modifica la struttura economica, la
sovrastruttura può cambiare di “colore” quanto gli pare,
ma resterà ugualmente oppressiva. Nessuna preoccupazione, comunque,
come osservava il Guardian, i tecno-feudatari della Silicon Valley
stanno già cambiando idea, lottando per chi leccherà più
a fondo gli stivali del nuovo Presidente.
Sono
dell'idea che il pacchetto “culturale” spinto dai repubblicani, o
in questo caso direttamente dai fascisti di supporto a Trump, non sia
creduto vero nemmeno dagli stessi: pensate davvero che tra gli operai
e i lavoratori che abbiano supportato Trump tutti credano
indistintamente che l'evoluzione non esista, che la Bibbia è l'unica
guida alla giustizia e che la Hillary Clinton sacrifichi bambini
perchè satanista?
Vi salverò io bambini dai selvaggi liberal! Presto! |
Già, Obama.
Francamente non capisco dove deriviate quest'impressione che Obama
sia un “buono” presidente. L'avevo già scritto nell'articolo sui
Due cent su Trump: Obama ha condotto la più imponente, fuorilegge e
sanguinaria campagna droni, invadendo più stati di Bush e col 90% di
uccisione di civili, anziché terroristi, tra cui una stima di 190
bambini. E' uno strumento che ha perfezionato nel tempo, eliminando
gli ostacoli legali e ampliando mostruosamente l'esecutivo. Un
giocattolino di morte che oltre a fallire metodicamente, è anche
svincolato dai controlli che le black ops di solito
richiedono: un regalino perfetto per Trump.
Il
presidente “santo”, da “film”, “popolare, ma non
populista”, è stato anche una perfetta marionetta per le banche,
evitando accuratamente d'incarcerare nessun finanziere responsabile
del crack di Wall Street, nonostante l'evidenza di riciclaggio,
denaro sporco e pratiche illecite: dulcis in fundo, ha persino
concesso nei primi anni di presidenza un bail-out, usando i
soldi federali per salvare banche che avevano e continuano a
dimostrare di saper solo fallire.
Obama post Trump |
A dispetto
di chi lo paragona a Roosevelt, l'Obamacare si preoccupava, cares
per l'appunto, solo di servire le multinazionali farmaceutiche,
assistendo le tasche di chi moltiplicava x1000 i costi di trattamenti
e medicinali. E' sempre Obama a rifiutarsi di concedere il perdono a
Snowden, paradossalmente ospite presso Putin, o a Chelsea Manning, la soldatessa ormai tre volte suicida in carcere
d'isolamento, torturata a più riprese dal governo americano, o ad
Assange, recluso nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra da anni, che ormai
confessa di non ricordare più come sia la luce del sole.
Non vi
colpisce come una contraddizione, lodare l'uso della parola “transgender”
da parte di Obama, mentre a Chelsea, in transizione da uomo a donna, vengono sequestrati i
libri e negato ogni elementare diritto? Un carcere americano, a cui
basterebbe il perdono del Presidente, per un atto quale dei Wikileaks,
d'autentica eroina. Con Trump la musica non cambia, ma con Hillary
peggiorava, considerando come il fallimento della sua patetica
campagna fosse attribuibile a Wikileaks (e con buoni motivi: i legami
con Soros, con le clientele di Wall Street, con l'Arabia Saudita,
sono stati tutti svelati d'Assange).
Mi ha anche
colpito, i giorni immediatamente successivi alla vittoria di Trump,
come i fan liberali risultassero davvero staccati dalla realtà.
Avete presente quel giornalismo spicciolo, dove si rimprovera a chi
gioca ai videogiochi di confondere realtà e finzione? I sostenitori
“giovani” della Hillary, al di fuori dello zoccolo duro dei
democratici tradizionali, non capiscono che non si può tornare
indietro e che no, non verrà un supereroe a salvarci. Si tentava di
razionalizzare la situazione con battute, copia-incolla, riferimenti
a fumetti e film. Sorpresa delle sorprese, questo non è un film.
Cosa? No, direi che l'11 settembre è stato più grave della vittoria di Trump, spiacente deluderti...
... e chissà, magari altri milioni li hanno letti, guardati e giudicati spazzatura su cui certo non si possono tirar fuori indicazioni politiche.
Non è il secondo capitolo di Star Wars, non è un cartone dei Simpson. E' la realtà, che vi ha colpito in faccia: non tutti ragionano come voi, fortunatamente, e non tutti votano basandosi su Harry Potter e sui consigli (dannosi) della Rowling e di Stephen King. Da parte di questi votanti, che più di tutti sostenevano la Hillary e insultavano i terzi partiti, Jill Stein tra tutti, c'è l'assoluta mancanza di consapevolezza che non tutti apprezzano la cultura “pop”, tanto meno sono così stupidi da prenderla a filosofia personale e/o politica.
Cosa? No, direi che l'11 settembre è stato più grave della vittoria di Trump, spiacente deluderti...
... e chissà, magari altri milioni li hanno letti, guardati e giudicati spazzatura su cui certo non si possono tirar fuori indicazioni politiche.
Non è il secondo capitolo di Star Wars, non è un cartone dei Simpson. E' la realtà, che vi ha colpito in faccia: non tutti ragionano come voi, fortunatamente, e non tutti votano basandosi su Harry Potter e sui consigli (dannosi) della Rowling e di Stephen King. Da parte di questi votanti, che più di tutti sostenevano la Hillary e insultavano i terzi partiti, Jill Stein tra tutti, c'è l'assoluta mancanza di consapevolezza che non tutti apprezzano la cultura “pop”, tanto meno sono così stupidi da prenderla a filosofia personale e/o politica.
Cosa dire
poi della scelta, per “protesta”, di indossare una spilla? A
simboleggiare la propria opposizione alla Presidenza?
#NotMyPresident, #NotNormal, bla bla bla.
A cosa può
servire qualcosa di così platealmente minimale, liberal e stupido?
Chi ha sostenuto la Hillary non leggeva i mass media repubblicani e
chi votava Trump non leggeva i democratici, o non leggeva affatto. Si
tratta di due fronti opposti l'uno all'altro, dove nessuno dei due è
disposto ad ascoltare l'altro: sono discorsi da sordo a sordo. Non
avrebbe cambiato nulla indossare una maschera, o una fascia colorata,
o un cappello: figuriamoci una spilla. Ma è nello stile minimalista
della Apple, Silicon Valley docet. O è anche nello stile di chi
vorrebbe riabilitare un genocida come Bush affermando che adesso si
sia dedicato alla pittura, anziché marcire dietro le sbarre:
Passando a
proteste decisamente più incisive, non dovrebbe sorprendere la forte
ondata di marce e violenze post elezione: per almeno un anno ogni
singola testata giornalistica, canale tv, radio, sito web, blog,
artista, star, scrittore, musicista, professore, operatore di Wall
Street ha piagnucolato che Trump era il “diavolo”, il nuovo
“Hitler”, l'Apocalisse (nucleare?) in terra. E' ovvio che la
gente sia scesa nelle strade a spaccare tutto, è il minimo che ci si
potesse aspettare. Sarebbe interessante vedere se l'inizio della
Presidenza Trump porterà a una guerriglia armata nello stile dei
bombaroli di fine '800. Considerate ad esempio che in ottobre un ufficio repubblicano era stato bruciato in un attentato notturno
rivendicato da un gruppo anarchico e avrete un assaggio di cosa
potrebbe evolversi dal calderone attuale. E' probabile però che si
tornerà alle spille da balia & articoli sulla Rete,
tranquillamente ininfluenti su una realtà che di Internet e degli
hashtag se ne frega.
E intanto,
la Hillary Clinton? Si è scusata per aver fallito così? Si è
scusata per aver sabotato Sanders, per aver ingannato i propri
elettori e aver consegnato l'America a un fascista annoiato? Ovvio
che no, sarebbe un atteggiamento maturo. Al momento, in effetti, ha
confessato che voleva “raggomitolarsi su se stessa”. In effetti
chiedere che lotti come Sanders e tanti altri sarebbe una richiesta
eccessiva, per un'oligarchia chiaramente confusa.
La vittoria
di Trump è anche un'ottima lezione su come unire, anziché dividere:
mentre la Clinton ha cercato di rabberciare un'alleanza tra diversi
gruppi che non si vedevano mai veramente “uniti” se non nel
comune nemico, i votanti di Trump procedevano unificati dalla comune
ansia economica.
Il razzismo
e la misoginia di Trump sono aspetti superficiali, orribili, ma
superficiali. Se l'hanno votato, è perchè si spera in una diversa
politica economica. Si vuole il muro al confine del Messico, perchè
si ritiene – ingenuamente – che impedirà di rubare lavoro agli
americani e impedirà ai suoi stessi imprenditori di delocalizzare le
imprese altrove.
Il mondo non si divide tra buoni e cattivi, con uomini cattivi che votano altri uomini cattivi (magari aiutati da fantasiosi gombloddi russi). Il mondo e la gente in esso che vota, funziona sulla base a leggi naturali, sia economiche che sociali.
Il mondo non si divide tra buoni e cattivi, con uomini cattivi che votano altri uomini cattivi (magari aiutati da fantasiosi gombloddi russi). Il mondo e la gente in esso che vota, funziona sulla base a leggi naturali, sia economiche che sociali.
Questo però
i mass media non sembrano capirlo, o probabilmente non vogliono. Una
certa avvisaglia di un “white feminism”, ricco, saccente,
satirico, borghese l'avevamo avuto già nel 2015: leggetevi ad
esempio il seguente titolo:
E' una mossa
sempre più comune: una moda culturale che tutti odiano viene difesa
come “femminista”, perchè a praticarla sono delle donne.
Qualunque ambito della cultura pop in cui agisca una donna diventa
magicamente un luogo di “azione femminista”. Di solito questo
genere di “operatrici”, giornaliste e presentatrici tv, sono
molto a loro agio all'interno della cultura popolare, pronte a lodare
semplici rovesciamenti di genere del tutto inutili per migliorare
concretamente le condizioni delle donne. Non c'è inoltre un dato
economico, se non come rabbercio, come “numero” in più. Nuovi
gruppi e nuove etnie sorgono di continuo, a seconda di quale libro di
sociologia si sta leggendo; l'importante è che siano colorati,
distinguibili, in qualche modo “deboli”, grassi, paralitici,
stranieri, etnici... mai però “poveri”, non sia mai. Un altro
esempio dal Guardian, un appello a tutte le ciccione americane a
votare la Clinton: difficile non avere simpatia per Trump...
Nel
frattempo, chi era davvero interessato a emancipare chicchessia era
da un'altra parte: a non votare, o a votare Jill Stein, come Susan
Sarandon, ricevendo sgradevoli attacchi da quegli stessi democratici
che dichiaravano di voler combattere il “grande bullo” Trump.
D'altronde,
anche tra gli italiani, ho osservato come sia ormai comune una
visione contorta del mondo: il binomio pessimista/populista. Secondo
questa visione, la realtà è sgradevole, immutabile e non la si può
cambiare: si può solo votare il partito/politico “pessimista”
che farà del suo meglio per mantenere le cose come stanno, invece
che farle peggiorare. Il politico qui non agisce per cambiare, è
solo un buon amministratore, che al limite può togliere qualche
ostacolo burocratico e fare da ventriloquo alle multinazionali (che
sono sempre buone, sono gli Stati a essere cattivoni...) Dall'altro,
c'è una vasta massa di disillusi, a seconda dei casi “poveri”,
“illetterati” e “vecchi”, adesso anche “americani”, che
vota un malvagio politico “populista” che promette di cambiare le
cose.
Ora, qual'è
il problema di questa visione? Everything. L'idea che la realtà sia
immutabile e non possa essere cambiata è contraddetta dalla storia:
nuovi sistemi si sono sempre succeduti e anche il nostro cambierà,
piaccia o meno. Lo scopo della politica non è avere buoni
amministratori, è avere politici che migliorino le condizioni di chi
l'hanno votato, altrimenti non lo votavano. I sovietici avevano già
sperimentato la tecnocrazia che va oggigiorno tanto di moda, l'élite
di esperti che governa: è stato largamente comprovato che qualunque
gruppo, qualunque élite tenda a favorire il proprio esclusivo
interesse, non quello della massa. Se volete vivere sotto una
monarchia di tecnocrati interessati a massimizzare i proprio
profitti, accomodatevi.
La realtà
non è un monolite insensibile all'essere umano, di cui si può solo
seguire le leggi sociali come se fossero leggi della natura;
storicamente i miglioramenti sono sempre risultati da un incontro tra
realtà e ideali. Si devono avvicinare i secondi al primo, certo,
l'idea però che siano rigidi e divisi è fuorviante. Se credete che
si possa solo “amministrare”, siete come i sudisti che ritenevano
la “schiavitù” negli Stati del Sud l'unica forma di produzione
capitalista possibile. Questi sciocchi idealisti che vorrebbero non
ci siano più schiavi! Ah! Quanto sono sciocchi!
A proposito
degli esempi tratti dalla Storia, considerando quanto vengano citati
i suoi “insegnamenti” in questi giorni. Andrebbe ricordato che
gli Stati Uniti degli anni '30 avevano registri e barriere
legislative contro l'ingresso dei cinesi del tutto paragonabili ai
divieti verso i musulmani di Trump: questo non ha impedito a
Roosevelt di governare uno stato “della libertà”. Pertanto, la
persecuzione di un gruppo etnico non basta per farti diventare
Hitler, anzi è qualcosa di ampiamente diffuso tra gli stati anche
“democratici” dalla loro nascita. E sempre per lo stesso motivo,
sarebbe ora di mollare l'esempio degli anni '30 e del Reich: è
dagli anni '50 che ogni conflitto estero viene giustificato con la
minaccia di un “nuovo Hitler” senza che questa minaccia si riesca
mai a trovarla sotto il puntuale cumulo di civili morti (Vietnam, Nicaragua, Guerra del Golfo, Kuwait, Yugoslavia, Iraq).
2 commenti:
Come ha fatto notare David Wong in un articolo su Cracked (scritto prima delle elezioni), quello che è fuggito a molti è che le persone hanno votato Trump non per le stupidaggini che diceva, ma nonostante quelle: il suo successo andrebbe ricercato nelle altre cose che diceva, quelle che non hanno avuto tanto risalto sui media.
Anche perché l’altro lato di stupidaggini ne ha dette altrettante – ma quelle non contano.
Molto interessante anche il continuo riferimento ai vari Hunger Games, Star Wars e così via: in questi film si ha una chiara distinzione tra bene e male, e alla fine forse la gente inizia veramente a pensare che una simile distinzione esista, e sia così netta. La vittoria di Trump quindi sarà la fine del mondo come noi lo conosciamo, la nascita di una nuova dittatura etc… Di sicuro Trump non mi piace, ma penso che si stia esagerando con le predizioni catastrofiche.
Quello che mi ha sorpreso (e spaventato) di nuovo è stato il totale odio emerso da molti commenti (vedi: facebook), un odio e una scarsa voglia di comprendere le ragione dell’altro – non di Trump, ma di quelli che lo hanno votato. È come se internet invece di avvicinare le persone le allontani creando da sé schieramenti diametralmente opposti.
E il problema di questo problema (il metaproblema?) è che se fai notare queste cose passi automaticamente per sostenitore di Trump.
@LorenzoD
Beh, non hai scampo: se parli di Trump in toni diversi dall'Apocalisse sei un suo sostenitore. Fine. :D
L'idea è che "l'altro" non ha ragioni. Vota perchè stupido/razzista/redneck/bianco. Ovviamente non è così, ma ormai siamo in un periodo di forti semplificazioni (che come osservavi, derivano dalla cultura popolare, per certi versi).
Un altro problema è l'impossibilità di raggiungere l'altro schieramento. Ormai ognuno discute rinchiuso nel suo sbarramento di pagine Facebook/account twitter/preferiti/canali tv che rinforzano i suoi preconcetti. Trump nei discorsi pubblici infatti non si è mai curato di raggiungere l'altro elettorato, se ne fregava.
Ogni volta che Trump diceva una "stupidaggine", i mass media si dicevano che "no, ora è la fine, non lo voterà nessuno". E invece paradossalmente, è stato proprio questo suo atteggiamento a renderlo agli occhi della gente "sincero" e "anti", quando in realtà è un opportunista incredibile e nient'altro.
Anche dando per scontato che la Hillary eliminasse Sanders com'ha fatto, sarebbe bastato che si concentrasse con atti concreti sull'aspetto economico, che era il vero interesse degli elettori. E invece si è preferito puntare sulla "prima presidente donna" senza che a quest'aspetto "folkloristico" si aggiungesse sostanza (alla fine la Sarah Palin accusa i suoi nemici di sessismo tanto quanto le candidate democratiche; la novità femminile in politica è superata da un pezzo...)
Consiglio a questo proposito la raccolta di saggi "Raffaella Baritono e Elisabetta Vezzosi, Oltre il secolo americano? Gli Stati Uniti prima e dopo l’11 settembre". Non mi ricordo qual'è il saggio in lista sulle donne in politica americane, ma è abbastanza esemplificativo. L'autrice è femminista, ma critica ugualmente l'atteggiamento delle parti in causa.
Ok, ho divagato troppo...
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