Lovecraft non dovrebbe
ricevere l'attenzione che riceve oggigiorno: come autore funziona
quando rimane all'angolo della vista, come un'ombra malevola, una presenza colta con la coda dell'occhio. Una produzione lovecraftiana troppo consapevole di esserlo, troppo incentrata sui miti e sui
mostri rischia di risultare nel migliore dei casi un pastiche,
nel peggiore un'involontaria satira.
Senza dubbio Xavier Dorison aveva in mente il solitario di Providence quando scrisse
l'allucinata sceneggiatura per Santuario, con l'aiuto del disegno
illustre di Christophe Bec. Le vignette a tutta pagina del
“Santuario”, il modo spettrale con cui agita e trascina la
storia, il gusto per l'architettura ciclopica: tutto denota una piena
comprensione del cosmico senso dell'orrore che bene conosciamo.
Eppure Santuario non viene
etichettato come un fumetto lovecraftiano, ma semplicemente come un
buon thriller/fantascienza/horror. E va benissimo così: si apprende
la lezione dai grandi e si va avanti, cercando di creare qualcosa
d'originale, non d'imitarli pedissequamente.
Lo stesso vale per
Tolkien e il Fantasy.
In un lontano 2035, un
sottomarino militare pienamente equipaggiato per le missioni oceaniche riceve un ping d'aiuto da una zona nel profondo del mare
della Siria (il fumetto, del 2001, è involontariamente profetico: la
Siria immaginata da Xavier è infatti in guerra). Il comandante è un
uomo turbato, dal figlio paralitico in ospedale e la sporca coscienza
della morte della moglie. L'equipaggio è un branco di macho
tuttavia fragili come vetro al primo incontro con qualcosa di diverso
dal nemico in carne e ossa. Lo psicologo/medico di bordo è un nuovo
arrivato, un uomo responsabile, sebbene troppo di buon cuore.
La
richiesta proviene da un sottomarino sovietico degli anni
'50: all'interno, i palombari scoprono un equipaggio morto sul posto,
come se un infarto li avesse strangolati prima che accennassero il
minimo gesto di difesa. Alcune sezioni del reperto sono stanze con
letti dove sono incatenati vecchi cadaveri: membri dell'equipaggio, evidentemente impazziti. In un angolo, vengono ritrovati video
a 8mm, tavolette e uno schema cifrato. Sulla stessa scarpata dov'è
arenato il relitto, gli esploratori scoprono la facciata antica di un
tempio, il muso sigillato di un'antica civiltà pre sumerica.
Nel frattempo, un primo
membro dell'equipaggio impazzisce e affoga un suo compagno di stanza
nello scarico, mentre un altro riporta segni di pestilenza: una
bubbonica che non si vedeva dal medioevo, che lo prostra sofferente
sul letto dell'ospedale... Il capitano richiama gli esploratori per
tornare in superficie e curarlo, ma il gruppo nel frattempo ha già
forato il sigillo posto a guardia del tempio. Entrano, e poco dopo si
perdono in quanto riportano un ambiente di pilastri colossali e
statue grottesche. Senza altra scelta, il capitano assembla un team
di soccorso, carica il fucile e si prepara ad affrontare l'ignoto.
L'avventura subacquea è
molto più claustrofobica dell'avventura nello spazio, trattandosi
infatti di un fluido che occupa metri cubi, che soffoca, che stilla di
continuo. Un sottomarino che perde trasmette un panico di vignetta in
vignetta, incomparabile con la falla a bordo di un'astronave: la fine
del topo che affoga è sempre atroce. Xavier gioca con questo primo
aspetto, fornendo a inizio della storia un sottomarino grande quanto
un quartiere, un incubo che ricorda le navi mercantili di Alien.
Poche pagine e questo prodigio nucleare è a fondo, imbarca acqua e
ha i propulsori inutilizzati. Durante tutto il fumetto c'è una lotta
impari tra una tecnologia fantascientifica e un orrore che tuttavia
lo sopravanza di due passi su tre. I sovietici e i nazisti dei
flashback se la cavano di gran lunga meglio degli americani qui
protagonisti, che arrancano di orrore in orrore, nonostante le
testate nucleari a bordo. Particolarmente apprezzabile il design
delle tute dei sommozzatori, una versione ante litteram di
Prometheus: lucine sul casco, aspetto ergonomico, colore minimale.
Xavier sviluppa la storia
nel vecchio stile, procedendo con flashback, sequenze nel sottomarino
e sequenze nel tempio: quest'ultime sono senza dubbio le migliori,
una successione senza continuità di vignette rovesciate, di visioni
sepolcrali, di situazioni al cardiopalmo.
All'opposto, la lotta
soprannaturale all'esterno si rovescia in una lotta morale
all'interno, man mano che l'equipaggio cerca disperatamente una via
di fuga. Il pessimismo di Xavier è qui redento solo dalla presenza
dello psicologo, nobile figura. La storia rimane piacevolmente lenta,
accennando a passi misurati la direzione di marcia: il soprannaturale
viene fornito a piccole dosi, come coi veleni migliori. In
particolare differenzia Santuario dal mainstream horror l'idea di
spiegare ogni particolare della storia: non c'è nodo che rimanga
irrisolto, non ci si abbandona a nessun irrazionalismo.
Non a caso ho
sentito definire Santuario un thriller d'alcuni, un blockbuster
hollywoodiano d'altri, dal sottoscritto un buon fumetto di
fantascienza.
Lo storytelling non è
perfetto. La sequenze delle vignette è spesso bislacca, i personaggi
si assomigliano confusi l'uno con l'altro e come avrete notato dalla
trama non ho affatto memorizzato i loro nomi. Xavier cede alla
tentazione di un finale fracassone, salvo poi redimersi nelle
ultimissime pagine. In generale gli si può rimproverare una
confusione nell'organizzazione delle pagine e delle relative
vignette: lo sguardo del lettore non sa bene dove puntare. E' una
vicenda tutta al maschile, altra caratteristica bizzarra, ma per
certi versi involontariamente lovecraftiana. C'è anche qualche inner
joke qua e là, in particolare uno dei personaggi che legge Conan e
un altro che tiene un poster della Sigourney Weaver di Alien 2 sulla
brandina.
Nelle prime pagine Xavier
ripete per tre volte l'identico schema: discorso – scoperta –
sorpresa, vignetta oscurata. Un ufficiale russo che scopre qualcosa
che non doveva viene così ucciso (buio 1), un commissario sovietico
che spinge troppo in là i suoi sottoposti viene tradito (buio 2) e
il capitano scopre che l'equipaggio gli ha dedicato una torta di
compleanno, di cui soffia le candeline (buio 3).
Ovviamente, qual'è il
problema di quest'ultimo esempio? Si tratta di una sequenza
scherzosa, tra militari e civili, di cameratismo e burle. Solo che
viene ad essa applicata l'identico schema horror dei precedenti casi
(Buio 1, Buio 2). Non si tratta a mio parere di un errore, perché
genera un estraniamento molto forte nel lettore, un senso di disagio:
le cose non stanno come dovrebbero, qualcosa di brutto, molto brutto
sta per succedere. In altre parole, l'horror è il quotidiano.
Si veda questa prima sequenza a pagina 3, in particolare le ultime due vignette:
Lo stesso schema, ripetuto, a pagina 5, in particolare l'esplosione finale:
E per quanto diversa nelle tematiche, la stessa sequenza ripetuta a pagina 13:
Considerando che si tratta
di un fumetto del 2001, pubblicato dalla serie della Mondadori Comics
nel 2014 e ora facilmente trovabile a poco prezzo nell'usato,
Santuario è un buon fumetto.
Gli stereotipi da
blockbuster hollywoodiano abbondano, non esistono i personaggi
femminili e non c'è uno storytelling chiaro; tuttavia, sia per l'uso
delle vignette a tutta pagina, sia per la narrazione horror rimane
impresso. In particolare consigliabile per chi vuole leggere di
Lovecraft nel suo elemento naturale: le profondità marine.
Nessun commento:
Posta un commento