venerdì 4 novembre 2016

Santuario, di Xavier Dorison e Christophe Bec (Mondadori Comics)


Lovecraft non dovrebbe ricevere l'attenzione che riceve oggigiorno: come autore funziona quando rimane all'angolo della vista, come un'ombra malevola, una presenza colta con la coda dell'occhio. Una produzione lovecraftiana troppo consapevole di esserlo, troppo incentrata sui miti e sui mostri rischia di risultare nel migliore dei casi un pastiche, nel peggiore un'involontaria satira.
Senza dubbio Xavier Dorison aveva in mente il solitario di Providence quando scrisse l'allucinata sceneggiatura per Santuario, con l'aiuto del disegno illustre di Christophe Bec. Le vignette a tutta pagina del “Santuario”, il modo spettrale con cui agita e trascina la storia, il gusto per l'architettura ciclopica: tutto denota una piena comprensione del cosmico senso dell'orrore che bene conosciamo.
Eppure Santuario non viene etichettato come un fumetto lovecraftiano, ma semplicemente come un buon thriller/fantascienza/horror. E va benissimo così: si apprende la lezione dai grandi e si va avanti, cercando di creare qualcosa d'originale, non d'imitarli pedissequamente. 
Lo stesso vale per Tolkien e il Fantasy.

In un lontano 2035, un sottomarino militare pienamente equipaggiato per le missioni oceaniche riceve un ping d'aiuto da una zona nel profondo del mare della Siria (il fumetto, del 2001, è involontariamente profetico: la Siria immaginata da Xavier è infatti in guerra). Il comandante è un uomo turbato, dal figlio paralitico in ospedale e la sporca coscienza della morte della moglie. L'equipaggio è un branco di macho tuttavia fragili come vetro al primo incontro con qualcosa di diverso dal nemico in carne e ossa. Lo psicologo/medico di bordo è un nuovo arrivato, un uomo responsabile, sebbene troppo di buon cuore. 
La richiesta proviene da un sottomarino sovietico degli anni '50: all'interno, i palombari scoprono un equipaggio morto sul posto, come se un infarto li avesse strangolati prima che accennassero il minimo gesto di difesa. Alcune sezioni del reperto sono stanze con letti dove sono incatenati vecchi cadaveri: membri dell'equipaggio, evidentemente impazziti. In un angolo, vengono ritrovati video a 8mm, tavolette e uno schema cifrato. Sulla stessa scarpata dov'è arenato il relitto, gli esploratori scoprono la facciata antica di un tempio, il muso sigillato di un'antica civiltà pre sumerica.
Nel frattempo, un primo membro dell'equipaggio impazzisce e affoga un suo compagno di stanza nello scarico, mentre un altro riporta segni di pestilenza: una bubbonica che non si vedeva dal medioevo, che lo prostra sofferente sul letto dell'ospedale...  Il capitano richiama gli esploratori per tornare in superficie e curarlo, ma il gruppo nel frattempo ha già forato il sigillo posto a guardia del tempio. Entrano, e poco dopo si perdono in quanto riportano un ambiente di pilastri colossali e statue grottesche. Senza altra scelta, il capitano assembla un team di soccorso, carica il fucile e si prepara ad affrontare l'ignoto.


L'avventura subacquea è molto più claustrofobica dell'avventura nello spazio, trattandosi infatti di un fluido che occupa metri cubi, che soffoca, che stilla di continuo. Un sottomarino che perde trasmette un panico di vignetta in vignetta, incomparabile con la falla a bordo di un'astronave: la fine del topo che affoga è sempre atroce. Xavier gioca con questo primo aspetto, fornendo a inizio della storia un sottomarino grande quanto un quartiere, un incubo che ricorda le navi mercantili di Alien. Poche pagine e questo prodigio nucleare è a fondo, imbarca acqua e ha i propulsori inutilizzati. Durante tutto il fumetto c'è una lotta impari tra una tecnologia fantascientifica e un orrore che tuttavia lo sopravanza di due passi su tre. I sovietici e i nazisti dei flashback se la cavano di gran lunga meglio degli americani qui protagonisti, che arrancano di orrore in orrore, nonostante le testate nucleari a bordo. Particolarmente apprezzabile il design delle tute dei sommozzatori, una versione ante litteram di Prometheus: lucine sul casco, aspetto ergonomico, colore minimale.


Xavier sviluppa la storia nel vecchio stile, procedendo con flashback, sequenze nel sottomarino e sequenze nel tempio: quest'ultime sono senza dubbio le migliori, una successione senza continuità di vignette rovesciate, di visioni sepolcrali, di situazioni al cardiopalmo. 
All'opposto, la lotta soprannaturale all'esterno si rovescia in una lotta morale all'interno, man mano che l'equipaggio cerca disperatamente una via di fuga. Il pessimismo di Xavier è qui redento solo dalla presenza dello psicologo, nobile figura. La storia rimane piacevolmente lenta, accennando a passi misurati la direzione di marcia: il soprannaturale viene fornito a piccole dosi, come coi veleni migliori. In particolare differenzia Santuario dal mainstream horror l'idea di spiegare ogni particolare della storia: non c'è nodo che rimanga irrisolto, non ci si abbandona a nessun irrazionalismo. 
Non a caso ho sentito definire Santuario un thriller d'alcuni, un blockbuster hollywoodiano d'altri, dal sottoscritto un buon fumetto di fantascienza.

Lo storytelling non è perfetto. La sequenze delle vignette è spesso bislacca, i personaggi si assomigliano confusi l'uno con l'altro e come avrete notato dalla trama non ho affatto memorizzato i loro nomi. Xavier cede alla tentazione di un finale fracassone, salvo poi redimersi nelle ultimissime pagine. In generale gli si può rimproverare una confusione nell'organizzazione delle pagine e delle relative vignette: lo sguardo del lettore non sa bene dove puntare. E' una vicenda tutta al maschile, altra caratteristica bizzarra, ma per certi versi involontariamente lovecraftiana. C'è anche qualche inner joke qua e là, in particolare uno dei personaggi che legge Conan e un altro che tiene un poster della Sigourney Weaver di Alien 2 sulla brandina.

Nelle prime pagine Xavier ripete per tre volte l'identico schema: discorso – scoperta – sorpresa, vignetta oscurata. Un ufficiale russo che scopre qualcosa che non doveva viene così ucciso (buio 1), un commissario sovietico che spinge troppo in là i suoi sottoposti viene tradito (buio 2) e il capitano scopre che l'equipaggio gli ha dedicato una torta di compleanno, di cui soffia le candeline (buio 3).
Ovviamente, qual'è il problema di quest'ultimo esempio? Si tratta di una sequenza scherzosa, tra militari e civili, di cameratismo e burle. Solo che viene ad essa applicata l'identico schema horror dei precedenti casi (Buio 1, Buio 2). Non si tratta a mio parere di un errore, perché genera un estraniamento molto forte nel lettore, un senso di disagio: le cose non stanno come dovrebbero, qualcosa di brutto, molto brutto sta per succedere. In altre parole, l'horror è il quotidiano.

Si veda questa prima sequenza a pagina 3, in particolare le ultime due vignette: 


Lo stesso schema, ripetuto, a pagina 5, in particolare l'esplosione finale: 


E per quanto diversa nelle tematiche, la stessa sequenza ripetuta a pagina 13: 


Considerando che si tratta di un fumetto del 2001, pubblicato dalla serie della Mondadori Comics nel 2014 e ora facilmente trovabile a poco prezzo nell'usato, Santuario è un buon fumetto.
Gli stereotipi da blockbuster hollywoodiano abbondano, non esistono i personaggi femminili e non c'è uno storytelling chiaro; tuttavia, sia per l'uso delle vignette a tutta pagina, sia per la narrazione horror rimane impresso. In particolare consigliabile per chi vuole leggere di Lovecraft nel suo elemento naturale: le profondità marine.  

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