Heliopolis è
una distopia raffinata, ma decisamente invecchiata cogli anni – lo
scienziato alla Steve Jobs è un italiano, per dire – mentre
Boschetto 125 è una versione letteraria e pesante delle Tempeste
d'acciaio: al contrario Giochi Africani è un vero romanzo, che
possiamo rintracciare al genere picaresco. Il nostro protagonista, un
alter ego di Junger, è uno studente di sedici anni appassionato di
romanzi d'avventura e storie di esplorazione in Africa. Il suo
passatempo preferito consistere in leggere, leggere e leggere,
immedesimandosi nei protagonisti di queste dime novels di
inizio '900. Quando coltivare queste perversioni letterarie non basta
più, decide di sfruttare la retta annuale del collegio per fuggire
dalla famiglia, comprarsi una pistola e viaggiare in Francia a Metz,
con la confusa idea di arruolarsi nella Legione straniera.
La realtà
del colonialismo francese e del Marocco in particolare si rivelerà
ben'altra cosa...
Come tutta
la narrativa di Junger, anche Giochi Africani è biografico: lo
scrittore, quand'era adolescente, effettivamente si arruolò di
straforo nella Legione straniera, le cui avventure rielabora in
questo agile libriccino (neanche un centinaio di pagine di
disavventure...)
Lo prova, ad
esempio, la seguente finta tessera, dove lo vediamo nell'uniforme da
legionario:
Junger, come
tutti gli adolescenti, decide che il primo passo per essere un vero
esploratore è possedere un'arma: compra così una rivoltella alla
drogheria del suo paese. Rivoltella nello zaino, il passo successivo
è sborsare un'incredibile somma per comprare un volume di viaggio,
“Africa”, un resoconto, rifletterà il narratore successivamente,
inventato da capo a fine. Equipaggiato in tutto e per tutto, il
nostro impavido prende il treno e parte per la Francia. Già
l'incipit decide il tono della storia: picaresca, surreale,
avventurosa, piena di storielle. Junger capisce bene quale sia la più
grande paura di un sedicenne, ovvero, non venire preso per serio: il
rimprovero bonario, la presa in giro sono un pericolo più grande di
ogni inseguimento, rapina, sparo. Il confine con la Francia spaventa
per il pericolo di essere catturato e sgridato, non per la
possibilità di diventare tiri al bersaglio da parte dei gendarmi.
Giunto a Metz, l'indecisione di cui è preda, se arruolarsi o meno,
lo porta a gettare nel tombino ogni suo risparmio, per obbligarsi
all'arrolamento, pena il disonore.
Comportamenti
sciocchi, comportamenti anche molto adolescenziali.
Come nei
diari, Junger inserisce storielle e aneddoti che valgono da sole la
lettura; si veda la seguente descrizione di uno dei legionari,
compagno di Junger:
A questo modo venimmo a sapere che era nato in un remoto paese di montagna e cresciuto sotto le impietose bastonate del padre. Le sue forze s'erano sviluppate precocemente e un bel giorno, allorché il vecchio si accingeva a batterlo di nuovo, lo aveva picchiato quasi a morte, abbandonandolo solo nella sua fattoria. Poi era andato da certi vasai che vivevano miseramente in una vallata solitaria e da loro fu considerato un lavoratore instancabile. Lì, al calore d'un sole ardente, essi cuocevano grossi tubi d'argilla lavorando a cottimo e, credere alle sue affermazioni, guadagnavano quattrini a palate. Quei sabati in cui, essiccati come tronchi d'albero, incassavano il loro salario, andavano in paese, tornado con enormi quantità di acquavite che portavano alle labbra negli stessi secchi da stalla. Il culmine di quest'imbandigione era costituito da risse selvagge, che talvolta sfociavano in rivoltellate sparate alla cieca per loro divertimento nell'oscurità.
Junger
prosegue a descrivere il carattere di questo Reddinger che, ubriaco
in treno, si vanta di aver accoppato “un tale” una volta e di
saper fare “anche di peggio”. Un ciclope dai tratti grotteschi,
in buona compagnia con tanti altri personaggi. Due terzi della
Legione straniera erano infatti all'epoca tedeschi che, come osserva
l'autore, sono lanzichenecchi nati. Compare uno svevo veterano,
maestro di litigi e risse nelle osterie, un austriaco da Vienna in
fuga dai valzer e da un amore non ricambiato, un nobile rovinato
nella reputazione, due italiani, un olandese e così via...
Il
personaggio senza dubbio più interessante è Benoit, un veterano del
Marocco e dell'Indocina. A differenza delle nuove leve, ha un
incarnato malaticcio, scavato, dal volto simile a un teschio: con
buona pace delle raffigurazioni hollywoodiane, il clima e le malattie
decimavano la legione straniera tanto quanto il nemico. Gli uomini
che ritornano dalle colonie sono sempre di costituzione fragile, dai
riflessi rallentati o afflitti da problemi di cuore o respiratori:
quand'anche sembrano essere sull'attenti, si calmano i nervi con un
abuso di vino. Benoit è un reduce dall'Indocina (Annam), cui sogna
di tornare. Dapprima racconta del passaggio presso lo Stretto di
Suez:
Lungo il viaggio attraversammo il canale di Suez, quello è il punto migliore per svignarsela. Ti lasci semplicemente cadere in acqua e sei in territorio neutrale. Circa quindici uomini fuggirono a quel modo, tra cui pure uno che non sapeva nuotare e affogò. Prima di andarsene, si misero in fila lungo la sponda e salutarono cortesemente.
Il nemico ad
Annam sono le bandiere nere, sanguinari pirati cinesi. Il modo di
agire è stranamente simile a quello della guerra nel Vietnam; per
citare Benoit, spari nei cespugli senza vedere il nemico, incendi per
rappresaglia un paio di villaggi e te ne torni in caserma.
Ogni
legionario riceve una ragazzina annamita che si occupa di tenere in
ordine letto, fucile, uniforme e di servire i pasti. Durante una
sera, mentre Benoit stava tornando a letto, gli capita di vedere un
annamita che, machete in mano, insegue un altro annamita spaventato.
Benoit salva il secondo con un affondo di baionetta, scoprendo che
l'uomo col machete era sotto effetto della cannabis, che spesso causa
episodi psicotici nella popolazione. Il muso giallo, come lo
definisce Benoit, è così riconoscente che inizia il soldato ai
segreti dell'oppio.
La
descrizione dell'esplorazione ermetica nelle Terre del sogno è
stranamente simile sia agli omonimi racconti di Lovecraft, sia alle
città “morte e abbandonate” dei racconti di Conan.
E' probabile
che un certo gusto per l'abbandonato e il meraviglioso nasca e si
sviluppi dapprima nei fantasy letterari di Coleridge&Dunsany, per
poi essere ripreso da Lovecraft e dal fantasy propriamente detto. Al
nocciolo, tuttavia, dovevano esserci le esplorazioni “oppiate” di
questi esploratori e di questi legionari, influenzati a loro volta
dalle Mille e una notte, cui lo stesso Lovecraft era devoto lettore.
Una mescolanza di droga e orientalismo. La descrizione di Junger è
identica alle descrizioni dei racconti onirici di Lovecraft, vedasi
Polaris tra tutti. La visione della città deserta e abbandonata,
“cthuliana” perchè vecchia di millenni, ritornerà poi in
Avvicinamenti. Droghe ed ebbrezza. nell'esperienza personale con lsd
e oppio dello stesso Junger negli anni '50.
Vaghi per città morte piene di monumenti e palazzi – ma non sono veramente morte – solo pietrificate. In ogni palazzo vi sono mille stanze e in ogni stanza vi sono mondi che cominciano ad animarsi appena tu vi metti piede. Ovunque tu volga lo sguardo, v'è un brulichio d'immagini. Sono servizievoli, sei tu a evocare come per incanto. Impari a disprezzare le ricchezze del mondo, la gloria, le donne, il denaro e il potere degli uomini, poiché sei re degli spiriti in regni dal cui trono dirigi il cammino degli astri e dei granelli di polvere.
Legione Straniera in Marocco (1908) |
Il
fallimento di questi Giochi Africani non ne deve però smentire il
carattere di “gioco”: tutta l'opera è divertente, avventurosa,
mai seria. Le nazioni sono qui descritte con i toni dell'operetta, in
una confusa armonia/rivalità tra fratelli che trova nella Legione il
suo maggiore coagulo. I malviventi, i furfanti sono tali perchè
poveri, imbranati, adorabilmente stupidi. Non vi sono personaggi
odiosi, con Junger, troviamo anzi una sorprendente carrellata di
cittadini ben disposti ad aiutare il prossimo. Il medico a Marsiglia,
l'oppiomane Benoit, il padre “positivista”, le cameriere degli
alberghi, il maestro di arabo alla guarnigione... Sono al massimo
gretti, piccoli, mai veramente cattivi.
Proviamo oggigiorno a
scrivere di un ragazzo che fugge da casa e scommetto che vi
mettereste a inventare un mostro dietro l'altro, in un clima quale il
nostro, con una criminalità di gran lunga inferiore alla Belle
Epoque! Viene da pensare che non è il mondo a essere diventato più
pericoloso, siamo noi a essere più vigliacchi.
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