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lunedì 15 maggio 2017

La Maria Teresa di Paolo Mieli, a 300 anni dalla nascita


Lo scorso sabato si è svolta la conferenza “Ritratto di Maria Teresa d'Austria”, una veloce lectio del professore Paolo Mieli presso la Stazione Marittima. Quest'anno infatti ricorre il 300' dalla nascita dell'Imperatrice, un'occasione concorde con lo speciale legame degli Asburgo con Trieste

Dopo aver constatato con soddisfazione che io e miei colleghi della sezione giovani di Italia Nostra avevamo drasticamente abbassato l'età media in sala, saldamente sui settanta/ottant'anni, la conferenza è partita senza tanti preamboli, anche se la “puntualità austroungarica” rimarcata dall'introduzione era in flagrante contraddizione con il quarto d'ora di effettivo ritardo. Oh, well...

La conferenza, della durata di circa un'ora, un'ora e mezza se consideriamo il tempo di due domande spunte, è risultata piuttosto altalenante


venerdì 18 novembre 2016

Sull'elezione di Trump e su Obama "santo peccatore"


L'elezione di Trump, per quanto inaspettata, non era impossibile: era successo lo stesso con Al Gore e Bush junior a inizio '2000; aspetto interessante, anche Bush aveva dichiarato all'inizio della sua legislatura, prima dell'attentato dell'11 settembre, di voler fare una politica isolazionista.

A stomaco, non penso che Trump si rivelerà diverso da uno dei tanti, tantissimi repubblicani arrabbiati”: in linea di politica estera è legittimo sperare in una collaborazione con la Russia in Siria, in politica interna riempirà di spazzatura religiosa e anti-evoluzionista i programmi delle scuole, con il rischio d'avere Ministro dell'Istruzione Ben Carson, candidato che all'elezione, è bene ricordarlo, era fermamente convinto che le piramidi fossero “depositi per il grano”.

“The Wall”, di Peter Kuper, dall'Heavy Metal Magazine del Luglio 1990

venerdì 21 ottobre 2016

I miei due cent su Donald J. Trump


L'atteggiamento di Roosevelt nei confronti dell'Unione Sovietica era piuttosto arrendevole, questo lo sappiamo tutti. Stretto tra le due potenze, Churchill si sentiva come la Polonia in un conflitto globale. Come ogni politico abile, Roosevelt considerava l'Unione Sovietica uno stato con cui trattare, concludere accordi e poter ragionare: una potenza bruta, un po' stupida, sgradevole, ma dallo status diplomatico riconosciuto. Dall'opposizione politica all'opposizione ideologica si passa dapprima con Truman e non si tratta necessariamente di un passaggio obbligato. La guerra fredda non era inevitabile fino a quel punto; la tensione post conflitto avrebbe potuto allentarsi, pur con l'ipocrisia della realpolitik. Sono anni di ricostruzione post bellica e di finanziamenti ingenti all'Europa. A retrospezione, è incredibile quanto riuscisse a ottenere la Russia in popolarità con il minimo sforzo, e all'opposto quanto l'America faticasse a imporsi con le più esagerate elargizioni.
Il clima di continuo scontro con il gigante russo, la guerra ideologica per convincere il popolo americano che ci fosse un nemico ineliminabile, inumano e mostruoso al di là della cortina di ferro deve aver lasciato le sue belle cicatrici anche nelle generazioni più recenti. Il crollo del muro risale a neanche trent'anni fa, siamo ancora dentro generazioni su generazioni di menti addestrate a concepire l'est come un'orda mongola pronta a invaderli. Psicologicamente, in Europa, l'abitudine mentale a vedere nell'America la salvezza sempre e comunque rimane molto forte. L'immagine è positiva, magari incrinata dagli ultimi dieci anni di totale incompetenza, ma pur sempre positiva. Non mi sto riferendo a vegliardi, a reduci, a pensionati, ma semplicemente a persone che vivevano negli anni '70 e '80 la loro giovinezza.