Allora...
dove eravamo rimasti?
Non avevo
intenzione di abbandonare il blog per così tanto tempo (tre
settimane!), ma dalla seconda metà di settembre sono rimasto
impegnato a correggere i capitoli della Tesi magistrale. Speravo di
alternare la correzione a sporadici aggiornamenti sul blog, ma le
doppie correzioni della relatrice e del correlatore sono arrivate
nell'arco di pochi giorni... e complice l'ansia per il discorso di
laurea magistrale, per le procedure burocratiche, per la stampa in
copisteria, ecc ecc. Non ero davvero nelle condizioni di mettermi a
scrivere per il blog, o aggiornare i social.
A distanza
di due anni, continuo a trovare microscopici errori di layout, di
formato, di battitura nella mia Tesi triennale; potete immaginare il
carico di lavoro con le centinaia di pagine della Tesi magistrale,
tra problemi di formato tra open office, word e pdf/a, senza citare
le note disallineate, gli errori dovuti all'ansia, o alla fretta, o
al dover lavorare nelle ore notturne, sotto stretta scadenza.
E' un
lavoro puramente di lima, tanto necessario quanto tedioso.
Inoltre,
dopo aver trascorso maggio e giugno a studiare una media di 10/12 ore
al giorno, per gettarmi poi a corpo morto a scrivere la Tesi tra
luglio e agosto, la stanchezza a settembre mi ha colpito come non
mai: dover correggere la Tesi, dover compilare la bibliografia, le
conclusioni, l'introduzione... impegni che in tempi normali mi
avrebbero richiesto poche ore, mi hanno consumato intere settimane.
Tra fine settembre e inizio ottobre era per me normale ripassare e
studiare per un paio d'ore, per poi letteralmente crollare a dormire.
Leggere mi causava nausea, non metaforica, ma fisica, viscerale: non
sopportavo l'idea di scrivere o leggere. Ignoro se rientri nel burnout di cui ho tanto sentito parlare negli anni di blogging: so
solamente che ero maledettamente stanco, anzi esausto.
La scorsa
settimana dovevo preparare il discorso, rileggere il materiale
d'archivio, mentalmente preparare eventuali domande&risposte. E
non ci riuscivo. Non ero nemmeno in ansia, o in crisi, o altro: ero
semplicemente stanco. Leggere, scrivere, recitare: mi spossava allo
sfinimento. Sono abituato a lavorare quando vorresti dormire o a
scrivere quando ogni singola parola sembra venirti estratta colla
pinza del dentista e come nel caso di quest'articolo, la costruzione
sintattica si arriccia in periodi e proposizioni senza senso logico.
Ovviamente, come nel caso di un parto difficile si procede al taglio
cesareo, anch'io a mia volta vedendo le complicazioni di questo parto
letterario ho preferito tagliar corto, gettandomi anima e corpo negli
ultimi giorni pre discussione di laurea a esercitarmi e rileggere ad
nauseam. Ma quanta stanchezza...
… e
ovviamente, mi preoccupavo troppo. Sicuramente la discussione di
laurea non è un affare da prendere alla leggera e nel caso della
magistrale non è paragonabile ai dieci minuti spicci della
triennale. Non sai quali domande aspettarti, la commissione è
sinceramente interessata ad ascoltarti, si avverte la sensazione di
essere sotto esame da una coorte di inquisitori (benevoli,
s'intende).
Non è tuttavia nemmeno quest'incubo che descrivevano in
tanti, è semplicemente una versione 2.0 della tesi triennale, un
lavoro certo impegnativo, ma non impossibile. Ho sbagliato alcune
pronunce in tedesco, ho smarrito nei primi venti minuti iniziali
alcune nozioni fondamentali della mia Tesi e le domande sono spesso
risultate criptiche, adeguatamente aperte a una riflessione, più che a una risposta netta e definitiva. Avrei potuto fare una presentazione
migliore? Certamente, tuttavia non è andata così male. Avrei dovuto
tenere maggiormente sotto controllo la tensione, ma l'esaurimento
fisico e mentale delle ultime settimane ha giocato un ruolo non da
poco. D'altronde, con una media pesata del 29,6 avevo una buona
copertura di fuoco, anche nel caso avessi commesso qualche piccolo
errore. Ai cinquantenni e ai baby boomers in pensione piace
ironizzare sugli studenti universitari, raccontando sempre la nenia
di quanto diverso sia il mondo del lavoro, di quanto difficile sia il
futuro che li aspetta, di come siano gli anni “migliori”
(ah!ah!ah!). Sorpresa delle sorprese, esistono anche studenti come il
sottoscritto che il fine settimana lavorano e che nonostante ciò non
riescono a rientrare nei margini delle spese e delle tasse
universitarie. Già al primo anno della triennale avevo esperienza
lavorativa, per quanto legata a quella zona grigia
dell'accompagnatore turistico, del volontariato in luoghi storici,
della conferenza pagata una tantum. Almeno nell'ambito della
sorveglianza e della guida turistica ho presente le incertezze del
mondo del lavoro, ma so anche bene quali incertezze accompagnino
l'università. Ad esempio, se vado fuori corso all'università, sono
io a dover pagare fior fiore di tasse. Se sbaglio
nell'Isee o se commetto un errore burocratico, sono sempre io a
doverne pagare le conseguenze. Solo quest'anno, ho dovuto sborsare di
mia tasca quattrocento euro in abbonamenti del treno, per un corso a
Udine. E vogliamo parlare della burocrazia richiesta per lo stage? E dei
problemi con esse3? E... meglio
interrompersi.
Ricordo che
mi sentivo stanco già nel 2012-2013, al secondo anno della
triennale. Adesso, al completamento della magistrale, nel 2017, sono
più stanco che mai. E non mi posso lamentare dei professori, o della
segreteria, o delle bibliotecarie, o del personale burocratico:
ognuno fa del suo meglio, ma è l'istituzione stessa a risultare
ansiogena, è la struttura di base a darmi sui nervi.
Se vai
fuoricorso alla triennale, come mi è successo nel 2015, devi
sborsare duemila euro di tasse. Nel mio caso, duemila euro di
risparmi. Pochi per alcuni, una somma principesca per altri (me!).
Se ti
licenziano dal lavoro o il colloquio fallisce, certo... è
deprimente. Ma non hai questa spada di damocle delle tasse a
minacciarti il cranio giorno dopo giorno. Con la magistrale avevo ben
presente questo pericolo e devo ammettere che ho cercato di bruciare
i tempi, con il fiato sul collo. E ripeto, so benissimo come per
tanti studenti abbienti questo non sia un problema e sapendo gestire
i propri tempi l'università risulti un'esperienza arricchente.
Tuttavia, per quanto mi riguarda, l'insieme mortale di aspettative,
tempistiche, burocrazia e tasse su tasse impediscono che sia davvero
questa “magnificentissima” esperienza lodata&sbrodolata da
tanti (troppi).
So bene che il lavoro di ricerca storica sia
fattibile anche al di fuori della struttura universitaria: ho
egualmente accesso alle biblioteche, agli archivi (previa richiesta,
ma non è così impossibile), alle riviste (con alcuni limiti, ma per
una facoltà umanistica non si pongono i costi e i limiti delle
riviste scientifiche, assurdamente alti). Ho acquisito la metodologia
necessaria, conosco protocolli e procedure. So in altre parole come
scrivere di argomenti storici. Certo, questo non mi impedisce di
rincorrere personali idiosincrasie, tanto nelle tematiche quanto
nello stile, che infatti ho inflitto alla mia pazientissima relatrice
e correlatore. In altre parole, sono consapevole dei miei bias,
che cerco di tenere sotto controllo. Tuttavia, non capisco come per
il 99,9 % degli studenti, la ricerca al di fuori degli stretti ordini
universitari sia impossibile. Lo so, lo so: tempo, lavoro, famiglia. Eppure, conosco tanti studenti che considerano la Tesi l'unico
momento nella loro vita in cui potranno scrivere e pubblicare
qualcosa. E' come se mancasse loro ogni personale iniziativa, mentre
paradossalmente ai non-laureati specie dalla temibile età della
pensione, non manca mai il coraggio di pubblicare le teorie più
strampalate, ridicole e senza fondamento possibili. Allo stesso modo
tantissimi studenti – studentesse, in realtà, nell'ambito
umanistico – considerano gli anni universitari e i contenuti dei
diversi esami l'unico modo per studiare quanto li appassiona. I corsi
universitari, almeno per quelli che conosco, cioè storia e
filosofia, dovrebbero fornire la procedura, più che i contenuti.
Ovviamente è importante assimilare le conoscenze necessarie, ma
ritengo che infinitamente più importante sia apprendere le corrette
procedure di ricerca, di citazione, di linguaggio. Ancora una volta,
mi riconosco colpevole, perchè sono il primo che sul blog
trasgredisce a queste regole. Ad esempio, uso spesso il termine
Grande Guerra in vece di semplice sinonimo per la Prima Guerra
Mondiale, quand'è invece nell'ambito accademico considerato ormai
un'espressione altamente nazionalista, appartenente a vecchi codici
interpretativi. Tuttavia, se chiedere a uno studente uscito dalla
triennale di scrivere per suo conto è forse eccessivo, non capisco
perchè almeno non continuare a interessarsi con bibliografie e
ricerche. Se ad esempio si è interessati alla storia dei Balcani,
non occorre per forza limitarsi a un corso di antropologia
sull'argomento e un corso generico di Storia dell'Europa Orientale;
si può anche compilare una bella bibliografia partendo d'alcuni
testi base e proseguire per proprio conto le ricerche sul materiale
archivistico già disponibile con Google Books, Gutenberg, o i siti
più settoriali.
Insomma,
questo è quanto. Spero che questa piccola digressione dagli
argomenti abituali del blog non vi abbia annoiato troppo. Ci tenevo a
spiegare le ragioni di quest'ultima assenza, specie per chiarire che
non era correlata a crisi di creatività sul blog o ad eventuali
chiusure, ma totalmente dovuta agli impegni universitari. Tra il
libro di Philip Pullman in arrivo tra due giorni e il volume di oltre
mille pagine di Alan Moore, il magnifico Jerusalem, previsto per il 9
novembre, ci sarà di che discutere&recensire...
2 commenti:
Congratulazioni per il nuovo traguardo...
Continuo a pensare che hai una mente davvero profonda... Complimenti ancora!
@Marco Grande Arbitro
Profonda ancorché confusa! Ma grazie dei complimenti :-)
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