martedì 1 novembre 2016

L'ultima fiera: Lucca Comics 2016


Domenica sera sono tornato, felice e un po' stressato, dal Lucca Comics, dopo un giorno di viaggio (giovedì), due giorni di fiera (venerdì e sabato), un viaggio di ritorno (domenica).
I reportage, specie per le Convention e le Fiere, funzionano se scritti sull'onda del sentimento, immediatamente: quando ancora l'argomento interessa e c'è abbondanza di reduci dall'evento ansiosi di leggere qualcosa che li consoli dalla depressione mestruale post Lucca Comics.
Tuttavia, mi trovo un po' al bivio, perchè al momento non so bene cosa pensare di questo Lucca Comics 2016. Di solito si tende a uscire da queste Fiere così “muscolari” per quantità (di persone) e qualità (della robba) con un sentimento chiaro e preciso, di solito un entusiasmo incondizionato, o una cocente delusione. Purtroppo, nel mio caso, non riesco a rappezzare insieme i diversi sentimenti sulla Fiera: è la prima volta in cui mi viene da scrivere che vi sono state parti interessanti, parti orribili e parti noiose. Insomma, mi manca la sensazione di un'esperienza complessiva. 
Come domando a chi faccio da guida turistica “non so se rendo l'idea, ecco”

Crash Bandicoot!


E' la prima volta, ad esempio, che mi capita di trovarmi in una folla di nerd e cosplay e di sentirmi ben poco a casa. Negli anni passati, il 2012, o il 2013, ad esempio, girare per la Fiera mi dava un'immediata sensazione di familiarità.
Quante persone con i miei stessi interessi! Quanti nerd/giocatori/sognatori, proprio come me!
Ecco, una sensazione assai consolante di non essere il solo era una delle attrattive subliminali maggiori per il Lucca Comics e ritengo che lo sia tutt'ora per molti visitatori, anche se faticherebbero ad ammetterlo. Stavolta, invece, sono passato dal “noi”, al “voi”, dall'esclamazione “quanti nerd come me”, alla più semplice constatazione “ma guarda quanti nerd”. 
Una delle cose che trovo in assoluto più pesanti è ad esempio il carattere monomaniacale di questa “folla” che pure avevo dichiarato di amare. L'appassionato, perchè usare il termine nerd mi pare volgare, si interessa solo di quell'argomento, solo di quel dato ambito, solo di quel dato film/fumetto/videogioco/Ip. E ne parla: sul treno, nei padiglioni, sulle panchine, agli stand, sulle mura ecc ecc E non sa parlare d'altro: è, per l'appunto, monomaniacale. Durante gli anni passati quest'ossessione continua mi divertiva, quest'anno mi è venuta repentinamente a noia. Non pretendo che diventiamo rinascimentali esperti in ogni campo dello scibile, ma rinchiudersi nel proprio campetto, che sia Tex Willer o i supereroi della Marvel, lo trovo malsano.
A questo andrebbe soggiunto che i nerd a me congeniali stiano mutando rapidamente e che spesso gli argomenti di conversazione stiano diventando altro: non capisco e probabilmente non voglio capire gli appassionati di serie tv, così come coloro che giocano quel videogioco e guardano quel film solo perchè glielo ha ordinato il loro guru-youtuber-maximo.
L'evoluzione del nerd: un argomento che andrebbe sviscerato, dalla pelle del pregiudizio altrui, al sangue della passione per qualcosa, al cuore ideologico (molto di più di quanto all'apolitico nerd piaccia pensare).

A impedire un giudizio netto c'è poi la constatazione che dappertutto durante il viaggio avvertivo echi delle precedenti visite al Lucca Comics e mi sembrava che mi si offrisse l'occasione di riallacciare alcuni nodi lasciati sciolti dal salto per motivi di studio del 2015. Senza voler suonare melodrammatico, mi sarebbe piaciuto dare un taglio a questo pellegrinaggio annuale del Lucca Comics, con un'ultima trionfale visita e poi basta.

I primi cosplay incontrati sulle mura! (Lorexvero) Mi sono dimenticato di controllare il codice a barre sulla nuca ;-) 
L'alloggio a Pisa, ad esempio, era il Bed&Breakfast che avevo già prenotato due anni prima, nel 2013; senza farlo apposta, persino la stanza, i letti, il comodino e la vista erano gli stessi di tre anni fa. Stavolta era la figlia a gestire il luogo, ma la sensazione di deja vu era forte, fortissima.
Grazie al nuovo sistema dei biglietti online, venerdì Lucca Comics era deserta, camminare in scioltezza con lo spazio per fermarsi, scattare foto, chiacchierare con i responsabili era notevole. Mi era già capitato in tempi più tranquilli per Lucca, in quel 2012 in cui ancora i cosplay e i visitatori erano entro livelli di guardia. Ho fatto la tradizionale passeggiata sulle mura: come nel 2012 ho incontrato diversi Capitan America, come nel 2012 l'Umbrella Corporation era lì ad aspettarmi, in uno spiazzo vuoto nel completo silenzio rotto solo dalle pale di un elicottero e dal ringhiare d'un paio di zombie. Deja vu spettrali aleggiavano nell'aria. Mi sono sentito strano: come un attore che ripete un copione che sa ormai a memoria, che sa bene conoscere all'esasperazione.
Rispetto a quanto ricordavo due anni prima, era tutto molto più piccolo: la Japan Town un paio di stand dispersi in quell'assurda galleria della morte ai lati del parco, gli stand del padiglione Games ormai infestati dai videogiochi. C'era inoltre la confusione delle forze dell'ordine: polizia penitenziaria dallo sguardo arcigno, polizia locale con gli stand per le “dimostrazioni” (cos'è la legge, un gioco?) e a un tratto un cosplay corazzato di kevlar e mitraglietta che non sono ancora sicuro fosse davvero un cosplay. La linea di confine tra finzione e realtà, da sempre caratteristica di luoghi del genere, era labile, diciamo pure confusa. Ho senti nel treno regionale la miglior battuta al riguardo:
Il prossimo anno, ragazzi, ci vestiamo da cosplay di controllore Trenitalia!

A Pisa le scosse si sono sentite con una certa chiarezza, diciamo pure che il letto ha fatto più di un sobbalzo. Domenica, l'atroce notizia: i treni da Roma, compreso il mio intercity per Trieste, bloccati, annullati, rinviati a data da destinarsi. E' iniziata un'interminabile epopea di regionali, frecce rosse contrattate con i bigliettai, cambi e coincidenze perdute. Faticaccia! Non ce l'avrei mai fatta senza il mio collega di viaggio, Umberto, che se mi sta leggendo sa quanto gli sono debitore, per aver sbrogliato un sistema trasporti caduto nell'isteria.
E anche qui, domenica, all'annunciato disastro, il solito deja vu: la sensazione, che non provavo da anni, di fuga impellente, di apocalittico senso di distruzione che avevo provato a Londra nel 2011, quando ero stato preso nelle rivolte popolari e negli incendi che erano seguiti. Si trattava, sia nel 2011, che ora, di rischi risibili: ridicolo il pensiero che si corresse qualche rischio. Tuttavia l'ansia e il timor panico hanno fatto il loro sporco lavoro sia adesso che allora, spingendomi da un treno all'altro, con la sensazione di allontanarmi dall'epicentro di un pericolo. Stupido da parte mia farmi prendere dall'ansia, sia pure mascherandola con un minimo di self control: anche qui avrei potuto rimediare al 2011 e invece sono ricaduto nell'identico meccanismo psicologico. Cosa che ci penso e ci ripenso, mi cruccia assai. Se non altro leggere di Ernst Junger “sismografo della tecnica” in circostanze simili è sempre calmante: alcuni diari, come alcuni romanzi, sono vere ancore di salvataggio, mondi autosufficienti rinchiusi tra due copertine.

Ho sempre usato Pisa come stazione intermedia, satellite del pianeta madre del Lucca Comics. Anche ad anni di distanza rimane una bella città, molto tranquilla e compita in sé stessa; sebbene non abbia risciacquato i panni nell'Arno come da programma il nucleo medievale è un autentico gioiellino. Purtroppo, sembra essersi involgarita, come una dama che sa d'invecchiare: le strade principali sono una confusa bolgia di barboni, venditori ambulanti, chioschi e ristoranti alla pari della peggior Venezia. Il gran numero di studentesse in giro fanno l'effetto dei fiori nel letame; anche la pulizia stradale sembra essere scomparsa, così come in effetti gran parte degli abitanti pisani che ho intravisto solo alla mattina. Non voglio esagerare, ma nelle ore di punta e nelle strade principali viene da chiedersi se si è a un mercato coperto a Istanbul. Ovviamente non sono un pisano, non posso pertanto giudicare da solo quattro giorni di pernottamento, sarebbe arrogante. 
La ricordavo meglio amministrata, ecco.


Un consiglio che posso dare, se dovete ogni giorno compiere la trasferta al Lucca Comics da una sede vicina, è di partire tardi. Sembra bizzarro, ma è vero che (quasi) tutti i visitatori si concentrano nei regionali delle 8 e delle 9. Se partite alle 10 troverete posti a sedere, spazio per muoversi e una stazione gestibile, persino al sabato. Un consiglio da tenere a mente, specie se indossate cosplay di costruzione delicata.

Sui cosplay: se avessimo davvero degli studiosi di cultura pop, ci direbbero che è in atto una chiara transizione. Al nocciolo, il cosplay tradizionale consiste nell'imitare un personaggio immaginario, qualsiasi il medium. Privilegiati, almeno per il Lucca Comics, anime e videogiochi.
Una prima avvisaglia dell'evoluzione del cosplay era già stata data negli anni scorsi, quando dall'indossare un costume si era passati a imitare il comportamento e la voce del proprio modello.
Quest'anno decisamente numerosi, accanto ai cosplay “tradizionali”, erano i cosplayinternettiani”: cioè, gente che vestiva meme e battute prese dalla Rete, allo scopo di generare un effetto comico. Insomma, la versione del Lucca Comics dell'agente Neo che passa nel mondo reale. Possiamo individuare il progenitore di questa linea evolutiva nel cartello “Free Hugs” che dall'uno visto nel 2012 era ormai qui nel 2016 onnipresente. E' un bell'esempio di satira delle relazioni sociali su Internet: nessuno si aspetta seriamente di farsi abbracciare o voler abbracciare una persona con un cartello simile. Sarebbe una situazione sgradevole, goffa, esattamente quanto il cartello stesso. Infatti l'ho visto succedere solo quando il meme era ancora giovane nel 2012. Se avessi abbracciato un cosplay con un cartello simile sarei probabilmente stato arrestato dalla polizia locale; si tratta di un falso messaggio. Allo stesso modo c'erano cosplay di Harambe, di tormentoni delle pagine facebook, di 9gag e così via. La loro derivazione dalla Rete (o meglio, dai social che che ormai la monopolizzano) spiega come, nel mondo reale, non funzionino: possono generare ammirazione o divertimento solo se fotografati e postati sui social. Sono simboli che si possono “leggere” solo con l'ausilio di Facebook o Twitter; visti da vivo sono “muti”, al più li si può leggere come con alcune lingue straniere, comprendendone le lettere senza il significato.
Sarà da monitorare se questo cosplay 2.0 si evolverà in qualcos'altro di ancora più oscuro o si rivelerà una linea evolutiva sterile.

Si rivela in queste occasioni, ancora una volta, la superiorità del cosplay steampunk: è scorretto definirlo un'imitazione di qualcosa, perchè lo steampunker essenzialmente si crea un proprio stile, si veste come richiede una corrente di pensiero. Non ha senso discutere su quanto sia bene riuscito un cosplay steampunk, semplicemente perchè non c'è un modello di riferimento. Quando si scrive sui cosplay steampunk li si dovrebbe trattare con il metro e il lessico che si usano per i punk, i metal e i diversi gruppi giovanili. Con la sostanziale differenza che lo steampunk è l'unico movimento di questo genere a essere intra generazionale, infatti non è raro vedere cosplay decisamente anziani.

Uno scorcio del raduno di Steampunk Italia
Sabato sono inciampato per caso nel raduno ufficiale da tutta Italia e sono rimasto debitamente impressionato. Certo, pur essendo tanti, non erano tantissimi, il che un po' mi dispiace. In particolare, conoscendo il passato di archeologia industriale del Porto Vecchio e la netta eredità austro-ungarica, mi dispiace constatare che non c'era nessuno da Trieste.
Un bel cosplay con i due becchi dell'aquila asburgica...

Al Padiglione Giglio ho chiacchierato con la responsabile della casa editrice Elara. Nell'occasione ho recuperato diverso materiale interessante, tra cui il libro dei gatti di Lovecraft, l'antologia steampunk di Vandermeer e Agnes, donna di spada, di Howard. Tutto materiale che disperatamente cercavo di ordinare in libreria, ma senza successo. Ho cercato di convincere la responsabile di convertirsi agli ebook, ma sembra che i guadagni sarebbero talmente irrisori, rispetto alla carta, da mandarli in perdita. Sono rimasto perplesso, ma sembrava genuinamente preoccupata dagli enormi costi dell'editing delle edizioni italiane. Certo, un restyling del sito madre non sarebbe una cattiva idea, pur restando dentro l'ambito cartaceo. Ottimi libri, seppur molto costosi.
Il responsabile per la casa editrice Cerchio invece, relativo a Lovecraft, era convinto di conoscermi, ma ahimè, la sua faccia non mi diceva nulla. Non so se in realtà ci conosciamo da vicino per Facebook o per il blog. Nel caso, se mi stai leggendo, sono il cliente che si lamentava dei prezzi su Ebay e che indossava un impermeabile sdrucito su una camicia verde alla Mao.
Sicuramente recensirò Il libro dei gatti, perchè ricco di annotazioni gustose per gli appassionati del Solitario di Providence.

Volevo ritrarre il ben più fotogenico Sapkowski, ma niente da fare, era solo ospite lo scorso anno...
Il cupo preambolo sull'estraneità al Comics potrebbe sembrare una critica alla Fiera, ma voglio rassicurare col dire che nell'ambito dell'organizzazione non vedevo un Lucca Comics così bene gestita da tanto. Nessuna fila, ne venerdì, ne sabato, neppure per il padiglione Games, dove normalmente si finiva con la faccia schiacciati sulle inferriate. Durante le ore di punta del sabato, verso le 14, le 15, c'era respiro sufficiente per discutere con gli scrittori e i disegnatori. Consiglio comunque di passare in biglietteria o presso gli infopoint dei padiglioni più grandi per reperire le mappe della Fiera, perchè le indicazioni stradali non sono il massimo. Il sistema di acquisto online col Vivaticket ripaga abbondantemente, perchè toglie almeno un paio d'ore d'attesa agli sportelli.
Per il resto, lascia sempre esausti quanto grande sia ormai diventato il Lucca Comics: per vederli bene e a fondo, alcuni padiglioni richiederebbero un pomeriggio intero. Lasciamo nel suo angolino il padiglione Games, che è ormai semplicemente mostruoso; vogliamo però discutere del Padiglione Napoleone? E' talmente grande che hanno inglobato all'interno perfino la statua al centro della piazza: almeno cinque file di lunghezza e tre di larghezza, da perdersi. Ho anche apprezzato la scelta, coraggiosa, di monitorare il numero di persone nei padiglioni più ambiti, cercando di controllare il flusso. Niente di che, ma permette di camminare senza spintonarsi e senza creare calche a imbuto, con l'addetto ai controlli travolto al centro. Senza dubbio resta una Fiera a cui non porterei dei bambini e a cui non porterei degli ansiosi, specie il sabato pomeriggio.
Ammettiamo tuttavia che sono stati fatti grandi passi in avanti.

Intrepidi aviatori per il nuovo Battlefield 
Un'altra caratteristica che mi lascia sempre annichilito del Lucca Comics è quanto sia grande. Sia io che il mio collega di viaggio non resistiamo mai più di cinque ore a Lucca: quest'anno dalle 10/11 fino alle 15/16. Per scelta e per denaro non pranziamo e non facciamo pause, il che può spiegare la stanchezza: è vero però che la calca e le persone ti risucchiano le energie, letteralmente ti tolgono gli anni. Quando tornavo in albergo avevo spalle e gambe che tremavano dalla stanchezza.
E questo considerando quanto “cazzone” siano le nostre visite: ci limitiamo a fotografare i cosplay, a visitare i padiglioni e a spendere (troppo). Mi piacerebbe, per una volta, partecipare a qualche attività, sia la prova di qualche gioco da tavolo, che la rincorsa di un autografo, che una sessione di Vilegis. Senza contare i padiglioni per la prova dei nuovi videogiochi, che richiederebbero un capitolo a sé. 
O i padiglioni dedicati ai cinquant'anni di Lucca. 
O le mostre inaugurate per l'occasione. 
O il patrimonio storico-artistico della città. 
Ormai voler vedere tutto è davvero impossibile, a meno di risiedere a Lucca tutti e cinque i giorni della Fiera. Una sovrabbondanza di offerte meritevole, sebbene a tratti stancante, sembra si voglia davvero accontentare tutti.

Cosa dire, dunque? E' stato un buon Lucca Comics, bene organizzato e bene gestito, con un'offerta variegata. Vi erano molti più fumetti di quanto francamente mi aspettassi e molti meno cosplay rispetto agli anni passati, per lo meno al venerdì e al sabato mattina. Lucca Comics rimane pur sempre il Lucca Comics: come Gran Burrone, un luogo di ritrovi e amici.
A livello del tutto personale, e ribadisco personale, sono troppo stanco per pensare seriamente di tornare nel 2017: penso proprio sarà il mio ultimo Lucca Comics, per gli anni a venire.
  

5 commenti:

Alessandro Forlani ha detto...

"Stavolta, invece, sono passato dal “noi”, al “voi”, dall'esclamazione “quanti nerd come me”, alla più semplice constatazione “ma guarda quanti nerd” (...) A livello del tutto personale, e ribadisco personale, sono troppo stanco per pensare seriamente di tornare nel 2017: penso proprio sarà il mio ultimo Lucca Comics, per gli anni a venire."

Ti capisco. Fu il mio stesso sentimento... qualche anno or sono ;-)

Coscienza ha detto...

@Alessandro Forlani

Consolante! Vale anche il passaggio dal "ma quanta roba interessante" al meno entusiasta "c'è altro?".

AndreaP ha detto...

Il passaggio dal "noi" al voi" penso sia inevitabile. Nel mio caso è avvenuto per due volte: nella seconda metà degli anni Novanta (quando smisi momentaneamente* di leggere fumetti) e più di recente nel 2011, quando ho detto addio definitivamente alla fiera, per sempre. Per chi ha interessi compositi e che si sviluppano in vari campi ritengo sia impossibile mantenere un interesse costante verso qualcosa: immagino serva proprio quella caratteristica "monomaniacalità" di cui parli all'inizio e che, personalmente, non ho mai posseduto (anzi, a dire il vero, mi angoscia proprio).

*momentaneamente = dieci anni

Coscienza ha detto...

@AndreaP
Momentaneamente per modo di dire! :D
Concordo sugli interessi compositi. E' lo stesso meccanismo per cui trovo difficile gestire un blog "specialistico" senza bloccarmi dopo due/tre articoli.

Sono ancora interessato a tutte le cose del comics e del games, solo non posso interessarmi solo a quello e quello soltanto: sempre più mi capita di trovare ispirazioni di genere, horror e fantasy, più nel mainstream che nelle relative pubblicazioni. Immagino sia capitato anche a te: ti accorgi che ti interessa di più leggere un testo di saggistica che un romanzo appena uscito, mentre il tuo io di diversi anni prima avrebbe inorridito alla sola idea di leggere un testo accademico "per piacere personale".

AndreaP ha detto...

Non posso che essere d'accordo, dato che da moltissimo tempo non leggo narrativa, soprattutto "di genere". Il mio io giovane pensava che avrebbe letto sempre fantasy e fantascienza divertendosi, mentre adesso sto facendo tutt'altro, affrontando testi di cui dieci o quindici anni fa nemmeno conoscevo l'esistenza. Non solo non seguo più la narrativa di genere, ma nemmeno mi interessa farlo. Non cambiare mai, dal mio limitato punto di vista tutto personale, significa restare sempre nello stesso luogo e non crescere.