Un
anello disegnato con pochi, sbrigativi, tratti di CGI; una voce di
sottofondo degna di un film horror; una carrellata di immagini
sfocate, intervallate dall'annuncio roboante che si tratta della
trilogia tratta “dal libro più importante di tutti i tempi”. E
poi il faccione rubicondo di un regista noto per i film splatter, a
suo agio in una terra esotica e niente affatto british quale
la Nuova Zelanda. E infine le voci che corrono sui forum, che
mormorano preoccupate di importanti personaggi tagliati, di scene
action e americanate, di triangoli amorosi, di elfi femmina e donne
umane che affettano orchi.
Non si tratta delle polemiche che, da
diversi mesi, rincorrono la nuova produzione televisiva The Rings
of Power, nuovo giocattolo del colosso Amazon, ma delle reazioni
che accompagnarono il debutto della trilogia a inizio duemila. La
produzione veniva accusata di aver abusato della tecnologia, di aver
sostituito alla sincerità dei cartoni di Ralph Bakshi e
dell'artigianato di Willow CGI senza cuore; di aver
trasformato la passiva Arwen in una principessa guerriera; di aver
trasformato il personaggio di Eowyn in un'attrazione amorosa per
Aragorn; di aver trasformato un delicato capolavoro letterario in un
parco dei divertimenti, rigonfio di scene action e horror. Giungendo
al peccato originale, mai perdonato dai tolkieniani: aver eliminato
il personaggio di Tom Bombadil, sacrificato sull'altare di
Hollywood.
Il Guardian definì il film “un delirio
wagneriano-arturiano”, lamentando l'espressione vacua di Elijah
Wood, l'assenza di eventi significativi, la trama piatta, l'assenza
di humour, i dialoghi legnosi. Il critico Peter Bradshaw definì
addirittura la mitologia del film “rappresa e indigeribile”,
marchiandola come “una fantasia escapista”. D'altronde non erano
passati che pochi mesi dall'attentato dell'11 settembre 2001; fu un
Natale inquieto.
La prima foto ufficiale del Signore degli Anelli rilasciata alla stampa (11 ottobre 1999) |