venerdì 5 agosto 2016

I miei due cent su Pokemon Go


Pokemon Go è ormai uscito da diverse settimane, con i suoi pro e contro.
Da un lato, il suo essere un'interfaccia tra reale e virtuale ha creato alcuni paradossi, alcuni orrori che erano già stati anticipati dalla narrativa cyberpunk: tra gente investita con lo smartphone nel pugno e rapinatori che usano i Pokemon Stop per trovare vittime inconsapevoli siamo in pieno Charles Stross, o Neal Stephenson.
Come sempre nel caso di giochi/tecnologie del genere, le loro deviazioni, usi&abusi, difetti da “giocattolo rotto” contano più del gioco stesso, in sé stupido.
Da considerare con particolare attenzione il caso dell'etica della caccia al Pokemon, con il dibattito (unilaterale) se si dovrebbe proibire la “cattura” in alcuni luoghi, per rispetto verso la loro funzione (chiese, luoghi pubblici, case private, musei ecc ecc). Unilaterale, perché vietare l'app significherebbe mettersi contro il mercato, che si sa deve restare libero e incontrollabile: niente interventi statali, ne con i Pokemon, ne con l'economia!
Le istituzioni si rivelano anche in un ambito triviale quale il Pokemon Go impotenti, incapaci di mettere in atto anche la più minima imposizione al free Pokemon trade.
Il divieto di usare la app dagli americani viene visto come una violazione dei diritti umani, una schiavitù inconcepibile. Il secondo giorno c'era già chi catturava Pikachu&Cazzomon vari all'Holocaust Museum di New York (!) Alle proteste dei curatori, i giocatori protestavano che non era un'offesa alla Memoria, ma una celebrazione dei valori americani, perchè...
… il nazismo avrebbe vietato Pokemon Go, pertanto giocarci nella ricostruzione di un campo di sterminio non è solo possibile, è anche necessario per ribadire la nostra libertà contro ogni totalitarismo...

Non trovo le forze per smontare un simile magister cazzarum, se non per ribadire ancora una volta il solito nesso identificativo tra libertà di mercato, libertà di giocare e libertà di consumo.

D'altronde la pretesa libertà di giocare si scontra con la generazione casuale dei Pokemon via satellite, che senza il consenso di nessuno si propone di “paracadutare” i propri Pokemon dove capita, senza rispetto per chi ci abita. Esagerando, possiamo vedere nell'app un nuovo tassello nella guerra a Madama Privacy, che data per morta resuscita in tempo per nuove violazioni. Dopo aver perso la privacy su Internet e su buona parte del mondo reale, chi immaginava di avere persino i propri spazi invasi da Pokemon virtuali? E' vero che non “esistono” nel senso che di solito diamo del termine: tuttavia, comportandosi le persone come se esistessero (almeno dallo schermo dello smartphone) anche questa non-esistenza comporta ripercussioni nel mondo reale.
Dall'altro, passando al gioco stesso, ci troviamo di fronte delle creature, i Pokemon, ormai vecchie, vecchissime. Stiamo discutendo di un fenomeno culturale degli anni '90, diamine. Vi sorprenderà saperlo, ma non siamo più nel 1996, né nel 2006, né nel 2010. Siamo nel 2016.
Mi sembra di essere l'unico prigioniero sano di una gabbia di matti che strepita e urla se gli propongono qualcosa di diverso dagli anni '80 e dagli '90. E' un ventennio (fascista?) che sembra ripetersi, ripetersi e ripetersi. Il successo di Stranger Things non fa che confermare questa mania.
“Non si esce dagli anni '80”, come scrivono certi cinefili, non è una promessa, è una minaccia.
Non si esce, punto.
Per chi come me, Alan Moore e tutti coloro che non sono “quarantenni nell'animo”, gli stessi che vorrebbero una cultura del ventunesimo secolo per una generazione del ventunesimo secolo, i Pokemon sono la battuta d'arresto, l'impossibilità di cambiare.
La cultura attuale è un patetico dinosauro che si trascina nel vicolo cieco dell'evoluzione mancata.

E' impressionante come le stesse argomentazioni usate dai giocatori inglesi per difendere Pokemon Go ricompaiano poi tra i giocatori italiani. Al di fuori della lingua e della nazionalità, il discorso contro i critici è di questo genere:
Un gioco che ti fa uscire, camminare, socializzare e stare all'aria aperta, eh sì, è proprio un gioco terribile, oh sì (chiaro sarcasmo)

A questo genere di commento, diffuso ovunque, seguono poi le accuse di essere “troppo serio”, o di restare uno dei “pantofolai” che giocano a casa. Seguono vignette in cui il critico (di solito maschio, educato, professore) è catturato come un Pokemon = disumanizzazione, ucciso, ridicolizzato ecc ecc

Non capisco perchè si definisca Pokemon Go un gioco che fa socializzare. L'aspetto sociale, anche ammesso compaia, è dovuto alla app stessa, che è programmata male.
Gamasutra ci aveva scritto un ottimo articolo. I tutorial sono fatti male, l'interfaccia non funziona, l'inventario non segnala la quantità di oggetti... Se ragioniamo così, lì fuori è pieno di videogiochi che fanno “socializzare” perchè i giocatori si riuniscono nei forum discutendo dei bug nel sistema e come moddarli!
Che ci siano guide all'uso di Pokemon Go e riunioni di giocatori nel reale e nel virtuale su come funzioni quella data feature della app, vuol dire che la suddetta app fa un po' schifo, come accessibilità utente.
Allo stesso modo, tanta della “presunta” difficoltà di Dark Souls è fornita da compenetrazioni di nemici, spawning point farlocchi e una linea di design orribile.
Dark Souls è un gioco difficile non perchè bello, ma perchè programmato male.
Pokemon Go non è un gioco che fa socializzare perchè bello, ma perchè programmato male.

L'esempio di Dark Souls ci riporta al giornalismo e ai mass media.
Con entrambi i giochi, per quanto lontani, il ruolo di “divinizzazione” dei giornalisti è risultato fondamentale. Creare il mito, alimentare l'hype, renderlo virale.
Facebook, arrivato in Italia, fu il primo social a ricevere tanta attenzione dai mass media. Ne parlavano i telegiornali, i quotidiani, le radio. Facebook-mania. Il social avrebbe avuto altrettanto successo in Italia senza l'apparato tradizionale ad appoggiarlo? Non credo proprio: basti guardare come i blog, diffusosi in America, non abbiano mai davvero attecchito ai primi 2000 in Italia.
Prima di Facebook, c'erano servizi simili, se non migliori. My Space, mi dicono. Perchè loro no, e Facebook sì? Perchè il secondo, complice i media, ha catturato l'immaginazione tecnofobica degli italiani. Allo stesso modo, Pokemon Go sta avendo successo a livello mondiale perchè pur essendo un'app “difettosa” cattura l'immaginazione della gente. Persino Sorrisi&Canzoni ha dedicato un articolo al fenomeno, due pagine dense di approfondimenti e con nemmeno tanti errori, incredibile.
Andrebbe osservato che quando disponi dell'appoggio di Internet (per i Pokemon anni '90 e per le leggende metropolitane) e dall'altro dei mass media tradizionali (perchè in estate non c'è molto da scrivere, a livello locale) diventare virale e di successo è facile.

Depennato l'aspetto social come legato ai difetti dell'app, Pokemon Go rimane un gioco che fa socializzare “perchè esci di casa”. Serve davvero commentare? Bisogna davvero essere o ingenui, o asociali, per pensare che basti uscire di casa per “socializzare”.

Kyle Reese/ Michael Biehn solo nella folla della Los Angeles del 1984
Chiunque vive a Tokyo o a New York conosce bene la solitudine di chi cammina tra la folla sul marciapiede, tra tanti, eppure solo. Si sale sulla metropolitana, con gente che ti crolla dormire sulla spalla: sai però di essere solo. Non basta “uscire” e stare “vicini” alle altre persone per “socializzare” (cosa intendete poi per “socializzare”? Quali vincoli, mete, limiti?).
Non lo scrivo per vantarmi di chissà quali reti sociali: tutto il contrario, sperimento spesso di trovarmi di fronte a persone “amorfe” sia quando faccio la guida turistica, che tra colleghi di lavoro.
Persone che puoi avere a portata di braccio, ma con cui sai di non avere alcun legame, rapporto, argomento. Sono muri vuoti, nascosti ironicamente proprio dietro lo smartphone.
L'idea che puff! Sei fuori di casa e magia! Parli con le persone! Poteva provenire solo dai peggiori nerd. E' molto più complicato di così, perché cultura e società sono sistemi complessi, regolati da etichette e protocolli che è già difficile districare per un normale, figuriamoci una persona che “non esce” (ancora una volta, odio-odio-odio questi stereotipi che pure usate a larga mano).

E' mia opinione insomma che Pokemon Go sia un gioco di successo, perchè 1) primo del suo tipo, circa 2) perchè vecchio e nostalgico 3) perchè appoggiato dai mass media 4) perchè appoggiato dai mass media tradizionali 5) perchè semplice (ma non accessibile).
Vi lascio con l'immagine di un “Pikacthulhu”: è un meme che gira in questi giorni su Facebook.
E sapete una cosa: dalla scarsa qualità immagine e da un paio di ricerche, era già presente nel 2001 sui vecchi Forum. Se è questa la cultura “po(o)p” che volete, riciclata e rigurgitata, tenetevela.


Fonti (e consigli di lettura):
Pokemon Go: umanizzazione tecnologica e sensi di colpa virtuali (Ludologica).
Pokemon Go, l'avamposto di Google per la guerra contro Facebook (Wolf. Beta).
How Pokémon Go Fails to Capture Learnability (Gamasutra).
Pokémon GO. Mondi possibili troppo reali, di Bianca Terracciano (Doppiozero).

2 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Questa è l'analisi/critica più intelligente fatta su Pokémon Go e su tutto quello che diventa popolare.
Finalmente leggo qualcosa di diverso dai soliti: "andate a scopare invece di giocare a Pokémon Go!"...
Ovviamente sapevo che non avresti scritto cose del genere :D
Certe meccaniche dei fenomeni pop mi lasciano perplesso, ci sono cose che non riesco a spiegarmi.
Ma credo che hai detto bene: è tutto un fattore nostalgia. Si è andati a colpire quell'immensa schiera di persone che avevano il ricordo dei Pokèmon. Magari alcuni di loro all'epoca li reputavano stronzate allucinanti, ma oggi ci giocano perchè gli "ricorda i bei tempi della gioventù". E magari nemmeno sanno che tra qualche mese la Nintendo stravolgerà l'intero brand con il nuovo capitolo...

Coscienza ha detto...

@Marco Grande Arbitro
"andate a scopare invece di giocare a Pokémon Go!"

E' quanto mi sorbisco da settimane, non potevo non dare una risposta ^__^

I Pokemon sono in se una killing ip, che l'app sia buona o cattiva in fondo ha davvero poca importanza.

"E magari nemmeno sanno che tra qualche mese la Nintendo stravolgerà l'intero brand con il nuovo capitolo..."

XD