Credo sia nel momento in
cui ho frequentato per la prima volta una lezione d'informatica alle
elementari, su dinosauri con nient'altro che Paint e programmi Word,
che ho sentito per la prima volta la leggenda metropolitana dell'uomo
che sta troppo al computer.
Secondo questa variopinta
leggenda, intere generazioni (specie maschili) di giovani smarrisce
la Retta Via del Signore perdendo troppo tempo a lavorare sul
computer. E' un motivo ricorrente, per l'appunto, dagli anni novanta
come minimo, ma lo si può far risalire a molto più in là.
La leggenda di solito
parte con una narrazione di tipo autobiografico: lo sfortunato
soggetto, ovviamente anonimo, racconta singhiozzante una vita
sprecata sul computer.
Poteva correre sui prati a
raccogliere fiorellini e danzare con Heidi.
Poteva entrare in una
prestigiosa azienda e diventare manager, capo aziendale. Prestigioso
dirigente alto-borghese.
Poteva afferrare
l'opportunità della vita e fare un viaggio intorno al mondo, alla
scoperta di meraviglioso luoghi esotici e gente fantastica: Caraibi,
Iran (ah no, loro non vanno bene!), Sud America (loro nemmeno), Corea
del Nord (orrore!), Papua, Nuova Guinea, Cambogia, sapete, quei
luoghi lì. Magari su una barca a vela, intrepido in un' avventura
nel mondo reale.
Poteva – diamine, me ne
stavo scordando – scoprire l'amore della sua vita, sposarsi, fare
tanti figli e vederli crescere amorevolmente con zero opportunità
lavorative, aspettative peggiori dell'Unione Sovietica post-crollo e
una criminalità dilagante. Invece che spegnere il suo amore a colpi
di fazzoletto davanti al triste schermo di un Pc.
Poteva, insomma, diventare
una persona di successo, perchè è noto: tutto è possibile se si
possiede forza di volontà! Si può diventare tutto, ma quel tutto
deve per forza identificarsi nel successo, e quel successo nel
successo economico e quel successo economico nell'esacerbare,
distruggere e rovinare altri tuoi sottoposti.
Ma sorvoliamo su questi
dettagli insignificanti ed esaminiamo piuttosto quante cose poteva
diventare quest'uomo. Non vi piange il cuore, lettori? Sniff, sniff!
Un produttivo cittadino dello Stato sprecato in tal modo. E tutto
perché stava troppo sul computer.
Un cittadino maschio, bianco, benestante, e terribilmente viziato. Che diamine hai da deprimerti? |
Ora, credo sia necessario
sottolineare un primo punto debole della leggenda metropolitana.
Nessuno infatti si premura
mai di sottolineare cosa facesse, l'uomo sul computer.
Giocava a Wow?
(Probabile).
Chattava su Facebook (E su
cosa? Per cosa? Quando? E perché l'argomento del chattare dev'essere
per forza basso? Può anche essere che chattasse di qualcosa
d'importante, no?).
Cos'altro faceva?
Ovviamente, non viene detto. L'importante è che il singhiozzante
colpevole dichiari che perdeva tempo perché stava sul Pc, e così si
è perso le meravigliose, fantastiche opportunità della vita.
Passava giorno dopo giorno trascorrendo il suo tempo sul Pc, o meglio
al Pc, ma la grammatica di queste leggende è sempre confusa,
capirete, l'emozione... il nostro lamentoso eroe, in vena di queste
auto-confessioni calviniste, racconta come passasse settimane e mesi
ad aspettare un momento, un segno. Qualcosa che dall'esterno
cambiasse la sua vita. Invece, da vero self made man, avrebbe dovuto
attivarsi, diventare qualcuno. Perchè si può diventare tutto, a
patto che quel tutto sia un uomo di successo, e che quell'uomo di
successo sia... Mi sto ripetendo.
Sorvoliamo sul problema
delle ore quantitativamente, effettivamente spese sul computer. Non
si hanno mai dati certi, d'altronde nonostante lo si neghi, questa è
una leggenda metropolitana.
Il dato invece certo che a
metà anni Novanta una persona che trascorresse più di un'ora alla
settimana su Internet venisse considerata “Internet-dipendente”
fa sorridere, e dovrebbe spingerci alla prudenza, prima di giudicare.
Molto più desolante
invece accorgersi di come nel pieno e futuristico (Ah!Ah!Ah!) 2014,
si continui a considerare il lavoro su pc, come un stare al computer,
come un cazzeggio inferiore al lavoro manuale. Il computer si è
diffuso dai centri militari degli anni 70' alle università
scientifiche, alle scuole, alle biblioteche. Ha invaso le aziende, si
è rimpicciolito, si è ingrandito. Secondo Bruce Sterling il
computer fisso di queste leggende metropolitane sta scomparendo, è
un dinosauro destinato all'estinzione. Eppure, nonostante tutto
questo, ancora non si riesce a considerare la persona al computer
come un lavoratore.
Continua a mancare la specificazione di cosa,
effettivamente, sta facendo la persona al computer. Sta scrivendo un
rant per il suo piccolo, inutile blog in difesa dell'uso sul
computer? Non è che starà forse lavorando, o scrivendo, o leggendo.
O comunque un insieme di attività che traslate dal digitale alla
carta incenseremmo come culturali, ed alto livello. Ma non ci si
arriva. L'idea che si possa lavorare al pc, con Internet, non entra
nel cervello. E' frustrante e non è solo proprio dell'Italia; spesso
queste testimonianze vengono tradotte dai paesi anglosassoni.
Un secondo punto
fondamentale di quest'argomentazione consiste nell'idea di “perdere
tempo”. Sprecare il proprio tempo è un male e su questo non
possiamo transigere. Tuttavia, vorrei rassicurare questo povero uomo:
è possibile perdere il proprio tempo anche nella vita reale. Ho
perso il conto dei preziosi minuti della mia vita persi mentre
tentavo di accedere al sito dell'università. All'aspettare alle
Poste. All'aspettare al supermercato. All'aspettare in banca. E che
dire, della nobile Pubblica istruzione? Dei vecchi banchi di scuola?
Ma gettare sozzura su queste cose è troppo facile. Perché non si
parla mai delle vite sprecate davanti alla televisione? Intere
generazioni masticate e risputate dal behemot catodico. Lì, davvero,
c'è da chiedersi quali potenzialità siano state seppellite a fondo
sotto cumuli di spazzatura di veline&telegiornali&quiz.
I fanatici dell'attività fisica
citano male e a sproposito il detto mens sana in corpore sano,
ma trascurano sempre la prima opzione.
Sembra, a sentirli, che
dalla ginnastica scaturisca naturalmente una mente sana. Allenarsi
allo spasimo farà sorgere da muscoli gonfi (e goffi?) una mente intelligente e formidabile. La citazione latina invece predicava la
non-disgiunzione di mente e corpo, ma chiariva bene come la mente
fosse una mente forgiata dall'istruzione. Nell'idea di Giovenale, è la
mente a venire nel corpo, non il corpo a creare la mente.
Distruggervi le caviglie a correre, vincere il campionato di calcio
vi renderà più forti e in salute, ma non per forza migliori. E
avrete perso tempo. Questa volta, sì, in un'attività celebrata
spesso proprio per la stupidità: la tenacia di correre dritti e
passivamente per una maratona, l'abilità per colpire una palla,
gesto primitivo per eccellenza. Attività come il canotaggio, spesso
ripetitive, che se applicate al Pc susciterebbero grandi proteste.
Cosa c'è di più alienante, che vogare su e giù?
Nel mondo contemporaneo è
una blasfemia, ma l'idea che fare sport sia una perdita di tempo è
un fatto oggettivo. Proviamo a sostituire le ore trascorse a a fare
sport con le ore trascorse a leggere libri: il raffronto sarebbe
sorprendente.
La leggenda dell'uomo che
sprecava il suo tempo al Pc deriva dunque da un semplicissimo
sentimento di luddismo verso la tecnologia: mi diverto, è nuovo (un
nuovo media), dunque dev'essere cattivo, far male. L'equiparazione
del peccato al piacevole d'altronde bene si accompagna a questo
genere di confessioni, nello stile puritano del protestantesimo. Il
fatto che queste testimonianze vengano trasmesse principalmente sui
vecchi media (Televisione, radio, giornali) o sui nuovi che ricordano
tuttavia i vecchi (Youtube, Facebook) ci conferma la paura per la
nuova tecnologia. Nuova per modo di dire, perché il computer
casalingo è in giro da decenni.
E' la solita storia della lotta tra
i media: i vecchi contrastano i nuovi e provano, con successo a
quanto pare, a inglobarli nei loro vecchi schemi di pensiero. Ecco
Internet diventare dunque un rotocalco, una televisione. Questo
genere di narrazioni vi avverte che se usate internet in modo
“diverso”, finirete male. Sprecherete la vostra vita, la
butterete via. Siete liberi di sprecare la vostra vita in mille modi,
insomma, ma per carità, non sprecatela su Internet, non sia mai che
vi vengano nuove idee, nuovi spunti, che maturiate idee alternative
all'establishment...
3 commenti:
La tesi di laurea della mia ragazza era su un progetto scolastico di integrazione fra matematica e tecnologia. Prima che sulla sicurezza dello strumento utilizzato (su internet), la preoccupazione dei genitori era che non perdessero tempo con il pc. Che conseguenze può avere questo atteggiamento? I giovani, crescendo, vedranno internet (ormai più pervasiva del vecchio PC) come fonte di cazzeggio e ricreazione?
(In realtà non credo. I nativi digitali, in fondo, non hanno mai visto un mondo senza computer.)
I tempi cambiano e diventano di merd...
Io lo vorrei veramente buttare il pc: ma il lavoro mi costringe a starci sopra ore!
Chissà come cresceranno (male) i nostri figli...
@Salomon Xeno
E' esattamente quello che temo: che venga trasformato in un campo giochi, dove tutto è carino, puccioso e sicuro, ma dove l'effettivo potere dell'utente è molto limitato.
Tesi impegnativa, cmq, diamine O__o
@Marco Grande Arbitro Giorgio
Mah, ti dirò, avendo fratelli più piccoli, non se la passano così male. E' vero, perdono tanto tempo al pc (cosa che anch'io faccio, eh, non sono certo un virtuoso) ma alla fine svolgono quell'insieme di attività che una volta avremmo "spezzato" in attività diverse.
Per fare un esempio: invece che leggere il giornale, leggo le news sul sito web; invece che ascoltare musica dal lettore di cd, l'ascolto da youtube; invece che scrivere sul tavolo, scrivo dal pc (e così via...)
Quello che mi preoccupa è piuttosto l'evoluzione dell'Internet attuale, che punta sempre più a rendere passivo l'utente e a sommergerlo con una marea d'informazioni inutili in cui lentamente affoga...
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